lunedì 8 giugno 2015

in MEMORIA di Bruno SALVADORI

Nel 35° anniversario della prematura scomparsa, avvenuta a soli 38 anni in un incidente stradale, un doveroso ricordo di Bruno Salvadori.

“Nascere in Valle d'Aosta o avere antenati valdostani da innumerevoli generazioni non vuole affatto dire che si faccia parte della comunità etnica valdostana. L'ethnie è una scelta perché non può assolutamente essere un atto passivo, ma richiede una lotta costante, con i mezzi di cui ognuno può disporre per la sua difesa e, soprattutto, per la sua proiezione nell'avvenire”

(Bruno Salvadori, "Ethnie": un nuovo modo di concepire la realtà sociale e politica, da L'Union des Valdôtains, marzo 1974)

Bruno Salvadori (Aosta, 23 marzo 1942 – Genova, 8 giugno 1980) è stato un giornalista e politico italiano. Aderente sin dalla giovane età al movimento politico valdostano dell'Union Valdôtaine attraverso la sezione giovanile della Jeunesse Valdôtaine, in cui entrò nel 1965, ha lavorato al SAVT (il sindacato dell'area autonomista) e ha diretto il settimanale del Mouvement, Le peuple valdôtain. Dopo aver ricoperto l'incarico di capo ufficio stampa della Giunta regionale, nel 1978 è stato eletto consigliere regionale, ruolo che ha ricoperto sino alla sua morte, avvenuta sull'autostrada Genova - Ivrea a Voltri, a causa di un incidente mentre era alla guida della sua auto.

Il pensiero politico: l'influenza sull'Union Valdôtaine e la Lega Nord

Teorizzatore dell'autodeterminazione dei popoli (le cosiddette nazioni senza Stato), e dell'appartenenza ad un popolo tramite criteri culturali e non di sangue, portò significativi mutamenti nel pensiero dell'Union Valdôtaine, fino ad allora un partito legato essenzialmente alle famiglie di origine valdostana: l'autonomismo diveniva così una scelta e non una mera tradizione politica.

Teorizzò e riuscì a portare a termine l'unificazione dei movimenti regionalisti, indipendentisti e federalisti della Valle d'Aosta, ricompattando l'UV dopo la fuoriuscita dell'ala progressista (Union Valdôtaine Progressiste, UVP), della quale lui stesso ha fatto parte. Portò progressivamente il pensiero del mouvement ad abbandonare il concetto di allargamento e rafforzamento dell'etnia valdostana (contenuto nello Statuto UV del primo dopoguerra) per arrivare progressivamente al concetto di Europa dei popoli, teorizzato da Émile Chanoux e contenuto nella Dichiarazione di Chivasso.

Sottolineò l'importanza di ottenere una maggioranza assoluta dei seggi in Consiglio Valle tra i soli movimenti autonomisti, nei quali vedeva l'unica via per il perseguimento dell'autonomia speciale valdostana, con uno smarcamento totale dai partiti nazionali italiani.

Le convinzioni federaliste di Salvadori contribuirono a formare il pensiero leghista, e in particolare quello di Umberto Bossi, che successivamente, sulla traccia lasciata da Salvadori, federò i movimenti e i partiti federalisti e indipendentisti del nord Italia.

giovedì 7 maggio 2015

GIUNTA BONALDI | terzo compleanno e nulla da festeggiare...


Forse in pochi vi avranno fatto caso ma nella giornata di oggi si "festeggia" (alquanto teoricamente) il terzo compleanno della sinistra alla guida della Città.

Correva l'anno 2012 (il 7 maggio per l'appunto) quando il Partito Democratico ed i suoi alleati, vinsero le elezioni amministrative.

Trascorsi i tre/quinti del mandato un bilancio di quanto fatto è doveroso, anche se decisamente povero, e si può sintetizzare nell'immagine che segue.

La chiusura del ‪‎tribunale, l'ostinazione di realizzare una ‎moschea e l'installazione dell'autovelox in tangenziale...

mercoledì 29 aprile 2015

#PERGOCREMA | Macalli condannato, la sentenza del Tribunale Federale Nazionale

Era una sera di agosto del 2012 quando, navigando nel sito del Ministero dello Sviluppo Economico, scoprivo che il Ragioniere Mario Macalli aveva provveduto nei primi mesi del 2011 a registrare ben quattro marchi riconducibili al Pergocrema .

Dopo poco tempo, come Comitato Popolo Cannibale, rendemmo pubblico quanto avevo trovato e ponemmo pubblicamente la domanda se fosse "regolare" che un presidente registrasse i simboli di una società appartenente alla propria lega calcistica.
Nessuna risposta arrivò dall'interessato, se non un "chi cazzo siete, cosa volete! a parlare saranno gli avvocati".

Oggi, a distanza di quasi tre anni, le risposte sono arrivate e le potete leggere nello stralcio della sentenza del Tribunale Sportivo.
Risposte che hanno portato alla condanna a 6 mesi di inibizione nei confronti del Ragioniere Mario Macalli.

Ecco la sentenza di condanna nella quale troverete evidenziate in giallo le parti più significative.

TRIBUNALE FEDERALE NAZIONALE
SEZIONE DISCIPLINARE

COMUNICATO UFFICIALE N. 53/TFN
Sezione Disciplinare (2014/2015)

Il Tribunale Federale Nazionale – Sezione disciplinare, costituito dall’Avv. Sergio Artico Presidente; dall’Avv. Riccardo Andriani, dall’Avv. Amedeo Citarella, dall’Avv. Arturo Perugini, dall’Avv. Gianfranco Tobia Componenti; con l’assistenza del Dott. Paolo Fabricatore Rappresentante A.I.A.; del Sig. Claudio Cresta Segretario, con la collaborazione dei Signori Salvatore Floriddia, Paola Anzellotti e Nicola Terra, si è riunito nei giorni 9 aprile 2015 e 23 aprile 2015 e ha assunto le seguenti decisioni:

(135) – DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: MARIO MACALLI (Presidente della Lega Italiana Calcio Professionistico) - (nota n. 7044/205 pf12-13/SP/AM/blp del 9.3.2015).

