domenica 12 luglio 2015
#LOMBARDIA | il suo grande patrimonio #Unesco
La Lombardia è arte, storia, cultura, tradizioni, identità ed anche modernità, perché chi guarda solo al passato non potrà mai vincere le battaglie di domani e tutelare veramente l'eredità dei nostri padri.
domenica 14 giugno 2015
UNIONI CIVILI | Si al registro, ma serve una legge nazionale.
Nella seduta di domani, lunedì 15/06, il consiglio comunale dovrebbe (salvo imprevisti che non credo vi saranno) approvare il regolamento per l'istituzione del registro per le unioni civili.
Sul tema, all'epoca della presentazione della mozione due anni orsono, la Lega aveva preso posizione lasciando piena libertà di coscienza come potete leggere nel comunicato inviato alla stampa che ripropongo di seguito.
Personalmente domani non avrei problemi a votare a favore del provvedimento, anche se lo ritengo di scarsa efficacia da un punto di vista pratico, nella speranza che il parlamento nazionale affronti il tema una volta per tutte in maniera seria e non ideologica, accantonando le visioni "estreme" che purtroppo pervadono ancora pesantemente tanto il fronte favorevole quanto quello contrario.
Comunicato Stampa | LEGA NORD: Sul Registro Unioni Civili libertà di coscienza, ma le priorità devono essere altre. Prima tra tutte il lavoro e le imprese.
CREMA, 4 aprile 2013 – Sul tema dell’istituzione di un registro delle unioni civili presso il Comune di Crema, iniziativa portata avanti da alcune formazioni presenti in consiglio comunale con il bene placito dell’amministrazione, il Direttivo cittadino della Lega Nord si è di recente riunito per esaminare il tema e deliberare in merito.
La valutazione principale che i membri della direzione hanno fatto è che l’argomento, meritevole della massima attenzione, non rientri tra le prerogative di competenza di una amministrazione comunale.
L’alveo nel quale la problematica deve essere affrontata è il parlamento nazionale, che si dovrebbe esprimere con una normativa chiara in materia.
Trattandosi di un tema che tocca le coscienze di tutti il Direttivo ha deliberato di lasciare piena libertà ai suoi stessi membri, nonché alla rappresentanza del movimento in consiglio comunale, di esprimersi sulla proposta.
Il tutto partendo dal presupposto che la Lega Nord non si è mai posta come un soggetto politico portatore di una visione “ideologica” della comunità.
LEGA NORD | Sezione di Crema
lunedì 8 giugno 2015
in MEMORIA di Bruno SALVADORI
Nel 35° anniversario della prematura scomparsa, avvenuta a soli 38 anni in un incidente stradale, un doveroso ricordo di Bruno Salvadori.
“Nascere in Valle d'Aosta o avere antenati valdostani da innumerevoli generazioni non vuole affatto dire che si faccia parte della comunità etnica valdostana. L'ethnie è una scelta perché non può assolutamente essere un atto passivo, ma richiede una lotta costante, con i mezzi di cui ognuno può disporre per la sua difesa e, soprattutto, per la sua proiezione nell'avvenire”
(Bruno Salvadori, "Ethnie": un nuovo modo di concepire la realtà sociale e politica, da L'Union des Valdôtains, marzo 1974)
Bruno Salvadori (Aosta, 23 marzo 1942 – Genova, 8 giugno 1980) è stato un giornalista e politico italiano. Aderente sin dalla giovane età al movimento politico valdostano dell'Union Valdôtaine attraverso la sezione giovanile della Jeunesse Valdôtaine, in cui entrò nel 1965, ha lavorato al SAVT (il sindacato dell'area autonomista) e ha diretto il settimanale del Mouvement, Le peuple valdôtain. Dopo aver ricoperto l'incarico di capo ufficio stampa della Giunta regionale, nel 1978 è stato eletto consigliere regionale, ruolo che ha ricoperto sino alla sua morte, avvenuta sull'autostrada Genova - Ivrea a Voltri, a causa di un incidente mentre era alla guida della sua auto.
Il pensiero politico: l'influenza sull'Union Valdôtaine e la Lega Nord
Teorizzatore dell'autodeterminazione dei popoli (le cosiddette nazioni senza Stato), e dell'appartenenza ad un popolo tramite criteri culturali e non di sangue, portò significativi mutamenti nel pensiero dell'Union Valdôtaine, fino ad allora un partito legato essenzialmente alle famiglie di origine valdostana: l'autonomismo diveniva così una scelta e non una mera tradizione politica.
Teorizzò e riuscì a portare a termine l'unificazione dei movimenti regionalisti, indipendentisti e federalisti della Valle d'Aosta, ricompattando l'UV dopo la fuoriuscita dell'ala progressista (Union Valdôtaine Progressiste, UVP), della quale lui stesso ha fatto parte. Portò progressivamente il pensiero del mouvement ad abbandonare il concetto di allargamento e rafforzamento dell'etnia valdostana (contenuto nello Statuto UV del primo dopoguerra) per arrivare progressivamente al concetto di Europa dei popoli, teorizzato da Émile Chanoux e contenuto nella Dichiarazione di Chivasso.
Sottolineò l'importanza di ottenere una maggioranza assoluta dei seggi in Consiglio Valle tra i soli movimenti autonomisti, nei quali vedeva l'unica via per il perseguimento dell'autonomia speciale valdostana, con uno smarcamento totale dai partiti nazionali italiani.
Le convinzioni federaliste di Salvadori contribuirono a formare il pensiero leghista, e in particolare quello di Umberto Bossi, che successivamente, sulla traccia lasciata da Salvadori, federò i movimenti e i partiti federalisti e indipendentisti del nord Italia.
