lunedì 28 settembre 2020

CATALUNYA | Condannato Quim Torra, Catalogna verso nuove elezioni nel 2021


Articolo per "La Voce del Nord"

Era un “segreto di Pulcinella” e finalmente questa mattina è stato ufficialmente svelato. La Corte Suprema di Madrid ha ratificato la sentenza di condanna del presidente della “Generalitat” catalana Quim Torra che sarà di conseguenza inabilitato dallo svolgere il proprio incarico di presidente. La Corte Suprema ha condannato Torra ad un anno e mezzo di inabilitazione e ad una multa di 30.000 euro per reato di disobbedienza.

La sentenza di 133 pagine conferma al suo interno come lo stesso Torra abbia “ostinatamente e ostinatamente” disobbedito al Consiglio centrale elettorale, incaricato di garantire la neutralità dei poteri pubblici alle elezioni, nel non aver rimosso alcuni striscioni di solidarietà ai prigionieri politici catalani, affissi sulla facciata della sede del governo regionale a Barcellona, nel mentre di una tornata elettorale.

La sentenza è stata resa pubblica verso mezzogiorno ed ora, una volta notificato il tutto al Presidente, si metteranno in funzione tutti i meccanismi e procedure per la sostituzione ad interim di Torra alla Generalitat e l’indizione delle elezioni nel primo trimestre del 2021.

La sentenza, pronunciata dal magistrato Juan Ramón Berdugo, mette in luce che l’oggetto del procedimento “non è l’esposizione di certi simboli o striscioni di una certa opzione politica, ma il loro uso nei periodi elettorali, disobbedendo a quanto previsto dal Consiglio Elettorale Centrale che, nell’esercizio delle sue funzioni ne vieta l’uso, in violazione del principio di neutralità a cui devono sottostare le amministrazioni in generale”.

L’avvocato del presidente, Gonzalo Boye, da parte sua aveva sostenuto nell’udienza di appello del 17 settembre scorso, che una persona può essere privata della sua posizione pubblica e della sua partecipazione politica solo quando si rende colpevole di un reato grave. “E non stiamo affrontando un crimine grave”.

venerdì 18 settembre 2020

CATALUNYA | Quim Torra alla Corte Suprema di Madrid: “Non sarò io a indire irresponsabilmente le elezioni catalane”

Articolo per "La Voce del Nord"

Totale fermezza da parte del presidente della Catalogna, Quim Torra, dopo l’udienza tenutasi questo giovedì alla Corte Suprema di Madrid. “Non sarò io a guidare il Paese in una corsa elettorale irresponsabile che paralizzerebbe l’amministrazione catalana”, ha annunciato dalla delegazione del governo catalano a Madrid, a seguito delle richieste di ieri di quasi tutti i partiti spagnoli per le elezioni al parlamento catalano.

“Sono venuto a Madrid per guardare negli occhi il tribunale che vuole far cadere un altro presidente del governo della Catalogna. Sono venuto a Madrid per spiegare loro che non hanno il diritto o la giustificazione per farlo e che lo siamo non hanno paura di loro. Sono venuto a Madrid per ricordare loro che la nostra causa ha una lunga storia e continuerà fino alla fine: una Repubblica libera e giusta per tutti i catalani”, ha affermato dopo l’udienza di appello, incentrata sull’opportunità o meno squalificarlo dall’incarico per aver appeso uno striscione sul palazzo del governo catalano nel 2019. La decisione del tribunale è attesa tra circa due settimane.

Tuttavia, Torra ha ammesso che non avrebbe “mai” posto un “ostacolo a nulla”. “Ho accettato la carica di presidente per servire il mio paese in un momento molto difficile. Non ho ambizioni personali che potrebbero intralciare il progetto ampio e collettivo per raggiungere l’indipendenza”, ha dichiarato. Il presidente catalano ha affermato che “la battaglia contro Covid” è la sua “unica preoccupazione”.

Il presidente ha voluto chiarire che l’udienza odierna non riguarda una punizione contro di lui per uno striscione, “è una punizione per un intero Paese nel mezzo di una pandemia”. “È così che dimostrano il loro amore per la Catalogna, che vogliono rendere schiava, insieme alla sua gente”, ha aggiunto, avvertendo che continuerà a lavorare “fino all’ultimo” fino all’entrata in vigore della sua squalifica.

