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domenica 9 maggio 2021

I Moti di Milano del 1898


Articolo per "Terre di Lombardia"

I moti di Milano furono una rivolta di una parte della popolazione di Milano contro il governo, che si svolse tra il 6 e il 9 maggio del 1898. Gli scontri avvennero a seguito di manifestazioni da parte di lavoratori che scesero in strada contro la polizia e i militari per protestare contro le condizioni di lavoro e l’aumento del prezzo del pane dei mesi precedenti, come avvenne anche in altre città italiane nello stesso periodo.

Le notizie da Milano portarono il governo a dichiarare lo stato d’assedio con il passaggio di poteri al generale Fiorenzo Bava Beccaris. Egli agì duramente fin dall’inizio per soffocare ogni possibile forma di protesta; l’utilizzo indiscriminato delle armi da fuoco e, in particolare, di cannoni all’interno della città portarono il risultato desiderato, ma anche numerose vittime, spesso semplici astanti. I «cannoni di Bava Beccaris» passarono alla storia come simbolo di un’insensata e sanguinosa repressione.

Gli avvenimenti furono considerati parte della reazione conservatrice alla svolta politica in atto all’epoca in Italia, «un colpo di coda, l’ultimo sussulto degli ambienti retrivi di Corte, della destra liberale incline al “principato costituzionale” alla prussiana, dei fautori della interpretazione restrittiva dello Statuto albertino».

Due anni dopo i fatti, il 29 luglio 1900, il militante anarchico Gaetano Bresci – all’epoca dell’eccidio emigrato negli Stati Uniti – intese vendicare i morti di Milano uccidendo il re d’Italia, Umberto I.

La situazione a Milano e il prezzo del pane

La questione del pane era molto sentita a Milano; il pane era l’elemento principale di nutrimento per le fasce più basse della popolazione. Nel 1886 quando agli ispettori daziari si richiese di far rispettare il regolamento del 1870 che implicava il pagamento del dazio a chi portava in città più di mezzo chilo di pane, si verificarono diversi tumulti a Porta Tenaglia da parte degli operai che «solevano al mattino portare portare seco loro un chilogrammo di pane e uno di riso di cui si servivano poi per il loro sostentamento durante la giornata»; il 1º aprile ci fu anche una manifestazione in piazza del Duomo con diversi arrestati. Il 3 aprile il Consiglio comunale ripristinò la “tolleranza” per chi introduceva il pane in città; era la prima volta che il Consiglio cedeva alle proteste di piazza e ci furono critiche da parte dei conservatori.

Nella seconda metà del 1897 la scarsità del raccolto dei cereali provocò un aumento del costo del pane. Il governo non prese provvedimenti, nonostante le richieste di abolizione del dazio sull’importazione del grano, che avrebbe permesso di abbassare i prezzi. Nel gennaio 1898 ci furono i primi moti di protesta in altre zone d’Italia; a Milano si intensificarono i ritrovi dei partiti di opposizione che denunciavano l’inazione governativa, ma invitavano a non trascendere con azioni violente; nonostante queste rassicurazioni il prefetto Antonio Winspeare si mostrava preoccupato che «perdurando l’attuale stato di cose ed avvenendo nuovi aumenti del prezzo del pane, la cosa potrà divenire seria» e proibì le riunioni pubbliche. Il governo stabilì una diminuzione provvisoria del dazio sul grano dal 25 gennaio al 30 aprile, però si ebbero solo minimi effetti sul prezzo del pane.

A marzo ci furono vari segnali preoccupanti per l’amministrazione comunale. Il 4, in occasione del 50º anniversario dello Statuto Albertino, all’Arena Civica si riunirono 12 000 persone per ascoltare i comizi socialisti; in piazza del Duomo la Marcia Reale venne sonoramente fischiata. Il 6 il radicale Felice Cavallotti fu ucciso in duello da Ferruccio Macola a Roma; i funerali si svolsero a Milano il 9 marzo.

Il 20 marzo le celebrazioni del 50º anniversario delle Cinque giornate videro la contrapposizione di due distinti cortei, al mattino quello delle associazioni liberali e al pomeriggio la commemorazione «radico-repubblicana-socialista-anarchica»; il secondo era «più numeroso e importante del primo». Nello stesso periodo si segnalarono diversi articoli de L’Osservatore Cattolico, diretto dall’intransigente don Davide Albertario, a difesa dell’associazionismo cattolico contro i moderati.

Di fronte a queste manifestazioni pubbliche i conservatori lamentavano la debolezza del governo.

Ad aprile lo scoppio della guerra ispano-americana bloccò la possibilità di importazione di cereali dagli Stati Uniti. A Milano cresceva la preoccupazione per le manifestazioni del 1º maggio, che però trascorse senza incidenti. A turbare i precari equilibri, il 4 maggio giunse il decreto di richiamo alle armi della classe 1873.

Le truppe presenti

Dal 2 maggio venne data facoltà ai prefetti di affidare, in caso di estesi tumulti, la gestione della pubblica sicurezza all’autorità militare.

A Milano aveva sede il III corpo d’armata, comandato fin dal 1887 dal tenente generale Fiorenzo Bava Beccaris; il tenente generale Luchino Del Mayno era a capo della divisione Milano dal 1895.

Secondo le relazioni ufficiali, all’inizio di maggio del 1898 le forze totali disponibili per il presidio di Milano ammontavano a circa 2 000 uomini di fanteria, 600 di cavalleria e 300 di artiglieria a cavallo. Altri furono chiamati di rinforzo dopo l’inizio dello stato d’assedio.

I fatti

La ricostruzione dei fatti in studi storici è basata principalmente sull’esame della documentazione ufficiale. Il socialista Paolo Valera pubblicò varie testimonianze già a partire dal 1899; sull’argomento realizzò numerosi articoli nel periodico La folla da lui fondato nel 1901. Queste pubblicazioni, tese a screditare le relazioni ufficiali e in modo particolare Bava Beccaris, presentano però «diverse forzature».

È considerata di particolare interesse una lettera inviata da Eugenio Torelli Viollier a Pasquale Villari il 3 giugno 1898; dimessosi due giorni prima dalla direzione del Corriere della Sera, egli intendeva sfogarsi riportando un resoconto degli avvenimenti di Milano che non aveva potuto pubblicare.

A Milano il 6 di maggio agenti della polizia arrestano, nel corso di una agitazione, alcuni operai della Pirelli; verso sera, durante i tumulti davanti alla questura, due dimostranti restano sul selciato.

Il giorno seguente le organizzazioni operaie dichiarano lo sciopero generale e i milanesi scendono nelle strade. Poiché i questurini non sono sufficienti, la cavalleria viene incaricata di riportare l’ordine. Ma l’ordine non torna, non c’è verso. In molti quartieri popolari vengono alzate le barricate. Nel pomeriggio del 7 maggio il Governo decreta lo stato di assedio affidando il comando della piazza al generale Fiorenzo Bava Beccaris. Altri morti si aggiungono ai primi.

L’8 maggio è domenica, Milano è insorta come cinquanta anni prima contro gli austriaci, solo che stavolta nobili e borghesi stanno dall’altra parte. Il generale comandante ordina di sparare sulla folla. Col cannone ad alzo zero.

Il giorno 9 la rivolta viene gradualmente sedata; nel pomeriggio i bersaglieri espugnano l’ultima barricata in largo la Foppa.

Il 10 maggio si ebbe la riapertura di quasi tutti gli stabilimenti e della maggior parte delle attività. Non si registrarono altri incidenti degni di nota a Milano.

Monza furono repressi alcuni tumulti, per i quali già da domenica 8 erano state inviate truppe. A Luino ci furono proteste presso una caserma per ottenere la liberazione di un operaio che era stato arrestato giorni prima; guardie e carabinieri spararono sulla folla, provocando 4 morti e 10 feriti; da Milano e da Varese vennero inviate truppe di rinforzo.

