sabato 8 dicembre 2018

Festa di a Nazione | Festa della Nazione


Auguri a tutti gli amici di Corsica nella giornata della loro festa nazionale.

La Festa di a Nazione (in italiano Festa della Nazione) è una festa che viene celebrata in tutta la Corsica dal 1735.

Due assemblee generali della Corsica svoltesi nel 1735 e una terza avvenuta nel 1761 proclamarono l'Immacolata Concezione patrona dell'isola e la giornata dell'8 dicembre, festività della patrona festa nazionale.

Il 30 gennaio 1735 la Consulta d'Orezza presieduta da Luigi Giafferi di Talasani, Giacinto Paoli di Morosaglia e da Andrea Ceccaldi di Vescovato riunita in un paese della Castagniccia e voluta da Pasquale Paoli fece entrare in vigore la Costituzione della Corsica, di tipo repubblicano scritta dall'avvocato Sebastiano Costa che proclamò l'8 dicembre "Festa Nazionale" della Corsica sotto la protezione dell'Immacolata Concezione.

Nonostante la fine della Corsica indipendente l'evento è festeggiato dagli indipendentisti corsi e celebrato particolarmente a Morosaglia, paese natale di Pasquale Paoli, a Ponte Nuovo e Borgo, teatro di due battaglie contro i francesi, e a Corte, capitale indipendentista dell'isola sotto Pasquale Paoli.

martedì 4 dicembre 2018

Día Nacional de Andalucía | Festa Nazionale dell’Andalusia


A due giorni dalle elezioni nelle quali un partito (Vox n.d.r.), che ha scritto nel suo programma “...l’assoluta contrarietà ai separatismi (catalano e basco in testa) e il desiderio di riportare maggiore potere al governo centrale smantellando il sistema delle autonomie istituito nel 1978 in Spagna...”, è entrato per la prima volta nel parlamento andaluso, la ricorrenza di oggi assume un significato ancor più importante per tutti gli autonomisti, i federalisti e indipendentisti di ogni terra e nazione.

⚔️ ⚔️ ⚔️ ⚔️ ⚔️

// Día Nacional de Andalucía //
// Festa Nazionale dell’Andalusia //


Il 4 dicembre è il giorno dell'anno in cui partiti e organizzazioni del nazionalismo andaluso rivendicano come la festa nazionale dell'Andalusia.

Questa data è stata scelta perché le manifestazioni svolte il 4 dicembre 1977 a favore dell'autonomia dell'Andalusia sono considerate dal nazionalismo come un atto di coscienza nazionale. Durante quel giorno circa due milioni di andalusi scesero nelle strade delle principali città dell'Andalusia, facendo a pezzi, il mito che in Andalusia non si avvertiva alcuna differenziazione o volontà per reclamare le istituzioni di autogoverno. Quel giorno fu ricordato anche il 4 dicembre 1868, quando il popolo di Cadice prese le armi per rivendicare la Repubblica Federale.

In questa data si commemora anche l'omicidio del lavoratore Manuel José García Caparrós per mano della polizia durante la manifestazione autonomista di Malaga.

mercoledì 28 novembre 2018

AUTONOMIA | Lezzi: le richieste di Lombardia e Veneto non saranno strumento per favorire il Nord

Che il “cosiddetto” contratto fosse alquanto lacunoso sul tema dell’autonomia l’ho scritto non appena è stato firmato, ma devo a malincuore ammettere che al peggio non c’è mai limite...

😡🤬😡


SUD, LEZZI: RICHIESTE AUTONOMIA REGIONI NON SARANNO STRUMENTO PER FAVORIRE NORD

Roma, 28 nov - "Le richieste di autonomia" economica regionale "previste nel contratto, non saranno uno strumento per favorire alcune Regioni piuttosto che altre. Il completamento dell'iter non comporterà un surplus fiscale trattenuto al Nord".


Lo ha dichiarato in aula alla Camera la ministra per il Sud Barbara Lezzi in risposta ad un'interrogazione sulla distribuzione delle risorse fra Nord, Centro e Sud, nel corso del question time.

"Quale autorità politica per la coesione - ha aggiunto - lavoro per misure omogenee in tutto il Paese e avrò modo di monitorare l'azione del Governo in modo da assicurare al Sud misure per colmare il gap con il Nord".

venerdì 2 novembre 2018

CATALUNYA | la repressione dei tribunali "franchisti", sotto un governo "socialista ", continua...


Nel mentre, in lungo e in largo per l'italica penisola, è un pullulare di allarmi sul rinascente "fassismo", nella democratica Spagna, retta da un governo socialista, la lunga mano del "FRANSCHISMO" continua nella sua opera di persecuzione e repressione delle libertà.
ANSA - MADRID - La Procura spagnola ha sollecitato una pena a 25 anni di carcere per il presidente di Esquerra Republicana de Catalunya (ErC), Oriol Junqueras, per la sfida culminata con la dichiarazione unilaterale di indipendenza catalana del 27 ottobre 2017, che include il reato di "ribellione". Dopo un anno di istruttoria, il Pubblico Ministero ha presentato oggi le richieste di condanne, che vanno da 25 anni per l'ex vicepresidente della Generalitat, Junqueras, a 16 anni di carcere per i cinque ex 'conseller' Jordi Turull, Raul Romeva, Joaquim Forn, Dolors Bassa e Josep Rull.
Per i leader di Omnium Cultural e dell'Assemblea Nazionale Catalana, Jordi Cuixart e Jordi Sanchez, la Procura chiede condanne a 17 anni di carcere - e 17 anni di interdizione dai pubblici uffici - così come per la ex presidente del Parlamento catalano Carme Forcadell. Sono tutti accusati di "ribellione", un reato punibile fino a 30 anni di reclusione. Per i tre ex 'conseller' attualmente a piede libero, Carles Mundó, Maritxell Borrás e Santiago Vila, le richieste scendono a 7 anni di carcere, essendo loro contestato solo il reato di malversazione.
Nell'argomentare le richieste di condanne, il Pubblico Ministero ritiene gli accusati responsabili di una strategia pianificata per ottenere l'indipendenza della Catalogna come nuovo Stato in forma di repubblica, separandola dalla Spagna, mediante un'azione combinata e sincronizzata su tre pilastri, parlamentare, esecutivo e sociale. "L'azione degli accusati - è detto nell'atto depositato dalla pubblica accusa - mirava a estromettere l'applicazione della legalità costituzionale e statutaria e a impedire l'esecuzione delle risoluzioni amministrative e giudiziarie dettate a suo sostegno, per raggiungere come obiettivo ultimo - con proprie leggi e una propria struttura di Stato - la dichiarazione di indipendenza di questa parte del territorio nazionale e obbligare lo Stato ad accettarne la separazione". Una finalità, osserva il Pubblico Ministero, "che sono stati sul punto di raggiungere con gli atti delittuosi eseguiti, ponendo così in grave pericolo l'ordine costituzionale".
Complessivamente sono 18 le persone rinviate a giudizio, delle quali 9 detenute da un anno in carcere preventivo. I leader indipendentisti andranno alla sbarra accusati anche di malversazione di fondi pubblici, per la celebrazione del referendum indipendentista indetto per il 1º ottobre 2017, dichiarato illegale dalla Giustizia spagnola. Nell'istruttoria dell'alto tribunale dell'Audiencia Nacional, la Procura sollecita 11 anni di carcere per l'ex maggiore dei Mossos d'Esquadra, Josep Lluis Trapero, a sua volta accusato di un presunto reato di ribellione.
Le richieste della pubblica accusa giungono in contemporanea alla decisione dell'Avvocatura dello Stato, dipendente dal ministero di Giustizia e parte lesa, di contestare ai leader indipendentisti solo i reati di sedizione, che prevede pene fino a 15 anni di carcere, e malversazione di fondi pubblici, e non di ribellione. Un diverso orientamento che i partiti all'opposizione, il Partido Popular e Ciudadanos, attribuiscono a "opportunismo politico" del governo socialista minoritario del premier Pedro Sanchez. In dichiarazioni ai media, il presidente del Pp, Pablo Casado, ha accusato Sanchez di "concedere un indulto ai golpisti" e di pagare un prezzo in cambio del decisivo voto sulla Finanziaria dei partiti indipendentisti. E' previsto che il processo cominci a metà gennaio, per arrivare in primavera alla fase dibattimentale, anche se le sentenze non saranno emesse fino a giugno, perché il tribunale non vuole interferire con le elezioni municipali ed europee previste per maggio 2019, informano fonti giuridiche citate dai media.

