sabato 12 marzo 2016

AREA VASTA | Quale futuro per Crema ed il Cremasco?

Dopo alcune settimane torno a scrivere di un tema la cui evoluzione e discussione si sta facendo ogni giorno più serrata.
Mi riferisco al processo di riforma delle autonomie locali e funzionali (trasformazione delle province in aree vaste, riforma delle camere di commercio, ecc.), temi cui ho dedicato un post il 25 gennaio scorso, poi pubblicato da diversi quotidiani sia cartacei che online.

Molto è stato scritto e detto con interventi interessanti e polemiche poco edificanti (ogni riferimento ai cosiddetti “pecoroni” cremaschi è voluto) sul futuro di Crema e del Cremasco.
Alcuni propongono di accodarsi a Lodi per entrare nell'area metropolitana di Milano, altri guardano all'unione dell’attuale provincia di Cremona con Mantova, altri ancora si dilettano giocando ad una sorte di Risiko territoriale suggerendo di mettere insieme lodigiano, cremasco e magari un pizzico di bergamasco tanto per distinguersi.

Un quadro tutt'altro che chiaro dal quale estrarre una sintesi concreta, come ha chiesto il Presidente Roberto Maroni nel suo intervento alla conviviale di Terre di Lombardia, appare non affatto semplice.
Avanzare una proposta è quello che provo nel mio piccolo a fare in questo post, il tutto non prima di aver messo nero su bianco non riflessioni ma dati oggettivi quali popolazione, dimensione delle città e prodotto interno lordo, riguardo alla situazione attuale ed alle due ipotesi più concrete sul piatto.
I dati nudi e crudi sul “peso” di Crema e del Cremasco sono i seguenti:

Popolazione residente

  • 45 % nell'attuale Provincia di Cremona.
  • 21 % nell'ipotesi di area vasta Cremona + Mantova
  • 5 % nell'ipotesi area metropolitana di Milano (con anche Lodi)
Ricchezza (ossia il Prodotto Interno Lordo)
  • 44 % nell'attuale Provincia di Cremona.
  • 20 % nell'ipotesi di area vasta Cremona + Mantova
  • 3 % nell'ipotesi area metropolitana di Milano (con anche Lodi)
Città (classifica per residenti)
  • 2° nell'attuale Provincia di Cremona, dietro solo a Cremona.
  • 3° nell'ipotesi di area vasta Cremona + Mantova, preceduta solo da Cremona e Mantova.
  • 18° nell'ipotesi area metropolitana di Milano (con anche Lodi), preceduta e subito seguita da tutti i comune che compongono la prima cintura attorno a Milano.

Posto che difficilmente la nuova area vasta nella quale ricadrà Crema ricalcherà i confini dell’attuale provincia non restano sul piatto che le due ipotesi successive, che non possono definirsi equipollenti.
In particolare l’idea di aggregare Crema all'area metropolitana di Milano, seppur affascinante anche per chi come il sottoscritto sotto la Madonnina ha studiato ieri e lavora oggi, avrebbe il risultato di rendere il Cremasco del tutto marginale “pesando” solo il 5% della popolazione ed il 3% della ricchezza, per non parlare poi del fatto che la sola Crema si troverebbe ad essere non uno dei principali centri urbani, bensì uno dei tanti e per giunta il più lontano.
Per farla breve la prospettiva di divenire la periferia della periferia di Milano non la ritengo, sempre dati alla mano, la strada migliore per il territorio.

A questo punto sul tavolo non resta che il nuovo “Cantone del Po” come lo ha definito sempre il Presidente Maroni, comprendente come scritto in precedenza le attuali Province di Cremona e Mantova.
Un’aggregazione nella quale il Cremasco rappresenterebbe comunque 1/5 della nuova area vasta. Un peso che per essere non solo “statistico” necessita di una presa di coscienza forte del territorio per costituire veramente un’area omogenea all'interno della nuova organizzazione.
Area omogenea come naturale evoluzione nel tempo del consorzio cremasco, del circondario e della consulta.

