venerdì 24 gennaio 2020

ECONOMIA | I servizi del Trentino ai prezzi della Lombardia: così l’Italia risparmierebbe 66 miliardi.


Articolo per "La Voce del Nord"

È quanto emerge dall'analisi sulla spesa pubblica locale dell’ufficio studi di Confcommercio – basata sugli ultimi dati disponibili del 2016 -che mette in relazione la qualità dei servizi offerti ai cittadini con i costi.

L’Italia delle regioni ideale ha i servizi del Trentino Alto Adige ai prezzi della Lombardia. Se tutto il Paese avesse questi standard nella spesa locale ci sarebbero oltre a maggiori efficienze anche un risparmio di ben 66 miliardi. È quanto emerge dall'analisi sulla spesa pubblica locale dell’ufficio studi di Confcommercio – basata sugli ultimi dati disponibili del 2016 – che mette in relazione la qualità dei servizi offerti ai cittadini con i costi.

Secondo l’analisi dell’ufficio studi di Confcommercio le Regioni a statuto speciale spendono in media per abitante il 37% in più delle Regioni a statuto ordinario. Fra queste, quelle piccole spendono mediamente il 17% in più delle Regioni grandi. Dallo studio emerge che l’Italia delle regioni ideale, avrebbe i servizi del Trentino Alto Adige ai prezzi della Lombardia che per i suoi servizi spende 2.528 euro pro-capite. Dall'analisi emerge anche che, per avere l’attuale livello dei servizi al livello dei prezzi della Lombardia, la spesa pubblica sarebbe di soli 107,9 miliardi di euro invece degli effettivi 173,9 miliardi. Insomma l’attuale sistema di spesa locale potrebbe con maggiori efficienze risparmiare 66 miliardi di euro. A fronte dei quali, 5,2 miliardi sarebbero di sprechi netti.

Andando ad esaminare le singole regioni la Valle d’Aosta è quella che ha la spesa pro capite più alta, 6.376 euro pro capite, ed è al quarto posto per output di servizi dopo Trentino, Lombardia e Friuli Venezia Giulia. Il Trentino Alto Adige, che è in testa per l’efficienza dei servizi ha una spesa pro-capite di 5.417 euro, ed è seconda dopo la Valle d’Aosta. Fra le regioni che spendono meno pro capite figurano la Campania (ultima della lista con 2.476 euro), la Lombardia (penultima con 2.528 euro), la Puglia (2.540 euro), il Lazio (2.686 euro) e il Veneto (2.709 euro). Se si incrocia la spesa pro-capite con l’efficienza dei servizi emergono le regioni più virtuose: Lombardia (seconda per output) e Veneto (sesta per output). Maglia nera per l’inefficienza è la Sicilia che ha una spesa pro capite di 3.220 euro (settima regione) ed è l’ultima nell'indice di output dei servizi. Il problema del Sud, non è tanto la quantità di spesa, quanto la qualità di servizi. «Se al Sud non si spende molto più che al Nord in termini di costo dei servizi pubblici per abitante, il problema è che di tali servizi al Sud se ne producono molto meno», sottolinea la ricerca.

Questo evidenzia in cosa consista la virtuosità della Lombardia: è la regione che, in proporzione alle altre, offre il maggior numero di servizi al minor costo di spesa pubblica.


L’inefficienza delle regioni meno virtuose, invece, dipende da queste due variabili: o dal minor numero di servizi pubblici offerti (ad esempio Sicilia, Calabria e Campania erogano meno del 40% dei servizi che offre la Lombardia), o dal maggior costo pro capite dei servizi, (ad esempio il Trentino Alto Adige spende in proporzione più del doppio della Lombardia).

venerdì 13 dicembre 2019

UK: l’SNP vince le elezioni e rafforza il mandato per un nuovo referendum sull'indipendenza scozzese.


Articolo per "La Vode del Nord"

Il primo ministro scozzese Nicola Sturgeon, leader dei nazionalisti oltre il vallo, ha affermato che il suo mandato per chiedere un secondo referendum per l’indipendenza è stato rinnovato, rinfrescato e rafforzato dalla vittoria del SNP alle elezioni generali .