(Bruno Salvadori, "Ethnie": un nuovo modo di concepire la realtà sociale e politica, da L'Union des Valdôtains, marzo 1974)
Bruno Salvadori (Aosta, 23 marzo 1942 – Genova, 8 giugno 1980) è stato un giornalista e politico italiano. Aderente sin dalla giovane età al movimento politico valdostano dell'Union Valdôtaine attraverso la sezione giovanile della Jeunesse Valdôtaine, in cui entrò nel 1965, ha lavorato al SAVT (il sindacato dell'area autonomista) e ha diretto il settimanale del Mouvement, Le peuple valdôtain. Dopo aver ricoperto l'incarico di capo ufficio stampa della Giunta regionale, nel 1978 è stato eletto consigliere regionale, ruolo che ha ricoperto sino alla sua morte, avvenuta sull'autostrada Genova - Ivrea a Voltri, a causa di un incidente mentre era alla guida della sua auto.
Il pensiero politico: l'influenza sull'Union Valdôtaine e la Lega Nord
Teorizzatore dell'autodeterminazione dei popoli (le cosiddette nazioni senza Stato), e dell'appartenenza ad un popolo tramite criteri culturali e non di sangue, portò significativi mutamenti nel pensiero dell'Union Valdôtaine, fino ad allora un partito legato essenzialmente alle famiglie di origine valdostana: l'autonomismo diveniva così una scelta e non una mera tradizione politica.
Teorizzò e riuscì a portare a termine l'unificazione dei movimenti regionalisti, indipendentisti e federalisti della Valle d'Aosta, ricompattando l'UV dopo la fuoriuscita dell'ala progressista (Union Valdôtaine Progressiste, UVP), della quale lui stesso ha fatto parte. Portò progressivamente il pensiero del mouvement ad abbandonare il concetto di allargamento e rafforzamento dell'etnia valdostana (contenuto nello Statuto UV del primo dopoguerra) per arrivare progressivamente al concetto di Europa dei popoli, teorizzato da Émile Chanoux e contenuto nella Dichiarazione di Chivasso.
Sottolineò l'importanza di ottenere una maggioranza assoluta dei seggi in Consiglio Valle tra i soli movimenti autonomisti, nei quali vedeva l'unica via per il perseguimento dell'autonomia speciale valdostana, con uno smarcamento totale dai partiti nazionali italiani.
Le convinzioni federaliste di Salvadori contribuirono a formare il pensiero leghista, e in particolare quello di Umberto Bossi, che successivamente, sulla traccia lasciata da Salvadori, federò i movimenti e i partiti federalisti e indipendentisti del nord Italia.
giovedì 7 maggio 2015
GIUNTA BONALDI | terzo compleanno e nulla da festeggiare...
Forse in pochi vi avranno fatto caso ma nella giornata di oggi si "festeggia" (alquanto teoricamente) il terzo compleanno della sinistra alla guida della Città.
Correva l'anno 2012 (il 7 maggio per l'appunto) quando il Partito Democratico ed i suoi alleati, vinsero le elezioni amministrative.
Trascorsi i tre/quinti del mandato un bilancio di quanto fatto è doveroso, anche se decisamente povero, e si può sintetizzare nell'immagine che segue.
La chiusura del tribunale, l'ostinazione di realizzare una moschea e l'installazione dell'autovelox in tangenziale...
La chiusura del tribunale, l'ostinazione di realizzare una moschea e l'installazione dell'autovelox in tangenziale...
mercoledì 29 aprile 2015
#PERGOCREMA | Macalli condannato, la sentenza del Tribunale Federale Nazionale
Era una sera di agosto del 2012 quando, navigando nel sito del Ministero dello Sviluppo Economico, scoprivo che il Ragioniere Mario Macalli aveva provveduto nei primi mesi del 2011 a registrare ben quattro marchi riconducibili al Pergocrema .
Dopo poco tempo, come Comitato Popolo Cannibale, rendemmo pubblico quanto avevo trovato e ponemmo pubblicamente la domanda se fosse "regolare" che un presidente registrasse i simboli di una società appartenente alla propria lega calcistica.
Nessuna risposta arrivò dall'interessato, se non un "chi cazzo siete, cosa volete! a parlare saranno gli avvocati".
Oggi, a distanza di quasi tre anni, le risposte sono arrivate e le potete leggere nello stralcio della sentenza del Tribunale Sportivo.
Risposte che hanno portato alla condanna a 6 mesi di inibizione nei confronti del Ragioniere Mario Macalli.
Ecco la sentenza di condanna nella quale troverete evidenziate in giallo le parti più significative.
TRIBUNALE FEDERALE NAZIONALE
SEZIONE DISCIPLINARE
TRIBUNALE FEDERALE NAZIONALE
SEZIONE DISCIPLINARE
COMUNICATO
UFFICIALE N. 53/TFN
Sezione Disciplinare (2014/2015)
Il Tribunale Federale
Nazionale – Sezione disciplinare, costituito dall’Avv. Sergio Artico Presidente;
dall’Avv. Riccardo Andriani, dall’Avv. Amedeo Citarella, dall’Avv. Arturo Perugini,
dall’Avv. Gianfranco Tobia Componenti; con l’assistenza del Dott.
Paolo Fabricatore Rappresentante A.I.A.; del Sig. Claudio Cresta Segretario,
con la collaborazione dei Signori Salvatore Floriddia, Paola Anzellotti e
Nicola Terra, si è riunito nei giorni 9 aprile 2015 e 23 aprile 2015 e ha
assunto le seguenti decisioni:
(135) – DEFERIMENTO DEL
PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: MARIO MACALLI (Presidente della Lega Italiana
Calcio Professionistico) - (nota n. 7044/205 pf12-13/SP/AM/blp del 9.3.2015).