Nel post che ho richiamato scrivevo che il processo di riforma non dovrà ridursi a mera “annessione” di un territorio ad un altro. Per questo uno degli esempi da seguire dovrebbe essere quello della nuova organizzazione della sanità, vale a dire un Cantone del Po / ATS Valle del Po come centro principale di amministrazione del territorio per questioni di carattere vasto e le Aree Omogenee / ASST quali luoghi di elaborazione e sintesi per le problematiche più “locali”.
Peraltro l’input a creare aree omogenee, come possono assere il Cremasco, il Cremonese, il Casalasco/OglioPo, il Mantovano, l’OltrePo ed il Basso Garda (mi scuseranno gli amici Mantovani se la suddivisione può risultare approssimativa), è arrivata dallo stesso Maroni.
 
Oltre questo sarà importante, se non basilare, procedere ad un reale decentramento e riqualificazione degli uffici locali delle amministrazioni di area vasta (le sedi provinciali fuori dal capoluogo) per far si che cittadini e imprese possano interfacciarsi con facilità verso la pubblica amministrazione come avviene oggi nella sanità, dove il cittadino di Crema ha come riferimento l’ospedale e gli uffici ex ASL presenti in città e non si pone il problema di recarsi lontano per adempiere a certe pratiche.

In questo mio ragionamento non posso non citare anche la riforma delle Camere di Commercio, che vedrà con ogni probabilità, anche in questo ambito, l’unione di Cremona con Mantova. Non entro nel merito del dibattito sulla localizzazione della sede quanto della presidenza, ma voglio comunque porre una semplice domanda: perché non pensare ad una “integrazione” tra gli uffici locali della nuova area vasta con quelli delle camere al fine di creare dei luoghi dove gli utenti, siano essi cittadini e imprenditori, possano sbrigare con facilità ogni genere di incombenza burocratica e amministrativa?
Certo la cosa non sarebbe facile e immediata, ma non intraprendere un percorso è il modo migliore per non portarlo mai a termine.

In ultimo un pensiero da Cremasco rivolto ai Cremaschi; tra i difetti che ci contraddistinguono vi è certamente quello di ritenerci sempre e comunque “migliori” di altri nonché il centro dell’universo (almeno di quello lombardo) e nulla di tutto questo è più sbagliato.
Più che il centro di qualcosa siamo sempre stati, e lo siamo ancora, la periferia di altri.
Divenirlo ancora di più entrando nell'area metropolitana di Milano (ma i milanesi ci vogliono???) non credo porterebbe grandi benefici, lavorare per creare un Cremasco coeso e combattivo nel nuovo “Cantone del Po” la ritengo la strada migliore.
Come disse un tale alquanto famoso, “ai posteri l’ardua sentenza…”

domenica 6 marzo 2016

LOMBARDIA | Roberto Maroni ospite alla prima serata conviviale di Terre di Lombardia

Nella serata di giovedì scorso, nella splendida cornice dell’Hosteria del 700 di Cremona, si è svolta la prima serata conviviale di Terre di Lombardia.

Un incontro con ospite d’onore e relatore Roberto Maroni, Presidente della Regione Lombardia, che ha trattato del tema “La Lombardia di domani, tra autonomia e sviluppo”, cui hanno presenziato anche Gianni Fava, Assessore Regionale all'Agricoltura nonché testimonial dell’associazione, e Giandomenico Auricchio, Presidente della Camera di Commercio di Cremona.

Ad introdurre la conviviale il Presidente dell’associazione Cedrik Pasetti che ha ripercorso il primo anno di attività di Terre di Lombardia ed annunciato alcuni degli appuntamenti in programma per i prossimi mesi, dalla borsa di studio per gli studenti delle facoltà di agraria della regione, al patrocinio di diverse iniziative sul mantovano, fino al convegno in occasione del quindicinale dalla scomparsa del professore Gianfranco Miglio.


Terre di Lombardia – ha detto Pasetti nel suo intervento – è una realtà culturale in grande crescita, sempre più intenzionata a promuovere le eccellenze del territorio lombardo, sostenendo le tradizioni locali, ma con un approccio nuovo in termini di comunicazione: dall'enogastronomia alla storia, dalle bellezze del paesaggio e dell’architettura alle tradizioni popolari, la ricchezza della Lombardia è uno stimolo inesauribile a fare sempre meglio”.

Il microfono è poi passato nelle mani del Governatore Maroni che ha subito affrontato un tema di stretta attualità, vale a dire il processo di riforma delle autonomie locali iniziato con la riforma Delrio, non ancora conclusa, che vedrà la Regione impegnata a formulare una sua proposta di riorganizzazione dei territori nelle nuove aree vaste.