Sempre il giorno 10 iniziarono a giungere dalla Svizzera notizie dell’organizzazione di un gruppo di operai italiani diretti in Italia per sostenere i tumulti. Mercoledì 11 lo stato d’assedio venne esteso alla provincia di Como e vi vennero inviate truppe, temendo un’aggressione armata al confine svizzero; venne richiesto un intervento al consiglio federale svizzero per fermare la possibile invasione. Il 15 maggio il treno che trasportava un gruppo di circa 200 operai, unici ad aver completato il viaggio attraverso i cantoni, fu scortato alla frontiera e consegnato alle forze dell’ordine italiane.

I dati ufficiali indicarono in totale 83 morti, cioè 81 civili, un agente di pubblica sicurezza e un soldato.

In tutti i territori sottoposti al generale Bava Beccaris furono arrestate in totale circa 2000 persone e ci furono circa 1140 deferiti al tribunale di guerra.

Si svolsero 129 processi con 828 imputati, dei quali 224 erano minorenni e 36 erano donne; nel complesso ci furono 688 condanne e 140 assoluzioni. Circa 300 condanne furono con pene inferiori a 6 mesi e 85 con pene tra 5 e 16 anni di reclusione. La condanna a 16 anni fu per il socialista Dino Rondani, nel frattempo fuggito in Svizzera.

Le udienze si svolsero in una sala a pianterreno dell’ala sinistra del Castello Sforzesco, all’epoca oggetto di restauro da parte di Luca Beltrami e sede del Museo del Risorgimento e di altre istituzioni.

L’attenzione generale si concentrò in particolare su due processi, quello «dei giornalisti» e quello «dei politici».

Il processo detto «dei giornalisti» vide 24 imputati; solo alcuni erano effettivamente giornalisti. Vennero accusati principalmente in quanto appartenenti a gruppi anarchici, socialisti o repubblicani. Caso particolare fu quello di don Albertario perché i suoi articoli «gareggiavano cogli altri di violenza così da attaccare con sottile ironia la Monarchia e le istituzioni, seminando l’odio di classe fra contadini e padroni e fra le altre classi sociali e distogliendo buona parte del clero da quell’opera di pacificazione che per la sua missione sarebbe destinato a compiere, costituendo in tal modo un fomite alla rivolta anche con articoli violenti, quando questa era già scoppiata».

Il processo detto «dei politici» iniziò il 27 luglio e ebbe come imputati i deputati Luigi De Andreis (repubblicano), Filippo Turati e Oddino Morgari (socialisti). Nonostante l’immunità parlamentare, i tre erano stati arrestati durante lo stato d’assedio: De Andreis a Milano durante una perquisizione al giornale Il Secolo; Turati in questura a Milano dove si era presentato per avere informazioni sull’arresto di Anna Kuliscioff; Morgari era stato fermato a Roma. La Camera dei deputati aveva concesso l’autorizzazione a procedere contro di loro nella seduta del 9 luglio con 207 voti a favore, 57 contrari e 16 astenuti. Vennero accusati «perché, col mezzo di opuscoli, discorsi e conferenze, col mezzo dell’istituzione di circoli, comitati, riunioni e leghe di resistenza, e allo scopo, concertato e stabilito fra essi e altri capi ora latitanti di partiti sovversivi, di mutare violentemente la costituzione dello Stato e la forma di governo, riuscirono a suscitare la guerra civile e a portare la devastazione e il saccheggio nella città di Milano nei giorni 6, 7, 8 e 9 maggio ora decorso, cooperando anche immediatamente e direttamente all’azione, e procurando di recarvi assistenza e aiuto».

La sentenza del 1º agosto 1898 condannò De Andreis e Turati a 12 anni, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, all’interdizione legale durante l’espiazione della pena e al pagamento delle spese processuali. Morgari fu assolto.

Con la fine dello stato d’assedio e il ritorno di varie pubblicazioni soppresse, iniziò una serie di appelli per l’amnistia nei confronti dei condannati.

Il 29 dicembre 1898 fu concessa un’amnistia per alcune pene stabilite dai tribunali militari di Milano, Firenze e Napoli: furono condonate le condanne fino a due anni di reclusione e le altre condanne vennero ridotte di due anni; per i minorenni e per le donne l’amnistia fu estesa per condanne fino a tre anni di reclusione; furono condonate le pene pecuniarie. In questa amnistia rientrò, ad esempio, la condanna di Anna Kuliscioff; don Albertario si vide la condanna ridotta a un anno.

Nel gennaio 1899 iniziarono le pubblicazioni della rivista Pro Amnistia che raccoglieva numerosi appelli; il primo numero conteneva scritti di Ernesto Teodoro Moneta, Filippo Meda, Claudio Treves, Edoardo Porro, Augusto Murri, Paolo Valera, Olindo Guerrini, Max Nordau e Adolfo Zerboglio.

Il 3 febbraio 1899 la Camera dei deputati dichiarò decaduti Turati e De Andreis in seguito alla loro condanna; furono dichiarati vacanti i collegi elettorali di Milano V e di Ravenna I. Turati, ancora in carcere, fu ricandidato da socialisti, radicali e repubblicani nel collegio di Milano V e la sua elezione fu data per scontata, tanto che non si presentarono altri candidati; il 2 giugno la Camera annullò l’elezione.

Con decreto del 4 giugno 1899 Umberto I concesse una nuova amnistia senza limitazioni. Turati fu nuovamente candidato alle elezioni suppletive per il collegio Milano V che si tennero il 13 agosto; fu rieletto sconfiggendo nettamente il candidato moderato.

venerdì 17 luglio 2020

#NEVERendum // 1.000 giorni senza risposta


Mille sono i giorni che saranno trascorsi il prossimo 18 luglio da una data molto familiare ai cittadini lombardi, vale a dire quel 22 ottobre del 2017 nel quale si svolse, in contemporanea col Veneto, il Referendum per l’Autonomia della nostra regione. Consultazione che ebbe un grande successo, nonché un plebiscito, per la richiesta di conferimento di maggiore autonomia alla Lombardia.

Per ricordare tale evento, e la mai sopita volontà autonomista dei lombardi, proprio sabato 18, con inizio alle 15:30, l’Assemblea Nazionale Lombarda ha organizzato una manifestazione davanti a Palazzo Lombardia a Milano.
Un evento cui ha aderito anche Terre di Lombardia, associazione culturale che avrò il piacere di rappresentare.

Terre di Lombardia resta un’associazione culturale. Ciononostante il tema dell’Autonomia Lombarda resta l’elemento maggiormente distintivo della battaglia per l’affermazione dei principi di libertà e di identità del nostro territorio.

Lo Abbiamo fatto Per tutto il periodo che ha preceduto il referendum e a maggiore lo faremo il prossimo sabato 18 luglio aderendo all'iniziativa che celebra i 1000 giorni trascorsi da quella Consultazione senza che la stessa abbia prodotto risultati istituzionali concreti.

Lo faremo senza vessilli e simboli di partito, ma da cittadini che amano la Lombardia e che sognano l’autonomia della stessa.

Terre di Lombardia continua il suo cammino a fianco del Popolo Lombardo.”


Così il Presidente Gianni Fava

venerdì 29 maggio 2020

29 MAGGIO // FESTA della LOMBARDIA


Il mio contributo scritto per Terre di Lombardia

Nell'844° anniversario della Battaglia di Legnano, che vide contrapporsi i liberi comuni riuniti nella Lega Lombarda da un lato e l’Imperatore Federico Barbarossa dall'altro, come ogni anno ricorre oggi la Festa della Lombardia.

Una giornata di ricordo, celebrazione e festa che non può non assumere quest’anno un significato particolare ed ancor più sentito.

Parole da scrivere ve ne sarebbero così tante che non basterebbe l’intera giornata per leggerle, ma l’unica che veramente ci sentiamo di vergare è “GRAZIE”.