Con tutti e 59 i seggi della Scozia assegnati, l’SNP ne ha vinti 47, i Conservatori sei, i liberal democratici quattro e i laburisti solo uno. In termini percentuali i nazionalisti hanno raggiunto il 45% dei voti.

Sebbene sia stato un risultato deludente per i Tories in Scozia, hanno fatto il pieno di seggi nel resto del Regno Unito, specialmente nelle aree tradizionalmente laburiste. Dal canto suo Boris Johnson ora ha una sostanziale maggioranza alla camera dei comuni che gli permetterà di portare avanti il suo programma per la Brexit .

Parlando con la BBC, il Primo Ministro Sturgeon ha affermato che il risultato ha superato le sue aspettative e affermato che si tratta di un “chiaro sostegno al messaggio del SNP”.

“La Scozia non poteva essere più chiara sul fatto che non vogliamo un governo Boris Johnson, non vogliamo la Brexit e vogliamo che il futuro della Scozia sia nelle mani della Scozia e non in quelle dei conservatori di BoJo.”
Sturgeon ha detto che “con riluttanza” ha accettato che Johnson abbia ora “un mandato per portare l’Inghilterra fuori dall’Unione Europea”, ma, ha aggiunto, “non ha un mandato per portare la Scozia fuori dall’Unione Europea”.

Il primo ministro ha aggiunto: “Ho un mandato, rinnovato, rafforzato, per offrire alla gente scozzese la scelta di un futuro diverso. Ora spetta agli scozzesi scegliere. Non pretendo che tutti coloro che hanno votato SNP ieri sosterranno necessariamente l’indipendenza, ma c’è una chiara approvazione che la Scozia debba decidere il suo futuro e non farlo decidere da altri.“

giovedì 21 novembre 2019

SPAGNA | Le condanne per sedizione di Jordi Sànchez e Jordi Cuixart sono una minaccia alla libertà di espressione e di assemblea.


