Nelle ultime
settimane, sulle pagine del Corriere prima e Repubblica dopo, hanno trovato
spazio due ricerche elaborate dal centro studi della Cgia di Mestre, guidata da
Giuseppe Bortolussi, incentrate sul gettito fiscale la prima e sul residuo fiscale delle regioni
italiane la seconda.
Due studi il cui
risultato congiunto porta a rendere ancor più palese una realtà di cui da
troppi anni si parla, vale a dire la costante “rapina fiscale” sui sono
sottoposti i cittadini lombardi.
Dal Corriere
apprendiamo come siano i lombardi i contribuenti più tartassati d’Italia. Lo
rileva l’Ufficio studi della Cgia che ha messo a confronto il gettito fiscale
versato dai lavoratori dipendenti, dagli autonomi, dai pensionati e dalle imprese
di tutte le regioni d’Italia. Ogni residente della Lombardia corrisponde all'Erario e ai vari livelli di governo locali mediamente 11.386 euro.
“Questi dati - sottolinea Giuseppe Bortolussi della Cgia di Mestre - dimostrano come ci sia una corrispondenza
tendenzialmente lineare tra il gettito fiscale, il livello di reddito e, in
linea di massima, anche la qualità/quantità dei servizi offerti in un
determinato territorio. Dove il reddito è più alto, il gettito fiscale versato
dai contribuenti è maggiore e, in linea di massima, gli standard dei servizi
erogati sono più elevati. Essendo basato sul criterio della progressività, è
ovvio che il nostro sistema tributario pesa di più nelle regioni dove la
concentrazione della ricchezza è maggiore”.
Altro aspetto
interessante che emerge dall'analisi condotta dagli Artigiani di Mestre è la
distribuzione del gettito tra i vari livelli di governo. Su 100 euro di tasse
pagate dagli italiani ne finiscono nelle casse dello Stato centrale 81 alle
Regioni 10 e solo 9 confluiscono nelle casse degli Enti locali (Comuni,
Province e Comunità montane), questo a riprova di come in questo paese di
“federalismo fiscale” non vi sia traccia.
Se il Corriere
c’informa di quante tasse paghiamo, Repubblica riportando un altro studio degli
artigiani di Mestre che non fa altro che ribadire una situazione che in
Lombardia conosciamo bene dal 1861.
Parliamo del
“residuo fiscale”, in altre parole la differenza tra le tasse pagate da un
territorio e quanto ritorna in termini di spesa pubblica, servizi e
trasferimenti agli enti locali.
In un quadro dove
le Regioni a statuto ordinario del Nord danno oltre 100 miliardi di euro
all'anno come contributo di solidarietà al resto del Paese, in base ai dettami
del Patto di Stabilità, è la Lombardia a fare su malgrado la parte del leone,
seppur in gabbia, nella classifica dei “contribuenti” registrando un residuo
fiscale annuo positivo pari a 53,9 miliardi di euro, che in valore pro capite è
pari a 5.511 euro, neonati compresi (dati riferiti all'anno fiscale 2012, nel frattempo il residuo è aumentato...).
Un quadro desolante
che rischia di peggiorare come sostiene Bortolussi se: “come ha fatto nell'ultimo decennio, lo Stato centrale continuerà nella
politica dei tagli lineari, facendo mancare risorse e costringendo le Autonomie
locali ad aumentare le tasse, anche al Nord la qualità delle infrastrutture,
della sanità, del trasporto pubblico locale e della scuola potrebbe venir meno,
alimentando la rabbia e la disaffezione nei confronti della politica
nazionale”.
Un pericolo reale,
stante le politiche economiche sostenute dal Governo Renzi, che la proposta di
revisione della Costituzione all'esame del Parlamento non potrà che rendere
ancor più concreto essendo la stessa imperniata su di una visione neo centralista dell’architettura istituzionale italiana.
Come ha ben detto
lo stesso Bortolussi a Repubblica: “La
questione settentrionale, purtroppo, non si è dissolta: soprattutto a Nordest (ed
anche in Lombardia N.d.R.) cova ancora sotto
la cenere. Per questo è necessario riprendere in mano la riforma del
federalismo fiscale è portarla a termine, premiando i territori più virtuosi e
penalizzando chi, invece, gestisce in maniera scriteriata la cosa pubblica”.