Letti gli atti

Visto il deferimento disposto dalla Procura federale in data 9 marzo 2015 nei confronti di Mario MACALLI, nella sua qualità di Presidente della Lega Pro, per rispondere delle seguenti incolpazioni:

1) violazione dell’art. 1, comma 1 (principi di lealtà, correttezza e probità) del C.G.S. (oggi trasfuso nell'art. 1 bis comma 1 del nuovo C.G.S.) perché nel corso della stagione sportiva 2011-2012 e delle stagioni sportive successive, allorché rivestiva la qualifica di Presidente della Lega Pro, poneva in essere le seguenti condotte:
- nel febbraio 2011, registrava a suo nome, presso l’Ufficio Marchi e Brevetti della CCIAA di Roma, i marchi Pergocrema, Pergocrema 1932, Pergolettese e Pergolettese 1932;
- nel luglio 2012, essendo stato dichiarato il fallimento della U.S. Pergocrema 1932, concedeva in uso gratuito, con potestà di revoca, al sig. Cesare Angelo Fogliazza il marchio Pergolettese 1932 e quest’ultimo per accordi interceduti con lo stesso Macalli provvedeva al cambio di denominazione della Soc. Pizzighettone ed al suo trasferimento a Crema;
nell'ottobre del 2013, allorché la Pergolettese 1932 è stata promossa dal campionato di Serie D in Lega Pro Seconda Divisione, provvedeva a donare il marchio U.S. Pergolettese 1932 alla stessa società in persona del suo legale rappresentante e ciò solo dopo aver appreso di essere indagato e dopo che la società di cui aveva la titolarità del marchio si era iscritta ad un Campionato organizzato dalla Lega di cui era Presidente;
- il Macalli con le condotte di cui sopra di fatto ha stabilito chi dovesse svolgere l’attività calcistica nella città di Crema e con ciò venendo meno al suo ruolo di imparzialità quale Presidente della Lega Pro e Vice Presidente della Federazione Italiana Gioco Calcio e in conflitto di interessi per l’acquisizione di marchi relativi e denominazioni di società sportive rimanendo a tutt'oggi titolare di tre dei quattro marchi citati;

...omissis...

Preso atto, a questo punto, delle richieste istruttorie formulate in memoria dalla difesa dell’incolpato e ribadite in udienza e dell’opposizione del Procuratore federale all'ammissione delle stesse basata sulla irrilevanza di dette richieste al fine del decidere.
Sul punto il Tribunale, riunitosi in camera di consiglio, così ha deciso:

ORDINANZA n. 3

Il Tribunale Federale Nazionale,
viste le istanze istruttorie dell’incolpato alle quali si è opposta la Procura Federale;
ritenuta ammissibile e rilevante la prova testimoniale a mezzo del Sig. Angelo Cesare Fogliazza sui due capitoli di prova articolati a pag. 37 della memoria difensiva;
ritenuti irrilevanti e genericamente formulati i restanti capitoli di prova con gli altri testi indicati ed assorbente il suddetto rilievo;

P.Q.M.

Ammette la prova testimoniale nei limiti di cui sopra, onerando il deferito della convocazione del teste (...omissis...).

Ascoltato nella successiva seduta del 23 aprile 2015 il teste ammesso sig. Angelo Cesare Fogliazza sulle seguenti circostanze:
1. in merito alla genesi del rapporto con l’amministrazione Comunale di Crema ed alle trattative per trasferire la sede sportiva della società U.S. Pizzighettone, della quale è tutt'ora
socio di maggioranza e vice presidente, presso la città di Crema;
2. in merito ai rapporti intercorsi con il Presidente della Lega Pro rag. Mario Macalli, in riferimento alla concessione del marchio U.S. Pergolettese 1932 srl, del quale successivamente è divenuto titolare legittimo.

Preso atto delle precisazioni fornite, all'esito della prova, dall'incolpato
Ascoltato il Procuratore federale che, dopo una dettagliata requisitoria nel corso della quale ha ripercorso tutti i passaggi analiticamente descritti nel deferimento, ha concluso per l’affermazione di responsabilità del Macalli chiedendo l’irrogazione della sanzione della inibizione per mesi 8 (otto).

Ascoltata la difesa del soggetto deferito che, dopo aver ricostruito i fatti oggetto della incolpazione, ha ribadito le ragioni per le quali il deferimento sarebbe del tutto infondato. 
In particolare la difesa dell’incolpato ha insistito nel rappresentare come tutti i comportamenti tenuti dal Macalli sarebbero legittimi e coerenti giacché la registrazione dei marchi sarebbe avvenuta alla luce del sole e comunque in nessun momento l’incolpato sarebbe stato titolare di un marchio appartenente ad una società militante nella Lega da lui presieduta. Inoltre nessun comportamento attivo sarebbe ravvisabile nello svolgimento del procedimento che aveva portato al fallimento del Pergocrema e dunque il Macalli non avrebbe favorito nessun soggetto per l’acquisizione dei diritti della società calcistica di Crema. Inoltre la mancata erogazione dei diritti TV alla società sarebbe stata determinata dalla esigenza di rispettare la normativa vigente.
In conclusione il Macalli dovrebbe essere pienamente prosciolto, in subordine, ove venisse accertata qualche responsabilità a carico della stesso, potrebbe al massimo essere irrogata una sanzione minima e di tipo pecuniario.
Ascoltato, infine, il soggetto deferito in persona il quale ha tenuto a ribadire la piena correttezza dei propri comportamenti e tutto il proprio disagio nel partecipare a questo giudizio come soggetto incolpato.
Trattenuto il giudizio in decisione, il Tribunale federale nazionale, sezione disciplinare, dopo una lunga camera di consiglio, così ha deliberato.

