domenica 24 gennaio 2010

Soccini: “Polo della meccanica, unire le forze”

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articolo, a firma Gionata Agisti, tratto da "La Cronaca" di oggi

Negli ultimi giorni, il finanziamento di 90mila euro al Polo della meccanica di Castelleone, deciso dalla Provincia, aveva suscitato qualche perplessità tra i consiglieri provinciali del Pd e all'interno di Reindustria, che sta portando avanti un progetto analogo ma esteso all'intero territorio.

Sulla questione interviene ora l'assessore provinciale allo Sviluppo economico, Matteo Soccini: “Diciamo prima di tutto che le due cose non sono slegate tra loro, tant'è vero che Castelleone ha ribadito più volte di non voler mettersi in contrasto con Reindustria e anche la Provincia pensa ovviamente che sia molto meglio che su questo fronte si debba raccogliere il meglio da entrambe le esperienze, per cui solleciteremo un confronto tra le due parti. Detto questo, dobbiamo ricordare che l'intervento a favore del Polo castelleonese non è che la diretta conseguenza del protocollo da noi firmato a luglio con il Comune di Castelleone, in seguito alla trattativa per tutelare i lavoratori della Saco; in quell'occasione, la Provincia sottoscrisse l'impegno a sostenere iniziative locali per garantire il rilancio di un settore fortemente colpito.”

Ecco perché l'assessore non teme che la decisione possa costituire un precedente: si trattava di una situazione eccezionale; qualsiasi altra richiesta in questo senso dovrebbe disporre degli stessi requisiti.
Tornando al progetto di Reindustria, Soccini è interessato a prenderlo in considerazione, in quanto potrebbe essere complementare a quello castelleonese, che gli pare al momento più concreto e operativo. “Bisogna capire bene i costi e le fasi del progetto di Reindustria, prima di poter ipotizzare un contributo”, continua l'assessore. “Non bisogna dimenticare che Reindustria gode già di finanziamenti da parte della Provincia, che è una sua azionista, e infatti nel bilancio provinciale per il 2010 è previsto il solito stanziamento; quindi nessun timore in questo senso.”

Un'ultima cosa vuole sottolineare Soccini: “Non capisco come i consiglieri del Pd abbiano potuto sostenere che non si capisce se questo finanziamento al Polo di Castelleone sia di un anno o più, quando sulla relativa delibera è scritto chiaramente che si tratta di un provvedimento una tantum. Per di più, i 90mila euro sono stati prelevati da vari capitoli di spesa del bilancio dell'anno scorso. Ma capisco che ci avviciniamo alla campagna elettorale per le Regionali e quindi, da qui a marzo, ho il sospetto che di queste incomprensioni ne vedremo parecchie.”

sabato 23 gennaio 2010

Il senatur è già il vincitore

commento "molto interessante" apparsi su "La Stampa" di ieri a firma Marcello Sorgi

La faticosa e per certi versi interminabile sessione della scelta dei candidati governatori delle regioni sta logorando insieme Berlusconi e Bersani, i leader dei due ex partiti a vocazione maggioritaria, che devono rifare i conti con i problemi di costruzione delle coalizioni e di equilibrio di potere e di visibilità dei diversi alleati.Chi invece già adesso, anche prima che la gara cominci, può considerarsi vincitore, è Bossi.

Il leader della Lega ha dichiarato anzitempo le sue pretese e in men che non si dica è riuscito a centrare i suoi obiettivi. Voleva scommettere sulla guida di due regioni al Nord, e l’ha ottenuta. Aveva due candidati scelti da tempo, attrezzati per il bisogno, e li ha piazzati. A guardarli, il candidato Cota e il candidato Zaia sono perfetti esponenti della Lega di governo, costruiti come si costruivano una volta gli aspiranti a incarichi di quel peso, quando ancora i partiti esistevano.Hanno alle spalle un lungo tirocinio locale, un rapporto consolidato con il territorio, si sono fatti strada un passo dopo l’altro, a colpi di risultati parziali che, tranne loro, hanno sorpreso tutti gli osservatori, pronti ogni volta a lanciare l’allarme per la crescita del Carroccio al Nord, dimenticando che l’insediamento stabile della Lega data da più di vent’anni.