giovedì 4 ottobre 2018

Reddito di cittadinanza, la bocciatura al Nord


Se mai ve ne fosse ancora bisogno, ecco gli esiti di un sondaggio pubblicato oggi sul Corriere della Sera, sul reddito di cittadinanza (o per meglio dire di "parassitanza"...).
Italiani divisi sul reddito di cittadinanza, non solo numericamente ma anche geograficamente. Secondo un sondaggio Ipsos la misura voluta fortemente dai Cinque Stelle ottiene un giudizio positivo dal 44% degli elettori, mentre viene visto negativamente dal 46% (gli indecisi sono il 10%). A colpire è soprattutto la differenza di come viene percepito il reddito a seconda delle macroaree del Paese. Mentre il Nord-Ovest (Valle d’Aosta, Liguria, Piemonte e Lombardia) e il Triveneto bocciano l’iniziativa — il reddito piace rispettivamente al 37-38% degli italiani ed è giudicato in modo negativo dal 53% —, il resto del Paese invece ha un approccio diverso. Solo nel Centro-Sud (Lazio, Abruzzo, Molise e Campania) la misura supera l’asticella del 50% dei consensi favorevoli — ha il 53%%, il 41% invece è critico — mentre sia nel Centro-Nord, cioé nell’area delle regioni «rosse» (Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche), sia nelle Sud e nelle Isole (Puglia, Basilicata, calabria, Sicilia e Sardegna) il reddito riscuote più giudizi favorevoli (in entrambi casi il 45%) che negativi (44% e 40%). Spicca anche la volatilità degli indecisi, specie in quelle Regioni che hanno premiato i Cinque Stelle alle ultime Politiche: sono solo il 6% nel Centro-Sud contro il 15% del Sud e delle Isole.

martedì 2 ottobre 2018

RIACE | un "modello" di illegalità, tanto caro alla sinistra...


La Guardia di Finanza ha arrestato e posto ai domiciliari il sindaco di Riace, Domenico Lucano, con l'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina ed illeciti nell'affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti. L'arresto è stato fatto in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP di Locri su richiesta della Procura della Repubblica.
Matrimoni di convenienza, documenti di identità concessi senza controlli a chi non ne aveva diritto e la gestione rifiuti assegnata agli "amici" delle cooperative.
E il sinistrume vario, tutto legalità, antimafia e rispetto per i giudici, subito a difenderlo e giustificarlo... 

🔎🔎🔎 LE ACCUSE 🔎🔎🔎

Favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
Lucano emerge dalle indagini come un sindaco "spregiudicato" che, nonostante il ruolo istituzionale rivestito, organizzava veri e propri "matrimoni di convenienza" tra cittadini riacesi e donne straniere, al fine di favorire illecitamente la permanenza di queste ultime nel territorio italiano. Dalle indagini, scrivono gli inquirenti, sarebbe emerso come Lucano e la sua compagna avessero architettato degli "espedienti criminosi, tanto semplici quanto efficaci", volti ad aggirare la disciplina prevista dalle norme nazionali per ottenere l'ingresso in Italia. "Particolarmente allarmanti", si legge ancora, si sono rivelate "non solo la lunga serie di irregolarità' amministrative e di illeciti penalmente rilevanti che costellavano la realizzazione del progetto, ma anche e soprattutto l'estrema naturalezza con la quale Lucano e la sua compagna si risolvevano a trasgredire norme civili, amministrative e penali". Lucano, sempre secondo l'accusa, avrebbe ammesso di essersi reso materialmente protagonista ed in prima persona adoperato, ai fini dell'organizzazione di matrimoni "di comodo".

Illeciti nell'affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti.
Dalle indagini è emerso anche il "fraudolento affidamento diretto del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti della cittadina riacese, così impedendo l'effettuazione delle necessarie procedure di gara previste dal Codice dei contratti pubblici e favorendo invece due cooperative sociali, la Ecoriace e L'Aquilone". Secondo quanto fa sapere la procura di Locri in una nota queste due "cooperative sociali difettavano infatti dei requisiti di legge richiesti per l'ottenimento del servizio pubblico, poiché non iscritte nell'apposito albo regionale previsto dalla normativa di settore". Emerge che Lucano, allo scopo "di ottenere il suo illecito fine, a seguito dei suoi vani e diretti tentativi di far ottenere quella iscrizione, si sia determinato ad istituire un albo comunale delle cooperative sociali cui poter affidare direttamente, secondo il sistema agevolato previsto dalle norme, lo svolgimento di servizi pubblici". Secondo l'accusa, affidando in via diretta alla "Ecoriace" ed a "L'Aquilone" i servizi di raccolta e trasporto rifiuti, il sindaco "ha impedito l'effettuazione delle necessarie e previste procedure di gara, così inevitabilmente: condizionando le modalità di scelta dei contraenti da parte dell'ente amministrativo da lui gestito e violando il principio di libera e sana concorrenza; producendo in capo alle due cooperative sociali un ingiusto vantaggio patrimoniale, quantificato in circa un milione di euro".

domenica 9 settembre 2018

SVEZIA | Alby, la piccola Bagdad dove anche la polizia ha paura a entrare. Il fallimento del "modello" immigrazionista svedese.


Sul Corriere della Sera di oggi un reportage su Stoccolma, ma in passato ne abbiamo già letti su Londra, Parigi e Bruxelles tanto per citare alcune grandi città del vecchio continente, che certifica ancora una volta il fallimento di diversi “modelli” di gestione del fenomeno dell’immigrazione e della seguente integrazione, ammesso che sia possibile, nelle varie comunità delle diverse “generazioni” dei “nuovi europei” ancora a cavallo con la vecchia patria di origine e culture tanto differenti tra loro.