* * *

Per quanto attiene ai fatti oggetto del primo capo di incolpazione, non c’è dubbio e non è nemmeno contestato che nel febbraio 2011 il Macalli, che rivestiva la qualifica di Presidente della Lega Pro, senza informarne alcuno abbia richiesto la registrazione a suo nome, presso l’Ufficio Marchi e Brevetti della CCIAA di Roma, i marchi Pergocrema, Pergocrema 1932, Pergolettese e Pergolettese 1932. Ciò appare di per sé contrario ai doveri di lealtà e correttezza imposti dall'art. 1 comma 1 del CGS all'epoca vigente, oggi trasfusi nell'art. 1 bis comma 1 CGS. Non è certo sufficiente essere cresciuto nel quartiere del Pergoletto o essere stato giocatore e poi tifoso della squadra locale per potersi impossessare di ogni marchio riconducibile a tale quartiere, marchi sui quali il deferito non aveva altro diritto che quello di essere stato il primo e l’unico a pensare alla loro registrazione. Certamente il deferito non li aveva ideati e non ne aveva acquistato in alcun modo i diritti.

La violazione sussiste anche con riferimento al marchio della soc. Pergocrema 1932, la cui registrazione non venne accettata nel febbraio 2011 (ma lo fu soltanto dopo la dichiarazione del fallimento della società) in quanto il Pergocrema era società attiva che disputava il campionato di Lega Pro utilizzando correttamente il marchio. Di fatto, dopo il fallimento della Pergocrema 1932, il deferito ottenne il monopolio dei marchi riconducibili al quartiere Pergoletto e, quindi, alla squadra rivale dell’altra compagine cittadina, il Crema. Tale intento appare censurabile anche perché perseguito dal Presidente della Lega Pro nonché prestigioso dirigente della Federazione, tenuto per le sue cariche al massimo della correttezza e dell’imparzialità.

Per quanto attiene alla vicenda legata alla concessione in uso del marchio Pergolettese 1932 alla squadra che sostituì il Pergocrema 1932 dopo il fallimento, essa va ricostruita attraverso i documenti, gli atti del procedimento penale e le dichiarazioni rese dai testi al magistrato ordinario, alla Procura federale e, per quanto riguarda il teste Cesare Angelo Fogliazza, anche dinanzi a questo Tribunale. Alla luce di tali elementi appare certo che fu proprio il Presidente Macalli il reale artefice dell’operazione che portò la squadra del Pizzighettone (della quale il Fogliazza era il dominus) a trasferirsi a Crema con il nuovo nome di Pergolettese 1932. Le dichiarazioni rese in dibattimento dal Fogliazza, tendenti a ridimensionare il ruolo del deferito, sono smentite da molteplici voci processuali. Devono quindi essere valutate complessivamente inattendibili. Walter Della Frera, Consigliere del Comune di Crema ha riferito di avere seguito in prima persona le vicende del Pergocrema, sia come Medico Sociale del Pergocrema sino al 2000 sia come Consigliere del Comune di Crema incaricato allo sport dal giugno del 2012 ma anche per via della sua attività professionale di medico sportivo e titolare di un ambulatorio di fisioterapia in Crema che aveva tra i clienti anche molti calciatori. Prima della dichiarazione di fallimento Della Frera era negli U.S.A. in vacanza ma si teneva in contatto telefonico proprio con il Presidente Macalli (non con Fogliazza come da questi riferito). Fu Macalli a dirgli che Cesare Fogliazza era interessato a venire a far calcio a Crema e voleva parlare con il Sindaco per l'utilizzo delle strutture del Comune di Crema. Fu sempre il deferito che gli disse che se tale ipotesi si fosse concretizzata la società si sarebbe chiamata Pergolettese. Agostino Alloni, Consigliere del Comune di Crema ha riferito che nella primavera del 2012 in rappresentanza del Comune, con Della Frera, si recò dal Presidente Macalli perché sulla stampa si avvicendavano articoli che parlavano dei debiti della società Pergocrema 1932.

Secondo Alloni l’operazione non si poteva definire senza l’assenso di Macalli che avrebbe dovuto concedere l'utilizzo del marchio. La tesi difensiva del deferito (e le conformi dichiarazioni testimoniali del Fogliazza) viene smentita anche da Andrea Micheli, Presidente e legale rappresentante del A.S. Pizzighettone e poi della Pergolettese 1932 nonché nipote di Cesare Fogliazza. Micheli riferisce che fin dagli inizi di giugno 2012 (prima della dichiarazione di fallimento della Pergocrema 1932) il Fogliazza lo informò del progetto di far passare il Pizzighettone a Crema cambiando denominazione, militando in L.N.D. con un nuovo marchio ovvero Pergolettese 1932 con il consenso di Macalli che si fidava di lui. Fu in quel momento che Micheli venne a conoscenza del fatto che Macalli fosse proprietario del marchio Pergolettese in quanto prima non conosceva il deferito né sapeva che avesse registrato il marchio solo un anno prima assieme ad altri marchi riconducibili al Pergocrema. Micheli ha dichiarato di aver partecipato, pochi giorni prima del 30 giugno 2012, a un incontro nell'ufficio di Macalli con Alloni, Fogliazza e un avvocato che rappresentava i futuri eventuali soci.

Secondo il Micheli, se non fosse andata in porto la trattativa con il Pizzighettone, il Presidente Macalli non avrebbe mai concesso l'uso del marchio ad altri, considerati anche gli accordi precedenti con lo zio. Del resto tale circostanza è confermata dal fatto certo che il Macalli negò l’utilizzo del marchio perfino ai soggetti indicati dall'amministrazione comunale. Inoltre, secondo Micheli, il Fogliazza gli illustrò il progetto non dopo il fallimento bensì quando il Pergocrema non era ancora fallito e gli disse che in alternativa, si poteva cercare di evitare il fallimento ma era una strada difficilmente percorribile e lontana dalle loro possibilità anche economiche e quindi si rendeva necessario attendere il fallimento e poi portare avanti la loro soluzione. Quanto dichiarato dal deferito (Macalli n.d.r.) è contrastato dalle dichiarazioni rese dal Micheli all'autorità giudiziaria. Il presidente Macalli in sede di interrogatorio al P.M. della Procura della Repubblica di Roma aveva dichiarato che "dopo il fallimento il nuovo presidente della società (Micheli Andrea) mi ha chiesto dì potere utilizzare il marchio PERGOLETTESE 1932 ed io ho immediatamente acconsentito senza pretendere alcunché in cambio”. Al contrario Micheli ha invece dichiarato di essere stato informato della trattativa da suo zio, Cesare Fogliazza che gli disse che "c'era la possibilità di trasferirsi a Crema (da Pizzighettone) e militare in Lega Nazionale Dilettanti con un nuovo marchio ovvero PERGOLETTESE 1932 perché a suo dire MACALLI era disponibile a consentirne l'utilizzo ". Va infine ricordata l’informativa della Guardia di Finanza 24/10/2013 indirizzata al P.M. nella quale può leggersi “esulando dalla qualificazione giuridica ricoperta, è bene rimarcare che Macalli, pur non ricoprendo alcuna carica formale nel "Pergocrema" (in difficoltà economiche) ed essendo proprietario di quel marchio e di altri tre della stessa società sportiva, ha tenuto delle riunioni nel suo studio per definirne il futuro assetto societario, stringendo accordi con il FOGLIAZZA a cui ha concesso l'utilizzo del marchio "Pergolettese", come dichiarato da MICHELI Andrea e da ALLONI Agostino.

