domenica 15 febbraio 2009

1159, NOI NON DIMENTICHIAMO!

Ecco perché chiunque si dica vero cremasco
non può amare che la sua città!

NOVEMBRE 1158: Dopo un periodo di disordini che lo tennero impegnato a lungo in Italia, Federico detto “il barbarossa” convocò a Roncaglia una dieta alla quale parteciparono principi, vescovi, consoli e insigni giuristi provenienti da Bologna. L’imperatore puntava al riconoscimento, anche sul piano giuridico, dei diritti accampati dall’impero sui territori del nord Italia, e ci riuscì. Divenne così il sovrano di contee, marchesati e ducati nonché supremo magistrato e quindi amministratore della giustizia. Lui solo poteva innalzare mura, battere moneta e imporre tasse.

Seppur votate all’unanimità le decisioni prese a Roncaglia furono di difficile applicazione e anzi suscitarono violente opposizioni. Piacenza, che vi si oppose, ebbe accorciate le mura e riempiti i fossati. Crema aveva invece cacciato i legati imperiali…

7 LUGLIO 1159: undicimila marchi. Questo fu il prezzo che i cremonesi, i più fedeli servitori dell’impero tra tutte le città italiane, offrirono a Federico affinché assalisse e distruggesse Crema.Le milizie cremonesi furono presto raggiunte sotto le mura cremasche dalle truppe imperiali cui si aggiunsero poi l’esercito di Enrico “il leone”. Crema poteva contare sull’aiuto di 400 fanti Milanesi comandati dal console Manfredi Dugnano. Iniziava un assedio che si sarebbe protratto per ben otto mesi e che avrebbe mostrato tutto il valore della città.

L’assedio di Crema è sicuramente da annoverare tra quelli più famosi che ricordi la storia sia per l’eroismo dei difensori che per la crudeltà dimostrata dall’imperatore.

Giorno dopo giorno la città era bersagliata da una pioggia di massi scagliati da macchine appositamente costruite e doveva resistere a vari tentativi d’assalto delle truppe imperiali. I cremaschi non cedevano e anzi sotto la guida dell’architetto Marchisio controbattevano colpo su colpo usando altri macchinari da lui diretti. Di tanto in tanto poi alcune audaci sortite facevano registrare perdite tra le fila degli invasori. Mese dopo mese l’irritazione del Barbarossa si faceva evidente, fino a sfociare in un atto di spregevole bassezza che non potrà mai togliere la parola disonore dalla sua figura. Fece costruire dai suoi alleati cremonesi, una gigantesca torre di legno cui legò sul davanti numerosi ostaggi Cremaschi e Milanesi. Egli era convinto che i difensori non avrebbero mai osato colpire i propri concittadini facendo così arrivare l’enorme macchina a contatto con le mura dando il via alla presa della città.
Si sbagliava…

Non appena fu chiara ai cremaschi la situazione, un senso di angoscia li prese e cadde il silenzio. Ad un tratto una voce si levò: era quella di un cremasco che aveva riconosciuto fra gli ostaggi i suoi figli:

“Fortunati coloro che muoiono per la patria e per la libertà. Non temete la morte, che può renderci liberi. Se voi foste giunti alla nostra età non l’avreste voi disprezzata come facciamo noi”.

Uccidere padri, figli e fratelli divenne il tragico passaparola sulle mura. Partirono nugoli di frecce e pietre tra le maledizioni lanciate nei confronti dell’imperatore il cui piano fallì. La torre infatti fu sul punto di sfasciarsi e venne ritirata. La vendetta cremasca non si fece attendere: i prigionieri tedeschi, cremonesi e pavesi furono trascinati sulle mura e impiccati. La risposta del Barbarossa fu la forca per altri nove cremaschi.Nel frattempo i milanesi cercavano di alleggerire l’assedio di Crema impegnando gli imperiali sul lago di Como e stringendo alleanza con i piacentini, anch’essi messi al bando.

IL TRADIMENTO: a far pendere la bilancia della vittoria dalla parte dell’imperatore e dei suoi servi fu il cruciale tradimento di Marchisio che, allettato dall’oro offerto da Federico, privò i cremaschi di una personalità importante e anzi permise agli imperiali di scardinare i sistemi difensivi che egli ben conosceva.Vennero costruite alcune torri molto alte sulla cui cima stavano appostati i balestrieri con il compito di coprire soldati scelti ed ausiliari intenti nel distendere lunghi pali attraverso i quali sarebbero potuti arrivati alle mura. La difesa degli assediati fu veramente drammatica. Dopo una giornata di scontri violentissimi i cremaschi si ritirarono nella cinta interna della città per difendersi ulteriormente.La situazione era gravissima e la resa sembrava l’unica strada da intraprendere. Venne richiesto l’intervento del Patriarca Pellegrino di Aquileia affinché col suo potere ottenesse una resa accettabile.

25 GENNAIO 1160: ventimila cremaschi abbandonarono la città successivamente invasa dall’esercito imperiale il quale la saccheggiò e la incendiò.

I cremonesi si accanirono sulle briciole gioendo per la rovina della nemica Crema dimostrando quale fosse l’odio che teneva divise le due comunità.

Otto mesi erano passati dall’inizio dell’assedio. Otto mesi in cui una comunità dimostrò tutto il suo valore, la sua tenacia, il suo essere esclusivamente e inequivocabilmente “unica”, non assimilabile a qualsivoglia vicino (per primo i cremonesi). Così come venne abbattuta, col tempo Crema rinacque e la sua gente non smise mai di riconoscersi in lei. Così era allora, così è adesso e così sarà per sempre!

Urgugliùs da ès Kremàsch!