Fallimento le cui ricadute negative quotidiane colpiscono sia le popolazioni “autoctone” sia quelle cosiddette “migranti”, il cui riconoscimento, purtroppo negato specialmente a sinistra, dovrebbe essere alla base di ogni seria riflessione sul tema da cui possa nascere una risposta nuova e coerente con la realtà odierna.
Alby, la piccola Bagdad svedese dove anche la polizia ha paura.Viaggio in una «no go zone» di Stoccolma, dominata da gang e spacciatori. Qui la socialdemocrazia ha fallito.
Era una bella Saab. «L’avevo comprata coi soldi che m’aveva lasciato mio padre». Una sera gliel’hanno incendiata proprio sotto casa, dietro il piazzale dell’Alby Centrum. «Ci sono stati degli scontri con la polizia». Dalla finestra, l’impiegata di banca Tove Friedriksson ha visto tutto: le proteste degli iracheni, le molotov, i lampeggianti blu, le cariche casco&manganello, gli arresti. «Non sono uscita di casa, perché ho avuto paura. Ma la mattina dopo, sì. Vado a fare la denuncia dei danni. E siccome all’assicurazione servono i dettagli, chiedo qualcosa degli arrestati». Niente nomi, dice la polizia. «E quelli dei loro avvocati?». Niente. «Ma sono stati gli arabi o gli africani?». È a quel punto che il poliziotto alza gli occhi: che razza di domanda, «l’etnia non possiamo comunicarla». Vietato chiedere: «Ho rischiato una denuncia per razzismo e xenofobia. Dichiarare che è stato un immigrato a bruciare l’auto, è un’informazione impropria. Va contro la legge».
Se domattina vi chiederete perché la Svezia alle urne ha castigato dopo un secolo i socialdemocratici della tolleranza totale, premiando la destra intollerante, Tove ha qualche risposta. Indovinate oggi per chi vota lei. Ad Alby fa sorridere l’altissima media nazionale d’accoglienza dei profughi, uno ogni cinque svedesi: in questo sobborgo alla penultima fermata della linea rossa, venti chilometri a ovest e migliaia d’anni luce dal centro di Stoccolma, gli svedesi-svedesi come Tove sono uno su dieci. L’11 per cento. Mosche bianche. Sperdute fra alveari marroni edificati negli anni delle guerre balcaniche, dei massacri africani, delle fughe afghane, delle agonie mediorientali. Diecimila abitanti, cinquemila appartamenti riservati ai rifugiati: Alby, Norsborg, Hallunda ormai li chiamano Little Bagdad, Little Mogadiscio, Little Sudan. La squadra di calcio del quartiere è il Konya, come la città dei dervisci, e ha la stessa divisa biancoverde del Konyaspor turco. Nella scuola elementare non si festeggia mai il Natale, per non discriminare la stragrande maggioranza musulmana. Nei fast food non si trova il bacon. E se negli anni 80 c’era un asilo no gender fiorito dalla pedagogia egualitaria e socialdemocratica, di quelli che proibiscono di fare distinzioni discriminatorie e politicamente scorrette fra maschietti e femminucce, ora in piscina si nuota separati per sesso e le mamme ci entrano velate. La disoccupazione è al 70 per cento, contro la media nazionale del sei. Un tempo, qui si veniva a fare il bagno sulle rive dell’Albysjon, a pedalare nei boschi, a vedere dove aveva la villa il signor Ericsson, quello dei telefonini.
Oggi, Alby è stata dichiarata una delle otto «no go zone» vulnerabili del Paese, gang e spaccio, dove la sera i pompieri non sempre vanno se li chiamano e anche i poliziotti stanno all’occhio: «L’auto di servizio non dobbiamo mai posteggiarla lontana — dice l’agente Roger Kampe, in servizio da sette anni —, perché te la trovi danneggiata. E l’ordine è di girare sempre in due o tre, mai da soli». In un garage, a marzo è stato scoperto un deposito d’esplosivo, «roba da professionisti». Sugli ascensori dei palazzoni, le scritte in arabo inneggiano a qualche guerra santa. Un ragazzino di 16 anni è stato accoltellato in pieno giorno, un mese fa, davanti al centro commerciale: «C’erano almeno trenta testimoni, nessuno ha visto nulla».
Ad Alby, governano da sempre le sinistre. Ma stavolta non si sa. I postfascisti di Svezia Democratica, annunciati vincitori di queste elezioni politiche, qui non mettono piede. Non si vede un manifesto di Jimmie Akesson, il Salvini che vuole rispedire a casa i migranti e sull’esistenza di posti così sta costruendo la sua fortuna politica. L’imam non ha voglia di parlare coi giornalisti, da quando l’hanno messo in mezzo con una telecamera nascosta (si vede un candidato locale della sinistra garantire tremila voti sicuri a un alleato di lista, «alla preghiera l’imam convincerà i musulmani a votare te, e tu in cambio gli costruirai la nuova moschea...»: tutta acqua al mulino di Jimmie lo spaventastranieri). Venerdì sera il sobborgo era mezzo deserto, tutti a guardare Jimmie Akesson nell’ultimo confronto elettorale in tv. E sentirlo parlare di posti come Alby. Parole pesanti: «Lo sapete perché quella gente non trova lavoro? Perché non s’adattano alla Svezia. E non sono svedesi». Urla, fischi, buuu. Nessuno ad Alby voterà mai Jimmie. «Ma qui siamo in Medio Oriente», dice Tove. E fuori di qui c’è una Little Svezia che non vuole diventare una grande Bagdad.

domenica 2 settembre 2018

L’AUTONOMIA ORMAI E’ VICINA, MA PER BOICOTTARLA LE INVENTANO TUTTE


Articolo di Stefano Bruno Galli, pubblicato su Libero di oggi, nel quale replica alla petizione contro l'autonomia di Lombardia e Veneto lanciata da Gianfranco Viesti.

Nel 1950 – vale a dire due anni dopo l’entrata in vigore della Costituzione Repubblicana e vent'anni prima della nascita delle Regioni a statuto ordinario – Gianfranco Miglio scriveva Dobbiamo mantenere, per amor di simmetria, gli stessi controlli tutori e le medesime bardature burocratiche sulla Lombardia e sulla Basilicata? Oppure dobbiamo applicare all'amministrazione pubblica gli stessi criteri pratici che si adottano anche nella più umile azienda privata, ove il collaboratore inesperto viene strettamente controllato e quello capace lasciato invece libero della propria iniziativa? Dobbiamo considerarci una specie di convoglio, costretto per l’eternità a camminare alla velocità ridotta della nave meno efficiente, oppure dobbiamo consentire alle regioni più progredite di sviluppare le proprie capacità e le proprie risorse di iniziativa, nell'interesse evidente dell’intera comunità nazionale?

Con la lucidità e l’incisività che gli erano proprie, il professore lariano metteva a fuoco – e con larghissimo anticipo rispetto alla riforma costituzionale del 2001 – l’essenza del regionalismo differenziato. Non parliamo – per carità, ma anche per amore di verità e di rigore teorico . di “federalismo” né di “secessione”, come fanno, assai impropriamente, i quaranta studiosi chiamati a raccolta dal professor Gianfranco Viesti, che hanno promosso la petizione 
No alla secessione dei ricchi. Una petizione che, sull'onda della più becera demagogia anti autonomista, ha raccolto quasi quattromila adesioni. 

I RENDIMENTI

Le trattative intavolate da Lombardia e Veneto – a seguito dei referendum consultivi dello scorso 22 ottobre – e dall'Emilia Romagna, che si è lanciata sulla scia dell’azione delle prime due regioni, si collocano nell'alveo della più stretta e rigorosa lealtà costituzionale. Si tratta di un atto di grande responsabilità istituzionale, finalizzata a sfruttare l’opportunità offerta dall'articolo 116 – al terzo comma – della Costituzione. Deliberatamente ispirato al federo-regionalismo spagnolo, il regionalismo differenziato – costituzionalizzato con la riforma del 2001 – mira a riconoscere a ogni regione dei margini di autonomia coerenti con la sua fisionomia dal punto di vista economico e produttivo, fiscale e culturale. Anche perché il regionalismo ordinario dell’uniformità – praticato dal 1970 in qua – ha creato davvero dei danni molto gravi al paese. Con l’obiettivo di garantire eguali diritti e tutele a tutti i cittadini della Repubblica, ha fatto emergere con chiarezza i differenziali di rendimento istituzionale dei territori. Nel paesaggio del regionalismo italiano, infatti, sono sotto gli occhi di tutti quelle realtà che hanno fatto un uso virtuoso dell’autonomia politica e amministrativa, per quanto – sic stantibus rebus – assai limitata. Hanno incrementato la democrazia di prossimità, ampliando i diritti di welfare e la qualità dei servizi erogati a beneficio dei cittadini, utilizzando altresì le risorse secondo criteri di elevata produttività e alta redditività. E’ quindi giusto premiare queste realtà con maggiori margini di autonomia, nell'interesse esclusivo del Paese. Non v’è nulla di male, anzi.