GRAZIE a tutti coloro che in questi mesi sono stati impegnati nelle strutture sanitarie della nostra regione, come in tutto il mondo, per curare le persone colpite dal coronavirus.

GRAZIE a tutti coloro che hanno prestato un lavoro prezioso ed indispensabile per contrastare l’emergenza quali le aziende impegnate nella sanità, i farmacisti, le forze dell’ordine, il corpo nazionale dei vigili del fuoco, i volontari, ecc.

GRAZIE alle donne ed agli uomini che hanno continuato a lavorare nei settori indispensabili.

GRAZIE ai lavoratori autonomi, agli imprenditori e alle aziende che hanno fatto grande la Lombardia per resistere in un momento di estrema difficoltà.

GRAZIE a tutti i cittadini della Lombardia per il senso di responsabilità che hanno mostrato, e continuano a dimostrare, nell'attenersi alle prescrizioni emanate dalle autorità.

GRAZIE a tutti coloro che da altre regioni e nazioni hanno espresso la loro solidarietà nei confronti della Lombardia in questi mesi difficili.

GRAZIE anche a quanto hanno mostrato al mondo la propria ignoranza e imbecillità insultando la Lombardia ed i suoi cittadini, che non serbano rancore, ma anzi vi invitano quanto prima a venire da noi per curare nelle nostre strutture il vostro disagio mentale.

GRAZIE a TUTTI! 😌
GRAZIE di CUORE! ❤️

lunedì 16 marzo 2020

CORONAVIRUS | Caro Nord, non dimenticare!


Articolo per "La Voce del Nord"

“Ieri notte due pazienti affetti da COVID19, in gravi condizioni, sono stati trasferiti con aereo militare da Bergamo, dove i posti in terapia intensiva sono finiti, all’ospedale civico di Palermo, che ha prontamente risposto alla richiesta di aiuto arrivata dalla Lombardia. Atto di solidarietà non dovuto e non scontato, considerata la scarsa disponibilità di strutture e posti letto dovuta al fatto che persone e denari si sono mosse sempre in direzione opposta.
Non sono bastati decenni di insulti, di disparità, di sanità regionalizzata (con conseguente enorme spostamento di risorse e di persone da sud a nord) a scalfire l’animo solidale che noi siciliani abbiamo sempre avuto e custodiamo gelosamente.”
Inizia così un delirante post sulla pagina, da 180.000 follower, di tale Ignazio Corrao, esponente siciliano del Movimento 5 Stelle, appaerso sabato 14 marzo alle ore 19.24 (se volete tafazzarvi gli zebedei andate a cercarlo ma non dite che non vi ho avvisato…).
Ma tornando al suddetto, nonché al suo sproloquio, appare del tutto superfluo ricordare come ogni anno in Lombardia arrivano dalle altre regioni ben 40.000 persone per ricevere quelle cure mediche impossibili da ottenere nelle stutture delle regioni di origine per via dell’atavica incapacità delle classi dirigenti di organizzare degnamente la sanità. Dalla Sicilia del Corrao ogni anno sono costrette a cercare altrove cure adeguate 15.000 persone.
Superfluo poi ricordare come i costi sostenuti per assicurare tali cure gravano ogni anno sui bilanci della sanità della Lombardia, e non solo, senza che siano prontamente rimborsati dalle regioni di origine dei malati. Tanto per ricordare al Corrao un numero il “credito” vantato dal Pirellone ammonta a 800.000.000 di euro!?!
Ancor più superfluo per chi ha l’ardire di scrivere scemenze come di un “enorme spostamento di risorse e di persone da sud a nord” poter comprendere un concetto e due numeri. Il concetto è quello di Residuo Fiscale e i numeri sono +54.000.000.000 è quello vantato dalla Lombardia (il più alto in Italia) mentre ammonta a -10.000.000.000 quello della Sicilia (la regione che riceve di più in assoluto).
Superfluo ricordare al Corrao come la solidarietà dimostrata dai lombardi ogni anno avviene nel silenzio e nel rispetto, non certo nel piagnisteo e dell’arroganza di persone come il predetto, fulgido esempio di quella che dovrebbe essere, ma purtroppo non lo è, la nuova classe dirigente che dovrebbe “riscattare” il meridione italiano.
Per nulla superfluo invece il dovere, una volta terminata l’emergenza legata al coronavirus, per la Lombardia e per tutto il Nord, di non dimenticare.
Non dimenticare di difendere l’autonomia sanitaria, grazie alla quale abbiamo costruito un sistema in grado di affrontare l’emergenza, dalle pulsioni centralizzatrici che vorrebbero riportarla nella palude dell’inefficienza romana.
Non dimenticare quanti come il Corrao non mancano di “chiagnere e fottere” in ogni occasione, anche nelle emergenze.
Non dimenticare che ogni anno 54.000.000.000 di euro delle proprie tasse, dalla sola Lombardia, finiscono, senza mia più tornare indietro, nelle casse di uno stato capace di spedire carta igienica al posto di mascherine sanitarie.
Non dimenticare, mai!

venerdì 24 gennaio 2020

ECONOMIA | I servizi del Trentino ai prezzi della Lombardia: così l’Italia risparmierebbe 66 miliardi.


Articolo per "La Voce del Nord"

È quanto emerge dall'analisi sulla spesa pubblica locale dell’ufficio studi di Confcommercio – basata sugli ultimi dati disponibili del 2016 -che mette in relazione la qualità dei servizi offerti ai cittadini con i costi.

L’Italia delle regioni ideale ha i servizi del Trentino Alto Adige ai prezzi della Lombardia. Se tutto il Paese avesse questi standard nella spesa locale ci sarebbero oltre a maggiori efficienze anche un risparmio di ben 66 miliardi. È quanto emerge dall'analisi sulla spesa pubblica locale dell’ufficio studi di Confcommercio – basata sugli ultimi dati disponibili del 2016 – che mette in relazione la qualità dei servizi offerti ai cittadini con i costi.

Secondo l’analisi dell’ufficio studi di Confcommercio le Regioni a statuto speciale spendono in media per abitante il 37% in più delle Regioni a statuto ordinario. Fra queste, quelle piccole spendono mediamente il 17% in più delle Regioni grandi. Dallo studio emerge che l’Italia delle regioni ideale, avrebbe i servizi del Trentino Alto Adige ai prezzi della Lombardia che per i suoi servizi spende 2.528 euro pro-capite. Dall'analisi emerge anche che, per avere l’attuale livello dei servizi al livello dei prezzi della Lombardia, la spesa pubblica sarebbe di soli 107,9 miliardi di euro invece degli effettivi 173,9 miliardi. Insomma l’attuale sistema di spesa locale potrebbe con maggiori efficienze risparmiare 66 miliardi di euro. A fronte dei quali, 5,2 miliardi sarebbero di sprechi netti.

Andando ad esaminare le singole regioni la Valle d’Aosta è quella che ha la spesa pro capite più alta, 6.376 euro pro capite, ed è al quarto posto per output di servizi dopo Trentino, Lombardia e Friuli Venezia Giulia. Il Trentino Alto Adige, che è in testa per l’efficienza dei servizi ha una spesa pro-capite di 5.417 euro, ed è seconda dopo la Valle d’Aosta. Fra le regioni che spendono meno pro capite figurano la Campania (ultima della lista con 2.476 euro), la Lombardia (penultima con 2.528 euro), la Puglia (2.540 euro), il Lazio (2.686 euro) e il Veneto (2.709 euro). Se si incrocia la spesa pro-capite con l’efficienza dei servizi emergono le regioni più virtuose: Lombardia (seconda per output) e Veneto (sesta per output). Maglia nera per l’inefficienza è la Sicilia che ha una spesa pro capite di 3.220 euro (settima regione) ed è l’ultima nell'indice di output dei servizi. Il problema del Sud, non è tanto la quantità di spesa, quanto la qualità di servizi. «Se al Sud non si spende molto più che al Nord in termini di costo dei servizi pubblici per abitante, il problema è che di tali servizi al Sud se ne producono molto meno», sottolinea la ricerca.