“La riforma del sistema delle autonomie – ha argomentato Maroni -, in questa fase segnata dal passaggio dalle vecchie province all'incognita dei nuovi contenitori definiti di “area vasta”, rappresenta un’occasione importante che Regione Lombardia vuole cogliere ascoltando le istanze dei territori per costruire un progetto credibile da presentare al governo entro la fine di giugno. Il tutto senza dimenticare il prossimo referendum sull'autonomia della nostra regione”.

Le linee guida annunciate dal presidente lombardo saranno indirizzate “ad una radicale semplificazione dei livelli amministrativi, il tutto nel segno della sburocratizzazione e della riduzione dei costi: partendo dai due pilastri dell’organizzazione quali sono i comune e la regione e lasciando come ente intermedio quello che io amo chiamare Cantone memore della mia vicinanza geografica alla Svizzera (Maroni è di Varese n.d.r.)”.

Aree vaste, o Cantoni che dir si voglia, i cui confini saranno definiti come annunciato al termine della fase di consultazione avviata con l’insediamento di una apposita commissione in Regione cui partecipano anche l’associazione dei comuni e le camere di commercio lombarde.

“Cremona potrebbe essere unita a Mantova o anche ad altre realtà – da detto Maroni, che rivolgendosi ai cremaschi in sala ha aggiunto – così come Crema dovrà sciogliere la riserva sulla sua collocazione. Cremona, Milano, Bergamo, Lodi? Tutto ipotesi da valutare senza pregiudizi. Il tutto tenendo conto anche della riforma delle camere di commercio”, volgendo lo sguardo verso Giandomenico Auricchio, Presidente della camera di Cremona, seduto al suo fianco cui ha ribadito che la proposta di riforma nascerà in particolare dalle richieste delle varie attività produttive, per creare una formazione omogenea che, come tale, fornisca richieste più coerenti e dunque ammissibili che soddisfino le esigenze del territorio e di chi vi lavora.


La conviviale è stata inoltre l’occasione per rivelare, da parte di Maroni, un’anteprima riguardante la promozione del turismo. “Dal 29 maggio, ricorrenza della battaglia di Legnano con la vittoria della Lega Lombarda sul Barbarossa – ha annunciato Maroni – partirà l’anno del turismo lombardo. Dobbiamo valorizzare le nostre bellezze”.“Pochi giorni fa ero a San Pellegrino Terme, davanti a me avevo due bottiglie di acqua: la prima, targata San Pellegrino, aveva la scritta della località di produzione (in Provincia di Bergamo, n.d.r.) in piccolo; la seconda, Acqua Panna che fa sempre parte del gruppo San Pellegrino, riportava la scritta “Toscana” molto visibile, in grande. Anche questi semplici aspetti riguardano il marketing e la valorizzazione del territorio: noi dobbiamo recuperare il tempo perduto”.

Per questo l’idea di dedicare un mese dell’anno a ciascuna delle dodici province della Lombardia, nel quale dare spazio alle iniziative e alla promozione enogastronomica, turistica e culturale di ogni territorio e non solo il capoluogo.

“Non siamo inferiori a regioni bellissime come Toscana e Umbria – ha sottolineato con orgoglio Maroni – ma dobbiamo imparare a farci conoscere meglio. Abbiamo 10 siti Unesco dei 50 sparsi in tutta Italia, ma spesso non li abbiamo nemmeno visitati. Questa iniziativa intende essere un ulteriore passo per recuperare terreno”.

In chiusura del suo intervento, riportando il discorso sulla riforma delle autonomie, il Presidente Maroni ha dato appuntamento ad una prossima serata conviviale con Terre di Lombardia, verso la fine del mese di maggio, durante la quale accogliere la sintesi delle istanze che il territorio elaborerà, il tutto per poi farne sintesi nel progetto generale che sarà presentato al Governo di Matteo Renzi.

giovedì 3 marzo 2016

ROMA | un debito da record, ben poco “olimpico”

La notizia non è più tale da diverse settimane ma vale la pena soffermarvisi ancora per degli aspetti rimasti in secondo piano.
Mi riferisco alla candidatura della città di Roma ad ospitare i giochi olimpici del 2024, recentemente presentata in pompa magna dal presidente del Coni Giovanni Malagò e dal presidente del comitato promotore Luca di Montezemolo. Un appuntamento dal quale sono emersi finalmente anche i costi per la collettività dell’operazione.