Letti gli atti
Visto il deferimento
disposto dalla Procura federale in data 9 marzo 2015 nei confronti di Mario
MACALLI, nella sua qualità di Presidente della Lega Pro, per rispondere
delle seguenti incolpazioni:
1) violazione dell’art. 1, comma 1 (principi
di lealtà, correttezza e probità) del C.G.S. (oggi trasfuso nell'art. 1 bis
comma 1 del nuovo C.G.S.) perché nel corso della stagione sportiva 2011-2012 e delle stagioni sportive successive, allorché rivestiva la qualifica di
Presidente della Lega Pro, poneva in essere le seguenti condotte:
- nel febbraio 2011,
registrava a suo nome, presso l’Ufficio Marchi e Brevetti della CCIAA di Roma,
i marchi Pergocrema, Pergocrema 1932, Pergolettese e Pergolettese 1932;
- nel luglio 2012, essendo
stato dichiarato il fallimento della U.S. Pergocrema 1932, concedeva in uso
gratuito, con potestà di revoca, al sig. Cesare Angelo Fogliazza il marchio
Pergolettese 1932 e quest’ultimo per accordi interceduti con lo stesso Macalli provvedeva
al cambio di denominazione della Soc. Pizzighettone ed al suo trasferimento a Crema;
- nell'ottobre del 2013,
allorché la Pergolettese 1932 è stata promossa dal campionato di Serie D in
Lega Pro Seconda Divisione, provvedeva a donare il marchio U.S. Pergolettese 1932
alla stessa società in persona del suo legale rappresentante e ciò solo dopo
aver appreso di essere indagato e dopo che la società di cui aveva la
titolarità del marchio si era iscritta ad un Campionato organizzato dalla Lega
di cui era Presidente;
- il Macalli con le
condotte di cui sopra di fatto ha stabilito chi dovesse svolgere l’attività calcistica
nella città di Crema e con ciò venendo meno al suo ruolo di imparzialità quale Presidente
della Lega Pro e Vice Presidente della Federazione Italiana Gioco Calcio e in conflitto
di interessi per l’acquisizione di marchi relativi e denominazioni di società
sportive rimanendo a tutt'oggi titolare di tre dei quattro marchi citati;
...omissis...
Preso atto, a questo punto,
delle richieste istruttorie formulate in memoria dalla difesa dell’incolpato e
ribadite in udienza e dell’opposizione del Procuratore federale all'ammissione delle stesse basata sulla irrilevanza di dette richieste al fine del decidere.
Sul punto il Tribunale,
riunitosi in camera di consiglio, così ha deciso:
ORDINANZA n. 3
Il Tribunale Federale
Nazionale,
viste le istanze istruttorie dell’incolpato alle quali si è opposta
la Procura Federale;
ritenuta ammissibile e
rilevante la prova testimoniale a mezzo del Sig. Angelo Cesare Fogliazza sui
due capitoli di prova articolati a pag. 37 della memoria difensiva;
ritenuti irrilevanti e
genericamente formulati i restanti capitoli di prova con gli altri testi indicati
ed assorbente il suddetto rilievo;
P.Q.M.
Ammette la prova
testimoniale nei limiti di cui sopra, onerando il deferito della convocazione
del teste (...omissis...).
Ascoltato nella successiva
seduta del 23 aprile 2015 il teste ammesso sig. Angelo Cesare Fogliazza sulle
seguenti circostanze:
1. in merito alla genesi
del rapporto con l’amministrazione Comunale di Crema ed alle trattative per trasferire
la sede sportiva della società U.S. Pizzighettone, della quale è tutt'ora
socio
di maggioranza e vice presidente, presso la città di Crema;
2. in merito ai rapporti
intercorsi con il Presidente della Lega Pro rag. Mario Macalli, in riferimento
alla concessione del marchio U.S. Pergolettese 1932 srl, del quale successivamente
è divenuto titolare legittimo.
Preso atto delle
precisazioni fornite, all'esito della prova, dall'incolpato
Ascoltato il
Procuratore federale che, dopo una dettagliata requisitoria nel corso della quale
ha ripercorso tutti i passaggi analiticamente descritti nel deferimento, ha
concluso per l’affermazione di responsabilità del Macalli chiedendo
l’irrogazione della sanzione della inibizione per mesi 8 (otto).
Ascoltata la difesa del
soggetto deferito che, dopo aver ricostruito i fatti oggetto della incolpazione,
ha ribadito le ragioni per le quali il deferimento sarebbe del tutto infondato.
In particolare la difesa dell’incolpato ha insistito nel rappresentare come
tutti i comportamenti tenuti dal Macalli sarebbero legittimi e coerenti giacché
la registrazione dei marchi sarebbe avvenuta alla luce del sole e comunque in
nessun momento l’incolpato sarebbe stato titolare di un marchio appartenente ad
una società militante nella Lega da lui presieduta. Inoltre nessun
comportamento attivo sarebbe ravvisabile nello svolgimento del procedimento che
aveva portato al fallimento del Pergocrema e dunque il Macalli non avrebbe
favorito nessun soggetto per l’acquisizione dei diritti della società
calcistica di Crema. Inoltre la mancata erogazione dei diritti TV alla società
sarebbe stata determinata dalla esigenza di rispettare la normativa vigente.
In conclusione il Macalli
dovrebbe essere pienamente prosciolto, in subordine, ove venisse accertata
qualche responsabilità a carico della stesso, potrebbe al massimo essere
irrogata una sanzione minima e di tipo pecuniario.
Ascoltato, infine, il
soggetto deferito in persona il quale ha tenuto a ribadire la piena correttezza
dei propri comportamenti e tutto il proprio disagio nel partecipare a questo giudizio
come soggetto incolpato.
Trattenuto il giudizio in
decisione, il Tribunale federale nazionale, sezione disciplinare, dopo una
lunga camera di consiglio, così ha deliberato.