NUOVE MATERIE

La Costituzione prevede che le regioni in pareggio di bilancio possano chiedere – nel negoziato con il governo – sino a 23 nuove materie: tre competenze esclusive dello Stato e tutte e venti le competenze concorrenti. Non c’è nessuna controindicazione se la Lombardia – regione che ha dato i natali a Carlo Cattaneo e Gianfranco Miglio, ma anche a Giuseppe Ferrari e pure a Gianni Brera – le chiede tutte e 23, con le relative risorse per gestirle. In questo modo sgrava lo Stato di alcune pesanti incombenze , nella prospettiva di erogare servizi – per il proprio territorio – con un minore costo e una maggiore qualità, come comprovato dalle principali agenzie internazionali di rating da parecchi anni in qua. Evitiamo – per piacere – di confondere le idee e di fare illusioni al residuo fiscale, che non è oggetto del negoziato. Non confondiamo le acque, come fanno – pretestuosamente – Viesti e i suoi amici. Non è una questione di orgoglio nordista versus orgoglio sudista. Se la mettiamo su queste basi, ancora una volta perdiamo una grande occasione. La trattativa intavolata da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, ha innescato infatti un vero e proprio effetto-domino, coinvolgendo altre regioni – anche del Sud – che vedono nel modello federo regionalista, fondato sul regionalismo differenziato, un’importante opportunità di sviluppo per il Paese, ricomponendo la sua unità su nuove basi, più aderenti alla sua fisionomia storica e culturale, economica , produttiva e fiscale. Con buona pace dei sottoscrittori della petizione lanciata dal professor Viesti.

sabato 1 settembre 2018

No alla "Secessione dei ricchi", dicono i PARASSITI...

“Il Veneto, la Lombardia e sulla loro scia altre undici Regioni si sono attivate per ottenere maggiori poteri e risorse. Su maggiori poteri alle Regioni si possono avere le opinioni più diverse. Ma nei giorni scorsi è stata formalizzata dal Veneto (e in misura più sfumata dalla Lombardia) una richiesta che non è estremo definire eversiva, secessionista.”
Questo il titolo e l’incipit di una petizione, dal titolo "NO ALLA SECESSIONE DEI RICCHI", che potete trovare su change.org, promossa da tale Gianfranco Viesti, che chiede tra l’altro:
“che nessun trasferimento di poteri e risorse a una Regione sia attivato finché non siano definiti i “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale" (art. 117, lettera m della Costituzione); e che il trasferimento di risorse sulle materie assegnate alle Regioni sia ancorato esclusivamente a oggettivi fabbisogni dei territori, escludendo ogni riferimento a indicatori di ricchezza.”
Tradotto in linguaggio corrente i “parassiti”, come li definirebbe Gianfranco Miglio, non vogliono che la Lombardia ed il Veneto, sulla scorta dei referendum del 22 ottobre 2017, ottengano maggiore autonomia e mantengano a servizio dei propri cittadini una quota maggiore del residuo fiscale che ogni anno lombardi e veneti creano.
È quantomai evidente come lorsignori temano che possa finalmente “finire la pacchia” cit.

Un motivo in più per proseguire nella battaglia autonomista iniziata con il referendum promosso in Lombardia da Roberto Maroni e Gianni Fava, e poi proseguita con Attilio Fontana e Stefano Bruno Galli.

Dimenticavo...

Scorrendo l’elenco delle adesioni alla petizione il primo nome che compare è quello di tale Diego Fusaro, autoproclamato filosofo contemporaneo, alquanto e malauguratamente seguito da molti amici leghisti.
Per quanto mi riguarda ennesima conferma di quanto un idiota...

domenica 12 agosto 2018

CATALUNYA | Llibertat Presos Polítics


Da 300 giorni Jordi Cuixart e Jordi Sànchez, presidenti delle associazioni indipendentiste catalane Assemblea Nacional Catalana e Òmnium Cultural, sono rinchiusi nelle carceri spagnole accusati del "reato" di lottare per la Libertà e l’Indipendenza della loro Patria, la Catalunya.
Accade ancora oggi nella “democratica” Spagna, nella “civile” Europa.
Nel silenzio di molti, col compiacimento di troppi...

venerdì 29 giugno 2018

EUROPA | le conclusioni (giuste, sbagliate, vere o false...) del Consiglio Europeo sul tema migranti/profughi/clandestini


Nemmeno il tempo di approfondire il testo, di cui al link nel post, con le conclusioni del Consiglio Europeo dei Capi di Stato e di Governo di ieri (terminato peraltro stamane all'alba) che già è un intasare faccialibro con tonanti e spellicanti dichiarazioni, analisi e sentenze sul suo contenuto e gli effetti concreti che potrà avere.

Francamente il solito teatrino dove ognuno parteggia per partito preso sminuendo oppure esaltando il documento.


Volendo essere oggettivi se il testo, come ogni documento politico, produrrà gli effetti che si propone lo si saprà nei prossimi mesi quando le misure e gli intenti prenderanno forma di leggi, delibere, direttive, ecc... in altre parole si tramuteranno in atti concreti.

Una cosa mi pare incontrovertibile però, sperare di recuperare in una sola seduta quanto non fatto, o fatto male (basti ricordare l'accordo secondo il quale Renzi ottenuto qualche punto percentuale flessibilità sul deficit col quale finanziare gli ormai celeberrimi 80 euro in cambio dell'accordo per cui ogni profugo/migrante/clandestino doveva essere fatto sbarcare in italia n.d.r.), negli ultimi sette anni dai vari Letta, Bonino, Renzi, Alfano e Gentiloni, era e resta un atto di presunzione da un lato e pregiudizio dall'altro. 
🧐🤨😏

A seguente link il testo approvato:

venerdì 22 giugno 2018

SCORTE | ecco chi le assegna e le revoca.


Nel mezzo di inutili e superficiali sproloqui su un tema delicato prendersi due minuti per leggere e approfondire il tema sarebbe stato utile e molti, vediamo di rimediare.
L’assegnazione e la revoca delle scorte è materia regolata per legge (approvata all'epoca anche col voto della Lega n.d.r.), che ne attribuisce la gestione a professionisti ed esperti quali non siete certo tutti voi carissimi ANALFABETI da TASTIERA...

“Dopo l’uccisione da parte delle Nuove Brigate Rosse del giuslavorista Marco Biagi nel marzo del 2002, per il quale era stata decisa la rimozione della scorta alla fine del 2001, il governo Berlusconi II stabilì con un decreto legge l’istituzione dell’Ufficio Centrale Interforze per la Sicurezza Personale (UCIS). Il nuovo organismo, formalizzato poi nella successiva legge n. 133 del luglio 2002, ha il compito di gestire e coordinare l’assegnazione della scorta da parte del ministro dell’Interno “per la protezione delle personalità istituzionali nazionali ed estere, nonché delle persone soggette, per funzioni o per altri comprovati motivi, agli specifici pericoli o minacce individuati dalla norma”; successivi decreti hanno chiarito meglio compiti e organizzazione dell’UCIS.

L’UCIS è suddiviso in quattro uffici diretti da dirigenti della Polizia di Stato o generali dei Carabinieri, che fanno capo a un dirigente generale.

• Ufficio analisi: raccoglie e valuta le informazioni sulle situazioni personali a rischio, che a loro volta sono state messe insieme dalle varie forze di polizia e di intelligence. Sulla base delle informazioni raccolte a livello locale, i Prefetti inviano all’UCIS le loro proposte per assegnare la scorta a qualcuno, oppure per revocarla o modificarla.

• Ufficio servizi di protezione e vigilanza: si occupa di pianificare la protezione della persona interessata e delle risorse che devono essere assegnate per farlo.

• Ufficio formazione e aggiornamento del personale: forma e aggiorna il personale delle forze di polizia che si occupa di protezione e di vigilanza, con iniziative che sono spesso coordinate con quelle di altri paesi dal punto di vista dell’addestramento.

• Ufficio per l’efficienza dei mezzi e degli strumenti speciali: è dedicato alla verifica dei mezzi usati dalle forze di polizia per la loro attività di scorta; ha anche il compito di fare ricerca su nuovi sistemi e tecnologie per i programmi di tutela delle persone a rischio.