La sfida per la Spagna
Torra ha anche lanciato una sfida alla Spagna: “L’atteggiamento dimostrato dallo Stato spagnolo nei confronti del movimento indipendentista catalano nei prossimi mesi getterà le basi morali ed etiche per il suo futuro. Senza una rettifica ferma e urgente, la Spagna suggellerà il suo fallimento. come uno stato europeo moderno”, ha avvertito.

Il leader del governo catalano aveva anche messaggi per il popolo catalano: “Non aspetteremo il cambiamento nello stato spagnolo per esercitare il nostro diritto inalienabile. Se la maggioranza dei catalani desidera costruire una Repubblica libera, questa espressione pacifica e democratica prospererà. Non ne dubito per un momento”, ha detto.

“Che bugia”
“Che bugia.” Così Torra ha definito lo slogan unionista che in Spagna “si potrebbe discutere ogni progetto democratico e pacifico”. Ha consegnato una lunga lista di azioni che, ha detto, hanno dimostrato che questa affermazione spagnola è falsa: la persecuzione del presidente Carles Puigdemont, la negazione del seggio al Parlamento europeo vinto dal vicepresidente catalano Oriol Junqueras, gli esiliati, i prigionieri politici e la protezione. di “un criminale franchista come Martín Villa”, tra gli altri.

“Questo è lo Stato spagnolo ed è così che ci incanta a rimanere in rapporti amichevoli. Uno Stato incapace di riformare o essere riformato in alcun modo. Uno Stato che ribalta la legislazione sociale ogni volta che viene approvata dal Parlamento della Catalogna”, ha denunciato.

venerdì 28 agosto 2020

TASSE | In 20 anni tasse aumentate di 166 miliardi, con lo STATO primo “gabelliere”


Articolo per "La Voce del Nord"

NEGLI ULTIMI 20 ANNI ABBIAMO PAGATO 166 MILIARDI DI TASSE IN PIÙ. A SPREMERCI MAGGIORMENTE E’ STATO L’ERARIO, SINDACI E GOVERNATORI MOLTO MENO

Negli ultimi 20 anni le entrate tributarie sono aumentate di 166 miliardi di euro. Se nel 2000 l’erario e gli enti locali avevano incassato 350,5 miliardi di euro, nel 2019 il gettito, a prezzi correnti, è salito a 516,5 miliardi. In termini percentuali, la crescita in questo ventennio è stata del 47,4 per cento, 3,5 punti in più rispetto all’aumento registrato sempre nello stesso arco temporale dal Pil nazionale espresso in termini nominali (+43,9 per cento). A dirlo è la CGIA.

A lanciare alcune osservazioni ci pensa il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo:

“Qualcuno può affermare con certezza che grazie a 166 miliardi di tasse in più versati in questi ultimi 20 anni la macchina pubblica è migliorata? In altre parole, la giustizia, la sicurezza, i trasporti, in particolar modo quelli a livello locale, le infrastrutture, la sanità e l’istruzione sono oggi più efficienti di allora ? Oppure, famiglie e imprese sono state obbligate a pagare di più e hanno ricevuto dallo Stato sempre meno ? Non abbiamo dubbi. Tra le due ipotesi ci sentiamo di avvalorare quest’ultima, anche perché questo maxi prelievo ha impoverito il Paese, provocando, assieme alle crisi maturate in questo ventennio, una crescita dell’Italia pari a zero che nessun altro paese del resto d’Europa ha registrato”.

Se il conto lo hanno pagato i contribuenti italiani, i vantaggi, invece, sono andati soprattutto all’erario e in minima parte a Regioni ed enti locali.

“Nell’immaginario collettivo – afferma il segretario Renato Mason – si è diffusa l’idea che in questi ultimi anni Governatori e Sindaci sarebbero diventati, loro malgrado, dei nuovi gabellieri, mentre lo Stato centrale avrebbe alleggerito la pressione fiscale nei confronti dei contribuenti. In realtà le cose sono andate diversamente. Se è vero che negli ultimi 20 anni le tasse locali sono aumentate del 37,1 per cento, quelle incassate dall’Amministrazione centrale sono cresciute del 49,3 per cento. In termini assoluti, dalle Regioni e dagli enti locali abbiamo subito un aggravio fiscale di 20,3 miliardi, mentre il peso del fisco nazionale è salito di 145,7 miliardi. In altre parole, se dal 2000 le imposte locali hanno cominciato a correre, quelle erariali sono esplose, con il risultato che i contribuenti italiani sono stati costretti a pagare sempre di più”.