* * *
Per quanto attiene ai fatti
oggetto del primo capo di incolpazione, non c’è dubbio e non è nemmeno
contestato che nel febbraio 2011 il Macalli, che rivestiva la qualifica di Presidente
della Lega Pro, senza informarne alcuno abbia richiesto la registrazione a suo nome,
presso l’Ufficio Marchi e Brevetti della CCIAA di Roma, i marchi Pergocrema, Pergocrema
1932, Pergolettese e Pergolettese 1932. Ciò appare di per sé contrario ai doveri
di lealtà e correttezza imposti dall'art. 1 comma 1 del CGS all'epoca vigente,
oggi trasfusi nell'art. 1 bis comma 1 CGS. Non è certo sufficiente essere
cresciuto nel quartiere del Pergoletto o essere stato giocatore e poi tifoso
della squadra locale per potersi impossessare di ogni marchio riconducibile a
tale quartiere, marchi sui quali il deferito non aveva altro diritto che quello
di essere stato il primo e l’unico a pensare alla loro registrazione.
Certamente il deferito non li aveva ideati e non ne aveva acquistato in alcun modo
i diritti.
La violazione sussiste
anche con riferimento al marchio della soc. Pergocrema 1932, la cui registrazione
non venne accettata nel febbraio 2011 (ma lo fu soltanto dopo la dichiarazione
del fallimento della società) in quanto il Pergocrema era società attiva che disputava
il campionato di Lega Pro utilizzando correttamente il marchio. Di fatto, dopo
il fallimento della Pergocrema 1932, il deferito ottenne il monopolio dei
marchi riconducibili al quartiere Pergoletto e, quindi, alla squadra rivale
dell’altra compagine cittadina, il Crema. Tale intento appare censurabile anche
perché perseguito dal Presidente della Lega Pro nonché prestigioso dirigente
della Federazione, tenuto per le sue cariche al massimo della correttezza e
dell’imparzialità.
Per quanto attiene alla
vicenda legata alla concessione in uso del marchio Pergolettese 1932 alla
squadra che sostituì il Pergocrema 1932 dopo il fallimento, essa va ricostruita
attraverso i documenti, gli atti del procedimento penale e le dichiarazioni
rese dai testi al magistrato ordinario, alla Procura federale e, per quanto
riguarda il teste Cesare Angelo Fogliazza, anche dinanzi a questo Tribunale.
Alla luce di tali elementi appare certo che fu proprio il Presidente Macalli il
reale artefice dell’operazione che portò la squadra del Pizzighettone (della
quale il Fogliazza era il dominus) a trasferirsi a Crema con il nuovo nome di
Pergolettese 1932. Le dichiarazioni rese in dibattimento dal Fogliazza,
tendenti a ridimensionare il ruolo del deferito, sono smentite da molteplici
voci processuali. Devono quindi essere valutate complessivamente inattendibili.
Walter Della Frera, Consigliere del Comune di Crema ha riferito di avere
seguito in prima persona le vicende del Pergocrema, sia come Medico Sociale del
Pergocrema sino al 2000 sia come Consigliere del Comune di Crema incaricato
allo sport dal giugno del 2012 ma anche per via della sua attività professionale
di medico sportivo e titolare di un ambulatorio di fisioterapia in Crema che aveva
tra i clienti anche molti calciatori. Prima della dichiarazione di fallimento
Della Frera era negli U.S.A. in vacanza ma si teneva in contatto telefonico
proprio con il Presidente Macalli (non con Fogliazza come da questi riferito).
Fu Macalli a dirgli che Cesare Fogliazza era interessato a venire a far calcio
a Crema e voleva parlare con il Sindaco per l'utilizzo delle strutture del
Comune di Crema. Fu sempre il deferito che gli disse che se tale ipotesi si
fosse concretizzata la società si sarebbe chiamata Pergolettese. Agostino Alloni,
Consigliere del Comune di Crema ha riferito che nella primavera del 2012 in
rappresentanza del Comune, con Della Frera, si recò dal Presidente Macalli
perché sulla stampa si avvicendavano articoli che parlavano dei debiti della
società Pergocrema 1932.
Secondo Alloni l’operazione
non si poteva definire senza l’assenso di Macalli che avrebbe dovuto concedere
l'utilizzo del marchio. La tesi difensiva del deferito (e le conformi dichiarazioni
testimoniali del Fogliazza) viene smentita anche da Andrea Micheli, Presidente
e legale rappresentante del A.S. Pizzighettone e poi della Pergolettese 1932 nonché
nipote di Cesare Fogliazza. Micheli riferisce che fin dagli inizi di giugno
2012 (prima della dichiarazione di fallimento della Pergocrema 1932) il
Fogliazza lo informò del progetto di far passare il Pizzighettone a Crema
cambiando denominazione, militando in L.N.D. con un nuovo marchio ovvero
Pergolettese 1932 con il consenso di Macalli che si fidava di lui. Fu in quel
momento che Micheli venne a conoscenza del fatto che Macalli fosse proprietario
del marchio Pergolettese in quanto prima non conosceva il deferito né sapeva
che avesse registrato il marchio solo un anno prima assieme ad altri marchi riconducibili
al Pergocrema. Micheli ha dichiarato di aver partecipato, pochi giorni prima del
30 giugno 2012, a un incontro nell'ufficio di Macalli con Alloni, Fogliazza e
un avvocato che rappresentava i futuri eventuali soci.