Il costo per gli impianti permanenti sarà di 2,1 miliardi di euro, che serviranno per costruire il villaggio olimpico con 17
mila posti letto a Tor Vergata, il media center, l’arena per il ciclismo, il parco naturalistico per la canoa. Più il recupero di un’incompiuta come la «Città dello sport» di Santiago Calatrava (sempre a Tor Vergata e costato sino ad oggi 600 milioni di euro n.d.r.) e dello stadio Flaminio, che versa in stato di abbandono.
Per gli impianti temporanei, invece, il budget previsto è di 3,2 miliardi di euro. In totale, quindi, la candidatura costerà 5,3 miliardi: «Ma una parte - dice Montezemolo - puntiamo a pareggiarla con sponsor, diritti tivù e contributi del Cio».

Obiettivo di “pareggio” su cui non possono che sorgere fortissimi dubbi, se non certezze, sul non raggiungimento non per un bonario pregiudizio, quanto per una assodata casistica che vede tutti i budget per tali eventi non essere rispettati sia nel versante dei costi, sui per gli incassi da biglietti e sponsorizzazioni (Atene 2004 e Londra 2012 sono solo alcuni esempi).

Nel contempo un’altra notizia è arrivata dalla città eterna e si tratta della quantificazioni del debito in capo al comune che ammonta a 13,6 miliardi (un record ben poco “olimpico”).
Una voragine creata prima del 2008 con mutui e prestiti contratti nel tempo per investimenti sulla città ma in alcuni casi anche per mandare avanti la macchina amministrativa e in parte per finanziare costosissimi espropri per progetti mai realizzati.


I romani dovranno quindi continuare a pagare l’addizionale Irpef record fissata al tetto massimo dello 0,9 per mille, in un quadro comunque di scarse disponibilità finanziarie per la macchina pubblica. La sostenibilità dei conti del Campidoglio peraltro è garantita solo dal contributo annuale straordinario di 500 milioni di euro all'anno del Governo, a cui si aggiungono i 110 milioni stanziati per sostenere gli extra-costi legati al ruolo di Capitale. Una situazione drammatica perché - come osservano dal Campidoglio - «tecnicamente il Comune di Roma sarebbe fallito».

Arrivati a questo punto nella lettura di queste notizie vi sarete chiesti: “Perché questo blog si occupa dei debiti di Roma e del suo sogno olimpico?”.

La risposta è contenuta un due semplici domante, eccole:

Dove pensate che saranno trovati i 5,3 miliardi di euro per finanziare le opere citate, posto che la del tutto “eventuale” copertura arriverebbe solo a posteriori?
Da dove saltano fuori i 610 milioni annui che Roma riceve dal Governo come contributo straordinario?


Le risposte in un numero a nove zeri: 54.000.000.000, vale a dire il residuo fiscale annuo della Lombardia.

mercoledì 24 febbraio 2016

MOSCHEA | la Corte Costituzionale contro la Costituzione...

La notizia dell'accoglimento, da parte della Corte Costituzionale, del ricorso presentato dal Governo Renzi contro la legge della Regione Lombardia che detta regole certe, e di buon senso, in merito all'insediamento di luoghi di culto era iniziata a circolare nella tarda serata di martedì, per poi trovare ampio spazio nella giornata di oggi.

Dal sito dell'agenzia ANSA si possono leggere le prime "reazioni" e "motivazioni", anche se quelle ufficiali saranno pubblicate tra due settimane, del Presidente Maroni e del neo presidente della Corte stessa:  
"La Consulta ha bocciato la nostra legge che regolamentava la costruzione di nuove moschee. La sinistra esulta: Allah Akbar". Lo scrive sul suo profilo Twitter, il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni.

