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giovedì 1 giugno 2017

Gli "orfani" del Celeste e il residuo fiscale


Chi saranno mai questi "orfani" e chi il "Celeste"? Nulla di più semplice per chi mastica un pò di politica in Lombardia, per i meno avvezzi il Celeste non è altro che tal Roberto Formigoni, storico esponente di Comunione e Liberazione, per decenni presidente della Regione Lombardia.

Gli orfani invece non sono altro che tutti gli abitanti di quel sottobosco politico, e non solo, che sotto l'amministrazione celeste prosperava con contatti e buone relazioni ricevendo, sia lecitamente che illecitamente (le inchieste della magistratura non mancano) finanziamenti, contributi e assegnazione, molto discrezionale, di fondi europei.


Orfanelli che una volta venuto a mancare (politicamente parlando) il suddetto hanno cercato, e cercano tuttora, di riaccreditarsi verso la nuova amministrazione attraverso contatti, autopromozioni e attività di "lobbying" non sempre trasparenti, magari arrivando a entrare nelle liste elettorali di questo e quel partito.
Per esser molto chiari questo "popolo" pullula in tutte le regioni/amministrazioni di ogni credo politico... (vergini non esistono).

E il residuo fiscale ? ? ? Per prima cosa con questo termine si intende la differenza tra quanto imprese e cittadini di una regione inviano in tasse e imposte verso lo stato centrale e quanto ricevono in termini di spesa pubblica e trasferimenti agli enti locali. Un delta che vale per la sola Lombardia 54 miliardi di euro ogni anno.

Un tema, quello del mantenimento in loco di una quota maggiore di risorse su un territorio, rilanciato proprio in questi giorni con la fissazione della data del Referendum sull'Autonomia di Lombardia e Veneto.

Risorse che, almeno per il sottoscritto, significano in prospettiva maggiori investimenti in infrastrutture, manutenzione adeguata e costante, migliori servizi sanitari e sociali, inventivi veri per imprese e chi più ne ha più ne metta...

Tutte idee responsabili e, non credo di sbagliarmi, condivisibili da molti ma purtroppo non da tutti.
Non certamente dagli "orfani" pronti a saltare sul carro che promette di portare nuove risorse nei nostri territori con il solito retropensiero che si può sintetizzare così: "vediamo di portare a casa una bella fetta del nuovo malloppo".

Il referendum è fissato, le elezioni regionali stanno arrivando ed alle forze politiche tutte un compito devono portare avanti. Porre un muro di fronte agli "orfani".

giovedì 3 marzo 2016

ROMA | un debito da record, ben poco “olimpico”

La notizia non è più tale da diverse settimane ma vale la pena soffermarvisi ancora per degli aspetti rimasti in secondo piano.
Mi riferisco alla candidatura della città di Roma ad ospitare i giochi olimpici del 2024, recentemente presentata in pompa magna dal presidente del Coni Giovanni Malagò e dal presidente del comitato promotore Luca di Montezemolo. Un appuntamento dal quale sono emersi finalmente anche i costi per la collettività dell’operazione.

Il costo per gli impianti permanenti sarà di 2,1 miliardi di euro, che serviranno per costruire il villaggio olimpico con 17
mila posti letto a Tor Vergata, il media center, l’arena per il ciclismo, il parco naturalistico per la canoa. Più il recupero di un’incompiuta come la «Città dello sport» di Santiago Calatrava (sempre a Tor Vergata e costato sino ad oggi 600 milioni di euro n.d.r.) e dello stadio Flaminio, che versa in stato di abbandono.
Per gli impianti temporanei, invece, il budget previsto è di 3,2 miliardi di euro. In totale, quindi, la candidatura costerà 5,3 miliardi: «Ma una parte - dice Montezemolo - puntiamo a pareggiarla con sponsor, diritti tivù e contributi del Cio».

Obiettivo di “pareggio” su cui non possono che sorgere fortissimi dubbi, se non certezze, sul non raggiungimento non per un bonario pregiudizio, quanto per una assodata casistica che vede tutti i budget per tali eventi non essere rispettati sia nel versante dei costi, sui per gli incassi da biglietti e sponsorizzazioni (Atene 2004 e Londra 2012 sono solo alcuni esempi).

Nel contempo un’altra notizia è arrivata dalla città eterna e si tratta della quantificazioni del debito in capo al comune che ammonta a 13,6 miliardi (un record ben poco “olimpico”).
Una voragine creata prima del 2008 con mutui e prestiti contratti nel tempo per investimenti sulla città ma in alcuni casi anche per mandare avanti la macchina amministrativa e in parte per finanziare costosissimi espropri per progetti mai realizzati.


I romani dovranno quindi continuare a pagare l’addizionale Irpef record fissata al tetto massimo dello 0,9 per mille, in un quadro comunque di scarse disponibilità finanziarie per la macchina pubblica. La sostenibilità dei conti del Campidoglio peraltro è garantita solo dal contributo annuale straordinario di 500 milioni di euro all'anno del Governo, a cui si aggiungono i 110 milioni stanziati per sostenere gli extra-costi legati al ruolo di Capitale. Una situazione drammatica perché - come osservano dal Campidoglio - «tecnicamente il Comune di Roma sarebbe fallito».

Arrivati a questo punto nella lettura di queste notizie vi sarete chiesti: “Perché questo blog si occupa dei debiti di Roma e del suo sogno olimpico?”.