Secondo il Micheli, se non
fosse andata in porto la trattativa con il Pizzighettone, il Presidente Macalli
non avrebbe mai concesso l'uso del marchio ad altri, considerati anche gli
accordi precedenti con lo zio. Del resto tale circostanza è confermata dal
fatto certo che il Macalli negò l’utilizzo del marchio perfino ai soggetti
indicati dall'amministrazione comunale. Inoltre, secondo Micheli, il Fogliazza
gli illustrò il progetto non dopo il fallimento bensì quando il Pergocrema non
era ancora fallito e gli disse che in alternativa, si poteva cercare di evitare
il fallimento ma era una strada difficilmente percorribile e lontana dalle loro
possibilità anche economiche e quindi si rendeva necessario attendere il
fallimento e poi portare avanti la loro soluzione. Quanto dichiarato dal
deferito (Macalli n.d.r.) è contrastato dalle dichiarazioni rese dal Micheli all'autorità giudiziaria. Il presidente Macalli in sede di interrogatorio al P.M. della
Procura della Repubblica di Roma aveva dichiarato che "dopo il
fallimento il nuovo presidente della società (Micheli Andrea) mi ha chiesto dì
potere utilizzare il marchio PERGOLETTESE 1932 ed io ho immediatamente acconsentito
senza pretendere alcunché in cambio”. Al contrario Micheli ha invece
dichiarato di essere stato informato della trattativa da suo zio, Cesare
Fogliazza che gli disse che "c'era la possibilità di trasferirsi a
Crema (da Pizzighettone) e militare in Lega Nazionale Dilettanti con un nuovo
marchio ovvero PERGOLETTESE 1932 perché a suo dire MACALLI era disponibile a
consentirne l'utilizzo ". Va infine ricordata l’informativa della
Guardia di Finanza 24/10/2013 indirizzata al P.M. nella quale può leggersi “esulando
dalla qualificazione giuridica ricoperta, è bene rimarcare che Macalli, pur non
ricoprendo alcuna carica formale nel "Pergocrema" (in difficoltà
economiche) ed essendo proprietario di quel marchio e di altri tre della stessa
società sportiva, ha tenuto delle riunioni nel suo studio per definirne il futuro
assetto societario, stringendo accordi con il FOGLIAZZA a cui ha concesso
l'utilizzo del marchio "Pergolettese", come dichiarato da MICHELI
Andrea e da ALLONI Agostino.
Analoga dichiarazione è
stata resa da FOGLIAZZA che ha riferito di essere stato convocato appositamente
da MACALLI in un incontro a due, nel corso del quale gli venne proposto di
spostare la squadra da Pizzighettone a Crema e che, in caso positivo, MACALLI
si rendeva disponibile a concedere il marchio. Anzi, questa sembra proprio una conditio
sine qua non, considerato che tale concessione è stata negata da MACALLI alla Amministrazione
comunale di Crema e alle varie cordate di imprenditori disposti a far parte
della società sportiva. Anche DELLA FRERA, dagli U.S.A., era in continuo
contatto telefonico con Macalli per seguire l'andamento della vicenda, a
conferma che l'indagato costituiva il perno delle trattative”. Sta di fatto comunque che il Presidente
Macalli, pur mantenendo la titolarità del marchio almeno fino all’ottobre 2013,
nel luglio 2012 ne concesse gratuitamente l’utilizzo proprio al Fogliazza
consentendogli di portare a temine l’operazione di trasferimento della sua
società da Pizzighettone a Crema con il mutamento della denominazione sociale
in quella di Pergolettese 1932.
Al termine della successiva
stagione agonistica la Pergolettese 1932 ottiene la promozione in Lega Pro ma
il Presidente Macalli mantiene la titolarità del marchio fino al successivo
mese di ottobre quando lo dona al Fogliazza. E’ evidente che in questi mesi il conflitto
di interessi in capo al deferito diventa anche formale e quindi si realizza un’ulteriore
violazione degli obblighi sanciti dall’art 1 comma 1 (ora 1bis comma 1) del CGS.
Da evidenziare che, comunque, il Presidente Macalli, anche dopo la donazione, mantiene
un controllo sulla Pergolettese imponendo la presenza di un tutor di sua
fiducia.
Tale imposizione, limitando
la piena disponibilità del marchio e consentendo un sia pur blando controllo
sulla società Pergolettese 1932, costituisce una forma di ingerenza nella gestione
della società incompatibile con le cariche rivestite dal deferito.
Appare pertanto fondata la
tesi della Procura Federale secondo la quale il Presidente Macalli ha di fatto
determinato chi dovesse avere la possibilità di sostituire la Pergocrema 1932 e
quindi chi dovesse svolgere attività agonistica nella città di Crema,
designando a farlo persona di antica conoscenza e di sua totale fiducia. Le
condotte tenute dal deferito violano pertanto i doveri di imparzialità, di
correttezza e di lealtà tanto più cogenti per chi ricopre cariche di così
elevato vertice come il Presidente Macalli.
I fatti contestati con il
primo capo di incolpazione sono disciplinarmente rilevanti e comportano una
sanzione disciplinare complessivamente valutata come in dispositivo.
...omissis...
Nel determinare la sanzione
indicata nel dispositivo si è tenuto conto della rilevanza della violazione disciplinare contestata e della
più volta richiamata posizione rivestita dal deferito ai vertici della Lega Pro
e della Federazione Italiana Giuoco Calcio.
P.Q.M.
In parziale accoglimento
del deferimento, irroga nei confronti del Presidente Mario Macalli la sanzione
della inibizione per mesi 6 (sei).
Il Presidente del TFN
Sez. Disciplinare Avv. Sergio Artico
Il Segretario Federale Antonio Di Sebastiano
Il Presidente Federale Carlo
Tavecchio
Per i malfidenti che non dovessero credere a quanto ho riportato di seguito il link al sito della FIGC dal quale è possibile scaricare la sentenza completa, comprensiva del secondo capo di imputazione per il quale l'imputato non è stato condannato per "insufficienza di prove".
sabato 14 marzo 2015
AUTOVELOX | Caro Cremasco, paga e taci...
"predicare bene e razzolare male", mai come oggi questo detto popolare calza a pennello per definire l'azione amministrativa della giunta formata dal Partito Democratico, Sel e Rifondazione Comunista per quanto riguarda la gestione del bilancio comunale.
Nei 5 anni della giunta di centrodestra (nei quali le entrate dalle multe sono aumentate di 100.000 euro nel quinquennio, pari a 20.000 euro l'anno) l'allora minoranza gridava allo scandalo accusandoci di "fare cassa" con le multe perché incapaci di trovare altre risorse, oggi (com'è possibile leggere nei documenti di bilancio del comune), in un solo anno, la maggioranza prevede di portare le sanzioni da 882.000 a 1.120.000, con un aumento di ben 238.000 euro, +26%.