Questo evidenzia in cosa consista la virtuosità della Lombardia: è la regione che, in proporzione alle altre, offre il maggior numero di servizi al minor costo di spesa pubblica.


L’inefficienza delle regioni meno virtuose, invece, dipende da queste due variabili: o dal minor numero di servizi pubblici offerti (ad esempio Sicilia, Calabria e Campania erogano meno del 40% dei servizi che offre la Lombardia), o dal maggior costo pro capite dei servizi, (ad esempio il Trentino Alto Adige spende in proporzione più del doppio della Lombardia).

venerdì 15 febbraio 2019

AUTONOMIA | MAI MULÀ, TÈGN DǗR!


Ordunque il fatidico giorno è arrivato, quel 15 di febbraio posto come scadenza per la presentazione delle proposte del Governo a fronte delle richieste di autonomia di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.

Un parto lungo, e alquanto faticoso, sul cui esito non mi esprimo non avendo ancora letto nel dettaglio le singole proposte, ed in particolare quella dedicata alla Lombardia.

Una cosa appare però certa, a fronte di una sempre costante negli anni richiesta, da parte in particolare di lombardi e veneti (iniziata col voto favorevole al referendum del 2006 e confermata in quelli dell'ottobre 2017), di poter gestire maggiori competenze con le relative risorse, specialmente in queste ultime settimane abbiamo assistito al "festival del parassitismo" nel quale, per bocca di doversi loro esponenti (la Carfagna per FI, Zingaretti e De Luca per il PD, nonché buoni ultimi i gruppi parlamentari del M5S), le forze contrarie al progresso e fautrici del mantenimento in essere di un sistema fallito, hanno intasato i social ed i mezzi d'informazione del solito "peana" sulla cattiveria ed egoismo di noi lombardi e veneti, "colpevoli" di voler vedere le cospicue tasse che paghiamo ogni anno restare maggiormente nelle nostre terre per essere spese meglio di quanto faccia oggi lo stato itagliano...

La strada sarà ancora molto lunga, ma una cosa è certa...
MAI MULÁ, TEGN DÜR!

mercoledì 28 novembre 2018

AUTONOMIA | Lezzi: le richieste di Lombardia e Veneto non saranno strumento per favorire il Nord

Che il “cosiddetto” contratto fosse alquanto lacunoso sul tema dell’autonomia l’ho scritto non appena è stato firmato, ma devo a malincuore ammettere che al peggio non c’è mai limite...

😡🤬😡


SUD, LEZZI: RICHIESTE AUTONOMIA REGIONI NON SARANNO STRUMENTO PER FAVORIRE NORD

Roma, 28 nov - "Le richieste di autonomia" economica regionale "previste nel contratto, non saranno uno strumento per favorire alcune Regioni piuttosto che altre. Il completamento dell'iter non comporterà un surplus fiscale trattenuto al Nord".


Lo ha dichiarato in aula alla Camera la ministra per il Sud Barbara Lezzi in risposta ad un'interrogazione sulla distribuzione delle risorse fra Nord, Centro e Sud, nel corso del question time.

"Quale autorità politica per la coesione - ha aggiunto - lavoro per misure omogenee in tutto il Paese e avrò modo di monitorare l'azione del Governo in modo da assicurare al Sud misure per colmare il gap con il Nord".

domenica 2 settembre 2018

L’AUTONOMIA ORMAI E’ VICINA, MA PER BOICOTTARLA LE INVENTANO TUTTE


Articolo di Stefano Bruno Galli, pubblicato su Libero di oggi, nel quale replica alla petizione contro l'autonomia di Lombardia e Veneto lanciata da Gianfranco Viesti.

Nel 1950 – vale a dire due anni dopo l’entrata in vigore della Costituzione Repubblicana e vent'anni prima della nascita delle Regioni a statuto ordinario – Gianfranco Miglio scriveva Dobbiamo mantenere, per amor di simmetria, gli stessi controlli tutori e le medesime bardature burocratiche sulla Lombardia e sulla Basilicata? Oppure dobbiamo applicare all'amministrazione pubblica gli stessi criteri pratici che si adottano anche nella più umile azienda privata, ove il collaboratore inesperto viene strettamente controllato e quello capace lasciato invece libero della propria iniziativa? Dobbiamo considerarci una specie di convoglio, costretto per l’eternità a camminare alla velocità ridotta della nave meno efficiente, oppure dobbiamo consentire alle regioni più progredite di sviluppare le proprie capacità e le proprie risorse di iniziativa, nell'interesse evidente dell’intera comunità nazionale?

Con la lucidità e l’incisività che gli erano proprie, il professore lariano metteva a fuoco – e con larghissimo anticipo rispetto alla riforma costituzionale del 2001 – l’essenza del regionalismo differenziato. Non parliamo – per carità, ma anche per amore di verità e di rigore teorico . di “federalismo” né di “secessione”, come fanno, assai impropriamente, i quaranta studiosi chiamati a raccolta dal professor Gianfranco Viesti, che hanno promosso la petizione 
No alla secessione dei ricchi. Una petizione che, sull'onda della più becera demagogia anti autonomista, ha raccolto quasi quattromila adesioni. 

I RENDIMENTI

Le trattative intavolate da Lombardia e Veneto – a seguito dei referendum consultivi dello scorso 22 ottobre – e dall'Emilia Romagna, che si è lanciata sulla scia dell’azione delle prime due regioni, si collocano nell'alveo della più stretta e rigorosa lealtà costituzionale. Si tratta di un atto di grande responsabilità istituzionale, finalizzata a sfruttare l’opportunità offerta dall'articolo 116 – al terzo comma – della Costituzione. Deliberatamente ispirato al federo-regionalismo spagnolo, il regionalismo differenziato – costituzionalizzato con la riforma del 2001 – mira a riconoscere a ogni regione dei margini di autonomia coerenti con la sua fisionomia dal punto di vista economico e produttivo, fiscale e culturale. Anche perché il regionalismo ordinario dell’uniformità – praticato dal 1970 in qua – ha creato davvero dei danni molto gravi al paese. Con l’obiettivo di garantire eguali diritti e tutele a tutti i cittadini della Repubblica, ha fatto emergere con chiarezza i differenziali di rendimento istituzionale dei territori. Nel paesaggio del regionalismo italiano, infatti, sono sotto gli occhi di tutti quelle realtà che hanno fatto un uso virtuoso dell’autonomia politica e amministrativa, per quanto – sic stantibus rebus – assai limitata. Hanno incrementato la democrazia di prossimità, ampliando i diritti di welfare e la qualità dei servizi erogati a beneficio dei cittadini, utilizzando altresì le risorse secondo criteri di elevata produttività e alta redditività. E’ quindi giusto premiare queste realtà con maggiori margini di autonomia, nell'interesse esclusivo del Paese. Non v’è nulla di male, anzi.

NUOVE MATERIE

La Costituzione prevede che le regioni in pareggio di bilancio possano chiedere – nel negoziato con il governo – sino a 23 nuove materie: tre competenze esclusive dello Stato e tutte e venti le competenze concorrenti. Non c’è nessuna controindicazione se la Lombardia – regione che ha dato i natali a Carlo Cattaneo e Gianfranco Miglio, ma anche a Giuseppe Ferrari e pure a Gianni Brera – le chiede tutte e 23, con le relative risorse per gestirle. In questo modo sgrava lo Stato di alcune pesanti incombenze , nella prospettiva di erogare servizi – per il proprio territorio – con un minore costo e una maggiore qualità, come comprovato dalle principali agenzie internazionali di rating da parecchi anni in qua. Evitiamo – per piacere – di confondere le idee e di fare illusioni al residuo fiscale, che non è oggetto del negoziato. Non confondiamo le acque, come fanno – pretestuosamente – Viesti e i suoi amici. Non è una questione di orgoglio nordista versus orgoglio sudista. Se la mettiamo su queste basi, ancora una volta perdiamo una grande occasione. La trattativa intavolata da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, ha innescato infatti un vero e proprio effetto-domino, coinvolgendo altre regioni – anche del Sud – che vedono nel modello federo regionalista, fondato sul regionalismo differenziato, un’importante opportunità di sviluppo per il Paese, ricomponendo la sua unità su nuove basi, più aderenti alla sua fisionomia storica e culturale, economica , produttiva e fiscale. Con buona pace dei sottoscrittori della petizione lanciata dal professor Viesti.

sabato 1 settembre 2018

No alla "Secessione dei ricchi", dicono i PARASSITI...