Semplificando, sulla base delle normali attività di indagine e su particolari segnalazioni da parte delle forze di polizia, un prefetto può segnalare all’UCIS che Tizio ha bisogno della scorta. Nella segnalazione spiega in base a quali analisi e indagini si è arrivati alla conclusione che quella persona possa essere a rischio. L’UCIS esamina la richiesta e sulla base di altri accertamenti dispone che sia assegnata una scorta, stabilendo inoltre con quale modalità (numero di agenti, mezzi a disposizione e via discorrendo). Quindi non è la persona ritenuta a rischio a dotarsi di una scorta, l’assegnazione compete all’UCIS.”

venerdì 15 giugno 2018

MOSCHEA | storia di una presa in giro... (per i cremaschi)


Sulla vicenda della moschea / musalla / centro islamico di Via Rossignoli a Ombriano (il tutto abusivo) ecco una sintesi perfetta, che condivido e sottoscrivo, del "Comitato No alla Moschea a Crema".

"Dopo aver modificato il PGT per inserire un’area per la moschea, aver lanciato un bando pubblico fallito per inaffidabilità della comunità islamica (quella sempre ben accolta in comune) e aver dormito per mesi nonostante numerose segnalazioni finalmente a Palazzo Comunale si sono destati dal torpore...

Meglio tardi che mai!

Ricordiamo, e rimarchiamo, che se la chiusura della moschea abusiva avverrà sarà in ottemperanza alle disposizioni approvate dalla Regione Lombardia durante l’amministrazione di Roberto Maroni (sostenute e difese in primis dalla Lega Nord - Lega Lombarda n.d.r.)
Norme perennemente avversate da diversi esponenti dell'attuale e passata amministrazione comunale targata Partito Democratico."

domenica 20 maggio 2018

CONTRATTO di GOVERNO | quella parola mancante...

In questo fine settimana è stato sottoposto a due diverse "votazioni" il cosiddetto "Contratto per il Governo del Cambiamento" per il via libera alla sua sottoscrizione da parte del Movimento 5 Stelle e la Lega Nord per l'Indipendenza della Padania (così si chiama ufficialmente il movimento di cui Matteo Salvini è Segretario Federale n.d.r.).

In molti, siano essi amici o semplici conoscenti, sapendo bene la mia militanza politica, mi hanno interpellato per un giudizio su testo.

Francamente ho risposto loro che di tutto il documento, che ho letto con attenzione e nel quale ho riscontrato molte parti facilmente sottoscrivibili, l'unica parte che ha raccolto la mia attenzione, ed in base alla quale esprimo un giudizio, è quella che ricade sotto il titolo "Riforme istituzionali, autonomia e democrazia diretta", in particolare nel paragrafo che riporto di seguito:
Sotto il profilo del regionalismo, l’impegno sarà quello di porre come questione prioritaria nell'agenda di Governo l’attribuzione, per tutte le Regioni che motivatamente lo richiedano, di maggiore autonomia in attuazione dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione, portando anche a rapida conclusione le trattative tra Governo e Regioni attualmente aperte. Il riconoscimento delle ulteriori competenze dovrà essere accompagnato dal trasferimento delle risorse necessarie per un autonomo esercizio delle stesse. Alla maggiore autonomia dovrà infatti accompagnarsi una maggiore responsabilità sul territorio, in termini di equo soddisfacimento dei servizi a garanzia dei propri cittadini e in termini di efficienza ed efficacia dell’azione svolta. Questo percorso di rinnovamento dell’assetto istituzionale dovrà dare sempre più forza al regionalismo applicando, regione per regione, la logica della geometria variabile che tenga conto sia delle peculiarità e delle specificità delle diverse realtà territoriali sia della solidarietà nazionale, dando spazio alle energie positive ed alle spinte propulsive espresse dalle collettività locali.
Occorre garantire i trasferimenti necessari agli enti territoriali e una contestuale cessazione delle “politiche di tagli” compiute dagli ultimi Governi.
In altre parole il nascente governo si propone di rispondere positivamente alla richiesta di maggiore autonomia alla base dei referendum di Lombardia e Veneto, svoltisi il 22 ottobre scorso.
Secondo taluni si tratta di un grandissimo risultato, ma considerando che i partiti sottoscrittori del contratto sono gli stessi che i referendum li hanno promossi, e per i quali hanno invitato a votare a favore, l'introduzione nel documento di governo della loro attuazione non è altro che il "minimo sindacale" che ci si poteva aspettare.

Quello che invece manca totalmente è una visione che vada ad incrementare ancor più le autonomie e le libertà dei territori oltre al citato articolo 116.
Una parola in particolare non è mai citata nel documento, una parola che, dalla sua nascita nei primi anni ottanta del secolo scorso, è sempre stata il programma della Lega (Lombarda, Veneta, Nord, ecc...), una parola semplice che ogni leghista vero ha nel cuore: FEDERALISMO.
Una mancanza che pesa come un macigno sul giudizio finale verso il documento che ho manifestato con una croce sulla scheda che ho preso al gazebo sabato mattina. 
Croce che potete facilmente immaginare su quale parola, tra il Sì ed il No, ho apposto.

lunedì 16 aprile 2018

CATALUNYA | A Barcellona in 350mila alla manifestazione per “liberare i prigionieri politici”


Al grido di "libertà per i prigionieri politici", almeno 350mila persone hanno manifestato domenica a Barcellona protestando contro la detenzione di 17 figure dell’indipendentismo catalano, accusati di "ribellione". Tra le richieste di chi protestava, c’è quella di aprire un dialogo politico. La polizia municipale ha fatto sapere che la folla si è dispersa nel pomeriggio senza particolari incidenti.

La protesta è stata convocata da organizzazioni indipendentiste non partitiche, l’Assemblea nazionale catalana (Anc) e Omnium Cultural, e dai sindacati Cc.Oo e Ugt Catalunya. Il presidente del Parlament catalano, Roger Torrent, citato dai media spagnoli, ha definito la manifestazione "dimostrazione di unità in difesa dei nostri diritti, di fronte alla minaccia alle libertà".

I manifestanti hanno esposto le foto degli altri leader in carcere, tra cui Oriol Junqueras, ex vicepresidente catalano, Joaquim Forn, ex ministro degli Interni, e Carme Forcadell, ex presidente del Parlamento catalano, e di quelli in esilio, tra cui Puigdemont. Tra le richieste dei manifestanti, come da mesi a questa parte, c’era anche la liberazione dei “due Jordi”, cioè Jordi Sánchez e Jordi Cuixart, i due popolari leader indipendentisti arrestati lo scorso ottobre.

Secondo Elsa Artadi, una portavoce della coalizione di partiti guidata da Puigdemont, Junts pel Catalunya, il corteo che c’è stato a Barcellona dimostra che non è vero che il movimento indipendentista catalano ha perso forza. L’ex presidente catalano Carles Puigdemont, uno dei leader in esilio, ha scritto su Twitter commentando la manifestazione: "Siamo solo cittadini europei che vogliono vivere in pace, liberi e senza paura".

venerdì 9 marzo 2018

Politica (con la P maiuscola) e politica (politicante)...


La Politica (con la P maiuscola) è fatta di battaglie sui valori e gli ideali per i quali si ricerca il consenso degli elettori.

Consensi che talvolta non bastano per raggiungere il traguardo, ma che non vengono "usati" per arrivarci tramite vie traverse.

Vie traverse usate invece da quella politica (con la p minuscola) che cerca in ogni modo di arrivare ad un risultato anche operando "sottotraccia".
Modi di fare che al cittadino-elettore fanno ribrezzo, cui non credo proprio i candidati citati nel titolo vorranno fare ricorso.


Se proprio si vuole parlare di "premiare" con una promozione alla carica di assessore chi si è cimentato nelle elezioni di domenica scorsa perché non farlo con chi è stato confermato a Palazzo Pirelli?