Articolo per "La Voce del Nord"
La condanna di Jordi Sànchez e Jordi Cuixart per sedizione viola i loro diritti alla libertà di espressione e all’assemblea pacifica; entrambi devono essere rilasciati immediatamente, ha dichiarato oggi Amnesty International, dopo la pubblicazione della sua analisi della sentenza emessa il mese scorso dalla Corte suprema spagnola.
Le pene detentive inflitte ai due leader della società civile e ad altri sette alti funzionari catalani sono una conseguenza della vaghezza della definizione del crimine di sedizione nel codice penale spagnolo e dell’interpretazione, eccessivamente ampia e pericolosa, di questa definizione che la Corte Suprema ha fatto.
“Jordi Sànchez e Jordi Cuixart devono essere immediatamente rilasciati e le loro sentenze per la sedizione devono essere annullate”, ha dichiarato Daniel Joloy, consigliere politico generale di Amnesty International.
“Allo stesso tempo, la nostra analisi non ha rilevato alcun fattore che indichi che il processo nel suo insieme era ingiusto, è chiaro che l’interpretazione della Corte suprema del crimine di sedizione era eccessivamente ampia e ha portato alla criminalizzazione di atti di protesta legittimo. “
Come cittadini privati e leader delle organizzazioni della società civile, Jordi Sànchez e Jordi Cuixart avevano il diritto di esprimere le loro opinioni e organizzare incontri pacifici per sostenere il referendum e l’indipendenza della Catalogna.
Anche se lo scopo di una qualsiasi di queste riunioni o altre azioni intraprese da loro era di impedire il rispetto di una risoluzione giudiziaria, la legge internazionale sui diritti umani protegge anche la disobbedienza civile pacifica. Presentare accuse eccessivamente gravi per atti di disobbedienza civile limita indebitamente il diritto di riunione pacifica e viola il diritto internazionale.
Dopo aver osservato l’intero processo, Amnesty International conclude che le condanne a nove anni di reclusione inflitte a Jordi Sànchez e Jordi Cuixart per sedizione rappresentano una limitazione sproporzionata dei loro diritti alla libertà di espressione e di riunione pacifica. Ritiene inoltre che la Corte suprema non abbia dimostrato che l’imposizione di condanne così gravi fosse proporzionale agli atti pacifici a loro imputati.
“Le condanne inflitte a Jordi Sànchez e Jordi Cuixart costituiscono chiaramente una limitazione eccessiva e sproporzionata dei loro diritti alla libertà di espressione e di riunione pacifica”, ha affermato Esteban Beltrán, direttore di Amnesty Spagna.
“Il Parlamento deve rivedere urgentemente la definizione del crimine di sedizione per non criminalizzare gli atti pacifici di disobbedienza civile o limitare indebitamente la libertà di riunione o espressione pacifica”.
Amnesty International teme inoltre che la Corte colleghi la gravità del crimine al fatto che l’opposizione all’esecuzione di un ordine del tribunale fosse “massiccia o diffusa”, aprendo così la porta alla possibilità delle autorità di imporre un limite illegittimo del numero di persone che possono esercitare contemporaneamente il loro diritto di protestare pacificamente.
La mancanza di chiarezza sulla definizione del crimine di sedizione nel codice penale che la Corte ha interpretato consente l’imposizione di restrizioni indebite sui diritti alla libertà di espressione e di riunione pacifica. Di conseguenza, tutta una serie di azioni dirette non violente viene ingiustamente criminalizzata.
“Sebbene sia possibile che i leader politici catalani abbiano commesso un crimine perseguibile legalmente tenendo conto delle posizioni che occupavano, la loro condanna per sedizione – un crimine definito con eccessiva vaghezza – viola il principio di legalità. Le autorità devono fornire un rimedio adeguato a questa situazione”, ha affermato Adriana Ribas, coordinatrice di Amnesty International in Catalogna.
“Tutti hanno il diritto di sapere se la loro condotta potrebbe costituire un crimine. Ma questa sentenza mostra che la vaghezza della definizione di crimine di sedizione permette di usarla eccessivamente. L’interpretazione che la Corte Suprema ha fatto di questo crimine ha un effetto paralizzante che potrebbe impedire ai cittadini di partecipare a proteste pacifiche senza paura”.
Amnesty International ha osservato le azioni intraprese contro 12 leader catalani in relazione agli eventi che hanno avuto luogo in Catalogna in merito al referendum del 1 ° ottobre 2017, anche partecipando a tutte le sessioni del processo svoltosi a Madrid.
Le condanne sono state rese pubbliche il 14 ottobre. Sette alti funzionari catalani, oltre a due leader di organizzazioni della società civile, sono stati condannati a una pena detentiva tra i nove e i 13 anni per il crimine di sedizione. Altri tre alti funzionari sono stati condannati per il crimine di disobbedienza e condannati a una multa.
Secondo il diritto internazionale, le restrizioni al diritto di riunione pacifica devono essere previste dalla legge ed essere necessarie e proporzionate a un interesse pubblico specifico. Una manifestazione non perde il suo carattere pacifico perché viene commessa una certa illegalità o perché alcuni manifestanti fanno uso della violenza.
Inoltre, sebbene una condotta pacifica nello sviluppo di una protesta possa essere soggetta a determinate restrizioni, devono essere debitamente previste dalla legge. Tutti i reati devono essere formulati in modo sufficientemente chiaro da consentire alle persone di regolare di conseguenza la propria condotta conclude Amnesty.

lunedì 11 novembre 2019

SPAGNA | Dalle elezioni più forte la contrapposizione tra autonomia e centralismo.


Articolo per "La Voce del Nord"

Nella giornata di ieri, come avrete già letto suo giornali e ascoltato nei notiziari di radio e tv, si sono svolte le elezioni politiche in Spagna, le ennesime consultazioni il cui esito ha generato un parlamento senza una chiara maggioranza.