“Il Veneto, la Lombardia e sulla loro scia altre undici Regioni si sono attivate per ottenere maggiori poteri e risorse. Su maggiori poteri alle Regioni si possono avere le opinioni più diverse. Ma nei giorni scorsi è stata formalizzata dal Veneto (e in misura più sfumata dalla Lombardia) una richiesta che non è estremo definire eversiva, secessionista.”
Questo il titolo e l’incipit di una petizione, dal titolo "NO ALLA SECESSIONE DEI RICCHI", che potete trovare su change.org, promossa da tale Gianfranco Viesti, che chiede tra l’altro:
“che nessun trasferimento di poteri e risorse a una Regione sia attivato finché non siano definiti i “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale" (art. 117, lettera m della Costituzione); e che il trasferimento di risorse sulle materie assegnate alle Regioni sia ancorato esclusivamente a oggettivi fabbisogni dei territori, escludendo ogni riferimento a indicatori di ricchezza.”
Tradotto in linguaggio corrente i “parassiti”, come li definirebbe Gianfranco Miglio, non vogliono che la Lombardia ed il Veneto, sulla scorta dei referendum del 22 ottobre 2017, ottengano maggiore autonomia e mantengano a servizio dei propri cittadini una quota maggiore del residuo fiscale che ogni anno lombardi e veneti creano.
È quantomai evidente come lorsignori temano che possa finalmente “finire la pacchia” cit.

Un motivo in più per proseguire nella battaglia autonomista iniziata con il referendum promosso in Lombardia da Roberto Maroni e Gianni Fava, e poi proseguita con Attilio Fontana e Stefano Bruno Galli.

Dimenticavo...

Scorrendo l’elenco delle adesioni alla petizione il primo nome che compare è quello di tale Diego Fusaro, autoproclamato filosofo contemporaneo, alquanto e malauguratamente seguito da molti amici leghisti.
Per quanto mi riguarda ennesima conferma di quanto un idiota...

venerdì 9 marzo 2018

Politica (con la P maiuscola) e politica (politicante)...


La Politica (con la P maiuscola) è fatta di battaglie sui valori e gli ideali per i quali si ricerca il consenso degli elettori.

Consensi che talvolta non bastano per raggiungere il traguardo, ma che non vengono "usati" per arrivarci tramite vie traverse.

Vie traverse usate invece da quella politica (con la p minuscola) che cerca in ogni modo di arrivare ad un risultato anche operando "sottotraccia".
Modi di fare che al cittadino-elettore fanno ribrezzo, cui non credo proprio i candidati citati nel titolo vorranno fare ricorso.


Se proprio si vuole parlare di "premiare" con una promozione alla carica di assessore chi si è cimentato nelle elezioni di domenica scorsa perché non farlo con chi è stato confermato a Palazzo Pirelli?

In un quadro dove la maggior parte dei consiglieri eletti sono alla prima esperienza, e molti degli assessori della giunta uscente sono stati eletti parlamento, la vera scelta importante e forte per il "territorio" è una sola, la "promozione" del rieletto consigliere regionale Federico Lena a sedere nella nuova giunta del Presidente Fontana.

tutto il resto è "politica politicante"...

sabato 24 febbraio 2018

CORREVA L'ANNO... | in difesa dell'ospedale di Crema


Il 2015, i primi del mese di luglio in particolare, e si era nel bel mezzo della discussione in Regione Lombardia sulla Riforma Sanitaria che poneva a rischio l'autonomia dell'Ospedale Maggiore di Crema.

Un rischio concreto contro il quale si schierò unitariamente tutto il territorio (cittadini, personale sanitario, amministratori locali, consiglieri regionali di ogni colore politico).
Riforma che successivamente, grazie anche alla disponibilità del Presidente Roberto Maroni, recepirà le richieste del cremasco in merito al riconoscimento dell'autonomia della nostra azienda sanitaria.

Ho fatto questa "premessa storica" per un motivo semplice. Anche oggi, in piena campagna elettorale per le regionali in Lombardia, il tema della difesa dell'ospedale è tornato a far capolino nell'agenda politica di ogni candidato.

Ma non tutti possono affermare, senza pericolo di smentita, di aver lavorato seriamente in quei giorni per scongiurare un pericolo concreto per il nostro territorio.
Tra coloro che possono rivendicare di aver preso da subito a cuore la vicenda c’è sicuramente l’amico Federico Lena, consigliere regionale uscente e ricandidato per la Lega Nord, che non ebbe alcun timore nello schierarsi apertamente a difesa dell’ospedale, anche andando contro il proprio gruppo politico.

Una dimostrazione di attaccamento al territorio che non tutti gli altri candidati, e candidate, hanno mostrato all'epoca preferendo, in quei giorni cruciali, restare “coperti e allineati” non si sa bene verso cosa…


Per questo il mio invito è...

 4 MARZO  #LOMBARDIA2018
 VOTA  Fontana Presidente
 VOTA  Lega Nord - Lega Lombarda
 SCRIVI  Federico Lena

mercoledì 14 febbraio 2018

ELEZIONI LOMBARDIA | Fontana in vantaggio su Gori, grazie a Roberto MARONI (e non solo...)


E' di recente pubblicazione sul Corriere della Sera il resoconto di un sondaggio (uno degli ultimi che potranno essere resi noti sui media prima del blocco previsto dalla legge) curato da Nando Pagnoncelli dedicato alle regionali in Lombardia.
Stando ai dati presentati:
Fontana si colloca al primo posto nelle scelte degli elettori lombardi, accreditato del 41%, mentre Gori si attesta al 35%. Colpisce la vicinanza coi risultati delle elezioni del 2013, quando Maroni raccolse il 43% delle preferenze e Ambrosoli il 38%. Violi è accreditato del 15% (cinque anni fa il candidato del Movimento raggiunse il 14%), Rosati è stimato al 4%, gli altri candidati (tra cui quelli di Potere al Popolo e Casapound) complessivamente al 5%.
E ancora venendo al dato delle singole liste:
il centrodestra nel suo complesso raggiunge il 41,7%, nettamente sopra il risultato delle ultime consultazioni politiche. Ciò significa che se il candidato per ora ha margini di difficoltà, così non è per la sua coalizione. Il centrosinistra a livello regionale è accreditato del 32,5% e segnala lo stesso andamento della coalizione avversaria. Distante il risultato del candidato 5 Stelle (18,9%), sebbene in miglioramento rispetto alle precedenti regionali. In sostanza, alle elezioni regionali il voto tende a polarizzarsi sui due candidati principali, premiando la coalizione che si ritiene abbia dato prova di saper amministrare bene la regione.
Tra tutti i numeri quello però più significativo è un altro, che bene mostra il quadro nel quale si è andata ad inserire la sfida Fontana vs Gori, ed è il passo che segue:
i dati generali danno conto di una Regione che sembra aver superato la crisi proiettandosi verso la crescita e che valuta positivamente le condizioni complessive, le infrastrutture e i servizi, e che giudica in maniera lusinghiera l’amministrazione regionale, con un apprezzamento del 66% degli elettori, quindi anche da parte di chi non condivide le posizioni politiche del governo regionale.
In altre parole la buona amministrazione messa in campo dal Governatore Roberto Maroni, nonché da collaboratori quali l'Assessore all'Agricoltura Gianni Fava (chiedere a tutte le categorie economiche di Mantova tanto per dire...), ha messo Attilio Fontana in una posizione di indubbio vantaggio che solo errori e scivoloni potranno mettere a repentaglio.