In un quadro dove la maggior parte dei consiglieri eletti sono alla prima esperienza, e molti degli assessori della giunta uscente sono stati eletti parlamento, la vera scelta importante e forte per il "territorio" è una sola, la "promozione" del rieletto consigliere regionale Federico Lena a sedere nella nuova giunta del Presidente Fontana.

tutto il resto è "politica politicante"...

giovedì 8 marzo 2018

EVVIVA L'ITAGLIA UNA E INDIVISIBBILE ! ! !️


Potrebbe sembrare una notizia marginale, con protagonisti alcuni di quegli “analfabeti funzionali” che imperterriti vagano nel web, ma non credo proprio.
I protagonisti non sono altro che la punta di un iceberg chiamato “parassitismo” che da tempo immemore imperversa nelle terre a mezzogiorno, salvo rare eccezioni.
Una questione che il NORD conosce molto bene da troppo tempo, più o meno dalla cazzata commessa da Garibaldi...

Reddito di cittadinanza, richieste ai Caf.
Accade in alcuni Comuni della Puglia e pure al centro per il lavoro di Bari.

(ANSA) - BARI, 8 MAR - "Ha vinto il M5S, ora dateci i moduli per Reddito di Cittadinanza": accade in alcuni Comuni della Puglia, anche a Bari, dove numerose persone fra ieri e oggi si sono presentate ai Caf locali e, nel capoluogo, anche a 'Porta Futuro', il centro servizi per l'occupazione. Gli episodi, già resi noti dal sindaco di Giovinazzo (Bari), Tommaso Depalma, che ha parlato di file davanti ai Caf della città, si stanno verificando anche in queste ore.

A 'Porta futuro' a Bari, racconta il responsabile, Franco Lacarra, "sono una cinquantina le persone che tra ieri e oggi hanno chiesto i moduli per ottenere il reddito di cittadinanza, si tratta soprattutto di giovani"."A noi sindaci - afferma Depalma - piacerebbe poter comunicare ai cittadini che il problema della disoccupazione è risolto e che per tutti quelli che non hanno lavoro c'è un Reddito di Cittadinanza, ma credo che i cittadini siano stati ammaliati da spot elettorali".

sabato 24 febbraio 2018

CORREVA L'ANNO... | in difesa dell'ospedale di Crema


Il 2015, i primi del mese di luglio in particolare, e si era nel bel mezzo della discussione in Regione Lombardia sulla Riforma Sanitaria che poneva a rischio l'autonomia dell'Ospedale Maggiore di Crema.

Un rischio concreto contro il quale si schierò unitariamente tutto il territorio (cittadini, personale sanitario, amministratori locali, consiglieri regionali di ogni colore politico).
Riforma che successivamente, grazie anche alla disponibilità del Presidente Roberto Maroni, recepirà le richieste del cremasco in merito al riconoscimento dell'autonomia della nostra azienda sanitaria.

Ho fatto questa "premessa storica" per un motivo semplice. Anche oggi, in piena campagna elettorale per le regionali in Lombardia, il tema della difesa dell'ospedale è tornato a far capolino nell'agenda politica di ogni candidato.

Ma non tutti possono affermare, senza pericolo di smentita, di aver lavorato seriamente in quei giorni per scongiurare un pericolo concreto per il nostro territorio.
Tra coloro che possono rivendicare di aver preso da subito a cuore la vicenda c’è sicuramente l’amico Federico Lena, consigliere regionale uscente e ricandidato per la Lega Nord, che non ebbe alcun timore nello schierarsi apertamente a difesa dell’ospedale, anche andando contro il proprio gruppo politico.

Una dimostrazione di attaccamento al territorio che non tutti gli altri candidati, e candidate, hanno mostrato all'epoca preferendo, in quei giorni cruciali, restare “coperti e allineati” non si sa bene verso cosa…


Per questo il mio invito è...

 4 MARZO  #LOMBARDIA2018
 VOTA  Fontana Presidente
 VOTA  Lega Nord - Lega Lombarda
 SCRIVI  Federico Lena

giovedì 22 febbraio 2018

Llibertat Presos Polítics


Jordi Cuixart, Jordi Sànchez, Quim Forn e l'Oriol Junqueras

Sono gli INDIPENDENTISTI CATALANI ancora oggi, ad oltre quattro mesi dal referendum del primo ottobre, detenuti per motivi politici nelle carceri spagnole.

IN PRIGIONE PER LE LORO IDEE!

Mentre in quella pantomima di paese chiamato itaglia si passano le giornate a dibattere di fascisti e antifascisti, comunisti e anticomunisti i veri atti antidemocratici commessi dallo stato spagnolo passano inosservati agli occhi di tante e troppe vestali...

mercoledì 14 febbraio 2018

ELEZIONI LOMBARDIA | Fontana in vantaggio su Gori, grazie a Roberto MARONI (e non solo...)


E' di recente pubblicazione sul Corriere della Sera il resoconto di un sondaggio (uno degli ultimi che potranno essere resi noti sui media prima del blocco previsto dalla legge) curato da Nando Pagnoncelli dedicato alle regionali in Lombardia.
Stando ai dati presentati:
Fontana si colloca al primo posto nelle scelte degli elettori lombardi, accreditato del 41%, mentre Gori si attesta al 35%. Colpisce la vicinanza coi risultati delle elezioni del 2013, quando Maroni raccolse il 43% delle preferenze e Ambrosoli il 38%. Violi è accreditato del 15% (cinque anni fa il candidato del Movimento raggiunse il 14%), Rosati è stimato al 4%, gli altri candidati (tra cui quelli di Potere al Popolo e Casapound) complessivamente al 5%.
E ancora venendo al dato delle singole liste:
il centrodestra nel suo complesso raggiunge il 41,7%, nettamente sopra il risultato delle ultime consultazioni politiche. Ciò significa che se il candidato per ora ha margini di difficoltà, così non è per la sua coalizione. Il centrosinistra a livello regionale è accreditato del 32,5% e segnala lo stesso andamento della coalizione avversaria. Distante il risultato del candidato 5 Stelle (18,9%), sebbene in miglioramento rispetto alle precedenti regionali. In sostanza, alle elezioni regionali il voto tende a polarizzarsi sui due candidati principali, premiando la coalizione che si ritiene abbia dato prova di saper amministrare bene la regione.
Tra tutti i numeri quello però più significativo è un altro, che bene mostra il quadro nel quale si è andata ad inserire la sfida Fontana vs Gori, ed è il passo che segue:
i dati generali danno conto di una Regione che sembra aver superato la crisi proiettandosi verso la crescita e che valuta positivamente le condizioni complessive, le infrastrutture e i servizi, e che giudica in maniera lusinghiera l’amministrazione regionale, con un apprezzamento del 66% degli elettori, quindi anche da parte di chi non condivide le posizioni politiche del governo regionale.
In altre parole la buona amministrazione messa in campo dal Governatore Roberto Maroni, nonché da collaboratori quali l'Assessore all'Agricoltura Gianni Fava (chiedere a tutte le categorie economiche di Mantova tanto per dire...), ha messo Attilio Fontana in una posizione di indubbio vantaggio che solo errori e scivoloni potranno mettere a repentaglio.

In ultimo un dato emerge volgendo uno sguardo sulle singole liste: nel 2013 Lega Nord e Lista Maroni raccolsero sommate il 23,2% (rispettivamente il 13,0% ed il 10,2%), oggi sempre le due compagini, con la lista civica rinominata Lista Fontana arrivano al 23,8%, con un "travaso" pressoché totale dalla vecchia civica, data allo 0,5%, verso la Lega Nord stimata al 23,3%.
Come tutto questo possa conciliarsi con fantasmagorici analisi demoscopiche proiettate a livello nazionale è tutto da dimostrare, ed il fatto che a darne notizia siano certi siti che fanno concorrenza a Lercio la dice tutta...

martedì 6 febbraio 2018

AUTONOMIA | Roberto Maroni: vedrò il presidente del Veneto Luca Zaia per posizione comune.