Inoltre sono esponenti della seconda generazione leghista, più moderata e meno rivoluzionaria, cattolica e avvezza al buon vicinato con parroci che un tempo invitavano a votare per la Dc, e ora per il partito del Senatur.La designazione di Cota e Zaia non ha sollevato alcuna reazione tra i leghisti: tanto tutti sapevano che toccava a loro e tutti, con Bossi, guardano all’obiettivo finale di un Nord completamente leghistizzato e federativo. Anche il sindaco di Verona Flavio Tosi, accreditato come possibile alternativa a Zaia, s’è guardato bene dal farsi avanti, perché sa che il suo momento verrà solo quando sarà chiamato.

Così Berlusconi, quando i suoi vanno a dirgli che di questo passo la Lega sorpasserà il Pdl nelle regioni settentrionali, un po’ fa finta di ascoltarli, e un po’ li manderebbe a quel paese: infatti la verità che il premier non confesserebbe neppure a se stesso è che la Lega si avvicina di più del Pdl al partito che il Cavaliere avrebbe voluto costruire a sua immagine e somiglianza. E che i leghisti sono spesso più bravi degli azzurri perché - contrariamente alle mode -, sono rimasti autentici politici di professione, formati nell’unica organizzazione che funziona ancora come un partito, dall’ultimo vero leader che si diverte a far politica come si deve.

domenica 3 gennaio 2010

L’Udc si offre al Pd. In cambio di 7 poltrone

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di seguito un interessantissimo articolo tratto dal sito www.ilgiornale.it

Leggere in piemontese per tradurre dal veneto, e i dialetti non c’entrano. Letta in piazza San Marco, l’intervista di Pier Ferdinando Casini al Gazzettino sulle Regionali ha un che di grottesco. Perché il leader dell’Udc dice che no, i centristi non sono disposti a ritirare il proprio candidato, Antonio De Poli, non fosse altro che ormai gli hanno chiesto lo sforzo di dire qualcosa di leghista, si sa che in Veneto questa è l’unica via per vincere, e lui «si è assunto delle responsabilità onerose per dire che il Veneto deve andare ai veneti», appunto.

Allo stesso tempo però, il segretario centrista dice che l’alleanza col Pd non è esclusa. Dipenderà dalle «convergenze» sul programma, ma non solo. «Non basta dire che si vuole una cosa - avverte -. Bisogna porre le condizioni perché sia fattibile. E le condizioni non sempre ci sono».
Ecco. Per capire quali siano, le «condizioni», bisogna rileggere il tutto da sotto la Mole Antonelliana. Perché lì, in Piemonte, Casini le «condizioni» le ha già poste. Mai con Mercedes Bresso, aveva detto poco prima di Natale, reduce da una violenta lite con la presidente uscente. A Capodanno ha cambiato idea. Forte dell’appello del vicepresidente del Pd Enrico Letta («Alleanze in dieci regioni o perdiamo»), il 31 dicembre ha mandato i suoi a «trattare». Il vertice, del quale ha dato conto la Stampa di Torino, ha visto a confronto la Bresso, il segretario regionale del Pd Gianfranco Morgando e il collega centrista Alberto Goffi. L’Udc ha parlato chiaro: sette poltrone non una di meno. E mica sette poltrone qualunque, qui servono incarichi di peso. Quali? L’Udc non lascia spazio ai dubbi e tantomeno alla libera scelta di un’eventuale nuova giunta di centrosinistra: tre assessorati, compresa la vicepresidenza. Più tre posti nel listino del presidente, cioè quello che consente l’accesso all’assemblea non per elezione, ma per nomina. Più una carica nell’ufficio di presidenza del Consiglio regionale.

Si capisce che ora è corpo a corpo: se già in condizioni normali i posti sono sempre insufficienti a soddisfare le richieste dei partiti, qui c’è anche da dire che il Pd per battere il candidato di Pdl e Lega Roberto Cota non può perdere la sinistra radicale, ma Rifondazione e Comunisti italiani sono già sul piede di guerra contro «i veti anticomunisti dell’Udc».