Analoga dichiarazione è stata resa da FOGLIAZZA che ha riferito di essere stato convocato appositamente da MACALLI in un incontro a due, nel corso del quale gli venne proposto di spostare la squadra da Pizzighettone a Crema e che, in caso positivo, MACALLI si rendeva disponibile a concedere il marchio. Anzi, questa sembra proprio una conditio sine qua non, considerato che tale concessione è stata negata da MACALLI alla Amministrazione comunale di Crema e alle varie cordate di imprenditori disposti a far parte della società sportiva. Anche DELLA FRERA, dagli U.S.A., era in continuo contatto telefonico con Macalli per seguire l'andamento della vicenda, a conferma che l'indagato costituiva il perno delle trattative”. Sta di fatto comunque che il Presidente Macalli, pur mantenendo la titolarità del marchio almeno fino all’ottobre 2013, nel luglio 2012 ne concesse gratuitamente l’utilizzo proprio al Fogliazza consentendogli di portare a temine l’operazione di trasferimento della sua società da Pizzighettone a Crema con il mutamento della denominazione sociale in quella di Pergolettese 1932.

Al termine della successiva stagione agonistica la Pergolettese 1932 ottiene la promozione in Lega Pro ma il Presidente Macalli mantiene la titolarità del marchio fino al successivo mese di ottobre quando lo dona al Fogliazza. E’ evidente che in questi mesi il conflitto di interessi in capo al deferito diventa anche formale e quindi si realizza un’ulteriore violazione degli obblighi sanciti dall’art 1 comma 1 (ora 1bis comma 1) del CGS. Da evidenziare che, comunque, il Presidente Macalli, anche dopo la donazione, mantiene un controllo sulla Pergolettese imponendo la presenza di un tutor di sua fiducia.

Tale imposizione, limitando la piena disponibilità del marchio e consentendo un sia pur blando controllo sulla società Pergolettese 1932, costituisce una forma di ingerenza nella gestione della società incompatibile con le cariche rivestite dal deferito.
Appare pertanto fondata la tesi della Procura Federale secondo la quale il Presidente Macalli ha di fatto determinato chi dovesse avere la possibilità di sostituire la Pergocrema 1932 e quindi chi dovesse svolgere attività agonistica nella città di Crema, designando a farlo persona di antica conoscenza e di sua totale fiducia. Le condotte tenute dal deferito violano pertanto i doveri di imparzialità, di correttezza e di lealtà tanto più cogenti per chi ricopre cariche di così elevato vertice come il Presidente Macalli.
I fatti contestati con il primo capo di incolpazione sono disciplinarmente rilevanti e comportano una sanzione disciplinare complessivamente valutata come in dispositivo.

...omissis... 

Nel determinare la sanzione indicata nel dispositivo si è tenuto conto della rilevanza della  violazione disciplinare contestata e della più volta richiamata posizione rivestita dal deferito ai vertici della Lega Pro e della Federazione Italiana Giuoco Calcio.

P.Q.M.

In parziale accoglimento del deferimento, irroga nei confronti del Presidente Mario Macalli la sanzione della inibizione per mesi 6 (sei).

Il Presidente del TFN
Sez. Disciplinare Avv. Sergio Artico

Il Segretario Federale Antonio Di Sebastiano

Il Presidente Federale Carlo Tavecchio

Pubblicato in Roma il 29 aprile 2015.

Per i malfidenti che non dovessero credere a quanto ho riportato di seguito il link al sito della FIGC dal quale è possibile scaricare la sentenza completa, comprensiva del secondo capo di imputazione per il quale l'imputato non è stato condannato per "insufficienza di prove".

sabato 14 marzo 2015

AUTOVELOX | Caro Cremasco, paga e taci...

"predicare bene e razzolare male", mai come oggi questo detto popolare calza a pennello per definire l'azione amministrativa della giunta formata dal Partito Democratico, Sel e Rifondazione Comunista per quanto riguarda la gestione del bilancio comunale.

Nei 5 anni della giunta di centrodestra (nei quali le entrate dalle multe sono aumentate di 100.000 euro nel quinquennio, pari a 20.000 euro l'anno) l'allora minoranza gridava allo scandalo accusandoci di "fare cassa" con le multe perché incapaci di trovare altre risorse, oggi (com'è possibile leggere nei documenti di bilancio del comune), in un solo anno, la maggioranza prevede di portare le sanzioni da 882.000 a 1.120.000, con un aumento di ben 238.000 euro, +26%.

Ogni commento è superfluo, anzi no...


giovedì 5 marzo 2015

#LIBERTA' | Gianfranco Miglio parla di Secessione ospite di Gad Lerner

Trascrizione dell'intervista andata in onda nell'ottobre 1990 su Rai 3, all'interno della trasmissione "Nella Tana della Lega"

GAD LERNER: Gianfranco Miglio, professore di Scienze della politica all'Università Cattolica di Milano.
Lei che è un intellettuale raffinato, cosa ne pensa del linguaggio e anche dei gesti che abbiamo appena visto di Umberto Bossi?