La risposta è contenuta un due semplici domante, eccole:

Dove pensate che saranno trovati i 5,3 miliardi di euro per finanziare le opere citate, posto che la del tutto “eventuale” copertura arriverebbe solo a posteriori?
Da dove saltano fuori i 610 milioni annui che Roma riceve dal Governo come contributo straordinario?


Le risposte in un numero a nove zeri: 54.000.000.000, vale a dire il residuo fiscale annuo della Lombardia.

sabato 23 gennaio 2016

#SvegliaLombardia | tra "unioni civili" e "family day" vince sempre roma...

Potete essere ‪etero, ‪gay, ‪lesbo, ‪bisessuali, ‪trans, ‪gender‬, ‪comunisti,‪ leghisti, ‪fascisti, antifascisti, ‪cattolici e atei.

Andare in piazza per le ‪‎unioni civili, partecipare al ‪family day o starvene a casa scrivendo e postando su ‪instagram‬ e ‪‎facebook‬.

Dividervi, insultarvi e sfottervi a vicenda, tanto una cosa in comune avete e abbiamo tutti...

IN CULO DA ‪roma LO PRENDIAMO SEMPRE...
(senza nemmeno un po' di vaselina)

‪#SvegliaLombardia

lunedì 16 febbraio 2015

La LOMBARDIA e la “RAPINA” FISCALE

Nelle ultime settimane, sulle pagine del Corriere prima e Repubblica dopo, hanno trovato spazio due ricerche elaborate dal centro studi della Cgia di Mestre, guidata da Giuseppe Bortolussi, incentrate sul gettito fiscale  la prima e sul residuo fiscale delle regioni italiane la seconda.
Due studi il cui risultato congiunto porta a rendere ancor più palese una realtà di cui da troppi anni si parla, vale a dire la costante “rapina fiscale” sui sono sottoposti i cittadini lombardi.

Dal Corriere apprendiamo come siano i lombardi i contribuenti più tartassati d’Italia. Lo rileva l’Ufficio studi della Cgia che ha messo a confronto il gettito fiscale versato dai lavoratori dipendenti, dagli autonomi, dai pensionati e dalle imprese di tutte le regioni d’Italia. Ogni residente della Lombardia corrisponde all'Erario e ai vari livelli di governo locali mediamente 11.386 euro.

“Questi dati - sottolinea Giuseppe Bortolussi della Cgia di Mestre - dimostrano come ci sia una corrispondenza tendenzialmente lineare tra il gettito fiscale, il livello di reddito e, in linea di massima, anche la qualità/quantità dei servizi offerti in un determinato territorio. Dove il reddito è più alto, il gettito fiscale versato dai contribuenti è maggiore e, in linea di massima, gli standard dei servizi erogati sono più elevati. Essendo basato sul criterio della progressività, è ovvio che il nostro sistema tributario pesa di più nelle regioni dove la concentrazione della ricchezza è maggiore”.

Altro aspetto interessante che emerge dall'analisi condotta dagli Artigiani di Mestre è la distribuzione del gettito tra i vari livelli di governo. Su 100 euro di tasse pagate dagli italiani ne finiscono nelle casse dello Stato centrale 81 alle Regioni 10 e solo 9 confluiscono nelle casse degli Enti locali (Comuni, Province e Comunità montane), questo a riprova di come in questo paese di “federalismo fiscale” non vi sia traccia.

Se il Corriere c’informa di quante tasse paghiamo, Repubblica riportando un altro studio degli artigiani di Mestre che non fa altro che ribadire una situazione che in Lombardia conosciamo bene dal 1861.
Parliamo del “residuo fiscale”, in altre parole la differenza tra le tasse pagate da un territorio e quanto ritorna in termini di spesa pubblica, servizi e trasferimenti agli enti locali.

In un quadro dove le Regioni a statuto ordinario del Nord danno oltre 100 miliardi di euro all'anno come contributo di solidarietà al resto del Paese, in base ai dettami del Patto di Stabilità, è la Lombardia a fare su malgrado la parte del leone, seppur in gabbia, nella classifica dei “contribuenti” registrando un residuo fiscale annuo positivo pari a 53,9 miliardi di euro, che in valore pro capite è pari a 5.511 euro, neonati compresi (dati riferiti all'anno fiscale 2012, nel frattempo il residuo è aumentato...).

Un quadro desolante che rischia di peggiorare come sostiene Bortolussi se: “come ha fatto nell'ultimo decennio, lo Stato centrale continuerà nella politica dei tagli lineari, facendo mancare risorse e costringendo le Autonomie locali ad aumentare le tasse, anche al Nord la qualità delle infrastrutture, della sanità, del trasporto pubblico locale e della scuola potrebbe venir meno, alimentando la rabbia e la disaffezione nei confronti della politica nazionale”.

Un pericolo reale, stante le politiche economiche sostenute dal Governo Renzi, che la proposta di revisione della Costituzione all'esame del Parlamento non potrà che rendere ancor più concreto essendo la stessa imperniata su di una visione neo centralista dell’architettura istituzionale italiana.

Come ha ben detto lo stesso Bortolussi a Repubblica: “La questione settentrionale, purtroppo, non si è dissolta: soprattutto a Nordest (ed anche in Lombardia N.d.R.) cova ancora sotto la cenere. Per questo è necessario riprendere in mano la riforma del federalismo fiscale è portarla a termine, premiando i territori più virtuosi e penalizzando chi, invece, gestisce in maniera scriteriata la cosa pubblica”.