Da un lato il Partito Socialista ha confermato il 28% delle precedenti consultazioni, i Popolari hanno recuperato terreno superando quota 20% mentre a uscire ridimensionate sono state le due formazioni che avevano caratterizzato con la loro novità il panorama politico spagnolo degli ultimi anni, vale a dire Podemos e Ciudadanos.

Ad uscire rafforzata è stata la destra estrema di Vox, partito guidato da Santiago Abascal, che ha raggiunto il 15% proponendo un programma nel quale chiede un ritorno ad una costituzione che cancelli le autonomie regionali per centralizzare tutto il potere a Madrid.

Gli osservatori sono concordi nel dire che Vox deve molto del suo successo allo «strappo» della Catalogna e la richiesta di indipendenza da parte della Generalitat di Barcellona. Abascal definì il referendum indipendentista « un colpo di stato» e una ferita all’unità della Nazione.

In Catalogna il primo partito è la Sinistra repubblicana, il cui leader Oriol Junqueras è in galera; risalgono gli indipendentisti duri di Junts per Catalunya di Carles Poudjemont. Con gli autonomisti delle Canarie e della Cantabria, si affacciano in Parlamento pure il Blocco galiziano e la lista che ricorda: «Teruel existe!».

Risultati questi ultimi che visti in combinazione con quelli di Vox, che in Galizia e Paesi Baschi non eleggono nessun deputato e sono ai margini in Catalogna, mostrano come una nuova contrapposizione sia emersa dalle urne. Da un lato i popoli oggi rinchiusi nello stato spagnolo che chiedono autodeterminazione, autonomia, libertà e indipendenza e dall’altro la reazione di coloro che da sempre negano libertà e diritti nel nome di un centralismo visto come strumento per proseguire nel controllo delle risorse e ricchezze che galiziani, baschi e catalani producono ogni anno. Con ogni evidenza il concetto di residuo fiscale non è prerogativa esclusivamente lombarda e veneta.

lunedì 14 ottobre 2019

CATALUNYA | Condannati dalla Corte Suprema di Madrid gli indipendentisti catalani.


Articolo per "La Voce del Nord"

La Corte Suprema di Madrid ha emesso stamane la sentenza per il processo che vedeva imputati diversi esponenti dell’indipendentismo catalano. Dure pene per il reato di sedizione, con condanne che vanno dai 9 ai 13 anni hanno colpito gli imputati. A subire la pena maggiore è Oriol Junqueras, con 13 anni, seguito Raül Romeva, Jordi Turull e Dolors Bassa, con 12 anni. Jordi Sànchez e Jordi Cuixart sono stati condannati a nove anni. Per giustificare la sedizione, i magistrati sostengono che nell’autunno del 2017 ci fu una “rivolta e tumulto pubblico” in Catalogna.

L’ex vicepresidente Oriol Junqueras è stato condannato a 13 anni di carcere e 13 anni di interdizione dai pubblici uffici per il crimine di sedizione con appropriazione indebita. Gli ex consiglieri Raül Romeva, Jordi Turull e Dolors Bassa a 12 anni di carcere per sedizione e appropriazione indebita. L’ex presidente del Parlamento catalano Carme Forcadell a 11 anni e mezzo di carcere per sedizione. Santi Vila, Meritxell Borràs e Carles Mundó sono stati condannati solo per il reato di disobbedienza a un anno e otto mesi.
In questo modo, la corte presieduta da Manuel Marchena non condanna per ribellione, ma per sedizione con sanzioni molto elevate.


I magistrati “ritengono che l’esistenza della violenza sia provata”, ma aggiungono che “la scoperta di episodi indiscutibili di violenza non è sufficiente per proclamare che gli eventi costituiscono un crimine di ribellione”. In questo senso, la Corte Suprema sostiene che “la violenza deve essere una violenza strumentale e funzionale, direttamente predisposta, senza passaggi intermedi, ai fini che incoraggiano l’azione dei ribelli”.