(LNews - Milano) "Venerdì sera ci è stata trasmessa una bozza di testo d'intesa fra Governo e Regione Lombardia per l'attuazione del sistema di autonomia in base all'articolo 116 della Costituzione. La stiamo valutando. Ci sono i punti che avevamo chiesto, ma servono alcune modifiche a partire da certe precisazioni sulla questione delle risorse". Ne ha dato notizia il presidente della Regione Lombardia durante la conferenza stampa dopo giunta.

ALCUNI CONTENUTI - Il governatore, ha anticipato alcuni aspetti dei contenuti del documento. "C'è - ha detto - la costituzione di una commissione paritetica Stato-Regione Lombardia che possa superare il sistema delle autorizzazioni previsto dai vari ministeri, Cipe, Mit, ecc. E' una novità assoluta, che avrà da una parte Palazzo Chigi nel suo insieme e dall'altro la nostra Regione. Si parla - ha proseguito - di un sistema di compartecipazione al gettito dei tributi erariali in Regione Lombardia, superando così quello dei trasferimenti; della spesa sostenuta dallo Stato nella Regione riguardo le funzioni trasferite o assegnate; dei fabbisogni o costi standard, che sono una nostra battaglia storia, un criterio che avevamo posto come condizione essenziale a tutta la trattativa. Ci sono infine alcune delle materie uscite dai tavoli tecnici, ma noi chiediamo tutte quelle di cui abbiamo discusso ai vertici di Bologna, Milano e Roma. Cioè, in totale, 14 materie".

INCONTRO CON GOVERNATORE VENETO - "Ho sentito, ha proseguito il presidente lombardo, il mio collega presidente della Regione Veneto, che incontrerò nei prossimi giorni, perché anche lui ha ricevuto la proposta e voglio stabilire una posizione comune fra Lombardia e Veneto, insieme naturalmente anche all'Emilia-Romagna".

GRANDE SODDISFAZIONE - "Sono molto soddisfatto - ha concluso il governatore - penso riusciremo a sottoscrivere questo accordo con l'attuale presidente del Consiglio dei ministri entro la fine del mese di febbraio, lasciando così al prossimo Governo nazionale e alla nuova Giunta regionale lombarda il compito di proseguire e concludere questo percorso. Ma qui intanto mettiamo un punto fermo, come dice l'articolo 1 del testo: 'principi generali, metodologia e materie per l'attribuzione alla Regione Lombardia di autonomia differenziata'. Questo vuol dire regionalismo differenziato, si apre davvero una pagina nuova, molto importante e utile, che favorisce il buon governo delle Regioni e delle autonomie locali".

venerdì 2 febbraio 2018

EXTRAORDINARY CREMA | una pista solo per nutrie...


Prima la "rivoluzione" a Porta Ombriano, con un progetto cambiato in corso d'opera più volte, poi l'intenzione di mettere mano a Piazza Garibaldi, questa volta senza un progetto ma solo con "buone intenzioni" che hanno fatto incazzare i commercianti.
Nel mezzo bandi andati a farsi benedire come quello sul palazzetto dello sport e l'area per la moschea (salvo trovarsene una abusiva sotto il naso???).
E adesso la ciliegina, speriamo sia l'ultima non ne dubito, della pista di atletica senza recinzione e per questo usata solo dalle nutrie...
A Palazzo Comunale riusciranno prima o poi a portare a compimento qualcosa senza trasformare tutto, comprese le buone idee, nei soliti "mester cremasch"???
Come disse un tale "la speranza è l'ultima a morire..."

Se questo è il Fare Meglio che aspirano a portare in Regione Lombardia con Gori molto meglio proseguire sulla strada tracciata da Roberto Maroni (con la collaborazione di assessori come Gianni Fava) e portata avanti da Fontana Presidente...

Sono stati 850mila gli euro spesi per realizzare la nuova pista di atletica, ma l’impianto resta chiuso. Perché? Per un motivo semplice: manca la recinzione, senza la quale le nutrie scorrazzano. E nessuna società è disposta a gestire l’impianto appena realizzato nel quartiere di Ombriano: "Così chiunque può entrare, non ci prendiamo la responsabilità". Ergo, occorrerà attendere parecchi mesi prima che gli amanti di questa disciplina possano correre sul nuovissimo tartan rosso. Il primo lotto di lavori è stato dichiarato terminato l’11 dicembre, per 250 mila euro di contributo regionale e 600mila dalle casse comunali. E pare proprio che sarà necessario un supplemento di spesa.

martedì 30 gennaio 2018

46 YEARS AGO, NEVER FORGET | NO MORE BLOODY SUNDAY


Bloody Sunday (in gaelico: Domhnach na Fola), letteralmente "Domenica di sangue", è il termine con cui si indicano gli eventi accaduti nella città di Derry, Irlanda del Nord, il 30 gennaio del 1972, quando il 1º Battaglione del Reggimento Paracadutisti dell'esercito britannico aprì il fuoco contro una folla di manifestanti per i diritti civili, colpendone 26.

Tredici persone, la maggior parte delle quali molto giovani (di cui sei minorenni), furono colpite a morte, mentre una quattordicesima morì quattro mesi più tardi per le ferite riportate.

Due manifestanti rimasero feriti in seguito all'investimento da parte di veicoli militari.
Molti testimoni, compresi alcuni giornalisti (tra i quali l'italiano Fulvio Grimaldi), affermarono che i manifestanti colpiti erano disarmati.
Cinque vittime inoltre furono colpite alle spalle.

Nel 2003 un ex paracadutista inglese confessò di aver sparato a Barney McGuigan, che sollevava un fazzoletto bianco, uccidendolo.

sabato 13 gennaio 2018

MOSCHEA | a Ombrano no, altrove chissà???


Apprendiamo dall'assessore/candidato che solo grazie alla legge regionale vigente in Lombardia, voluta da Roberto Maroni e dalla Lega Nord - Lega Lombarda (ma fortemente osteggiata dal PD), il capannone ad Ombriano preso in affitto dalla Comunità Islamica non potrà mai diventare una moschea.

Strana la vita, e ancor più la politica...
Prima a sinistra tutti a gridare contro la cattiva destra che negava, con la nuova legge regionale, il "diritto" degli islamici ad un luogo di culto.

Adesso quegli stessi esponenti, sempre col "ditino" puntato, si trincerano dietro quelle stesse norme per non dire esplicitamente una cosa molto semplice che abbiamo già visto in occasione della campagna elettorale per le comunali di Crema, vale a dire che il tema "diritto alla moschea" elettoralmente non conviene sostenerlo...

Se questo è il loro #FareMeglio, in vista delle regionali del 4 marzo, sarà veramente meglio proseguire sulla stessa strada, quella che da Maroni porta a Fontana Presidente.

venerdì 12 gennaio 2018

Addio a Rosaleen, madre di Bobby Sands


TheIrishNews - La madre dell’IRA hunger striker e membro del parlamento Bobby Sands è morta oggi. Rosaleen Sands è stata descritta dal presidente dello Sinn Féin Gerry Adams come “una donna forte e ispiratrice” che ha accompagnato suo figlio “durante i momenti più bui”.

“La dignità e la forza che ha mostrato sono state una testimonianza del suo personaggio e della sua convinzione di difendere ciò che era giusto e giusto, anche se ciò significava grande sofferenza per se stessa, il padre di Bobby John e la loro famiglia. Sotto molti aspetti ha incarnato ciò che hanno sopportato tutte le madri degli scioperanti della fame e il suo sacrificio non sarà mai dimenticato”.