Ogni commento è superfluo, anzi no...
Nei 5 anni della giunta di centrodestra (nei quali le entrate dalle multe sono aumentate di 100.000 euro nel quinquennio, pari a 20.000 euro l'anno) l'allora minoranza gridava allo scandalo accusandoci di "fare cassa" con le multe perché incapaci di trovare altre risorse, oggi (com'è possibile leggere nei documenti di bilancio del comune), in un solo anno, la maggioranza prevede di portare le sanzioni da 882.000 a 1.120.000, con un aumento di ben 238.000 euro, +26%.
Ogni commento è superfluo, anzi no...
giovedì 5 marzo 2015
#LIBERTA' | Gianfranco Miglio parla di Secessione ospite di Gad Lerner
Trascrizione dell'intervista andata in onda nell'ottobre 1990 su Rai 3, all'interno della trasmissione "Nella Tana della Lega"
GAD LERNER: Gianfranco Miglio, professore di Scienze della politica all'Università Cattolica di Milano.
Lei che è un intellettuale raffinato, cosa ne pensa del linguaggio e anche dei gesti che abbiamo appena visto di Umberto Bossi?
GIANFRANCO MIGLIO: Non mi meravigliano assolutamente. Un uomo politico che vuole tenere il contatto con l’opinione pubblica, con determinati strati del suo elettorato deve corrispondere anche a certe attese, sotto questo profilo la conoscenza di quello che è la carriera degli uomini politici che hanno contato nella storia politica ci induce a non meravigliarci affatto, perché c’è un Bossi che è quello che abbiamo visto qui e c’è un Bossi, invece, con cui si ragiona, con cui si discutono i problemi pacatamente e non diversamente da quello, almeno per quanto mi riguarda, che mi è capitato nel discutere con altri uomini politici italiani.
LERNER: Lo sa che i giornali la indicano un po’ come il teorico, quasi il padre spirituale delle Leghe?
MIGLIO: No, guardi, questa è stata una coincidenza oggettiva, per due ragioni; la prima è la mia convinzione che lo stato nazionale italiano non abbia basi, di conseguenza finché non risolveremo quel problema noi potremo sperimentare tutte le soluzioni costituzionali ma nessuna sarà veramente soddisfacente.
LERNER: Un’Italia non esiste, un’Italia unita?
MIGLIO: Un’Italia, una nazione Italia non c’è. Ho sentito che anche recentemente De Felice lo ha detto in una delle vostre trasmissioni di canale 3. Ecco, l’altro motivo è il fatto che io sono fortemente partecipe dell’indignazione del Paese, io sono uno dei tanti, dei parecchi milioni di italiani che non ne possono più di questo sistema politico ed amministrativo.
(Scrosciante applauso dalla sala)
LERNER: Non credo che il professore … mi scusi se interrompo questa intervista… vedo che i simpatizzanti della Lega hanno occupato le prime file di questo teatro con una scelta più che legittima, non credo che il professor Miglio gradisca di essere applaudito o fischiato perché più che allo stadio è abituato alle aule universitarie e comunque di certo tutti gli altri nostri ospiti sono venuti per ragionare sul fenomeno della Lega; i vostri applausi o fischi da questo punto di vista non cambiano assolutamente nulla, grazie.
A pagina 168 del suo libro più recente, che tanta discussione ha suscitato, Una costituzione per i prossimi trent'anni, adopera una parola molto pesante, secessione; crede davvero nella possibilità che il Nord d’Italia abbandoni il resto del Paese attraverso una secessione?
MIGLIO: Mah, io credo che, se non si arriva a correggere i difetti del nostro sistema politico amministrativo di cui parlavo prima, è fatale che la parte più europea dell’Italia si disponga a separare le sue sorti da quelle del resto del Paese; nessuno può essere costretto a vivere in un Paese che non sente più come il suo. E, d’altra parte, la formazione della Lega Nord è già il presupposto di questa condizione che, badi, è durata sempre nella nostra storia, c’è sempre stata potenziale unità della Valle Padana anche attraverso le diverse divisioni politico costituzionali e giuridiche.
Quindi non la considero affatto, così, una minaccia vaga; se, come io credo, nel ’93 ci accorgeremo che, anche per volontà di una parte della nostra classe politica, noi non entriamo effettivamente nel mercato omogeneo europeo, o ci entriamo restando fuori dalla porta, ecco allora questi problemi di coerenza con i propri ideali di vita si porranno e allora il rischio di una secessione si presenta. Del resto viviamo nell'epoca in cui i russi stanno cercando di forgiare una costituzione che permetta il diritto di andarsene, cioè quello che io chiamo il diritto di stare con chi si vuole, gli jugoslavi stanno rischiando una guerra civile per arrivare a quello.
LERNER: Lo scenario è proprio di queste ore. Lei ha parlato di una parte dell’Italia più europea, nel suo libro addirittura scrive di una attitudine antropologica, che sarebbe un po’ come dire quasi un difetto congenito degli italiani del centro e del sud a instaurare rapporti clientelari se non addirittura mafiosi con i politici; davvero pensa questo?
MIGLIO: Nel mio libro io dico che sono due modelli di esistenza e di vita che io rispetto entrambi. Naturalmente io sento di appartenere, per tutta una serie di ragioni, al modello dell’Europa fredda, però anche quello mediterraneo è un modello; dico semplicemente che non sono conciliabili, sono due modelli che non possono essere intrecciati, messi insieme.
LERNER: Cosa pensa che faranno i partiti politici tradizionali per combattere le Leghe?
MIGLIO: Mah, guardi, ormai io credo che in un anno e mezzo non si può neanche cominciare a cambiare il sistema politico e il modo di governare a amministrare; io credo che metteranno in atto il consiglio che ha dato loro De Rita, che è: “Comprateli!”.