D’altra parte, i giudici sostengono che “tutti gli imputati ora soggetti a procedimento giudiziario erano consapevoli della fattibilità legale manifesta di un referendum di autodeterminazione che è stato presentato come il modo per costruire la Repubblica di Catalogna”. Tuttavia, osserva che “nonostante l’esibizione retorica di coloro che sono stati accusati, è vero che, dal punto di vista del fare, era palese l’impossibilità degli atti concepiti per realizzare la promessa di indipendenza”.
Nella loro giustificazione sulla sedizione, i magistrati sostengono che “la difesa politica, individuale o collettiva” dell’indipendenza “non è costitutiva del crimine”. Invece, aggiungono: “lo è mobilitare la cittadinanza in una rivolta pubblica e in un tumulto che, inoltre, impedisce l’applicazione delle leggi e ostacola l’esecuzione delle decisioni giudiziarie”.

lunedì 7 ottobre 2019

ECONOMIA | l'evasione fiscale al sud è il doppio rispetto al nord


Articolo per "La Voce del Nord"

“Recupereremo sette miliardi dalla lotta all’evasione fiscale!”. Il grido di battaglia è arrivato pochi giorni orsono direttamente dalla bocca del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, all'interno del discorso col quale pomposamente annunciava di aver scongiurato l’applicazione delle clausole di salvaguardia, consistenti nell'aumento delle aliquote IVA, andando a reperire i fondi, oltre che al consueto aumento del debito pubblico per 14 miliardi, giustappunto sfoderando uno dei massimi dogmi tanto cari ai suoi nuovi alleati del Partito Democratico.

Memore delle esperienze passate in tema di annunci sulla lotta all'evasione fiscale e contributiva, che mai hanno portati agli incassi attesi dai governi (riprova lo è il fatto che a seguire sono apparse, in forme diverse e sotto differenti governo di ogni colore, numerose misure atte a proporre sanatorie e condoni miranti a coprire i mancati incassi previsti), potrei finire subito questo articolo bollando come ennesima manovra di propaganda il solenne annuncio.

E invece no, per una volta credo veramente nei propositi del governo e voglio dargli fiducia a patto che per una volta voglia seriamente andare a colpire i contribuenti disonesti laddove questi si concentrano maggiormente. Sarà una cosa difficile individuare tali regioni lungo l’italico stivale? Affatto! A mettere nero su bianco tali luoghi ci ha pensato lo stesso governo “giallorosso” in un corposo documento, allegato alla nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza del 30 settembre scorso.

Mi riferisco alla “Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva – anno 2019”, un documento di ben 268 pagine all'interno delle quali emerge con chiarezza come il peso dell’evasione presenti un constante aumento percentuale nel suo percorso dalle Alpi a Lampedusa.

Nella relazione il fenomeno dell’evasione è definita “economia non osservata”, composta da sotto-dichiarazioni dei redditi, attività generate dal lavoro irregolare, le componenti del sommerso economico (mance, fitti in nero e integrazione domanda-offerta) e l’economia illegale.

Ecco cosa scrive il governo: “L’incidenza dell’Economia Non Osservata è molto alta nel Mezzogiorno (19,0% del valore aggiunto), vicina alla media nazionale nel Centro (14,2%) e inferiore nel Nord-est (11,9%) e nel Nord-ovest (11,4%). La Calabria è la regione in cui il peso dell’economia sommersa e illegale è massimo, con il 20,9% del valore aggiunto complessivo, mentre l’incidenza più bassa si registra nella Provincia di Bolzano (10,4%). La Puglia e l’Umbria presentano la quota più alta di rivalutazione del valore aggiunto sotto-dichiarato (8,4%), seguite da Molise e Marche (entrambe 8,2%), mentre il sommerso dovuto all’impiego di input di lavoro irregolare prevale in Calabria (9,4% del valore aggiunto) e Campania (8,6%).”

E ancora: “La quota maggiore dell’Economia Non Osservata a livello territoriale è prodotta nel Mezzogiorno (30,9%) in cui prevalgono le componenti dovute all’impiego di lavoro irregolare (34,5%) e al restante sommerso economico (31,4%).”

