Visualizzazione post con etichetta barbari sognanti. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta barbari sognanti. Mostra tutti i post

domenica 15 aprile 2012

MARONI | intervista al Corriere.it

di seguito l'intervista rilasciata da Roberto Maroni ad Aldo Cazzullo tratta dal sito www.corriere.it.
da leggere e soprattutto comprendere...

«Dopo Bossi mai più un leader carismatico. Il nuovo segretario? Potrei non essere io».
L'ex ministro Maroni: «L'indipendenza della Padania resta il nostro progetto. E il momento è propizio».

Onorevole Maroni, è davvero convinto che Bossi non sapesse nulla dell'uso privato di denaro pubblico al vertice della Lega?
«Conosco Umberto Bossi da oltre trent'anni: non è mai stato legato ai soldi, ha sempre anteposto la Lega alla famiglia, come quando nel '90 ruppe con la sorella. Mi pare impossibile che fosse consapevole di quanto accadeva. È il tributo che gli devo».
 
Ci sono le firme di Bossi sui documenti.
«Se verrà accertato il contrario, me ne dispiacerò. Se è per questo, come segretario federale ha firmato anche i bilanci. Continuo a ritenere che il Bossi che conosco io sia diverso. Non voglio credere sia cambiato. In ogni caso, stiamo facendo le nostre verifiche interne per stabilire se, quanto e chi ha sbagliato».

Chi conduce l'inchiesta interna?
«Sono in tre: Stefano Stefani, il nuovo amministratore; Silvana Comaroli, l'amministratrice del gruppo parlamentare; e Roberto Simonetti, il presidente della provincia di Biella, con l'aiuto di una società esterna, la Price WaterHouse. Passeranno al setaccio tutto: i conti correnti, gli assegni, la contabilità, le proprietà immobiliari, con l'impegno di concludere entro il 30 giugno, data del congresso federale. Anche perché ogni giorno ne spunta una nuova, adesso i lingotti d'oro, i diamanti... roba da film dell'orrore più che da partito politico».


E lei, cofondatore, non sapeva proprio nulla?
«Degli investimenti in Tanzania ho letto sul Secolo XIX . Dell'amministrazione si è sempre occupato l'amministratore. Quando nel 2006 divenni capogruppo alla Camera, mi rifiutai di versare il contributo a quello di allora, Balocchi, perché non si capiva come sarebbe stato speso».


Ma come ministro dell'Interno non sapeva che dirigenti della Lega a lei ostili erano intercettati?
«Ho sentito anche questa, che sarei il regista dell'operazione. Be', se fossi riuscito a coordinare la Procura di Milano, quella di Napoli e quella di Reggio Calabria, sarei l'uomo più potente d'Italia...».


Regista, no. Informato, magari sì.
«Non è così, e per fortuna che non è così. Quando divenni ministro, andai dal capo della polizia e da altri a chiarire che non intendevo essere informato su indagini in corso».

Ha mai incontrato Bonet?
«Mai. Fu lui, attraverso una parlamentare della Lega, a chiedere di vedermi, dopo che era uscita la storia della Tanzania. Rifiutai».


Sulla posizione di Calderoli che idea si è fatto?
«Nessuna. Non inseguo le intercettazioni. Sarà l'inchiesta interna a stabilire come sono stati spesi i soldi del partito. Mi rimetto a questo accertamento. Nel frattempo, faccio notare che Bossi è stato l'unico segretario a dimettersi; Bersani e Rutelli non l'hanno fatto. Renzo Bossi ha lasciato il consiglio regionale; Penati no».


Per la successione si parla di lei, ma anche di un terzo uomo tra lei e Bossi. Come stanno le cose?
«A Bergamo ho lanciato il programma. Primo, fare pulizia, senza caccia alle streghe: io non sono Torquemada. Secondo, nuove regole: soldi alle sezioni, non in Africa. Terzo: meritocrazia. Quarto: largo ai giovani. Non mi considero anziano, ma certo faccio parte della prima stagione, nata con Bossi. La Lega del futuro, la Lega 2.0, ha bisogno di giovani. Per fortuna ne abbiamo: Zaia, Tosi, Cota, Giorgetti. Hanno la stoffa del leader? Non lo so. Valuteremo».