In ultimo un dato emerge volgendo uno sguardo sulle singole liste: nel 2013 Lega Nord e Lista Maroni raccolsero sommate il 23,2% (rispettivamente il 13,0% ed il 10,2%), oggi sempre le due compagini, con la lista civica rinominata Lista Fontana arrivano al 23,8%, con un "travaso" pressoché totale dalla vecchia civica, data allo 0,5%, verso la Lega Nord stimata al 23,3%.
Come tutto questo possa conciliarsi con fantasmagorici analisi demoscopiche proiettate a livello nazionale è tutto da dimostrare, ed il fatto che a darne notizia siano certi siti che fanno concorrenza a Lercio la dice tutta...

martedì 6 febbraio 2018

AUTONOMIA | Roberto Maroni: vedrò il presidente del Veneto Luca Zaia per posizione comune.


(LNews - Milano) "Venerdì sera ci è stata trasmessa una bozza di testo d'intesa fra Governo e Regione Lombardia per l'attuazione del sistema di autonomia in base all'articolo 116 della Costituzione. La stiamo valutando. Ci sono i punti che avevamo chiesto, ma servono alcune modifiche a partire da certe precisazioni sulla questione delle risorse". Ne ha dato notizia il presidente della Regione Lombardia durante la conferenza stampa dopo giunta.

ALCUNI CONTENUTI - Il governatore, ha anticipato alcuni aspetti dei contenuti del documento. "C'è - ha detto - la costituzione di una commissione paritetica Stato-Regione Lombardia che possa superare il sistema delle autorizzazioni previsto dai vari ministeri, Cipe, Mit, ecc. E' una novità assoluta, che avrà da una parte Palazzo Chigi nel suo insieme e dall'altro la nostra Regione. Si parla - ha proseguito - di un sistema di compartecipazione al gettito dei tributi erariali in Regione Lombardia, superando così quello dei trasferimenti; della spesa sostenuta dallo Stato nella Regione riguardo le funzioni trasferite o assegnate; dei fabbisogni o costi standard, che sono una nostra battaglia storia, un criterio che avevamo posto come condizione essenziale a tutta la trattativa. Ci sono infine alcune delle materie uscite dai tavoli tecnici, ma noi chiediamo tutte quelle di cui abbiamo discusso ai vertici di Bologna, Milano e Roma. Cioè, in totale, 14 materie".

INCONTRO CON GOVERNATORE VENETO - "Ho sentito, ha proseguito il presidente lombardo, il mio collega presidente della Regione Veneto, che incontrerò nei prossimi giorni, perché anche lui ha ricevuto la proposta e voglio stabilire una posizione comune fra Lombardia e Veneto, insieme naturalmente anche all'Emilia-Romagna".

GRANDE SODDISFAZIONE - "Sono molto soddisfatto - ha concluso il governatore - penso riusciremo a sottoscrivere questo accordo con l'attuale presidente del Consiglio dei ministri entro la fine del mese di febbraio, lasciando così al prossimo Governo nazionale e alla nuova Giunta regionale lombarda il compito di proseguire e concludere questo percorso. Ma qui intanto mettiamo un punto fermo, come dice l'articolo 1 del testo: 'principi generali, metodologia e materie per l'attribuzione alla Regione Lombardia di autonomia differenziata'. Questo vuol dire regionalismo differenziato, si apre davvero una pagina nuova, molto importante e utile, che favorisce il buon governo delle Regioni e delle autonomie locali".

lunedì 8 gennaio 2018

LOMBARDIA | il bilancio di fine mandato del Governatore MARONI


(Lnews Milano) - "Confermo che non mi ricandiderò, è una decisione presa in piena autonomia, sulla base di valutazioni personali". Lo ha detto il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni nel corso della conferenza stampa dopo la seduta di Giunta regionale, a Palazzo Lombardia, a Milano.

Una conferenza stampa nella quale il Governatore ha ricordato i principali risultati della X Legislatura che si possono riassumere in una scheda.
 
LE 10 GRANDI RIFORME - 7.657 delibere, 184 leggi, 10 grandi riforme (Riforma della salute; riforma delle agenzie del trasporto pubblico locale; Riforma delle Aler; Riforma dei servizi abitativi; Riforma delle grandi strutture di vendita; Riforma del consumo di suolo e della difesa del suolo; Riforma della ricerca; Riforma per la libertà d'impresa, il lavoro e la competitività; Riforma della scuola; Riforma della cultura). 

MENO TASSE - Eliminato il bollo ai motorini e 10 per cento di sconto per bollo auto, zero Irap per start up. 

EXPO 2015 e POST EXPO - 1,5 miliardi di investimento e Human Technopole. 

LA LEGGE CONTRO IL GIOCO D'AZZARDO PATOLOGICO - 3000 Comuni coinvolti con 159 progetti. 

COSTITUITA ARAC - Strumento per la lotta alla corruzione. 

EFFICIENZA AMMINISTRATIVA - Ben 3 milioni di risparmi di spesa ottenuti dalla razionalizzazione del sistema degli enti regionali e spese di funzionamento più basse tra le Regioni. 

5 AZIONI EMBLEMATICHE - Le azioni emblematiche sono: Città della Salute; Restituito il Lago di Como; Costituita con Anas Lombardia Mobilità; Recupero degli scali ferroviari di Milano; Patto per la Lombardia 11 miliardi di investimenti sul territorio. 

INTERVENTI SUL TERRITORIO - Per le grandi infrastrutture sono stati acquistati 160 nuovi treni, lavori per 3 autostrade (Brebemi, Pedemontana e Teem) ed è stata completata la ArcisateStabio, ferrovia transnazionale. Sul fronte dell'ambiente sono stati approvati il Piano degli Interventi per la qualità dell'Aria (Pria) e l'Accordo di bacino padano. A favore del territorio 220 milioni di euro per 230 interventi contro il rischio idrogeologico. Per l'agricoltura anticipo Pac a oltre 30.000 aziende. Per la Protezione civile ruolo di coordinamento dei volontari per Expo, per l'evento mondiale The Floating Piers e per la storica visita del Papa. 

WELFARE - In campo sanitario 700 milioni di investimenti straordinari. Ambulatori aperti la sera e nei weekend. 

REDDITO LOMBARDO DI AUTONOMIA - Regione ha offerto Nidi gratis con adesione del 90 per cento dei Comuni con asili pubblici; con il Bonus famiglia - 1.800 euro di bonus, il doppio di quello nazionale a 13.000 mamme; esenzione super ticket e riduzione del ticket per gli anziani; Piano di inserimento lavorativo. Rientra in questo campo anche la Dote Sport che ha sostenuto 20.000 famiglie. 

SVILUPPO ECONOMICO - nel settore della ricerca investito il 3 per cento del Pil e istituito il Premio internazionale 'Lombardia è Ricerca'. Sul fronte del lavoro si registrano 125.000 giovani nuovi occupati. Con le imprese, quindi, sono stati sottoscritti 32 Accordi per la competitività con 10.500 posti di lavoro salvaguardati. 

CULTURA - In questo settore, vivace, da sottolineare le 40.000 Card Musei vendute con 126 musei aderenti sul territorio regionale. 

TURISMO - A questo settore è stato dedicato un Anno speciale. Sono 120 i milioni di investimenti. Dal 2013 si è registrata una crescita del 13,6 per cento di arrivi e del 9,5 per cento delle presenze. 

INVESTIMENTI A FAVORE DELLA CRESCITA - Sono ben 7 i miliardi di euro destinati a favore degli enti locali col Patto territoriale. 