Per farla breve l’evasione nel Mezzogiorno è il doppio rispetto a Lombardia e Veneto, proprio le due regioni accusate, da politici, amministratori e compagnia cantante meridionale, di volere una fantomatica “secessione dei ricchi” per le loro richieste di maggiore autonomia…

Come andrà a finire è difficile da prevedere, ma attendo fiducioso (fino ad un certo punto) la stesura di un programma governativo serio e dettagliato per andare a stanare l’evasione, di matrice per larga parte borbonica, che attanaglia questo paese. Nel frattempo sarà meglio per lombardi e veneti mettersi veramente in moto per ottenere quella maggiore autonomia di funzioni e risorse che i difensori delle terre di evasione contrastano piangendo miseria e frodando il fisco.


Ecco il link per scaricare tutta la relazione: http://www.mef.gov.it/documenti-pubblicazioni

martedì 24 settembre 2019

INDIPENDENZA | Nuovi arresti in Catalogna, l’accusa è di “aver pianificato il terrore”


Articolo per "La Voce del Nord"

C’era furia in Catalogna ieri dopo che 500 funzionari della Guardia Civil, che agivano su ordine del tribunale nazionale di Madrid, hanno effettuato una serie di raid mattutini nelle città vicino a Barcellona e arrestato nove attivisti indipendentisti.

Gli arrestati sono stati accusati di aver pianificato atti “terroristici” da mettere in atto nelle prossime settimane, in quanto membri di “un gruppo terrorista secessionista catalano”.

I magistrati ritengono che i detenuti abbiano legami con i Comitati per la difesa della Repubblica (CDR), una rete di assemblee istituite nel 2017 per difendere i tentativi di scissione dalla Spagna promuovendo proteste pacifiche.

La delegata del governo spagnolo in Catalogna, Teresa Cunillera, ha dichiarato: “È un’operazione giudiziaria. La polizia civile della Guardia sta seguendo gli ordini dei giudici per prevenire i crimini”.


Tuttavia, c’è indignazione tra i politici a favore dell’indipendenza e si sostiene che i raid siano stati programmati per spostare l’attenzione dai verdetti nel processo che vede imputati diversi politici catalani davanti alla Corte Suprema di Madrid.

Il presidente catalano Quim Torra ha reagito su Twitter, scrivendo: “La repressione continua ad essere l’unica risposta dalla Spagna. Stanno cercando di ricostruire una narrativa violenta nel periodo precedente al verdetto [del processo dei leader incarcerati]. Non ci riusciranno. Il movimento per l’indipendenza è e sarà sempre pacifico.”

I dirigenti dei CDR hanno dichiarato: “Non importa quante incursioni indiscriminate e detenzioni arbitrarie ci saranno, non fermeranno un popolo determinato e combattivo”.

Partiti a favore dell’indipendenza con parlamentari nel congresso di Madrid, la sinistra repubblicana di Catalogna (ERC) e Junts x Catalonia (JxCat) hanno chiesto al ministero degli affari interni spagnolo di riferire davanti alla camera bassa.

La portavoce di JxCat, Laura Borràs, ha dichiarato: “Questa è un’operazione opaca e criminale contro il movimento per l’indipendenza. Prima arrestano e poi indagano? Vogliamo una spiegazione.”
Una cosa è certa, la repressione centralista spagnola non di ferma, con buona pace dei principi di democrazia e libertà che sarebbero le radici della vecchia Europa, il tutto nell'assordante silenzio di tanti, di troppi.

lunedì 23 settembre 2019

❌🔴❌ Cos’è VOX España? 🔴❌🔴


Vox è stato fondato nel dicembre 2013 da Santiago Abascal e poi lanciato pubblicamente nel gennaio 2014. Nato dalla fuoriuscita di alcuni membri del Partido Popular, si è da subito distinto per alcuni tratti caratteristici: assoluta contrarietà ai separatismi (catalano e basco in testa), no alla politica fiscale e desiderio di riportare maggiore potere al governo centrale smantellando il sistema delle autonomie, istituito nel 1978 in Spagna. Vox si è autodefinita di “estrema destra” e di ispirazione “cristiano-democratica”. In Europa non a caso sono amici di Marine Le Pen e altre formazioni centraliste e anti-liberali.”

