sabato 28 marzo 2020

ECONOMIA | Dacci oggi il nostro “reddito di cittadinanza”, che tutto si risolve…


Articolo per "La Voce del Nord"
Non è passata nemmeno una settimana dall’ultima “sparata” del Ministro delle Due Sicilie, al secolo Peppe Provenzano (quella sul regalare soldi a chi lavora in nero tipo la mafia n.d.r.), che appare stamane una nuova “ricetta” per bloccare la rivolta sociale che starebbe emergendo nel mezzogiorno, vale a dire persone che pretendono di fare la spesa nei supermercati “aggratis”.
Dalle pagine de “la Repubblica” l’ineffabile afferma che per evitare tale pericolo bisogna estendere il reddito di cittadinanza, sul quale proclama:
«Volevamo migliorarlo già prima del coronavirus, adesso diventa indispensabile. Rivedendo i vincoli patrimoniali, chi ha una casa familiare o dei risparmi in banca che non vuole intaccare oggi non può accedervi. Rafforzando il sostegno alle famiglie numerose. Rendendolo compatibile con il lavoro, per integrare il reddito se necessario. All’economia di sopravvivenza che non è solo al Sud, ma coinvolge anche autonomi, partite Iva proletarizzate, piccoli professionisti, occorre offrire una garanzia nella legalità».
E le ricorse chiede intervistatore, una patrimoniale?
«Ripeto, la parola d’ordine è: progressività. Quando sono nato io, nel 1982, l’aliquota più bassa era al 18 per cento e la più alta al 65. Oggi quella forbice si è ridotta e ha messo in ginocchio il ceto medio. Le formule per realizzare un fisco davvero progressivo possono essere inedite, ma l’obiettivo dev’essere chiaro: salvare il ceto medio. Sennò la polveriera esplode».
Un commento? Semplice, come da troppo tempo accade in quell’espressione geografica che volle follemente farsi stato l’unica ricetta che pervade le menti di una presunta classe dirigente è sempre quella. Elargire ricchezza prodotta da altri senza un progetto e una prospettiva di sviluppo, ma solo per “placare” pretese e fancazzismo.
Caro Peppe, è grazie a proposte come queste che i paesi del nord Europa alzano il dito per dire “scusate italiani ma ci fidiamo poco a darvi crediti e risorse illimitate se poi li usate per regalarli a chi pretende di fare la spesa senza pagare.”

giovedì 26 marzo 2020

A Crèma


O cara Crèma, la me Crèma cara,
   col Sère co la so bel’aqua ciara,
   ma pias i cios, i prat, le stradeline
   doe che canta i rosgos, le speransine.

Ché gh’è la casa de mi pore vècc,
   coi ní da le rundane sota i tècc:
   forse i’è amò i fioi di fioi di rundaní
   che gh’era al temp che sere piciní.

Vède ‘l pupà che l’era issé ‘n bun òm,
   che ‘l m’á ‘nsegnát a èe an galantòm;
   da me mama recòrde i’urasiú
   an di mument da le tribülasiú.

E te recòrdet che le sere bèle,
   col ciel spassat e crüelát de stèle,
   quand setát zo ‘n sö l’èrba dal nòst brol,
   tasìem töi du per sent al russignol?

Ché i munt luntá, i campaníi, le tère
   che sa spècia col cül an sö ‘n sal Sère,
   sii pör s’ciarat dal sul o da la lüna,
   i ciama ‘n penser car o ‘na persuna.

Gh’èm miga i munt, ma, quand gh’è ‘l ciel seré,
   i munt da Bèrghem i ta par lé issé:
   sa vèet fin, cume tante pegurine
   spantegade söi fianch, cese e casine,
   e ‘ncrüstat d’or, d’argent e altre culur
   che istès nu ta fa vèt gna ‘n brao pitur.

Gh’èm miga ‘l mar co l’aqua túrbia e amara,
   ma ‘l Sère co la so aqua dulsa e ciara,
   che ‘l ve zo, a zich e zàch, cume ‘n arzent,
   coi so paesèt anturne töcc splendént,
   traers i cios, i prat, le stradeline 

   doe che canta i rosgos, le speransine.

Ché dal Dòm par che ‘l sun da le campane
   al cünte di nòst vècc stòrie luntane,
   da tanti brai òm, che in altre sit
   a íghen ‘na metái i sa ciöcia i dit.