GIANFRANCO MIGLIO: Non mi meravigliano assolutamente. Un uomo politico che vuole tenere il contatto con l’opinione pubblica, con determinati strati del suo elettorato deve corrispondere anche a certe attese, sotto questo profilo la conoscenza di quello che è la carriera degli uomini politici che hanno contato nella storia politica ci induce a non meravigliarci affatto, perché c’è un Bossi che è quello che abbiamo visto qui e c’è un Bossi, invece, con cui si ragiona, con cui si discutono i problemi pacatamente e non diversamente da quello, almeno per quanto mi riguarda, che mi è capitato nel discutere con altri uomini politici italiani. 


LERNER: Lo sa che i giornali la indicano un po’ come il teorico, quasi il padre spirituale delle Leghe?

MIGLIO: No, guardi, questa è stata una coincidenza oggettiva, per due ragioni; la prima è la mia convinzione che lo stato nazionale italiano non abbia basi, di conseguenza finché non risolveremo quel problema noi potremo sperimentare tutte le soluzioni costituzionali ma nessuna sarà veramente soddisfacente.

LERNER: Un’Italia non esiste, un’Italia unita?

MIGLIO: Un’Italia, una nazione Italia non c’è. Ho sentito che anche recentemente De Felice lo ha detto in una delle vostre trasmissioni di canale 3. Ecco, l’altro motivo è il fatto che io sono fortemente partecipe dell’indignazione del Paese, io sono uno dei tanti, dei parecchi milioni di italiani che non ne possono più di questo sistema politico ed amministrativo.

(Scrosciante applauso dalla sala)

LERNER: Non credo che il professore … mi scusi se interrompo questa intervista… vedo che i simpatizzanti della Lega hanno occupato le prime file di questo teatro con una scelta più che legittima, non credo che il professor Miglio gradisca di essere applaudito o fischiato perché più che allo stadio è abituato alle aule universitarie e comunque di certo tutti gli altri nostri ospiti sono venuti per ragionare sul fenomeno della Lega; i vostri applausi o fischi da questo punto di vista non cambiano assolutamente nulla, grazie.
A pagina 168 del suo libro più recente, che tanta discussione ha suscitato, Una costituzione per i prossimi trent'anni, adopera una parola molto pesante, secessione; crede davvero nella possibilità che il Nord d’Italia abbandoni il resto del Paese attraverso una secessione?

MIGLIO: Mah, io credo che, se non si arriva a correggere i difetti del nostro sistema politico amministrativo di cui parlavo prima, è fatale che la parte più europea dell’Italia si disponga a separare le sue sorti da quelle del resto del Paese; nessuno può essere costretto a vivere in un Paese che non sente più come il suo. E, d’altra parte, la formazione della Lega Nord è già il presupposto di questa condizione che, badi, è durata sempre nella nostra storia, c’è sempre stata potenziale unità della Valle Padana anche attraverso le diverse divisioni politico costituzionali e giuridiche.

Quindi non la considero affatto, così, una minaccia vaga; se, come io credo, nel ’93 ci accorgeremo che, anche per volontà di una parte della nostra classe politica, noi non entriamo effettivamente nel mercato omogeneo europeo, o ci entriamo restando fuori dalla porta, ecco allora questi problemi di coerenza con i propri ideali di vita si porranno e allora il rischio di una secessione si presenta. Del resto viviamo nell'epoca in cui i russi stanno cercando di forgiare una costituzione che permetta il diritto di andarsene, cioè quello che io chiamo il diritto di stare con chi si vuole, gli jugoslavi stanno rischiando una guerra civile per arrivare a quello.


LERNER: Lo scenario è proprio di queste ore. Lei ha parlato di una parte dell’Italia più europea, nel suo libro addirittura scrive di una attitudine antropologica, che sarebbe un po’ come dire quasi un difetto congenito degli italiani del centro e del sud a instaurare rapporti clientelari se non addirittura mafiosi con i politici; davvero pensa questo?

MIGLIO: Nel mio libro io dico che sono due modelli di esistenza e di vita che io rispetto entrambi. Naturalmente io sento di appartenere, per tutta una serie di ragioni, al modello dell’Europa fredda, però anche quello mediterraneo è un modello; dico semplicemente che non sono conciliabili, sono due modelli che non possono essere intrecciati, messi insieme.

LERNER: Cosa pensa che faranno i partiti politici tradizionali per combattere le Leghe?

MIGLIO: Mah, guardi, ormai io credo che in un anno e mezzo non si può neanche cominciare a cambiare il sistema politico e il modo di governare a amministrare; io credo che metteranno in atto il consiglio che ha dato loro De Rita, che è: “Comprateli!”.

LERNER: Il presidente del CNEL, Giuseppe De Rita.

MIGLIO: Ma non dare soldi a Bossi, a Speroni, a Castellazzi eccetera, no, cercare di comprare gli elettori, le categorie. Io, quello che temo, è che in questo anno e mezzo si allargheranno i cordoni della borsa, che non è la borsa della stato, è la nostra borsa, perché sono danari che sono tolti dalle nostre tasche per ridistribuirli a quelle categorie che appaiono più inviperite e sono quelle che minacciano di più di votare per la Lega, questo è il rischio che ha la Lega.

LERNER: Professor Miglio, nella prossima legislatura lei sarà un senatore della Lega?

MIGLIO: Guardi, io nell'intervista che mi ha fatto Staglieno termino spiegando perché non ho mai voluto un mandato parlamentare; c’è un’incompatibilità strutturale fra il mio carattere e il mandato parlamentare, vorrei mantenere questa coerenza.
Certo che sarei lieto di poter contribuire, con quel poco che so, a guarire il meccanismo costituzionale del mio Paese, ma spero fino in fondo di poterlo fare senza un mandato politico.


LERNER: Grazie professor Miglio.

domenica 22 febbraio 2015

LOMBARDIA, Sì al Referendum sull'Autonomia!

Nei prossimi mesi i cittadini lombardi saranno chiamati ad esprimersi sulla richiesta allo Stato di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. Il Consiglio regionale nella seduta dello scorso 17 febbraio ha approvato oggi la proposta di referendum consultivo secondo quanto stabilito dallo Statuto Regionale.

Il testo del quesito, condiviso 
all'interno della Commissione Affari istituzionali e poi approvato dall'Aula, è il seguente: Volete voi che la Regione Lombardia, in considerazione della sua specialità, nel quadro dell’unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 116, terzo comma della Costituzione?”.