"La nostra preoccupazione è essere custode dei diritti fondamentali: il nucleo essenziale della sentenza poggia sull'evitare discriminazioni, come è sembrato alla Corte che ci fossero nella legge". Lo ha detto il neo-presidente della Consulta, Paolo Grossi, in merito alla sentenza sulla legge della Lombardia sulle moschee, che ha provocato forte dibattito.
Sarà buona cosa leggere cosa si sono inventati i giudici più pagati del globo (il Grossi guadagna il doppio di un certo Barack Obama n.d.r.) per "giustificare" la loro decisione, ma come spesso capita nella cosiddetta "capitale" gli spifferi di palazzo stanno lasciando trapelare alcune anticipazioni.

A quanto pare agli insigni togati non è piaciuta, tra gli altri, la parte della legge che recita testuale:
Le disposizioni si applicano altresì agli enti delle altre confessioni religiose (non ancora riconosciute dallo Stato Italiano n.d.r.) che presentano i seguenti requisiti:
a) presenza diffusa, organizzata e consistente a livello territoriale e un significativo insediamento nell'ambito del comune nel quale vengono effettuati gli interventi disciplinati dal presente capo;
b) i relativi statuti esprimono il carattere religioso delle loro finalità istituzionali e il rispetto dei principi e dei valori della Costituzione. 
e ancora:
Gli enti delle confessioni religiose devono stipulare una convenzione a fini urbanistici con il comune interessato. Le convenzioni prevedono espressamente la possibilità della risoluzione o della revoca, in caso di accertamento da parte del comune di attività non previste nella convenzione.
Per farla breve secondo gli "alti giudici" è incostituzionale prevedere per una confessione religiosa che voglia edificare un luogo culto che questa abbia una organizzazione riconoscibile e chiara, che rappresenti veramente i propri fedeli presenti su un territorio e soprattutto che queste organizzazioni esprimano "il rispetto dei principi e dei valori della Costituzione"?!?!?!

Ovviamente la decisione è stata accolta con soddisfazione dalla sinistra nostrana che da anni persegue la scellerata via di voler costruire una moschea in città.
Nella di nuovo a pensarci bene, in fondo a #QuellidelPD va bene così...

ZERO REGOLE, ZERO SICUREZZA, ZERO RISPETTO DEI CITTADINI

domenica 14 febbraio 2016

AUTONOMIE | Maroni: semplificazione e riduzione costi nel nuovo sistema.

Nelle scorse settimane avevo inviato ai giornali una lettera sul tema delle riforme del sistema delle autonomie e delle funzioni che il governo sta portando avanti da alcuni anni.
Peraltro in maniera disorganica e spesso raffazzonata.
Come aveva auspicato nella sua risposta il Direttore de "La Provincia" ne è scaturito un dibattito a volte interessante ed altre meno.

In molti interventi è stato richiamato il ruolo che dovrà avere la Regione Lombardia in questo processo per molti aspetti complesso.
A tal proposito si è espresso con parole chiare il Presidente Maroni, nella conferenza stampa seguita alla firma di un protocollo con l'associazione dei comuni riguardante il referendum sull'autonomia, di cui riporto integralmente il comunicato redatto dall'agenzia di stampa della regione.
Parole chiare che indicano la via corretta da seguire.
"Ho ribadito ai sindaci che voglio lavorare insieme a loro per definire il nuovo sistema delle autonomie in attuazione della riforma costituzionale e, anzi, anticipandola sulla base di due princìpi: semplificazione e riduzione dei costi di gestione dei livelli amministrativi".
PROTOCOLLO CON ANCI - Così il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, dopo la sottoscrizione con il presidente di Anci Lombardia Roberto Scanagatti, del protocollo d'intesa che definisce le modalità di collaborazione sul Referendum consultivo regionale per l'Autonomia.
I PRESENTI - All'incontro, ospitato in Sala Biagi a Palazzo Lombardia, erano presenti anche l'assessore regionale all'Economia, Crescita e Semplificazione Massimo Garavaglia, il sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia con delega alle Riforme istituzionali, Enti locali, Sedi territoriali e Programmazione negoziata Daniele Nava, presidenti di provincia e sindaci.
TRE LIVELLI - "Il nuovo sistema delle autonomie della Regione Lombardia - ha spiegato il presidente Maroni - prevede tre livelli: Regione, Enti di area vasta - quelli che io chiamo Cantoni - e Comuni. Abbiamo individuato una forma di governance che semplifica la vita ai cittadini e cancella tutto quello che c'è: i Bim, gli Ato, le Comunità Montane, i parchi".
ENTRO GIUGNO PROPOSTA AL PARLAMENTO - "Avendo come faro questi princìpi di semplificazione e riduzione dei costi - ha continuato Maroni - abbiamo predisposto un documento base che distribuirò ai sindaci. In ogni provincia ci sarà un tavolo di confronto. Ci ritroveremo il 7 maggio per fare il primo punto ed entro giugno chiuderemo con la proposta di riforma delle autonomie della Regione Lombardia da mandare al Parlamento italiano." 