In attesa che il Governo presenti la riforma fiscale che consenta una drastica riduzione della pressione tributaria, i dati appena descritti consentono all’Ufficio studi della CGIA di fare una riflessione anche sul tema dell’autonomia differenziata. Un argomento, quest’ultimo, che negli ultimi mesi, anche a seguito della crisi pandemica, pare sia stato rimosso dall’agenda politica dell’Esecutivo guidato da Conte.

“In questi ultimi anni – conclude Paolo Zabeo – il tema dell’autonomia differenziata è stato vissuto come una contrapposizione tra Nord e Sud del Paese, invece, è una partita che si gioca tra il centro e la periferia dello Stato. Tra chi vuole un’Amministrazione pubblica che funzioni meglio e costi meno e chi difende lo status quo, perché trasferendo funzioni e competenze ha paura di perdere potere e legittimità. E per conservare posizioni che non sono più difendibili, i proponenti di questa riforma sono stati accusati di voler impoverire ulteriormente le realtà territoriali più in difficoltà del Paese”.

domenica 23 agosto 2020

⚔️ In Loving Memory of Sir William Wallace ⚔️


“...William Wallace was born in the 1270s in Elderslie in Renfrewshire into a gentry family. Very little is known about his early years and there are significant periods of his life for which there are no reliable sources.

In 1296, Edward I of England had taken advantage of a succession crisis in Scotland and imposed himself as ruler with an English administration. Within months, Scottish unrest was widespread.

In May 1297, Wallace attacked the town of Lanark, killing the English sheriff and unrest quickly became full-blown rebellion. Men flocked to join Wallace and he began to drive the English out of Fife and Perthshire. In September 1297, Wallace defeated a much larger English force at the Battle of Stirling Bridge. This and subsequent military successes severely weakened the English hold on Scotland. Wallace then launched raids into England. In late 1297 or early 1298 he was knighted and appointed 'guardian of the kingdom' in the name of John Balliol, the deposed king of Scotland.
The shock of the defeat at Stirling rallied the English around Edward, who marched north with an army. Wallace's strategy was to avoid confrontation and gradually withdraw. He destroyed the countryside as he went, forcing Edward to march deeper and deeper into Scotland. In July 1298, the Scottish and English armies met near Falkirk, and the Scots were defeated. Wallace escaped and little is known of his movements, but at some stage he resigned the guardianship and was succeeded by Robert Bruce and John Comyn.

Wallace then went abroad, notably to France, to seek support for the Scottish cause. He returned to Scotland in 1303. In his absence Robert Bruce had accepted a truce with Edward I and, in 1304, John Comyn came to terms with the English as well. Wallace was excluded from these terms and the English king offered a large sum of money to anyone who killed or captured him. Wallace was seized in or near Glasgow in August 1305, and transported to London. He was charged and tried with treason, which he denied, saying he had never sworn allegiance to the English king. His execution was held on 23 August, where he was hung, drawn and quartered. His head was placed on London Bridge, and his limbs displayed in Newcastle, Berwick, Stirling and Perth...”

venerdì 17 luglio 2020

#NEVERendum // 1.000 giorni senza risposta


Mille sono i giorni che saranno trascorsi il prossimo 18 luglio da una data molto familiare ai cittadini lombardi, vale a dire quel 22 ottobre del 2017 nel quale si svolse, in contemporanea col Veneto, il Referendum per l’Autonomia della nostra regione. Consultazione che ebbe un grande successo, nonché un plebiscito, per la richiesta di conferimento di maggiore autonomia alla Lombardia.

Per ricordare tale evento, e la mai sopita volontà autonomista dei lombardi, proprio sabato 18, con inizio alle 15:30, l’Assemblea Nazionale Lombarda ha organizzato una manifestazione davanti a Palazzo Lombardia a Milano.
Un evento cui ha aderito anche Terre di Lombardia, associazione culturale che avrò il piacere di rappresentare.

Terre di Lombardia resta un’associazione culturale. Ciononostante il tema dell’Autonomia Lombarda resta l’elemento maggiormente distintivo della battaglia per l’affermazione dei principi di libertà e di identità del nostro territorio.