La proposta doveva raccogliere per Statuto i 2/3 dei consensi dell’Aula: a favore si sono espressi 58 consiglieri (Lega Nord, Lista Maroni, Forza Italia, NCD, Fratelli d’Italia, Pensionati, Gruppo Misto e M5S), contrari 20 (PD, ad eccezione del consigliere Corrado Tomasi che ha votato a favore, e Patto Civico). 

Questa Regione ha tutti i motivi di reclamare autonomia politica e amministrativa – ha detto il relatore Stefano Bruno Galli (Lista Maroni) – perché parte dei Quattro motori d’Europa, propulsore della Strategia macro regionale alpina e alla luce del suo peso del 21% del PIL nazionale e dei 54 miliardi di residuo fiscale. La differenziazione deve essere un criterio di premialità”. Galli ha annunciato, poi, l’elaborazione di una risoluzione ad hoc dove esplicitare materie concorrenti e correlate su cui si richiede maggiore autonomia.”

giovedì 19 febbraio 2015

IDEE & RIFLESSIONI | Perché la #Lombardia dice basta

Il padre della battaglia per il referendum autonomista, appena approvato dal Consiglio Regionale, ci spiega il senso della proposta.

di Stefano Bruno Galli

Almeno tre sono i dati politici che emergono dal voto dell’altro ieri nel Consiglio regionale lombardo per l’approvazione del referendum autonomista. Anzitutto il Governatore, Roberto Maroni, s’è confermato un vero leader: ha tenuto compatta e coesa la sua maggioranza attorno a sé in una partita davvero difficile. E l’ha vinta, facendo leva sul “modello lombardo” di aggregazione del centrodestra. Un modello che a questo punto aspira a trasformarsi in una formula politico-istituzionale efficace e di successo, nell'ambito della quale la lista civica del Presidente ha svolto un ruolo non marginale (chi scrive è stato colui che, un anno fa, ha innescato il percorso e poi ha fatto il relatore in aula della proposta referendaria).

Per spuntarla ci volevano 54 voti. Ai 49 della maggioranza si sono aggiunti quelli – anche loro compatti e coesi – del Movimento 5 stelle. I grillini lombardi, vittima per tutta la giornata delle polemiche, degli strali e dei violenti attacchi dei consiglieri del Pd, non si sono persi d’animo. Hanno combattuto la loro battaglia per una procedura di fronte alla quale sono sempre stati sensibili, quella della democrazia diretta, nel nome di un significativo “lombardismo”, anteponendo cioè gli interessi dei lombardi alle rendite partitiche di posizione. Hanno assunto una posizione autonoma e indipendente rispetto alla minoranza, smarcandosi con coraggio e disinvoltura. E hanno dimostrato che la protesta non ha senso se non viene appoggiata su una proposta all'altezza della sfida.
Il terzo elemento politico emerso dal voto referendario è l’isolamento del Pd, relegato in un angolo a fare un’opposizione sterile, infruttuosa e addirittura controproducente. Certo il Pd a Roma governa. E nel segno di un ferreo centralismo cerca di riorganizzare – a colpi di maggioranza e di rissa parlamentare – l’architettura della repubblica, revocando i poteri periferici per ricollocarli al centro. Orrenda e inaccettabile riaffermazione dello Stato burocratico e accentratore. In Consiglio regionale il Pd è dimidiato perché non riesce a conciliare le ragioni di Roma con le giuste ambizioni di autonomia politica e amministrativa della Lombardia. Quando a prevalere sono gli interessi romani su quelli del grande popolo lombardo, il pericolo è in agguato. Si rischia l’autogol, cacciandosi in un angolo dal quale è difficilissimo uscire.
E così è stato. Ridicoli sono allora risultati i proclami di autonomia e di sensibilità territoriale di fronte all'annunciato – e poi confermato – voto contrario al referendum. Così come sterili sono state le polemiche sui costi dell’iniziativa. Sterili perché, quando si tratta di ricorrere alle procedure della democrazia diretta, cioè di consultare il popolo, non v’è costo che tenga. La democrazia non ha prezzo se si tratta di consolidarla con una procedura consensuale e partecipativa. E qui si tratta proprio di consolidarla, chiedendo al popolo lombardo se è d’accordo a procedere risolutamente lungo la strada costituzionale dell’autonomia ingaggiando un braccio di ferro con lo Stato di Roma per ottenere un congruo numero di nuove competenze legislative e amministrative. Il quesito referendario fa leva sull'istituto giuridico-costituzionale del regionalismo a geometria variabile, vale a dire sull'articolo 116, comma 3, della Costituzione, che alle regioni a Statuto ordinario virtuose riconosce l’opportunità di trattare nuove competenze con il governo di Roma sino ad avvicinarsi a un grado di autonomia paragonabile a quello delle regioni a Statuto speciale. La Lombardia ha già provato a percorrere questa strada, senza successo, nel 2007. Le trattative naufragarono perché cadde il governo di allora, ma anche perché alle spalle delle trattative non c’era il più vasto consenso dell’opinione pubblica lombarda. Per questa ragione, ricorrere alla consultazione referendaria è fondamentale: “con il consenso della gente si può fare di “tutto”, ci ammoniva un grande Maestro, Gianfranco Miglio. 
Il consenso è dunque il motore di ogni cambiamento e aprire le trattative con il Governo per ottenere maggiori competenze sulla base dell’esito di un referendum consultivo conferisce una diversa fisionomia al negoziato e alle sue prospettive. Sarà poi la Corte a valutare la qualità dell’autonomia raggiunta e imporrà al Parlamento le ratifiche costituzionali conseguenti. 
La sfida, dal punto di vista giuridico-costituzionale, è quella di valorizzare il regionalismo differenziato, chiedendo allo Stato il riconoscimento della specialità su nuove basi. È del tutto evidente, infatti, che oggi, di fronte alla più grave crisi dell’ultimo secolo, le ragioni di natura economica e sociale sono addirittura più rilevanti e più forti, valgono di più rispetto alle ragioni etniche, storiche, linguistiche, che allora – all'indomani della fine della Seconda guerra mondiale – militarono a favore del riconoscimento della specialità per le cinque regioni autonome.
Questo percorso dovrebbe premiare la “specialità” della Lombardia, che è nella natura delle cose. Ce lo ha detto la Cgia di Mestre qualche giorno fa che i cittadini lombardi sono i più tartassati del Paese (con una cifra devoluta annualmente all'erario nazionale di oltre 11mila euro) e che la Regione ha un residuo fiscale di 54 miliardi di euro, a tanto ammonta infatti il “lascito” allo Stato centrale. Non solo, ma la Lombardia è regione leader a livello europeo, aderisce ai “Quattro motori dell’Europa”, con la Baviera, il Baden Württenberg e la Catalogna, ed è l’epicentro propulsivo della Macroregione alpina. Con le sue attività economiche e produttive copre circa il 21% del Pil nazionale. E lo scorso anno un’autorevole e accreditata agenzia internazionale di rating, Moody’s, ha riconosciuto un titolo di merito creditizio alla Lombardia, superiore a quello dello Stato – ingordo e predatore – di Roma. Appunto. Ecco perché la Lombardia si merita il riconoscimento della sua “specialità”.