Bobby Sands era il militante dell’IRA che guidò lo sciopero della fame nella prigione di Long Kesh negli anni ’80. Il ventisettenne morì nel maggio del 1981 dopo 66 giorni di sciopero della fame. Durante la sua permanenza in prigione, Sands fu eletto deputato per Fermanagh e South Tyrone.

giovedì 11 gennaio 2018

GIANFRANCO MIGLIO | IL CENTENARIO DALLA NASCITA


Nel centenario dalla nascita vi propongo uno scritto lontano nel tempo ma tremendamente attuale, buona lettura.

Ciò che attendiamo dagli Alleati e ciò che loro daremo

Articolo pubblicato su Il Cisalpino, n.1, del 27 aprile 1945.

L’insidia più pericolosa per l’idea federalista è il cosiddetto decentramento amministrativo regionale; più o meno esplicitamente promesso da alcuni partiti. Contro tale insidia mettiamo in guardia soprattutto gli amici del nostro movimento - e sono legione - militanti nella Democrazia Cristiana.

Il decentramento amministrativo regionale è un cavallo di battaglia piuttosto anzianotto, proveniente dalle scuderie del vecchio Partito Popolare, dove da puledro fece bella mostra di sé, senza peraltro riuscire mai a smuovere di una spanna il carro del regionalismo, affondato fino ai mozzi nella ghiaia del lealismo monarchico - e perciò unitario – che quel partito fu indotto ad ostentare per cancellare il ricordo del “non expedit”.

La regione è un’unità con sicuro fondamento nella storia e nelle tradizioni -sottolineano i regionalisti. Ma siffatta affermazione - almeno per la Valpadana - è un ritrito luogo comune, senz'alcun fondamento né storico, né geofisico, né economico. Rileggetevi a tal proposito le storie padane, o, se vi torna più comodo, rileggetevi le opportune voci dell’Enciclopedia Treccani: fonte non sospetta di federalismo. L’unica regione settentrionale che vanti un’unità multi secolare è la Liguria.

Essa sola ci appare configurata all’incirca com’è ora fin dai tempi danteschi (1300), quando la geografia non conosceva ancora né un Piemonte, né una Lombardia, né un’Emilia, né un Veneto, né una Venezia Giulia o Tridentina costituite in unità politiche od amministrative.

Cent’anni più tardi il “ducato” di Milano – ossia la Lombardia politica -comprende 25 “città” e si estende a tutto il Ticino svizzero, a circa un terzo dell’attuale Piemonte, a gran parte dell’Emilia, ad alcune provincie venete, mentre il Veneto veneziano è ancora limitato ad una striscia costiera. Il Piemonte si configura all'incirca come l’attuale regione solo con la pace di Aquisgrana (1748), la quale gli attribuisce però l’intera Lomellina e l’Oltrepo pavese, mentre dal medesimo trattato la Lombardia politica esce ridotta alle sole provincie di Varese, di Como, di Milano ed a porzioni delle provincie di Pavia, di Cremona e di Mantova.

La Venezia Tridentina è sempre limitata alla diocesi di Trento. Il Veneto politico invade largamente la Lombardia, alla quale sottrae Bergamo, Brescia e Crema, il territorio emiliano è ripartito fra tre diversi stati. Napoleone nel 1799 riduce il Veneto all'incirca entro i confini moderni, ma fonde la Lombardia, l’Emilia centrorientale e le Romagne nell'unità politica della Repubblica Cisalpina, mentre col successivo Regno Italico (1810) il Piemonte fino al Sesia, la Liguria, l’Oltrepo pavese, Piacenza e Parma vengono incorporati all'impero francese.

Dov’è dunque la vantata antichità che valorizzi storicamente le circoscrizioni regionali del Settentrione? In realtà la ripartizione dell’Italia nelle attuali 18 regioni venne proposta da Pietro Maestri - l’ostaggio delle cinque giornate - e fu accolta per la prima volta nelle pubblicazioni ufficiali del regno solo nel 1863: conta meno di un secolo: un’inezia per un popolo che vanta millenni di storia.

Noi siamo nettamente contrari al regionalismo “storico”. Esso segnerebbe un regresso nella nostra educazione politica perché riattizzerebbe fatalmente residui motivi campanilistici più di quanto riuscirebbe ad addestrare le nostre masse alle responsabilità dell’autogoverno, ossia alla vera democrazia.
Se noi ci fermassimo ai limitati spazi regionali, noi non potremmo rivendicare che una piccola frazione delle libertà e delle autonomie che ci occorrono per addestrare i cittadini di ciascun “Cantone” italiano al consapevole contemperamento delle aspirazioni di classe e, degli interessi locali con le necessità dell’intera Confederazione Italica e con le esigenze di una pacifica collaborazione internazionale.

Teniamo infatti a ben sottolineare che il nostro federalismo vuol essere tirocinio che prepari gli italiani al progressismo internazionalista. Il mondo marcia verso l’internazionale politica oltre che economica: se così non fosse anche la seconda guerra mondiale sarebbe un’inutile strage.
Urge pertanto di rieducare politicamente gli italiani con sana pedagogia democratica e con intenso addestramento elettorale, il che può ottenersi, meglio e più rapidamente che per ogni altra via, nel circuito di circoscrizioni cantonali che abbiano tanto contenuto politico-amministrativo da richiamare costantemente l’interesse diretto di larghe masse di cittadini.

Ma che cos'è dunque il “Cantone” per il quale si battono i federalisti cisalpini? E’ un razionale spazio geofisico, economicamente e demograficamente individuato e costituito di unità capace di fornire materia per una vita politico-amministrativa autonoma e fattiva, col minimo possibile di ciarpame burocratico. La Liguria, il Piemonte, la Lombardia, l’Emilia e le Tre Venezie, ossia tutta l’Italia settentrionale nel suo insieme costituisce un’armonica unità geografica, economica, etnica e spirituale, ben degna di governare sé stessa: sarà il “Cantone Cisalpino”, con capitale in Milano, baricentro della Val Padana, sarà il cantone campione che rimorchierà l’Italia intera sull'erta del risorgimento nazionale.

E quali dovrebbero essere gli altri “Cantoni” d’Italia? Ligi al principio democratico i federalisti cisalpini rispetteranno la piena libertà dei fratelli peninsulari di ordinare i rispettivi cantoni nel modo che essi riterranno migliore. Non è tuttavia chi non veda come la Sicilia e la Sardegna abbiano dalla natura stessa, oltre che dalla storia, dall'indole della popolazione, dal proprio dialetto, dal propri interessi economici il diritto di costituirsi a “Cantone Siculo” e “Cantone Sardo”, rispettivamente con capitale a Palermo ed a Cagliari.

Con altrettanta evidenza Napoli – metropoli intellettuale e storica del Mezzogiorno - ha ben diritto di costituirsi a capitale d’un “Cantone” che difenda ed armonizzi ed acceleri la rinascita economica della Calabria, della Lucania, delle Puglie, della Campania, del Molise e fors’anche dell’Abruzzo.
Meno evidente è invece l’interesse delle regioni centrali a costituirsi in un unico cantone con capitale in Roma oppure con capitale in Firenze, lasciando l’Urbe retta a Territorio federale autonomo, o piuttosto in un “Cantone” Tosco-Umbro-Marchigiano - il cantone a schietta economia mezzadrile - gravitante su Firenze, ed in un “Cantone” Laziale gravitante su Roma. Ne devono giudicare le popolazioni interessate. L’Urbe - decongestionata dalla pletorica burocrazia che vi si annida e che vi si anniderebbe in qualsiasi Italia a struttura centralizzata – sarà sempre la sede naturale e necessaria dei Governo Federale, la Patria comune delle genti italiche.

Il nostro è un abbozzo. I cisalpini, che la comune fede democratica convoglia nel movimento federalista da diversi partiti politici - non intendono minimamente forzare i fratelli peninsulari e costituirsi in quattro piuttosto che in otto cantoni. La razionalità dei cantoni peninsulari emergerà dalla libera discussione e valutazione degli interessi locali e tale razionalità sarà la migliore garanzia dell’efficienza della futura vita politico-amministrativa dei Cantoni italici.