lunedì 11 novembre 2019

SPAGNA | Dalle elezioni più forte la contrapposizione tra autonomia e centralismo.


Articolo per "La Voce del Nord"

Nella giornata di ieri, come avrete già letto suo giornali e ascoltato nei notiziari di radio e tv, si sono svolte le elezioni politiche in Spagna, le ennesime consultazioni il cui esito ha generato un parlamento senza una chiara maggioranza.

Da un lato il Partito Socialista ha confermato il 28% delle precedenti consultazioni, i Popolari hanno recuperato terreno superando quota 20% mentre a uscire ridimensionate sono state le due formazioni che avevano caratterizzato con la loro novità il panorama politico spagnolo degli ultimi anni, vale a dire Podemos e Ciudadanos.

Ad uscire rafforzata è stata la destra estrema di Vox, partito guidato da Santiago Abascal, che ha raggiunto il 15% proponendo un programma nel quale chiede un ritorno ad una costituzione che cancelli le autonomie regionali per centralizzare tutto il potere a Madrid.

Gli osservatori sono concordi nel dire che Vox deve molto del suo successo allo «strappo» della Catalogna e la richiesta di indipendenza da parte della Generalitat di Barcellona. Abascal definì il referendum indipendentista « un colpo di stato» e una ferita all’unità della Nazione.

In Catalogna il primo partito è la Sinistra repubblicana, il cui leader Oriol Junqueras è in galera; risalgono gli indipendentisti duri di Junts per Catalunya di Carles Poudjemont. Con gli autonomisti delle Canarie e della Cantabria, si affacciano in Parlamento pure il Blocco galiziano e la lista che ricorda: «Teruel existe!».

Risultati questi ultimi che visti in combinazione con quelli di Vox, che in Galizia e Paesi Baschi non eleggono nessun deputato e sono ai margini in Catalogna, mostrano come una nuova contrapposizione sia emersa dalle urne. Da un lato i popoli oggi rinchiusi nello stato spagnolo che chiedono autodeterminazione, autonomia, libertà e indipendenza e dall’altro la reazione di coloro che da sempre negano libertà e diritti nel nome di un centralismo visto come strumento per proseguire nel controllo delle risorse e ricchezze che galiziani, baschi e catalani producono ogni anno. Con ogni evidenza il concetto di residuo fiscale non è prerogativa esclusivamente lombarda e veneta.