Articolo tratto dal sito www.lintraprendente.it 

lunedì 16 febbraio 2015

La LOMBARDIA e la “RAPINA” FISCALE

Nelle ultime settimane, sulle pagine del Corriere prima e Repubblica dopo, hanno trovato spazio due ricerche elaborate dal centro studi della Cgia di Mestre, guidata da Giuseppe Bortolussi, incentrate sul gettito fiscale  la prima e sul residuo fiscale delle regioni italiane la seconda.
Due studi il cui risultato congiunto porta a rendere ancor più palese una realtà di cui da troppi anni si parla, vale a dire la costante “rapina fiscale” sui sono sottoposti i cittadini lombardi.

Dal Corriere apprendiamo come siano i lombardi i contribuenti più tartassati d’Italia. Lo rileva l’Ufficio studi della Cgia che ha messo a confronto il gettito fiscale versato dai lavoratori dipendenti, dagli autonomi, dai pensionati e dalle imprese di tutte le regioni d’Italia. Ogni residente della Lombardia corrisponde all'Erario e ai vari livelli di governo locali mediamente 11.386 euro.

“Questi dati - sottolinea Giuseppe Bortolussi della Cgia di Mestre - dimostrano come ci sia una corrispondenza tendenzialmente lineare tra il gettito fiscale, il livello di reddito e, in linea di massima, anche la qualità/quantità dei servizi offerti in un determinato territorio. Dove il reddito è più alto, il gettito fiscale versato dai contribuenti è maggiore e, in linea di massima, gli standard dei servizi erogati sono più elevati. Essendo basato sul criterio della progressività, è ovvio che il nostro sistema tributario pesa di più nelle regioni dove la concentrazione della ricchezza è maggiore”.

Altro aspetto interessante che emerge dall'analisi condotta dagli Artigiani di Mestre è la distribuzione del gettito tra i vari livelli di governo. Su 100 euro di tasse pagate dagli italiani ne finiscono nelle casse dello Stato centrale 81 alle Regioni 10 e solo 9 confluiscono nelle casse degli Enti locali (Comuni, Province e Comunità montane), questo a riprova di come in questo paese di “federalismo fiscale” non vi sia traccia.

Se il Corriere c’informa di quante tasse paghiamo, Repubblica riportando un altro studio degli artigiani di Mestre che non fa altro che ribadire una situazione che in Lombardia conosciamo bene dal 1861.
Parliamo del “residuo fiscale”, in altre parole la differenza tra le tasse pagate da un territorio e quanto ritorna in termini di spesa pubblica, servizi e trasferimenti agli enti locali.

In un quadro dove le Regioni a statuto ordinario del Nord danno oltre 100 miliardi di euro all'anno come contributo di solidarietà al resto del Paese, in base ai dettami del Patto di Stabilità, è la Lombardia a fare su malgrado la parte del leone, seppur in gabbia, nella classifica dei “contribuenti” registrando un residuo fiscale annuo positivo pari a 53,9 miliardi di euro, che in valore pro capite è pari a 5.511 euro, neonati compresi (dati riferiti all'anno fiscale 2012, nel frattempo il residuo è aumentato...).

Un quadro desolante che rischia di peggiorare come sostiene Bortolussi se: “come ha fatto nell'ultimo decennio, lo Stato centrale continuerà nella politica dei tagli lineari, facendo mancare risorse e costringendo le Autonomie locali ad aumentare le tasse, anche al Nord la qualità delle infrastrutture, della sanità, del trasporto pubblico locale e della scuola potrebbe venir meno, alimentando la rabbia e la disaffezione nei confronti della politica nazionale”.

Un pericolo reale, stante le politiche economiche sostenute dal Governo Renzi, che la proposta di revisione della Costituzione all'esame del Parlamento non potrà che rendere ancor più concreto essendo la stessa imperniata su di una visione neo centralista dell’architettura istituzionale italiana.

Come ha ben detto lo stesso Bortolussi a Repubblica: “La questione settentrionale, purtroppo, non si è dissolta: soprattutto a Nordest (ed anche in Lombardia N.d.R.) cova ancora sotto la cenere. Per questo è necessario riprendere in mano la riforma del federalismo fiscale è portarla a termine, premiando i territori più virtuosi e penalizzando chi, invece, gestisce in maniera scriteriata la cosa pubblica”.

martedì 10 febbraio 2015

Terre di Lombardia | una nuova avventura tra cultura, autonomia e identità


Nel tardo pomeriggio di oggi, insieme agli amici Cedrik Pasetti, Michela Bettinelli, Donato Novellini e Matteo Bernardelli, ho posto la mia firma in calce all'atto costitutivo di una nuova associazione culturale chiamata "Terre di Lombardia".
Una nuova avventura dedicata alla Lombardia che si dipanerà tra cultura, autonomia e identità con lo sguardo rivolto al futuro senza per questo dimenticare quello che siamo e coloro che questo territorio hanno costruito nei secoli.
Per saperne di più non vi resta che continuare a leggere il post...