LERNER: Il presidente del CNEL, Giuseppe De Rita.
MIGLIO: Ma non dare soldi a Bossi, a Speroni, a Castellazzi eccetera, no, cercare di comprare gli elettori, le categorie. Io, quello che temo, è che in questo anno e mezzo si allargheranno i cordoni della borsa, che non è la borsa della stato, è la nostra borsa, perché sono danari che sono tolti dalle nostre tasche per ridistribuirli a quelle categorie che appaiono più inviperite e sono quelle che minacciano di più di votare per la Lega, questo è il rischio che ha la Lega.
LERNER: Professor Miglio, nella prossima legislatura lei sarà un senatore della Lega?
MIGLIO: Guardi, io nell'intervista che mi ha fatto Staglieno termino spiegando perché non ho mai voluto un mandato parlamentare; c’è un’incompatibilità strutturale fra il mio carattere e il mandato parlamentare, vorrei mantenere questa coerenza.
Certo che sarei lieto di poter contribuire, con quel poco che so, a guarire il meccanismo costituzionale del mio Paese, ma spero fino in fondo di poterlo fare senza un mandato politico.
LERNER: Grazie professor Miglio.
GAD LERNER: Gianfranco Miglio, professore di Scienze della politica all'Università Cattolica di Milano.
Lei che è un intellettuale raffinato, cosa ne pensa del linguaggio e anche dei gesti che abbiamo appena visto di Umberto Bossi?
GIANFRANCO MIGLIO: Non mi meravigliano assolutamente. Un uomo politico che vuole tenere il contatto con l’opinione pubblica, con determinati strati del suo elettorato deve corrispondere anche a certe attese, sotto questo profilo la conoscenza di quello che è la carriera degli uomini politici che hanno contato nella storia politica ci induce a non meravigliarci affatto, perché c’è un Bossi che è quello che abbiamo visto qui e c’è un Bossi, invece, con cui si ragiona, con cui si discutono i problemi pacatamente e non diversamente da quello, almeno per quanto mi riguarda, che mi è capitato nel discutere con altri uomini politici italiani.
LERNER: Lo sa che i giornali la indicano un po’ come il teorico, quasi il padre spirituale delle Leghe?
MIGLIO: No, guardi, questa è stata una coincidenza oggettiva, per due ragioni; la prima è la mia convinzione che lo stato nazionale italiano non abbia basi, di conseguenza finché non risolveremo quel problema noi potremo sperimentare tutte le soluzioni costituzionali ma nessuna sarà veramente soddisfacente.
LERNER: Un’Italia non esiste, un’Italia unita?
MIGLIO: Un’Italia, una nazione Italia non c’è. Ho sentito che anche recentemente De Felice lo ha detto in una delle vostre trasmissioni di canale 3. Ecco, l’altro motivo è il fatto che io sono fortemente partecipe dell’indignazione del Paese, io sono uno dei tanti, dei parecchi milioni di italiani che non ne possono più di questo sistema politico ed amministrativo.
(Scrosciante applauso dalla sala)
LERNER: Non credo che il professore … mi scusi se interrompo questa intervista… vedo che i simpatizzanti della Lega hanno occupato le prime file di questo teatro con una scelta più che legittima, non credo che il professor Miglio gradisca di essere applaudito o fischiato perché più che allo stadio è abituato alle aule universitarie e comunque di certo tutti gli altri nostri ospiti sono venuti per ragionare sul fenomeno della Lega; i vostri applausi o fischi da questo punto di vista non cambiano assolutamente nulla, grazie.
A pagina 168 del suo libro più recente, che tanta discussione ha suscitato, Una costituzione per i prossimi trent'anni, adopera una parola molto pesante, secessione; crede davvero nella possibilità che il Nord d’Italia abbandoni il resto del Paese attraverso una secessione?
MIGLIO: Mah, io credo che, se non si arriva a correggere i difetti del nostro sistema politico amministrativo di cui parlavo prima, è fatale che la parte più europea dell’Italia si disponga a separare le sue sorti da quelle del resto del Paese; nessuno può essere costretto a vivere in un Paese che non sente più come il suo. E, d’altra parte, la formazione della Lega Nord è già il presupposto di questa condizione che, badi, è durata sempre nella nostra storia, c’è sempre stata potenziale unità della Valle Padana anche attraverso le diverse divisioni politico costituzionali e giuridiche.
Quindi non la considero affatto, così, una minaccia vaga; se, come io credo, nel ’93 ci accorgeremo che, anche per volontà di una parte della nostra classe politica, noi non entriamo effettivamente nel mercato omogeneo europeo, o ci entriamo restando fuori dalla porta, ecco allora questi problemi di coerenza con i propri ideali di vita si porranno e allora il rischio di una secessione si presenta. Del resto viviamo nell'epoca in cui i russi stanno cercando di forgiare una costituzione che permetta il diritto di andarsene, cioè quello che io chiamo il diritto di stare con chi si vuole, gli jugoslavi stanno rischiando una guerra civile per arrivare a quello.
LERNER: Lo scenario è proprio di queste ore. Lei ha parlato di una parte dell’Italia più europea, nel suo libro addirittura scrive di una attitudine antropologica, che sarebbe un po’ come dire quasi un difetto congenito degli italiani del centro e del sud a instaurare rapporti clientelari se non addirittura mafiosi con i politici; davvero pensa questo?
MIGLIO: Nel mio libro io dico che sono due modelli di esistenza e di vita che io rispetto entrambi. Naturalmente io sento di appartenere, per tutta una serie di ragioni, al modello dell’Europa fredda, però anche quello mediterraneo è un modello; dico semplicemente che non sono conciliabili, sono due modelli che non possono essere intrecciati, messi insieme.
LERNER: Cosa pensa che faranno i partiti politici tradizionali per combattere le Leghe?