Così eccola, la strategia. Lo stesso Casini che in Veneto critica l’accordo Pdl-Lega giudicando «un errore piegarsi, perché ora il Carroccio crescerà a dismisura a scapito degli alleati», in Piemonte detta la linea del «prendere o lasciare»: chi prende, metta a disposizione le poltrone. A chi lo accusa di trasformismo, Casini da mesi risponde indignato: «Se avessimo voluto fare una scelta di comodo avremmo accettato di stare col Pdl già alle Politiche, invece siamo all’opposizione». Già. Il problema è che, lasciato un ministero («Berlusconi un bel ministero me l’avrebbe dato» giura Casini), l’Udc punta a guadagnare più posti possibile a livello locale. Tant’è vero che corre in solitaria nelle regioni in cui non è determinante, mentre si schiera con il Pd o con il Pdl a seconda di dove può fare da ago della bilancia. «Non bisogna avere fretta, ma costruire ponti», dice. E i ponti si costruiscono meglio dai palazzi dei governi regionali.

Oltre alla beffa il danno, poi, quel Casini che altrove, per esempio in Campania, si allea col Pdl, in Liguria corteggia il Pd senza neppure porre un veto sull’alleanza con Prc e Pdci, i quali dal canto loro non fiatano, potenza della paura di perdere. E in Puglia e in Lazio si presenta come il salvatore di democratici, segnalando che in quelle regioni «c’è chi contesta fortemente la svolta di Bersani e sarebbe pronto a utilizzare una sconfitta alle Regionali per liquidare la sua segreteria».
Contro le alleanze a macchia di leopardo di Casini, da ieri è sceso in campo un ex amico di partito, il sottosegretario e leader dei Popolari e liberali Carlo Giovanardi, che ha organizzato addirittura un Giro d’Italia anticentrista. Si parte il 7 gennaio proprio dal Veneto, Vicenza, per contestare «l’atteggiamento opportunistico dell’Udc, pronto ad allearsi con chiunque pur di massimizzare il suo peso clientelare», e ricordare «ai cattolici che i loro valori sono già ampiamente testimoniati dal Pdl». Dalle Alpi al tacco, comunque, il cerino, guarda un po’, è nelle mani del Pd.

veramente interessante...

Crema, Cremona, Lombardia...

comuni, provincia, regione...

vedremo cosa fare...

sabato 2 gennaio 2010

libertà di espressione


Tenta di uccidere il disegnatore delle vignette su Maometto: somalo arrestato
Cerca di introdursi in casa di Kurt Westergaard con un'ascia. La polizia lo cattura: «Collegato ad Al Qaeda»

COPENAGHEN - La polizia danese ha ferito e arrestato un uomo armato che si era introdotto nella casa dell'autore delle vignette su Maometto, nella tarda serata di ieri, presso la cittá di Arhus. L'aggressore, un 28enne di origine somala, aveva con sé un ascia e un coltello e gridava: «vendetta», «sangue». Il vignettista, Kurt Westergaard, 74 anni, è riuscito a salvarsi chiudendosi e barricandosi in una stanza e riuscendo a chiamare polizia. Gli agenti intervenuti hanno poi fatto fuoco, ferendo il somalo ad una mano e un ginocchio.

Kurt Westergaard (Ansa)MINACCIA SERIA - L'episodio è direttamente legato alla feroce polemica sulle vignette satiriche che toccavano anche Maomentto. Secondo i servizi danesi di sicurezza, l'aggressore è collegato ai miliziani islamisti somali Al Shabab e al ramo di al Qaeda in Africa orientale. «Consideriamo la vicenda molto seriamente», ha commentato il responsabile, Jakob Scharf. Diverse unitá di sicurezza sono intervenute nella casa di Westergaard e il vignettista è stato subito trasferito in un altro luogo. La vignetta di Westergaard -Maometto con le bombe nascoste nel turbante- è uno dei 12 disegni satirici che furono pubblicati nel 2005 dal quotidiano danese Jyllands-Posten, provocando un'ondata di violente proteste nei paesi musulmani nel 2006. Da allora Westergaard ha ricevuto diverse minacce di morte ed è sotto la protezione della polizia. In ottobre le autoritá americane hanno arrestato due presunti terroristi negli Stati Uniti accusati fra l'altro di un complotto per un attentato contro il Jyllands-Posten. Ma già nel febbraio del 2008 altri quattro arresti riuscirono a sventare un piano per uccidere il vignettista.