CULTURA, AUTONOMIA E IDENTITÀ

L’Associazione Culturale “Terre di Lombardia” ha come scopo la valorizzazione e la divulgazione della conoscenza della cultura della Lombardia nonché della sua storia e la tutela del suo territorio. 
In particolare l’Associazione intende promuovere e gestire attività culturali, nel campo della politica, dell’economia e delle discipline artistiche nonché contribuire allo sviluppo socio-economico della regione Lombardia ispirato ad un riformismo fondato su principi di autonomia, identità, sussidiarietà e solidarietà.

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sabato 7 febbraio 2015

#MOSCHEA | cosa fare dopo il #consiglioaperto? alcune idee (del tutto personali...)

E adesso??? Una domanda semplice che in molti si stanno ponendo, ed io per primo, dopo la seduta di venerdì scorso del consiglio comunale aperto incentrato sulla questione moschea (che qualcuno continua a preferire di chiamare musalla quando differenze tra le due sono solo per le dimensioni).

Un consiglio aperto il cui intento con il quale era stato proposto dal Comitato Cremasco No Moschea, vale a dire concedere la parola ai cremaschi per poter parlare senza filtri all'amministrazione di un progetto che crea, e sarebbe sciocco e superficiale negarlo, preoccupazioni e timori, alcuni ben fondati e altri magari sovrastimati, è scemato via senza che questo abbia potuto aver luogo.
Le numerose e concordi testimonianze e ricostruzioni mostrano, senza pochi dubbi, come la sinistra sia stata “bravissima” ad orientare l’andamento del consiglio per far apparire una realtà ben diversa da quella che si respira ogni giorno in città. Sinistra brava ed anche furba, una furbizia però resa possibile anche da una colpevole distrazione delle minoranze.

Non poteva, almeno un consigliere comunale di centrodestra presentarsi in comune, ben prima dell’apertura delle porte ai cittadini, e verificare che non vi fossero “portoghesi” entrati prima??? Si, no, forse. Ma tutto questo appartiene al passato, seppur molto recente, e perdersi dietro accuse e repliche non fa altro che distrarre dal vero problema, vale a dire la persistente pervicacia con la quale l’amministrazione vuole proseguire sulla strada intrapresa da oltre due anni.

L’esordio del discorso del Sindaco Bonaldi è stato da questo punto di vista esemplare nel negare ogni spazio di discussione e auspicabile ripensamento. Come ho twittato di recente “quando la politica indossa i paraocchi dell’ideologia finisce col fare scelte sbagliate, come il si alla moschea”, e quanto pronunciato in consiglio ne è la conferma.

Tutto questo però è IERI, ADESSO che fare?

Partirei da cosa ritengo sommessamente non si dovrebbe fare o proporre. Leggo che le minoranze vorrebbero un altro consiglio aperto, per fare cosa considerando l’esito e la gestione del precedente? Provare a fare quanto messo in pratica dalla sinistra inviando truppe “dromedarie” in luogo di quelle “cammellate” evocate da molti?

Da altre parti (Forza Italia qualche settimana fa) si evoca il discorso referendum. Argomento grazie al quale è facile ricevere l’applauso ma che tutti sanno (o fanno finta di non sapere) non essere possibile stante lo statuto comunale attuale in ottemperanza alle leggi dello stato.
Uno statuto che anche il sottoscritto ha contribuito ad aggiornare nella passata amministrazione per adeguarlo alle normative nazionali cambiate nei dieci anni succeduti alla prima formulazione.

Normative nazionali che non permettono di svolgere tali consultazioni. Qualcuno afferma che potevamo comunque modificare lo statuto per renderle possibili, vero! Peccato che una bocciatura da parte degli organi di controllo sarebbe intervenuta a fare “tabula rasa” prima ancora che lo stesso potesse entrare in vigore, e il sottoscritto di far perdere tempo, e soldi per avvocati, all'amministrazione non ne aveva l’intenzione.

Modificarlo adesso anche alla luce della nuova normativa regionale in tema di luoghi di culto come pare vogliano chiedere i consiglieri del M5S? È una opzione, che però vedo ben lontana dal poter essere messa in atto stante la palese ostilità ideologica che la sinistra ha già espresso nei confronti della legge lombarda.

Cosa fare allora? Premesso che sono solo semplici considerazioni maturate prendendo atto delle forze e convinzioni in campo, il lavoro maggiore ritengo debba essere svolto più all'interno del comune che fuori, senza nulla togliere a coloro che l’opposizione fuori dal palazzo l’hanno fatta e la stanno facendo con impegno e merito.

Come sapete il via libera alla moschea dovrà passare per la variante al PGT, necessaria per cambiare la destinazione dell’area, ed il successivo bando/ convenzione con gli assegnatari dello spazio, dato che si parla di un’area comunale.

Per questo l’attenzione dovrebbe incentrarsi sul verificare il contenuto di tutti i documenti che saranno redatti e la loro conformità alle procedure ed alle leggi, in particolare la nuova legge di Regione Lombardia che ho citato in precedenza. La sinistra farà finta di nulla avanzando una sorta di “obiezione di coscienza” dato che la ritiene incostituzionale? Tenersi pronti a presentare ricorsi al tribunale amministrativo non penso sia un’ipotesi da scartare a priori.

Inoltre, se dovesse passare la variante (dubbi in merito ne ho pochi..), l’attenzione dovrà essere incentrata sul bando e la convenzione, con un occhio di riguardo soprattutto alle clausole di recesso in capo all'amministrazione comunale per un domani provvedere a tornare in possesso dell’area, eliminando il diritto di superficie e, di fatto, provvedere alla chiusura della moschea.

Una convenzione in cui Crema si dovesse trovare con le “mani legate” sarebbe un danno enorme che la sinistra arrecherebbe alla città, oltre a quello di portare avanti la sua politica di integrazione raffazzonata come solo lei è in grado di fare…

Sono solo suggerimenti per i quali è necessario un lavoro primariamente in commissione territorio (che non tutti frequentano come dovrebbero) ed in consiglio alquanto oscuro e poco “mediatico”, ma di maggiore impatto verso l’amministrazione rispetto al titolino sul giornale...

Post Scriptum: che si faccia o meno la moschea/musalla/centro islamico il vero referendum si terrà tra due anni e qualche mese alle prossime elezioni comunali, ma questa è un’altra storia e merita qualche altro post ;-)