E se si ricandidasse Bossi?
«Ho già detto che lo voterei. In ogni caso, dopo di lui non verrà un nuovo Bossi. Un leader carismatico è per sua natura insostituibile. Verrà un nuovo assetto. E una nuova squadra. Gli equilibri tra i territori sono importanti, non a caso lo statuto prevede che il presidente e il segretario non siano della stessa regione. Se il congresso eleggesse un segretario veneto, sarei l'uomo più felice del mondo».


Sta dicendo che il segretario potrebbe anche non essere lei?
«Certo. Di sicuro sarà un segretario davvero federale. Collegiale. Un primus inter pares. Che tenga insieme il partito. Se no frana tutto».


Preoccupato dalle amministrative?
«Il timore c'è. Nei sondaggi paghiamo, ma non così tanto. Ci sarà un rimbalzo. E in prospettiva non siamo messi così male; anzi. La questione settentrionale è lì, intatta. Dobbiamo attrezzarci per essere ancora noi a rappresentarla. In questi dieci anni siamo rimasti un po' indietro. Dobbiamo ridefinire le nostre proposte su ambiente, energia, banche, piccole e medie imprese».


Tornerete ad allearvi con il Pdl?
«Al congresso ci sarà da prendere una decisione. O puntare sull'identità e andare da soli; o costruire un accordo per far ripartire il federalismo».


Lei è per la seconda linea?
«L'istinto prevalente è per la prima. Io mi limito a ricordare che andando da soli abbiamo colto grandi vittorie elettorali, come nel '96, quando arrivammo al massimo storico, senza però essere determinanti. Costruendo alleanze abbiamo colto grandi vittorie politiche. Se il Pdl proseguirà con il rinnovamento e riconoscerà l'errore di aver sostenuto Monti, il dialogo potrà riprendere».


I suoi rapporti con Tremonti come sono?
«Freddi. Lui è insofferente a ogni critica. Ricordo le riunioni notturne con Pezzotta, Angeletti e D'Amato quand'ero ministro del Welfare: Tremonti s'alzava sbattendo la porta per un commento critico del Sole 24 Ore . Io però lo stimo molto. Ha spunti geniali. Nella fase di progettazione che ci attende, il suo contributo sarebbe prezioso».


Il regno di Formigoni non è durato troppo a lungo? Gli scandali della Regione Lombardia non la imbarazzano? «Sì, ma noi siamo gente seria e manteniamo gli impegni. Non faremo cadere Formigoni. Se poi nel 2013 lui deciderà di andare a Roma, noi ci candideremo a governare la Lombardia».

Come sarà la Lega del futuro? Parlerà ancora di secessione e indipendenza della Padania? O punterà su autonomia e federalismo?
«L'indipendenza della Padania resterà sempre il nostro progetto. Ci si può arrivare con la rivoluzione o con l'accordo, come hanno fatto Repubblica Ceca e Slovacchia; ma la prospettiva non è affatto tramontata, anzi, il momento è propizio. Gli Stati-nazione non contano più nulla. Non governano né i confini, né la moneta, né la politica estera; ora, con il fiscal compact, non governeranno neppure più le finanze. E anche la burocrazia di Bruxelles è in crisi. Noi non siamo antieuropeisti, ma neoeuropeisti: dall'Europa a 27 Stati si deve passare all'Europa delle macroregioni. Una sarà la Padania».


E l'Italia? Scomparirà?
«L'Italia è già scomparsa. Ha perso la sua sovranità. Lasci stare Monti, che si fa dettare l'agenda da Merkel e Sarkozy. Noi stessi siamo stati costretti a fare una guerra in Libia che non volevamo».


Ma lei, che è stato ministro dell'Interno, non si sente italiano?
«Io mi sento europeo. E sono profondamente legato alle mie origini, alla cittadina dove sono nato. Quando nel '94 da sconosciuto divenni ministro, i giornali scrissero che ero di Lozza, "quartiere di Varese". Mi ritrovai mezzo paese sotto casa. Pensavo volessero festeggiarmi. Erano lì per protestare: "Devi dire che siamo un Comune!". I Comuni sono la base del federalismo italiano».