Ché gh’íem le müre ‘n doe Barbarossa
   l’á düít südá sanch a gossa a gossa,
   e, cume ‘ncó, i so degnissem disendent,
   an invensiú diabòliche sapient,
   i’ustagi i ligáa a le so torr, stö ròi,
   per vèt i nòst a massacrá i so fioi.

Ma l’á pudít dóma col tradiment
   a viga di cremasch al supraént;
   ché dal valur di vècc gh’è amó memòria:
   a inciòstre d0or l’è scrét an da la stòria.

Ché gh’èm le müre, i palàa e i’arch
   da la gluriusa tèra da san March,
   doe dòrma antich gueriér a cent a cent
   con tanc màrter dal nòst Risurgiment.

I’è ròbe da nagót, ma, töte ‘nsèma,
   le ma tègn ché ligat a la me Crèma
   da giòie santificada e da dulur,
   coi me mòrt che ma spèta arent a lur,
   an mèzz ai cios, i prat, le stradeline,
   doe che canta i rosgos, le speransine,
   senza sperá ‘n unur, an’atensiú,
   a spetá ‘l dé da mor cumè ‘n cuiú.

E adès se argü da Crèma urá sparlá,
  i’aará a che fa con me, i’aará a che fa.

di Federico Pesadori
(Vergonzana, 3 novembre 1849 – Bolzano, 8 aprile 1924)


tratto da "PROFILO della produzione poetica contemporanea in dialetto cremasco", a cura di Carlo Alberto Sacchi, edito da Leva Artigrafiche in Crema.

lunedì 16 marzo 2020

CORONAVIRUS | Caro Nord, non dimenticare!


Articolo per "La Voce del Nord"

“Ieri notte due pazienti affetti da COVID19, in gravi condizioni, sono stati trasferiti con aereo militare da Bergamo, dove i posti in terapia intensiva sono finiti, all’ospedale civico di Palermo, che ha prontamente risposto alla richiesta di aiuto arrivata dalla Lombardia. Atto di solidarietà non dovuto e non scontato, considerata la scarsa disponibilità di strutture e posti letto dovuta al fatto che persone e denari si sono mosse sempre in direzione opposta.
Non sono bastati decenni di insulti, di disparità, di sanità regionalizzata (con conseguente enorme spostamento di risorse e di persone da sud a nord) a scalfire l’animo solidale che noi siciliani abbiamo sempre avuto e custodiamo gelosamente.”
Inizia così un delirante post sulla pagina, da 180.000 follower, di tale Ignazio Corrao, esponente siciliano del Movimento 5 Stelle, appaerso sabato 14 marzo alle ore 19.24 (se volete tafazzarvi gli zebedei andate a cercarlo ma non dite che non vi ho avvisato…).
Ma tornando al suddetto, nonché al suo sproloquio, appare del tutto superfluo ricordare come ogni anno in Lombardia arrivano dalle altre regioni ben 40.000 persone per ricevere quelle cure mediche impossibili da ottenere nelle stutture delle regioni di origine per via dell’atavica incapacità delle classi dirigenti di organizzare degnamente la sanità. Dalla Sicilia del Corrao ogni anno sono costrette a cercare altrove cure adeguate 15.000 persone.
Superfluo poi ricordare come i costi sostenuti per assicurare tali cure gravano ogni anno sui bilanci della sanità della Lombardia, e non solo, senza che siano prontamente rimborsati dalle regioni di origine dei malati. Tanto per ricordare al Corrao un numero il “credito” vantato dal Pirellone ammonta a 800.000.000 di euro!?!
Ancor più superfluo per chi ha l’ardire di scrivere scemenze come di un “enorme spostamento di risorse e di persone da sud a nord” poter comprendere un concetto e due numeri. Il concetto è quello di Residuo Fiscale e i numeri sono +54.000.000.000 è quello vantato dalla Lombardia (il più alto in Italia) mentre ammonta a -10.000.000.000 quello della Sicilia (la regione che riceve di più in assoluto).
Superfluo ricordare al Corrao come la solidarietà dimostrata dai lombardi ogni anno avviene nel silenzio e nel rispetto, non certo nel piagnisteo e dell’arroganza di persone come il predetto, fulgido esempio di quella che dovrebbe essere, ma purtroppo non lo è, la nuova classe dirigente che dovrebbe “riscattare” il meridione italiano.
Per nulla superfluo invece il dovere, una volta terminata l’emergenza legata al coronavirus, per la Lombardia e per tutto il Nord, di non dimenticare.
Non dimenticare di difendere l’autonomia sanitaria, grazie alla quale abbiamo costruito un sistema in grado di affrontare l’emergenza, dalle pulsioni centralizzatrici che vorrebbero riportarla nella palude dell’inefficienza romana.
Non dimenticare quanti come il Corrao non mancano di “chiagnere e fottere” in ogni occasione, anche nelle emergenze.
Non dimenticare che ogni anno 54.000.000.000 di euro delle proprie tasse, dalla sola Lombardia, finiscono, senza mia più tornare indietro, nelle casse di uno stato capace di spedire carta igienica al posto di mascherine sanitarie.
Non dimenticare, mai!