Lo Abbiamo fatto Per tutto il periodo che ha preceduto il referendum e a maggiore lo faremo il prossimo sabato 18 luglio aderendo all'iniziativa che celebra i 1000 giorni trascorsi da quella Consultazione senza che la stessa abbia prodotto risultati istituzionali concreti.

Lo faremo senza vessilli e simboli di partito, ma da cittadini che amano la Lombardia e che sognano l’autonomia della stessa.

Terre di Lombardia continua il suo cammino a fianco del Popolo Lombardo.”


Così il Presidente Gianni Fava

venerdì 29 maggio 2020

29 MAGGIO // FESTA della LOMBARDIA


Il mio contributo scritto per Terre di Lombardia

Nell'844° anniversario della Battaglia di Legnano, che vide contrapporsi i liberi comuni riuniti nella Lega Lombarda da un lato e l’Imperatore Federico Barbarossa dall'altro, come ogni anno ricorre oggi la Festa della Lombardia.

Una giornata di ricordo, celebrazione e festa che non può non assumere quest’anno un significato particolare ed ancor più sentito.

Parole da scrivere ve ne sarebbero così tante che non basterebbe l’intera giornata per leggerle, ma l’unica che veramente ci sentiamo di vergare è “GRAZIE”.

GRAZIE a tutti coloro che in questi mesi sono stati impegnati nelle strutture sanitarie della nostra regione, come in tutto il mondo, per curare le persone colpite dal coronavirus.

GRAZIE a tutti coloro che hanno prestato un lavoro prezioso ed indispensabile per contrastare l’emergenza quali le aziende impegnate nella sanità, i farmacisti, le forze dell’ordine, il corpo nazionale dei vigili del fuoco, i volontari, ecc.

GRAZIE alle donne ed agli uomini che hanno continuato a lavorare nei settori indispensabili.

GRAZIE ai lavoratori autonomi, agli imprenditori e alle aziende che hanno fatto grande la Lombardia per resistere in un momento di estrema difficoltà.

GRAZIE a tutti i cittadini della Lombardia per il senso di responsabilità che hanno mostrato, e continuano a dimostrare, nell'attenersi alle prescrizioni emanate dalle autorità.

GRAZIE a tutti coloro che da altre regioni e nazioni hanno espresso la loro solidarietà nei confronti della Lombardia in questi mesi difficili.

GRAZIE anche a quanto hanno mostrato al mondo la propria ignoranza e imbecillità insultando la Lombardia ed i suoi cittadini, che non serbano rancore, ma anzi vi invitano quanto prima a venire da noi per curare nelle nostre strutture il vostro disagio mentale.

GRAZIE a TUTTI! 😌
GRAZIE di CUORE! ❤️

martedì 31 marzo 2020

INDIPENDENZA | Vox esorta Sánchez a sopprimere l’autonomia della Catalogna


Articolo per "La Voce del Nord"
L’estrema destra di Vox, il partito di Santiago Abascal che ha sempre sostenuto l’istituzione dello stato di allarme sul coronavirus, ora chiede di andare oltre. Nel quadro del dibattito sull'estensione di questo provvedimento, in corso al Congresso spagnolo, il gruppo parlamentare di Vox ha inviato le sue proposte al partito socialista del premier Sánchez. In totale ce ne sono una ventina, tra cui spiccano la centralizzazione di “tutti i poteri” della Generalitat catalana e la sospensione dei provvedimenti di grazia per i prigionieri politici.
La prima delle proposte riguarda l’autogoverno della Catalogna. Sebbene sostengano che “ogni amministrazione manterrà i poteri conferiti dalla legislazione vigente nella gestione ordinaria dei suoi servizi per adottare le misure che ritiene necessarie”, fanno un’eccezione: la Catalogna. “In via eccezionale, nel caso della Comunità autonoma della Catalogna, tutti i poteri autonomi saranno assunti dall'autorità competente definita nell'articolo 4” del decreto sullo stato di allarme, sottolineano gli estremisti nel loro documento.
Quanto ai prigionieri politici a favore dell’indipendenza, ma senza menzionarlo, Vox afferma anche che durante la validità dello stato di allarme viene sospeso l’iter di qualsivoglia provvedimento per la concessione della grazia.
Nulla di nuovo sotto il cielo del centralismo degli stati nazionali, a dimostrazione che il filo rosso (e nero) che vorrebbe smantellare le autonomie e le libertà corre e si rafforza in ogni dove, basti pensare alle farneticazioni del direttore del “Fatto Quotidiano”, nonché sponsor di peso del grillismo, Marco Travaglio contro la autonomie regionali in Italia.