sabato 30 gennaio 2016

CAMERE DI COMMERCIO | la riforma è miope e insensibile, ma non dite che l'ha fatta Renzi...

Negli ultimi giorni ha ripreso vigore il dibattito e le prese di posizione in merito agli “accorpamenti” cui sono destinate, secondo le riforme intraprese dal governo centrale, le autonomie locali ed altre istituzioni quali le camere di commercio.

In particolare sono proprio le camere di commercio, con la prospettiva di una unificazione tra Cremona e Mantova con sede nel capoluogo virgiliano, sulle quali si sono puntati i riflettori delle associazioni di categoria (in particolare quelle cremasche) con un comunicato stampa nel quale fissano alcuni punti chiave per la tutela del territorio ed evitare una sua progressiva marginalizzazione.

Eccone alcuni passaggi:

«La riforma prevista per le Camere di commercio, come abbiamo già avuto modo di dire, non ci piace perché non rispetta un criterio meritocratico, bensì penalizza indistintamente tutte le Camere. Avremmo davvero voluto un intervento che premiasse le camere virtuose e che intervenisse su quelle ‘in rosso e fuori controllo’, lontane da una logica di efficienza.» 

«Sede legale della nuova Camera di Commercio a Cremona, tutela e potenziamento della sede di Crema e una guida politico-tecnica che garantisca un percorso virtuoso dopo l’accorpamento.» 

«Nell'ultima riunione in Camera di Commercio abbiamo espresso però la necessità di passare da una fase di ascolto di una di proposta. La nostra è una provincia che per tante ragioni è sempre stata spesso trascurata. Riteniamo una condizione fondamentale per aprire un dialogo fra le Camere un possibile progetto di aggregazione che la sede istituzionale resti sul nostro territorio.
»

Una presa di posizione forte che mi sento di condividere.
Condivisione arrivata anche da parte dell’amministrazione comunale di Crema per mezzo di un comunicato emanato a firma del Sindaco Bonaldi e dell’Assessore Saltini in cui si legge come a loro avviso all'interno di un progetto come quello presentato di semplice “annessione” «sarebbe proprio il mondo economico del Cremasco, con il suo tessuto di piccole e medie imprese, il più penalizzato da una politica così miope e insensibile alle specificità territoriali.»

Considerazione anche quest’ultima che non posso non condividere ma che risulta incompleta. Difatti, come spesso è capitato di leggere, è totalmente assente ogni riferimento ai veri mandanti di una politica così miope e insensibile alle specificità territoriali vale a dire il governo di Matteo Renzi nel quale siede il sottosegretario Luciano Pizzetti, entrambi esponenti del Partito Democratico come lo sono gli amministratori di Crema.

Semplice dimenticanza? A voi che leggete giudicare, ma quello che mi preme sottolineare è come emerga ancora una volta la doppiezza di comportamento del PD ed una mancanza di una visione generale del piano di riforme come ho già avuto modo di scrivere nella mia “lettera al direttore” di lunedì scorso.

Vedendo i protagonisti in campo la memoria corre veloce alla vicenda della chiusura del tribunale cremasco ed il conseguente accorpamento con quello cremonese, anche all'epoca a fronte di un PD che lo chiudeva vi era una parte che “a parole” vi si opponeva.

Speriamo che la storia non si ripeta…

mercoledì 27 gennaio 2016

SHOAH‬ | il GIORNO della MEMORIA

il ricordo della Shoah nel mio articolo pubblicato oggi su Terre di Lombardia

In questo giorno dedicato al ricordo dello sterminio del popolo ebraico, perpetrato nel corso della seconda guerra mondiale, il nostro pensiero ricade su quanto scrisse, nel lontano 1835, un grande lombardo sulla condizione di perenne persecuzione e disprezzo vissute dagli ebrei.