venerdì 24 gennaio 2020

ECONOMIA | I servizi del Trentino ai prezzi della Lombardia: così l’Italia risparmierebbe 66 miliardi.


Articolo per "La Voce del Nord"

È quanto emerge dall'analisi sulla spesa pubblica locale dell’ufficio studi di Confcommercio – basata sugli ultimi dati disponibili del 2016 -che mette in relazione la qualità dei servizi offerti ai cittadini con i costi.

L’Italia delle regioni ideale ha i servizi del Trentino Alto Adige ai prezzi della Lombardia. Se tutto il Paese avesse questi standard nella spesa locale ci sarebbero oltre a maggiori efficienze anche un risparmio di ben 66 miliardi. È quanto emerge dall'analisi sulla spesa pubblica locale dell’ufficio studi di Confcommercio – basata sugli ultimi dati disponibili del 2016 – che mette in relazione la qualità dei servizi offerti ai cittadini con i costi.

Secondo l’analisi dell’ufficio studi di Confcommercio le Regioni a statuto speciale spendono in media per abitante il 37% in più delle Regioni a statuto ordinario. Fra queste, quelle piccole spendono mediamente il 17% in più delle Regioni grandi. Dallo studio emerge che l’Italia delle regioni ideale, avrebbe i servizi del Trentino Alto Adige ai prezzi della Lombardia che per i suoi servizi spende 2.528 euro pro-capite. Dall'analisi emerge anche che, per avere l’attuale livello dei servizi al livello dei prezzi della Lombardia, la spesa pubblica sarebbe di soli 107,9 miliardi di euro invece degli effettivi 173,9 miliardi. Insomma l’attuale sistema di spesa locale potrebbe con maggiori efficienze risparmiare 66 miliardi di euro. A fronte dei quali, 5,2 miliardi sarebbero di sprechi netti.

Andando ad esaminare le singole regioni la Valle d’Aosta è quella che ha la spesa pro capite più alta, 6.376 euro pro capite, ed è al quarto posto per output di servizi dopo Trentino, Lombardia e Friuli Venezia Giulia. Il Trentino Alto Adige, che è in testa per l’efficienza dei servizi ha una spesa pro-capite di 5.417 euro, ed è seconda dopo la Valle d’Aosta. Fra le regioni che spendono meno pro capite figurano la Campania (ultima della lista con 2.476 euro), la Lombardia (penultima con 2.528 euro), la Puglia (2.540 euro), il Lazio (2.686 euro) e il Veneto (2.709 euro). Se si incrocia la spesa pro-capite con l’efficienza dei servizi emergono le regioni più virtuose: Lombardia (seconda per output) e Veneto (sesta per output). Maglia nera per l’inefficienza è la Sicilia che ha una spesa pro capite di 3.220 euro (settima regione) ed è l’ultima nell'indice di output dei servizi. Il problema del Sud, non è tanto la quantità di spesa, quanto la qualità di servizi. «Se al Sud non si spende molto più che al Nord in termini di costo dei servizi pubblici per abitante, il problema è che di tali servizi al Sud se ne producono molto meno», sottolinea la ricerca.

Questo evidenzia in cosa consista la virtuosità della Lombardia: è la regione che, in proporzione alle altre, offre il maggior numero di servizi al minor costo di spesa pubblica.


L’inefficienza delle regioni meno virtuose, invece, dipende da queste due variabili: o dal minor numero di servizi pubblici offerti (ad esempio Sicilia, Calabria e Campania erogano meno del 40% dei servizi che offre la Lombardia), o dal maggior costo pro capite dei servizi, (ad esempio il Trentino Alto Adige spende in proporzione più del doppio della Lombardia).

venerdì 13 dicembre 2019

UK: l’SNP vince le elezioni e rafforza il mandato per un nuovo referendum sull'indipendenza scozzese.