lunedì 30 marzo 2020

POLITICA | Il virus “Italia” colpisce ancora


Articolo per "La Voce del Nord"
«chiarisco che useremo anche un ALGORITMO per utilizzare i 400 milioni aggiuntivi dove c’è più bisogno e dunque erogando una somma maggiore a quelle amministrazioni dove c‘è un numero più alto di cittadini in difficoltà».
Così ebbe a parlare Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell’ANCI, a proposito di criteri di ripartizione dello stanziamento annunciato dal governo nella giornata di sabato scorso.
Al che una persona di buon senso potrebbe pensare che tra i criteri individuati ve ne possa essere almeno uno che tenga conto dell’impatto dell’emergenza “coronavirus” sui territori, in termini di contagiati e vittime. Nulla di tutto ciò, tranne che per i 10 comuni del lodigiano oggetto della prima “zona rossa”.
Quali siano tali “criteri” è scritto nel documenti di Palazzo Chigi che riporta anche i risultati della ripartizione; in breve 320 milioni sono divisi sulla base della popolazione residente in ciascun comune ed i rimanenti 80 milioni sulla base di “indicatori” quali il reddito dichiarato.
Tradotto, chi più lavora e paga tasse meno riceve, mentre chi lavora in nero ed evade il fisco si vede arrivare cifre maggiori.
Alcuni esempi di facili di comprendere, non per tutti purtroppo, possono essere fatti comparando un paio di comuni lombardi spesso citati nelle cronache di queste settimane con loro “omologhi” in termini di popolazione residente ma situati in altre regioni.
Eccoli:
Alzano Lombardo 72.000 dei 320 milioni e ZERO degli 80 milioni contro i 120.000 (72.000 + 48.000) di Montesarchio (BN).
Crema 183.000 (di cui ZERO degli 80 milioni) contro i 330.000 (185.000 + 145.000) di Somma Vesuviana (NA).
Nulla di nuovo rispetto alla secolare tradizione italica, nonché nulla di strano nel momento in cui ministri della repubblica dichiarano di volersi prendere cura di chi lavora in nero, come i posteggiatori abusivi di Napoli, tanto per fare un esempio.
Ennesima “prova” di come il virus “italia” sia sempre altamente nocivo per i territori della valle del Po, da debellare quanto prima.

sabato 28 marzo 2020

ECONOMIA | Dacci oggi il nostro “reddito di cittadinanza”, che tutto si risolve…


Articolo per "La Voce del Nord"
Non è passata nemmeno una settimana dall’ultima “sparata” del Ministro delle Due Sicilie, al secolo Peppe Provenzano (quella sul regalare soldi a chi lavora in nero tipo la mafia n.d.r.), che appare stamane una nuova “ricetta” per bloccare la rivolta sociale che starebbe emergendo nel mezzogiorno, vale a dire persone che pretendono di fare la spesa nei supermercati “aggratis”.
Dalle pagine de “la Repubblica” l’ineffabile afferma che per evitare tale pericolo bisogna estendere il reddito di cittadinanza, sul quale proclama:
«Volevamo migliorarlo già prima del coronavirus, adesso diventa indispensabile. Rivedendo i vincoli patrimoniali, chi ha una casa familiare o dei risparmi in banca che non vuole intaccare oggi non può accedervi. Rafforzando il sostegno alle famiglie numerose. Rendendolo compatibile con il lavoro, per integrare il reddito se necessario. All’economia di sopravvivenza che non è solo al Sud, ma coinvolge anche autonomi, partite Iva proletarizzate, piccoli professionisti, occorre offrire una garanzia nella legalità».
E le ricorse chiede intervistatore, una patrimoniale?
«Ripeto, la parola d’ordine è: progressività. Quando sono nato io, nel 1982, l’aliquota più bassa era al 18 per cento e la più alta al 65. Oggi quella forbice si è ridotta e ha messo in ginocchio il ceto medio. Le formule per realizzare un fisco davvero progressivo possono essere inedite, ma l’obiettivo dev’essere chiaro: salvare il ceto medio. Sennò la polveriera esplode».
Un commento? Semplice, come da troppo tempo accade in quell’espressione geografica che volle follemente farsi stato l’unica ricetta che pervade le menti di una presunta classe dirigente è sempre quella. Elargire ricchezza prodotta da altri senza un progetto e una prospettiva di sviluppo, ma solo per “placare” pretese e fancazzismo.
Caro Peppe, è grazie a proposte come queste che i paesi del nord Europa alzano il dito per dire “scusate italiani ma ci fidiamo poco a darvi crediti e risorse illimitate se poi li usate per regalarli a chi pretende di fare la spesa senza pagare.”