TEMPI DI PAGAMENTO RECORD VERSO I FORNITORI - Regione Lombardia paga i propri fornitori, oggi, con 18,59 giorni di anticipo rispetto alla scadenza. 

AUTONOMIA - Oltre 3 milioni di votanti al Referendum, con il 95,3 per cento favorevole all'autonomia, 54 miliardi di residuo fiscale, 23 materie trasferibili e 3 Tavoli territoriali (Milano, Bologna, Roma).

giovedì 23 novembre 2017

IL NORD E L’AUTONOMIA | Le regioni e un’intesa necessaria


dal Corriere della Sera di oggi alcuni stralci di un interessante editoriale firmato da Dario Di Vico riguardante il percorso intrapreso dopo i referendum per l'autonomia di Lombardia e Veneto.
È già passato un mese dal referendum sull'autonomia che ha visto pronunciarsi in due distinte consultazioni gli elettori della Lombardia e del Veneto. Partecipazione e risultato sono stati difformi, a Est si è superato addirittura il quorum che gli organizzatori si erano auto-imposti mentre a Ovest l’affluenza è stata significativamente più bassa e ha visto aprirsi una notevole divaricazione tra la grande città e i territori. In sede di bilancio del voto è stato già sottolineato come questa distanza non fosse meramente statistica ma rimandasse a differenti culture e soprattutto dipendesse dal maggiore/minore grado di apertura internazionale delle rispettive comunità. Ma a questo punto la pur lodevole indagine sociologica deve lasciare il passo alla ricerca di soluzioni percorribili che sappiano far tesoro del clima di grande civiltà nel quale si è votato e che ci ha visto primeggiare su altri sventurati esempi europei.
Per una volta poi la politica non è rimasta con le mani in mano e il tempo passato dalla conta dei consensi a oggi è stato impiegato per costruire un negoziato nel quale ha fatto il suo ingresso un’altra regione, l’Emilia-Romagna. Quali che siano state le scelte a monte oggi il governo ha avviato con la stessa Emilia-Romagna e la Lombardia un percorso che, incrociando le dita, ha tutti i numeri per rivelarsi virtuoso.
Ci sono le condizioni, infatti, da qui al termine dell’attività dell’esecutivo presieduto da Paolo Gentiloni per arrivare a due differenti intese che potrebbero consentire un passo in avanti nella cultura amministrativa italiana, coniugando devolution e responsabilizzazione degli enti regionali. Le procedure prevedono che accordi di questo genere — assimilati a quelli che vengono stipulati con le confessioni religiose — debbano essere sottoposti al vaglio del Parlamento nazionale ma in questo caso, per obiettivi motivi di tempo, stiamo parlando delle prossime assemblee e non di quelle in carica. Le Camere a quel punto potranno ratificare o meno le intese con Lombardia ed Emilia-Romagna, non modificarle.
E’ possibile però che il bilancio di questo percorso federalista di fine legislatura sia positivo senza fare i conti fino in fondo con le istanze del Veneto? La regione nella quale la passione autonomista è più largamente presente e condivisa anche da quei segmenti della società più abituati per il loro lavoro a confrontarsi con i mercati globali? Certo che no. E di conseguenza il governo dovrà far ricorso a tutta la capacità di mediazione per incrociare la sua rotta con quella del presidente del Veneto, Luca Zaia. Per onestà bisogna dire che il percorso si presenta tutt'altro che agevole. Le 23 materie di decentramento decisionale che Zaia propone, messe tutte assieme, rappresentano un macigno per la trattativa e in più il governo non potrebbe accogliere la richiesta veneta di trattenere sul territorio i 9/10 del prelievo fiscale. Esiste, infatti, in proposito un pronunciamento negativo della Corte Costituzionale che lega le mani al presidente del Consiglio.
Tocca dunque a Zaia, per certi versi, la prossima mossa. Può lasciare il segno contribuendo anche personalmente a far avanzare la cultura federalista in Italia o può scegliere di far saltare il tavolo del possibile negoziato. Nessuno può obbligarlo ad abiurare i suoi convincimenti più profondi, gli si chiede solo di utilizzare come bussola il suo collega di partito Roberto Maroni.

martedì 7 novembre 2017

AUTONOMIA | Maroni: risoluzione completa, auspico la sua approvazione unanime


(Lnews - Milano)
"Mi pare una risoluzione apprezzabile dal punto di vista dei contenuti, completa. Certo ci sono alcune differenze, alcune richieste di modifica presenti negli emendamenti, che io ritengo da valutare, lo farà il presidente della Commissione, ma per me è importante che si arrivi all'approvazione della risoluzione con il voto più ampio possibile, all'unanimità o comunque con una larghissima maggioranza, perché questo consentirà a me e agli altri presidenti di Regione seduti al tavolo di fare una trattativa vera, con l'obiettivo di portare in Regione il maggior numero di competenze possibili e, naturalmente, il maggior numero di risorse ad esse collegate". Lo ha detto il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, questo pomeriggio, prendendo la parola, in Aula consiliare, al termine degli interventi dei gruppi, prima della votazione relativa alla risoluzione per l'autonomia.

PLAUSO AL CONSIGLIO - Maroni ha anche espresso il proprio apprezzamento al Consiglio regionale "per come ha gestito tutta la vicenda", in particolare rispetto ai tempi, strettissimi, in cui ha prodotto la risoluzione, come lo stesso presidente si era raccomandato avvenisse.

PRIMA DISCUSSIONE SIMILE COL GOVERNO - "Ricordo, e invito il Consiglio a tenerne conto, che, nella risoluzione, si dice che 'l'illustrazione delle materie non è da considerarsi esaustiva e che nel corso delle trattative potrebbero emergere aspetti non considerati nella risoluzione' - ha sottolineato Maroni -: questo è importante, perché è la prima volta la prima volta che si discute con il Governo in modo così approfondito e la risoluzione dell'Emilia Romagna ha dei contenuti in parte diversi, il che non guasta, perché ci consente di unire le forze, in attesa del Veneto naturalmente, e avere una forza maggiore nella trattativa con il Governo".

PRESENTI TUTTE LE MATERIE - "La risoluzione mi pare assolutamente condivisibile - ha proseguito il presidente -, perché elenca tutte le materie previste negli articoli 116 e 117 della Costituzione, come previsto dal quesito del Referendum, perché specifica che 'siano salvaguardati livelli adeguati di risorse finanziarie correlate alle competenze acquisite, per non vanificare l'obiettivo di mantenere nel tempo l'autonomia conseguita e ottenere la garanzia dell'acquisizione di tutte le risorse necessarie al finanziamento integrale delle funzioni attribuite alla Regione'".

PUNTO DI SVOLTA - "Ci sono tutti gli elementi, quindi, per dire che è una trattativa seria è importante, che può davvero rappresentare un punto di svolta nel rapporto tra il Governo centrale e il sistema delle autonomie" ha considerato Maroni.

SEI TAVOLI, UNO A MILANO - "Nella risoluzione si raggruppano le materie in 6 macroaree e l'ho già anticipato al Governo, verificando che che non ci sono obiezioni - ha spiegato ancora -. Credo quindi che giovedì, quando insedieremo il tavolo, la richiesta che io e il presidente Bonaccini faremo sarà di organizzare sei tavoli e chiederò che almeno uno di questi tavoli sia a Milano, visto che consideriamo la trattativa Governo-Regioni su un piano di parità e non la Regione che va a Roma a chiedere. Se così sarà, mi pare che vi siano tutte le condizioni per fare un lavoro egregio, nell'interesse dei cittadini lombardi".