Articolo per "La Vode del Nord"

Il primo ministro scozzese Nicola Sturgeon, leader dei nazionalisti oltre il vallo, ha affermato che il suo mandato per chiedere un secondo referendum per l’indipendenza è stato rinnovato, rinfrescato e rafforzato dalla vittoria del SNP alle elezioni generali .

Con tutti e 59 i seggi della Scozia assegnati, l’SNP ne ha vinti 47, i Conservatori sei, i liberal democratici quattro e i laburisti solo uno. In termini percentuali i nazionalisti hanno raggiunto il 45% dei voti.

Sebbene sia stato un risultato deludente per i Tories in Scozia, hanno fatto il pieno di seggi nel resto del Regno Unito, specialmente nelle aree tradizionalmente laburiste. Dal canto suo Boris Johnson ora ha una sostanziale maggioranza alla camera dei comuni che gli permetterà di portare avanti il suo programma per la Brexit .

Parlando con la BBC, il Primo Ministro Sturgeon ha affermato che il risultato ha superato le sue aspettative e affermato che si tratta di un “chiaro sostegno al messaggio del SNP”.

“La Scozia non poteva essere più chiara sul fatto che non vogliamo un governo Boris Johnson, non vogliamo la Brexit e vogliamo che il futuro della Scozia sia nelle mani della Scozia e non in quelle dei conservatori di BoJo.”
Sturgeon ha detto che “con riluttanza” ha accettato che Johnson abbia ora “un mandato per portare l’Inghilterra fuori dall’Unione Europea”, ma, ha aggiunto, “non ha un mandato per portare la Scozia fuori dall’Unione Europea”.

Il primo ministro ha aggiunto: “Ho un mandato, rinnovato, rafforzato, per offrire alla gente scozzese la scelta di un futuro diverso. Ora spetta agli scozzesi scegliere. Non pretendo che tutti coloro che hanno votato SNP ieri sosterranno necessariamente l’indipendenza, ma c’è una chiara approvazione che la Scozia debba decidere il suo futuro e non farlo decidere da altri.“

giovedì 21 novembre 2019

SPAGNA | Le condanne per sedizione di Jordi Sànchez e Jordi Cuixart sono una minaccia alla libertà di espressione e di assemblea.