giovedì 26 marzo 2020

A Crèma


O cara Crèma, la me Crèma cara,
   col Sère co la so bel’aqua ciara,
   ma pias i cios, i prat, le stradeline
   doe che canta i rosgos, le speransine.

Ché gh’è la casa de mi pore vècc,
   coi ní da le rundane sota i tècc:
   forse i’è amò i fioi di fioi di rundaní
   che gh’era al temp che sere piciní.

Vède ‘l pupà che l’era issé ‘n bun òm,
   che ‘l m’á ‘nsegnát a èe an galantòm;
   da me mama recòrde i’urasiú
   an di mument da le tribülasiú.

E te recòrdet che le sere bèle,
   col ciel spassat e crüelát de stèle,
   quand setát zo ‘n sö l’èrba dal nòst brol,
   tasìem töi du per sent al russignol?

Ché i munt luntá, i campaníi, le tère
   che sa spècia col cül an sö ‘n sal Sère,
   sii pör s’ciarat dal sul o da la lüna,
   i ciama ‘n penser car o ‘na persuna.

Gh’èm miga i munt, ma, quand gh’è ‘l ciel seré,
   i munt da Bèrghem i ta par lé issé:
   sa vèet fin, cume tante pegurine
   spantegade söi fianch, cese e casine,
   e ‘ncrüstat d’or, d’argent e altre culur
   che istès nu ta fa vèt gna ‘n brao pitur.

Gh’èm miga ‘l mar co l’aqua túrbia e amara,
   ma ‘l Sère co la so aqua dulsa e ciara,
   che ‘l ve zo, a zich e zàch, cume ‘n arzent,
   coi so paesèt anturne töcc splendént,
   traers i cios, i prat, le stradeline 

   doe che canta i rosgos, le speransine.

Ché dal Dòm par che ‘l sun da le campane
   al cünte di nòst vècc stòrie luntane,
   da tanti brai òm, che in altre sit
   a íghen ‘na metái i sa ciöcia i dit.

Ché gh’íem le müre ‘n doe Barbarossa
   l’á düít südá sanch a gossa a gossa,
   e, cume ‘ncó, i so degnissem disendent,
   an invensiú diabòliche sapient,
   i’ustagi i ligáa a le so torr, stö ròi,
   per vèt i nòst a massacrá i so fioi.

Ma l’á pudít dóma col tradiment
   a viga di cremasch al supraént;
   ché dal valur di vècc gh’è amó memòria:
   a inciòstre d0or l’è scrét an da la stòria.

Ché gh’èm le müre, i palàa e i’arch
   da la gluriusa tèra da san March,
   doe dòrma antich gueriér a cent a cent
   con tanc màrter dal nòst Risurgiment.

I’è ròbe da nagót, ma, töte ‘nsèma,
   le ma tègn ché ligat a la me Crèma
   da giòie santificada e da dulur,
   coi me mòrt che ma spèta arent a lur,
   an mèzz ai cios, i prat, le stradeline,
   doe che canta i rosgos, le speransine,
   senza sperá ‘n unur, an’atensiú,
   a spetá ‘l dé da mor cumè ‘n cuiú.

E adès se argü da Crèma urá sparlá,
  i’aará a che fa con me, i’aará a che fa.

di Federico Pesadori
(Vergonzana, 3 novembre 1849 – Bolzano, 8 aprile 1924)


tratto da "PROFILO della produzione poetica contemporanea in dialetto cremasco", a cura di Carlo Alberto Sacchi, edito da Leva Artigrafiche in Crema.