“I nostri avi condannarono l’ebreo a vivere di usura e di baratti, e poi lo maledicevano come usuraio e barattiere”.
Con questa chiarezza, nel 1835, Carlo Cattaneo poneva il problema dell’antisemitismo che travagliava l’Europa: “vi fu un tempo in cui tutta l’Europa consentì ad aggravare di dolorose interdizioni la vita degli Israeliti. Ed ora é giunto un altro tempo in cui ogni innovazione di leggi e di ordini civili concorre con mirabile uniformità e costanza ad alleviare il peso di quelle interdizioni, e a riannodare tra quelle e le altre stirpi del genere umano i vincoli della carità e della pace”. Sarebbe passato un secolo, e la più feroce persecuzione antisemita che abbia conosciuto l’umanità avrebbe avuto corso in Europa per responsabilità dei nazisti.

Cattaneo distingue tra capitale e denaro con lucida percezione: “Si credeva che capitale e denaro fossero sinonimi. E siccome i pezzi di denaro non si propagano come i polipi; così s’insegnava il sofisma aristotelico, che la pecunia è infeconda; che chi aveva il suo patrimonio in terre, in case, in bestiami, poteva in buona coscienza godersene il reddito; ma che per sua disgrazia si trovava ad averlo in denaro, non aveva diritto a trarne alcun frutto; e ch’era tenuto a prestarlo gratuitamente a chicchessia affinché gli altri se ne arricchissero a suo rischio e a suo vantaggio”.

Di qui l’equivoco tragico in cui é incorsa la storia del popolo d’Israele.
Il libro che contiene queste frasi è uno dei meno conosciuti, ma non per questo meno importante e curato quanto a contenuti, del grande pensatore lombardo, si tratta de “Le Interdizioni Israelitiche” di cui esistono in commercio diverse edizioni che invitiamo a ricercare e leggere.

lunedì 25 gennaio 2016

il TERRITORIO tra "annessioni", "chiusure" e "spezzatini".

Egregio Direttore,

Mi permetto di scriverle poche righe per sottoporle alcune riflessioni su di un tema che il suo giornale ha trattato, e continua a trattare, con attenzione; vale a dire le conseguenze pratiche del processo di riforme che ha preso il via con la cosiddetta abolizione delle province.

Un processo riformatore che ogni giorno vede emergere questioni e situazioni che rischiano seriamente di “marginalizzare” il territorio provinciale, o per meglio dire “di area vasta”, in generale ed ancor più il cremasco in particolare.

Si è partiti dalla chiusura del tribunale di Crema, il cui unico risultato ben lontano dall’efficentamento promesso è stata la creazione di numerosi problemi nella gestione dell’accorpante tribunale di Cremona, per passare poi dalla ventilata e poi abortita (almeno per ora???) riorganizzazione di prefetture e comandi dei vigili del fuoco che avrebbero portato le redini del comando a Mantova, al processo di unificazione delle camere di commercio con sede principale ancora a Mantova, per non parlare poi dello “spezzatino” del territorio in riferimento ai nuovi collegi elettorali dell’Italicum che vedranno il cremasco come appendice della provincia di Lodi e il cremonese di quella mantovana.

Ultimo in ordine di tempo, ma non di importanza, l’annuncio arrivato ieri da Mantova per voce del Ministro alla Cultura Franceschini della volontà di riformare le sovrintendenze con la creazione di un ente che accorpi le province di Lodi, Cremona e Mantova ancora una volta con sede nella città virgiliana.


Lungi dal sottoscritto evocare da cremasco lontane rivalità storiche tra città per costruire un nuovo “campanilismo” ma il rischio concreto di una “subalternità” del cremasco, del cremonese e del casalasco verso altri territori appare sempre più concreta ed una domanda, preceduta da una premessa, sorge spontanea.

Premesso che tutte le riorganizzazioni e riforme citate sono state partorite dal Governo Renzi, vale a dire dal Partito Democratico, cosa stanno facendo e come pensano di farsi sentire nei luoghi deputati coloro che rappresentano il territorio, in primo luogo il sottosegretario Pizzetti, il sindaco di Cremona Galimberti e il presidente della provincia (o area vasta) Vezzini, per non parlare dei loro colleghi di partito cremaschi?
Perché il governo mostra una così accentuata preferenza per la città dei Gonzaga? Forse il sindaco Palazzi (sempre del PD) è più bravo a farsi ascoltare nella tutela del suo territorio dei suoi colleghi?