Articolo per "La Voce del Nord"
La condanna di Jordi Sànchez e Jordi Cuixart per sedizione viola i loro diritti alla libertà di espressione e all’assemblea pacifica; entrambi devono essere rilasciati immediatamente, ha dichiarato oggi Amnesty International, dopo la pubblicazione della sua analisi della sentenza emessa il mese scorso dalla Corte suprema spagnola.
Le pene detentive inflitte ai due leader della società civile e ad altri sette alti funzionari catalani sono una conseguenza della vaghezza della definizione del crimine di sedizione nel codice penale spagnolo e dell’interpretazione, eccessivamente ampia e pericolosa, di questa definizione che la Corte Suprema ha fatto.
“Jordi Sànchez e Jordi Cuixart devono essere immediatamente rilasciati e le loro sentenze per la sedizione devono essere annullate”, ha dichiarato Daniel Joloy, consigliere politico generale di Amnesty International.
“Allo stesso tempo, la nostra analisi non ha rilevato alcun fattore che indichi che il processo nel suo insieme era ingiusto, è chiaro che l’interpretazione della Corte suprema del crimine di sedizione era eccessivamente ampia e ha portato alla criminalizzazione di atti di protesta legittimo. “
Come cittadini privati e leader delle organizzazioni della società civile, Jordi Sànchez e Jordi Cuixart avevano il diritto di esprimere le loro opinioni e organizzare incontri pacifici per sostenere il referendum e l’indipendenza della Catalogna.
Anche se lo scopo di una qualsiasi di queste riunioni o altre azioni intraprese da loro era di impedire il rispetto di una risoluzione giudiziaria, la legge internazionale sui diritti umani protegge anche la disobbedienza civile pacifica. Presentare accuse eccessivamente gravi per atti di disobbedienza civile limita indebitamente il diritto di riunione pacifica e viola il diritto internazionale.
Dopo aver osservato l’intero processo, Amnesty International conclude che le condanne a nove anni di reclusione inflitte a Jordi Sànchez e Jordi Cuixart per sedizione rappresentano una limitazione sproporzionata dei loro diritti alla libertà di espressione e di riunione pacifica. Ritiene inoltre che la Corte suprema non abbia dimostrato che l’imposizione di condanne così gravi fosse proporzionale agli atti pacifici a loro imputati.
“Le condanne inflitte a Jordi Sànchez e Jordi Cuixart costituiscono chiaramente una limitazione eccessiva e sproporzionata dei loro diritti alla libertà di espressione e di riunione pacifica”, ha affermato Esteban Beltrán, direttore di Amnesty Spagna.
“Il Parlamento deve rivedere urgentemente la definizione del crimine di sedizione per non criminalizzare gli atti pacifici di disobbedienza civile o limitare indebitamente la libertà di riunione o espressione pacifica”.
Amnesty International teme inoltre che la Corte colleghi la gravità del crimine al fatto che l’opposizione all’esecuzione di un ordine del tribunale fosse “massiccia o diffusa”, aprendo così la porta alla possibilità delle autorità di imporre un limite illegittimo del numero di persone che possono esercitare contemporaneamente il loro diritto di protestare pacificamente.
La mancanza di chiarezza sulla definizione del crimine di sedizione nel codice penale che la Corte ha interpretato consente l’imposizione di restrizioni indebite sui diritti alla libertà di espressione e di riunione pacifica. Di conseguenza, tutta una serie di azioni dirette non violente viene ingiustamente criminalizzata.
“Sebbene sia possibile che i leader politici catalani abbiano commesso un crimine perseguibile legalmente tenendo conto delle posizioni che occupavano, la loro condanna per sedizione – un crimine definito con eccessiva vaghezza – viola il principio di legalità. Le autorità devono fornire un rimedio adeguato a questa situazione”, ha affermato Adriana Ribas, coordinatrice di Amnesty International in Catalogna.
“Tutti hanno il diritto di sapere se la loro condotta potrebbe costituire un crimine. Ma questa sentenza mostra che la vaghezza della definizione di crimine di sedizione permette di usarla eccessivamente. L’interpretazione che la Corte Suprema ha fatto di questo crimine ha un effetto paralizzante che potrebbe impedire ai cittadini di partecipare a proteste pacifiche senza paura”.
Amnesty International ha osservato le azioni intraprese contro 12 leader catalani in relazione agli eventi che hanno avuto luogo in Catalogna in merito al referendum del 1 ° ottobre 2017, anche partecipando a tutte le sessioni del processo svoltosi a Madrid.
Le condanne sono state rese pubbliche il 14 ottobre. Sette alti funzionari catalani, oltre a due leader di organizzazioni della società civile, sono stati condannati a una pena detentiva tra i nove e i 13 anni per il crimine di sedizione. Altri tre alti funzionari sono stati condannati per il crimine di disobbedienza e condannati a una multa.
Secondo il diritto internazionale, le restrizioni al diritto di riunione pacifica devono essere previste dalla legge ed essere necessarie e proporzionate a un interesse pubblico specifico. Una manifestazione non perde il suo carattere pacifico perché viene commessa una certa illegalità o perché alcuni manifestanti fanno uso della violenza.
Inoltre, sebbene una condotta pacifica nello sviluppo di una protesta possa essere soggetta a determinate restrizioni, devono essere debitamente previste dalla legge. Tutti i reati devono essere formulati in modo sufficientemente chiaro da consentire alle persone di regolare di conseguenza la propria condotta conclude Amnesty.

lunedì 11 novembre 2019

SPAGNA | Dalle elezioni più forte la contrapposizione tra autonomia e centralismo.


Articolo per "La Voce del Nord"

Nella giornata di ieri, come avrete già letto suo giornali e ascoltato nei notiziari di radio e tv, si sono svolte le elezioni politiche in Spagna, le ennesime consultazioni il cui esito ha generato un parlamento senza una chiara maggioranza.

Da un lato il Partito Socialista ha confermato il 28% delle precedenti consultazioni, i Popolari hanno recuperato terreno superando quota 20% mentre a uscire ridimensionate sono state le due formazioni che avevano caratterizzato con la loro novità il panorama politico spagnolo degli ultimi anni, vale a dire Podemos e Ciudadanos.