Perché allora l'ampolla, il dio Po, i riti celtici?
«Quella è l'identità. La pancia. Enfatizzata dai giornali. Potrei risponderle citando i nostri 300 sindaci; compreso il "famigerato" Gentilini, eletto dai trevigiani che tutto sono tranne che baluba. O il Bossi che nel '91 dice: "Noi non siamo per un federalismo etnico e linguistico, ma sociale ed economico". Un imprenditore cuneese e uno triestino non parlano la stessa lingua e non hanno le stesse origini. Ma hanno gli stessi problemi».

mercoledì 11 aprile 2012

BERGHEM, 10/04 | Serata dell'Orgoglio Leghista

«Sono giorni di passione, di dolore, di rabbia per l’umiliazione, l’onta di essere considerati un partito di corrotti. Bossi non si merita quello che è successo».

«Ho provato orrore per le accuse di collusione con la ’ndrangheta e la mafia, cose inaudite, orrende. Ma sono anche giorni in cui si risveglia l’orgoglio di essere leghisti, della Lega di un tempo, onesta. Lo dimostra la reazione dei tanti che non ci stanno, che vogliono ripartire, e stasera ripartiamo con le nostre straordinarie battaglie. La Lega, la potentissima, non è morta e non morirà mai, riparte da questa meravigliosa platea, non ci sono cerchi che tengano».

«Dobbiamo fare pulizia. È intollerabile accettare la violazione del nostro codice morale e dei valori leghisti. Chi sbaglia paga».

«Non è una caccia alle streghe. Lo dico io che avrei tanti motivi di rancore, tentarono di espellermi 15 anni fa e sono ancora qui. Però dobbiamo finirla con i complotti, le scomuniche e i cerchi. Basta. Da oggi si cambia. Parte un nuovo corso con nuove regole».

Eccole.
  1.  i soldi alle sezioni.
  2. meritocrazia.
  3. largo ai giovani.
  4. fuori chi non le rispetta.
«Oltre alle regole, oltre a fare pulizia, dobbiamo pensare alla cosa più importante: l’unità del movimento per vincere la nostra battaglia, l’indipendenza della Padania. La Padania non è mai stata minacciata come in questo momento, dalla crisi, dal governo, dall’Europa e dalla finanza internazionale. La partitocrazia e Roma vogliono annientare la Lega. Tenteranno ancora di dividerci».

«Abbiamo valutato la necessità di fare subito i congressi nazionali e il congresso veneto lo stesso giorno del lombardo. Dobbiamo dare un segnale forte di coesione straordinaria. E dopo i congressi nazionali bisogna anticipare anche il congresso federale, entro giugno, per dare una guida salda e forte al movimento. Non lo dico per me, ho già detto che se Bossi si ripresenterà io lo rivoterò».

«Abbiamo un sogno nel cuore. Diventare nel 2013 il primo partito della Padania. Possiamo farcela».

Roberto Maroni.

giovedì 2 febbraio 2012

BARBARI SOGNANTI | Il nostro sogno non è mai cambiato

Si aggiravano nei nostri territori, ma non sapevano di essere tanti, sono i Barbari Sognanti. 
-
 Sono le donne e gli uomini del Nord, fra i quali tantissimi giovani, che sostengono un’idea che viene da lontano, un'ideale che ha fatto e fa la storia della lotta per l’indipendenza della Padania, da chi ha aperto la strada alla dignità dei popoli, all'Europa delle Regioni. Sono i giovani che alimentano la linfa di un sogno che deve diventare realtà, i nuovi guerrieri, molto forti e un po’ cattivi se serve, che ricevono il testimone dai vecchi saggi per supportarli nella loro battaglia di libertà. Ora i Barbari Sognanti si organizzano atrraverso internet per realizzare il loro sogno, assieme a tutti gli altri che ci hanno creduto, ci credono e ci crederanno: la Padania. La comunità virtuale è aperta a tutta la Gente del Nord, e ha come unico scopo sostenere il Sogno, quello di un Nord libero ed indipendente, senza vincoli e compromessi con Roma. Tutte le donne e gli uomini liberi del Nord possono aderire, perché si può sognare a qualsiasi età, perché prima di tutto viene la nostra identità, quella di Padani.

-  -
www.barbarisognanti.org