Che un processo di riforma generale delle autonomie e della struttura amministrativa sia necessaria sono il primo a sostenerlo, ma non è certo con le “annessioni” (vedi camera di commercio), “chiusure” (tribunale di Crema) e “spezzatini” (collegi elettorali) tutte calate da Roma che si potrà costruire una nuova architettura che risponda nel migliore dei modi alle esigenze che ogni giorno emergono dalle nostre città.

sabato 23 gennaio 2016

#SvegliaLombardia | tra "unioni civili" e "family day" vince sempre roma...

Potete essere ‪etero, ‪gay, ‪lesbo, ‪bisessuali, ‪trans, ‪gender‬, ‪comunisti,‪ leghisti, ‪fascisti, antifascisti, ‪cattolici e atei.

Andare in piazza per le ‪‎unioni civili, partecipare al ‪family day o starvene a casa scrivendo e postando su ‪instagram‬ e ‪‎facebook‬.

Dividervi, insultarvi e sfottervi a vicenda, tanto una cosa in comune avete e abbiamo tutti...

IN CULO DA ‪roma LO PRENDIAMO SEMPRE...
(senza nemmeno un po' di vaselina)

‪#SvegliaLombardia

giovedì 14 gennaio 2016

CREMA | un comune "RICICLONE", non oggi però...

In questi giorni è saltata alla ribalta la classifica di Legambiente dei comuni partecipanti alla ricerca sul riciclo dei rifiuti che risponde al nome di "COMUNI RICICLONI".

Stando ai titoli di alcuni articoli apparsi sulle testate locali (online e non solo), oltre che ad alcune dichiarazioni "trionfalistiche" uscite dal Palazzo Comunale, parrebbe che Crema abbia vinto chissà quali premi e riconoscimenti, il tutto sbaragliando la concorrenza...

Tutto vero? Non proprio...
Per primo l'Inviato Quotidiano ha rilevato come la nostra città non sia propriamente tra i primi posti della classifica regionale della Lombardia, classificandosi addirittura al 165° posto su 347 amministrazioni partecipanti (lo studio di Legambiente non prende in esame tutti i comuni presenti sul territorio, ma solo coloro che desiderano partecipare e per questo inviano all'associazione una serie di dati n.d.r.).

Non sazio di quanto letto mi sono posto una semplice domanda, ma negli anni scorsi qual'era la posizione in classifica di Crema ? ? ?
Per rispondere al quesito non ho fatto altro che arrivare alla fonte dei dati, vale a dire il sito ufficiale dell'iniziativa www.ricicloni.it, dal quale, spulciando nella classifica "generale" della Lombardia ho tratto i seguenti numeri:
  • 2010 - Crema 49° su 447 comuni partecipanti.
  • 2011 - 41° su 331.
  • 2012 - 81° su 257.
  • 2013 - 154° su 267.
  • 2014 - 114° su 288.
  • 2015 - 165° su 347.
Come facilmente si può notare negli ultimi anni, invece di "scalarla" la classifica, Crema ha fatto la parte del "gambero" perdendo costantemente posizioni.
Dal 49° posto del 2010 (giunta Bruttomesso di centrodestra) la città è precipitata al 165° dello scorso anno (giunta Bonaldi di centrosinistra), perdendo la bellezza di 116 posizioni.
Tutto merito del centrodestra il primo dato e tutta colpa della sinistra il secondo? Sarebbe troppo facile scriverlo ma non voglio farlo.

Un buon risultato in una classifica del genere parte dal senso civico dei cittadini, ma certamente una buona amministrazione della cosa pubblica (intendendo con essa sia la macchina comunale che le società che gestiscono il servizio) sono fondamentali.
I risultati dovrebbero stimolare una riflessione nella sinistra che amministra il comune, e gestisce le società partecipate, ma purtroppo il richiamo "renziano" al mostrare una realtà inesistente ha portato #QuellidelPD, che notoriamente amano infarcire i loro discorsi con la parola AMBIENTE, a rimediare una magra figura...