Oltre a tutto questo, di gran lunga sufficiente per mandarli a cagare anziché farci alleanze politiche (alquanto impossibili per partiti e movimenti che affondano le proprie radici nei principi di autonomia, autodeterminazione, indipendenza e federalismo, non certo per formazioni neocentraliste e sovratonte), usano anche uno slogan che oggi definiremmo “renziano”...

lunedì 22 luglio 2019

POLITICA | “CHIAGNERE” (miseria) e “FOTTERE” (risorse), come sempre al NORD…


Articolo per "La Voce del Nord"

In queste giornate di fermento sul tema dell’autonomia, chiesta a gran voce da Lombardia e Veneto, il terreno di scontro principale rimane sempre lo stesso, le risorse a disposizione delle regioni che compongono lo stivale, molte delle quali incapaci di spenderle in maniera adeguata.
Nel merito uno degli scogli principali che emerge nel dibattito tra il governo e le regioni padane riguarda i risparmi generati da una maggiore efficienza amministrava nella gestione delle competenze trasferite che il governo vorrebbe tenersi in cassa a Roma, se non redistribuire alle regioni meridionali, i cui esponenti di ogni grado e impenitenza non passano giorno senza piangere miseria, puntando perennemente il dito contro i cattivoni del nord che hanno l’ardore di chiedere di poter gestire una quota maggiore delle tasse che pagano grazie al proprio lavoro.
Tasse che nell’ex Regno delle Due Sicilie si guardano bene dal pagare, come emerge da uno studio dell’Università della Tuscia (non il primo peraltro n.d.r.) riportato brevemente sul sito del Corriere della Sera di sabato 20 luglio, la cui lettura consiglio a tutti per comprendere per l’ennesima volta, se mai ve ne fosse bisogno, come il detto napoletano “chiagni e fotti” sia l’unico vero e proprio “programma politico” che anima tutti coloro che, da certe latitudini, si scagliano contro la voglia di autonomia di lombardi e veneti.
Ecco l’articolo, buona e incazzata lettura…
L’economia sommersa non dichiarata dalle persone fisiche ammonta in Italia a circa 119 miliardi di euro. E nelle regioni del Sud il fenomeno è più accentuato, specie in Campania, Calabria e Sicilia. È quanto emerge da uno studio del Dipartimento Economia impresa e società dell’università della Tuscia che ha esaminato i dati delle ultime dichiarazioni dei redditi, relative al 2017, confrontandoli con i consumi delle famiglie nello stesso anno. Esiste, rileva l’indagine, un divario del 17,5% tra il reddito disponibile degli italiani ed i loro consumi. In pratica il valore del sommerso Irpef è 5 volte superiore ai 23 miliardi che servono per evitare gli aumenti Iva.
In sostanza, spiega lo studio, pur ipotizzando che non sia stato risparmiato nulla da nessuno in Italia nel 2017, si sono spesi 118,8 miliardi in più di quanto è stato dichiarato (e che al massimo poteva essere speso). La ricerca non considera l’intera casistica delle società di capitali (che non distribuiscono utili ai soci persone fisiche) né l’Iva, quindi il divario individuato attiene solo il mondo delle persone fisiche. Guardando alle singole Regioni, al primo posto la percentuale di divario più alta si registra in Campania (29,02%), segue la Calabria (26,77%) e la Sicilia (26,51%); la percentuale più bassa è invece rilevata nelle Marche (1,17%). Considerando il biennio 2016/2017, il sommerso vale circa 217 miliardi, ed è sempre la Campania al primo posto con la percentuale più alta (24,97%), seguita da Lazio (22,59%) e Molise (22,56%); la percentuale più bassa è invece nelle Marche in cui è negativa (-0,22%): la spesa media complessiva è cioè inferiore al reddito disponibile.