Ad uscire rafforzata è stata la destra estrema di Vox, partito guidato da Santiago Abascal, che ha raggiunto il 15% proponendo un programma nel quale chiede un ritorno ad una costituzione che cancelli le autonomie regionali per centralizzare tutto il potere a Madrid.

Gli osservatori sono concordi nel dire che Vox deve molto del suo successo allo «strappo» della Catalogna e la richiesta di indipendenza da parte della Generalitat di Barcellona. Abascal definì il referendum indipendentista « un colpo di stato» e una ferita all’unità della Nazione.

In Catalogna il primo partito è la Sinistra repubblicana, il cui leader Oriol Junqueras è in galera; risalgono gli indipendentisti duri di Junts per Catalunya di Carles Poudjemont. Con gli autonomisti delle Canarie e della Cantabria, si affacciano in Parlamento pure il Blocco galiziano e la lista che ricorda: «Teruel existe!».

Risultati questi ultimi che visti in combinazione con quelli di Vox, che in Galizia e Paesi Baschi non eleggono nessun deputato e sono ai margini in Catalogna, mostrano come una nuova contrapposizione sia emersa dalle urne. Da un lato i popoli oggi rinchiusi nello stato spagnolo che chiedono autodeterminazione, autonomia, libertà e indipendenza e dall’altro la reazione di coloro che da sempre negano libertà e diritti nel nome di un centralismo visto come strumento per proseguire nel controllo delle risorse e ricchezze che galiziani, baschi e catalani producono ogni anno. Con ogni evidenza il concetto di residuo fiscale non è prerogativa esclusivamente lombarda e veneta.

lunedì 14 ottobre 2019

CATALUNYA | Condannati dalla Corte Suprema di Madrid gli indipendentisti catalani.


Articolo per "La Voce del Nord"

La Corte Suprema di Madrid ha emesso stamane la sentenza per il processo che vedeva imputati diversi esponenti dell’indipendentismo catalano. Dure pene per il reato di sedizione, con condanne che vanno dai 9 ai 13 anni hanno colpito gli imputati. A subire la pena maggiore è Oriol Junqueras, con 13 anni, seguito Raül Romeva, Jordi Turull e Dolors Bassa, con 12 anni. Jordi Sànchez e Jordi Cuixart sono stati condannati a nove anni. Per giustificare la sedizione, i magistrati sostengono che nell’autunno del 2017 ci fu una “rivolta e tumulto pubblico” in Catalogna.

L’ex vicepresidente Oriol Junqueras è stato condannato a 13 anni di carcere e 13 anni di interdizione dai pubblici uffici per il crimine di sedizione con appropriazione indebita. Gli ex consiglieri Raül Romeva, Jordi Turull e Dolors Bassa a 12 anni di carcere per sedizione e appropriazione indebita. L’ex presidente del Parlamento catalano Carme Forcadell a 11 anni e mezzo di carcere per sedizione. Santi Vila, Meritxell Borràs e Carles Mundó sono stati condannati solo per il reato di disobbedienza a un anno e otto mesi.
In questo modo, la corte presieduta da Manuel Marchena non condanna per ribellione, ma per sedizione con sanzioni molto elevate.


I magistrati “ritengono che l’esistenza della violenza sia provata”, ma aggiungono che “la scoperta di episodi indiscutibili di violenza non è sufficiente per proclamare che gli eventi costituiscono un crimine di ribellione”. In questo senso, la Corte Suprema sostiene che “la violenza deve essere una violenza strumentale e funzionale, direttamente predisposta, senza passaggi intermedi, ai fini che incoraggiano l’azione dei ribelli”.

D’altra parte, i giudici sostengono che “tutti gli imputati ora soggetti a procedimento giudiziario erano consapevoli della fattibilità legale manifesta di un referendum di autodeterminazione che è stato presentato come il modo per costruire la Repubblica di Catalogna”. Tuttavia, osserva che “nonostante l’esibizione retorica di coloro che sono stati accusati, è vero che, dal punto di vista del fare, era palese l’impossibilità degli atti concepiti per realizzare la promessa di indipendenza”.
Nella loro giustificazione sulla sedizione, i magistrati sostengono che “la difesa politica, individuale o collettiva” dell’indipendenza “non è costitutiva del crimine”. Invece, aggiungono: “lo è mobilitare la cittadinanza in una rivolta pubblica e in un tumulto che, inoltre, impedisce l’applicazione delle leggi e ostacola l’esecuzione delle decisioni giudiziarie”.