CHIUSURA ENTRO FINE GENNAIO - "Ho l'ambizione di chiudere la trattativa con il Governo entro la fine di gennaio, così da evitare sovrapposizioni con la prossima campagna elettorale - ha ribadito il presidente -. Ribadisco l'intenzione di tenere distinte le due cose: se il Governo sarà disponibile, dandoci soddisfazione sulle nostre richieste, a chiudere la trattativa entro la fine di gennaio, sarò ben lieto di sottoscrivere l'accordo, previo passaggio in Consiglio regionale, perché il Consiglio sarà coinvolto in tutto, compresa la risoluzione finale, che firmerò solo se il Consiglio mi dirà che va bene".

MASSIMO COINVOLGIMENTO DEL CONSIGLIO REGIONALE - "In questi giorni mi sono sentito con il Governo, in particolare con il sottosegretario Bressa, che sarà il nostro interlocutore dal punto di vista tecnico - ha concluso il presidente -. Con lui definiremo giovedì come organizzare i tavoli e la loro composizione, anche per avere in tutti la rappresentanza del Consiglio regionale. Anche per questo mi riprometto venerdì, dopo l'insediamento del tavolo, un passaggio con i capigruppo per definire subito la composizione. Sono naturalmente disponibile a informare il Consiglio regionale degli sviluppi della trattativa e sono convinto davvero che stiamo facendo un grande lavoro, nell'interesse dei nostri cittadini".

mercoledì 25 ottobre 2017

AUTONOMIA | Maroni: siamo al fischio d’inizio di una partita decisiva


(Lnews – Milano) “E’ stata una giornata importante e impegnativa e sono molto soddisfatto di come si sono svolte le operazioni. Circa la partecipazione, avevo fatto riferimento alla partecipazione al referendum per la riforma del Titolo V della Costituzione, che oggi noi andiamo ad attuare, e lo abbiamo superato, nonostante qualche difficoltà e le polemiche”. Lo ha detto il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, oggi pomeriggio, relazionando circa l’esito del referendum per l’autonomia della Lombardia, che si è svolto domenica.

GRAZIE “Grazie a tutti quelli che si sono impegnati per il Referendum – ha ricordato Maroni -, a tutti coloro che si sono impegnati qui in Regione e fuori, ai tutti i presidenti di seggio e a tutti coloro che hanno partecipato alle operazioni e contributo. E innanzitutto, agli oltre tre milioni di votanti, che rappresentano il peso che volevo e che, ne sono certo, mi consentirà di avere, nella trattativa col Governo, elementi che, senza il referendum, non avrei avuto”.

TUTTO PARTA DAL CONSIGLIO REGIONALE“Ringrazio anche il Consiglio regionale che due anni fa ha votato una proposta di referendum – ha sottolineato il presidente – e al Consiglio regionale chiedo quindi di elaborare il documento che darà gli indirizzi e i contenuti delle richieste, con tutte e 23 le materie, di dare mandato anche di chiedere più risorse, non solo quelle legate alle competenze, chiedo di farlo in tempi rapidi e chiedo anche di individuare una rappresentanza consiliare che mi affianchi nella trattativa. Dato che tutto è partito da qui, è giusto e importante che oggi si riparta da questa aula. Chiedo di concludere tutto questo percorso entro un paio di settimane. Prima facciamo, meglio è per tutti, per la Regione per prima. Abbiamo schierato le squadre, ora siamo al fischio di inizio della nuova partita”.

MACROAREE“Ne ho cominciato a parlare con il Gentiloni – ha fatto sapere Maroni -, data la complessità di questa trattativa, e lui valutava l’opportunità di creare 4 o 5 macro aree, per raggruppare le materie attorno a tavolo tecnico-politici-istituzionali. Sono d’accordo e per fare questo abbiamo bisogno di competenze, di persone capaci, che condividano la visione di ottenere il più possibile, a vantaggio della Regione e dei nostri cittadini, prendendoli da tutti i settori della società lombarda”.

DELEGAZIONE POLITICA DEL CONSIGLIO REGIONALE“Penso sia utilissima anche una delegazione politica del Consiglio, di tutte le forze politiche qui presenti, da affiancare poi alle altre rappresentanze – ha aggiunto il presidente -. Ho già chiesto ad Anci e Upl di indicare una delegazione di amministratori. Venerdì incorreremo i nostri stakeholder, a cui illustrerò questa iniziativa e chiederò anche a loro di indicare chi può essere mandato con noi a Roma per la trattativa”.

PRIMI COMPONENTI DELLA SQUADRA
“Ho poi chiesto la disponibilità di alcune persone, in particolare, che, secondo me, possono aggiungersi a questa delegazione, che deve essere ovviamente di grande qualità, perché la trattativa sarà molto complicata – ha reso noto il presidente -: si tratta di personalità che rappresentano anche simbolicamente Regione Lombardia, tra cui Piero Bassetti, il primo presidente della Regione Lombardia, quando è nata la prima, rudimentale, forma di autonomia e mi ha detto di sì, l’ho chiesto anche al presidente di UnionCamere, per il mondo imprenditoriale e le rappresentanze sindacali, Domenico Auricchio. Ho chiesto la disponibilità anche al rettore dell’Università Bicocca, Cristina Messa, e anche lei mi ha dato la sua disponibilità. A loro voglio aggiungere anche i rappresentanti del mondo del sociale e dell’associazionismo”.

OGGI IN CONSIGLIO PARTE LA NUOVA STRADA
“Noi partiamo oggi in Consiglio regionale con la nuova strada, che è quella di fare una risoluzione per dare attuazione agli articoli 116 e 117, perché questo dice il nostro quesito referendario e siamo vincolati a quello, ovviamente – ha spiegato il presidente -. Anche a me piacerebbe avere la Lombardia a Statuto Speciale, ma il nostro quesito dice un’altra cosa e io mi attengo a quello”.

TERZA VIA “Noi parliamo di ‘Specialità’ della Regione, non di ‘Statuto Speciale’, ma di ‘Lombardia Speciale’, – ha precisato il presidente – è la cosa su cui voglio insistere, perché è una terza via tra la Regione a Statuto Ordinario e la Regione a Statuto Speciale: una ‘via lombarda’. Se la Lombardia venisse riconosciuta come ‘Regione Speciale’, potrebbe avere comunque grandi benefici, anche senza diventare una Regione a Statuto Speciale, perché questo richiederebbe una modifica costituzionale”.

PESO DEMOCRATICO DI TRE MILIONI DI LOMBARDI “Ci diamo tempo due, tre settimane al massimo – ha concluso il governatore – e sono già d’accordo con Gentiloni e Bressa: appena siamo pronti, loro sono pronti. Sono felice che oltre tre milioni di Lombardi mi sostengano, farò valere questo grande peso democratico”.

martedì 24 ottobre 2017

REFERENDUM per l'AUTONOMIA | la voce del Nord che va ascoltata


di Antonio Polito

Il referendum nel Lombardo-Veneto riapre la questione settentrionale e del federalismo fiscale. Un tema esorcizzato dalla sinistra (nella sua riforma costituzionale, poi bocciata, Renzi tornava al centralismo), e abbandonato dalla destra (Salvini ha tentato la via nazionalista, con un improbabile sfondamento al Sud, e la Meloni ha apertamente contestato i referendum).

Difficile negare dunque che chi oggi esce rafforzato da una partecipazione sorprendente in Veneto e comunque significativa in Lombardia, non prevista dalle antenne del sistema politico e mediatico, sia il leghismo di governo, di Maroni ma soprattutto di Zaia, il quale si conferma come uno dei pochi leader locali riusciti con un sano pragmatismo a identificarsi così tanto col proprio popolo da diventare più forti della loro stessa parte politica.

Male ne esce invece il partito di governo, il PD, molto incerto sul da farsi, schieratosi a favore con i suoi sindaci del Nord, astenutosi invece polemicamente con il suo vicesegretario Martina, agnostico con il suo leader Renzi, evidentemente troppo distratto dalle banche per avvertire quanto stava accadendo in due grandi regioni settentrionali.

L'editoriale completo sul sito del Corriere della Sera