MIGLIO: Mah, guardi, ormai io credo che in un anno e mezzo non si può neanche cominciare a cambiare il sistema politico e il modo di governare a amministrare; io credo che metteranno in atto il consiglio che ha dato loro De Rita, che è: “Comprateli!”.
LERNER: Il presidente del CNEL, Giuseppe De Rita.
MIGLIO: Ma non dare soldi a Bossi, a Speroni, a Castellazzi eccetera, no, cercare di comprare gli elettori, le categorie. Io, quello che temo, è che in questo anno e mezzo si allargheranno i cordoni della borsa, che non è la borsa della stato, è la nostra borsa, perché sono danari che sono tolti dalle nostre tasche per ridistribuirli a quelle categorie che appaiono più inviperite e sono quelle che minacciano di più di votare per la Lega, questo è il rischio che ha la Lega.
LERNER: Professor Miglio, nella prossima legislatura lei sarà un senatore della Lega?
MIGLIO: Guardi, io nell'intervista che mi ha fatto Staglieno termino spiegando perché non ho mai voluto un mandato parlamentare; c’è un’incompatibilità strutturale fra il mio carattere e il mandato parlamentare, vorrei mantenere questa coerenza.
Certo che sarei lieto di poter contribuire, con quel poco che so, a guarire il meccanismo costituzionale del mio Paese, ma spero fino in fondo di poterlo fare senza un mandato politico.
LERNER: Grazie professor Miglio.
domenica 22 febbraio 2015
LOMBARDIA, Sì al Referendum sull'Autonomia!
Nei
prossimi mesi i cittadini lombardi saranno chiamati ad esprimersi sulla
richiesta allo Stato di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia.
Il Consiglio regionale nella seduta dello scorso 17 febbraio ha approvato oggi
la proposta di referendum consultivo secondo quanto stabilito dallo Statuto
Regionale.
Il testo del quesito, condiviso
all'interno della Commissione Affari istituzionali e poi approvato dall'Aula, è il seguente: “Volete voi che la Regione Lombardia, in considerazione della sua specialità, nel quadro dell’unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 116, terzo comma della Costituzione?”.
Il testo del quesito, condiviso
all'interno della Commissione Affari istituzionali e poi approvato dall'Aula, è il seguente: “Volete voi che la Regione Lombardia, in considerazione della sua specialità, nel quadro dell’unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 116, terzo comma della Costituzione?”.
La proposta doveva raccogliere per Statuto i 2/3 dei consensi dell’Aula: a
favore si sono espressi 58 consiglieri (Lega Nord, Lista Maroni, Forza Italia,
NCD, Fratelli d’Italia, Pensionati, Gruppo Misto e M5S), contrari 20 (PD, ad
eccezione del consigliere Corrado Tomasi che ha votato a favore, e Patto
Civico).
“Questa Regione ha tutti i motivi di reclamare autonomia politica e
amministrativa – ha detto il relatore Stefano Bruno Galli (Lista
Maroni) – perché parte dei Quattro motori d’Europa, propulsore della
Strategia macro regionale alpina e alla luce del suo peso del 21% del PIL nazionale e dei 54 miliardi di residuo fiscale. La differenziazione deve essere
un criterio di premialità”. Galli ha annunciato, poi, l’elaborazione di una
risoluzione ad hoc dove esplicitare materie concorrenti e correlate su cui si
richiede maggiore autonomia.”
giovedì 19 febbraio 2015
IDEE & RIFLESSIONI | Perché la #Lombardia dice basta
di Stefano Bruno Galli
Almeno tre sono i dati
politici che emergono dal voto dell’altro ieri nel Consiglio regionale
lombardo per
l’approvazione del referendum autonomista. Anzitutto il
Governatore, Roberto Maroni, s’è confermato un vero leader: ha
tenuto compatta e coesa la sua maggioranza
attorno a sé in una partita davvero difficile. E l’ha vinta, facendo leva sul
“modello lombardo” di aggregazione del centrodestra. Un modello che a questo
punto aspira a trasformarsi in una formula politico-istituzionale efficace e di successo, nell'ambito della
quale la lista civica del Presidente ha svolto un ruolo non marginale (chi
scrive è stato colui che, un anno fa, ha innescato il percorso e poi ha fatto
il relatore in aula della proposta referendaria).
Per spuntarla ci volevano 54 voti. Ai 49 della maggioranza si sono aggiunti quelli – anche loro compatti e coesi – del Movimento 5 stelle. I grillini lombardi, vittima per tutta la giornata delle polemiche, degli strali e dei violenti attacchi dei consiglieri del Pd, non si sono persi d’animo. Hanno combattuto la loro battaglia per una procedura di fronte alla quale sono sempre stati sensibili, quella della democrazia diretta, nel nome di un significativo “lombardismo”, anteponendo cioè gli interessi dei lombardi alle rendite partitiche di posizione. Hanno assunto una posizione autonoma e indipendente rispetto alla minoranza, smarcandosi con coraggio e disinvoltura. E hanno dimostrato che la protesta non ha senso se non viene appoggiata su una proposta all'altezza della sfida.
Il terzo elemento
politico emerso dal voto referendario è l’isolamento del Pd, relegato in un angolo a
fare un’opposizione sterile, infruttuosa e addirittura controproducente. Certo il Pd a Roma governa. E nel
segno di un ferreo
centralismo cerca di riorganizzare – a colpi di maggioranza
e di rissa parlamentare – l’architettura della
repubblica, revocando i poteri periferici per ricollocarli al centro. Orrenda e inaccettabile riaffermazione dello Stato burocratico
e accentratore. In Consiglio regionale il Pd è dimidiato perché non riesce a
conciliare le ragioni di Roma con le giuste ambizioni di autonomia politica e amministrativa della Lombardia.
Quando a prevalere sono gli interessi romani su quelli del grande popolo
lombardo, il pericolo è in agguato. Si rischia l’autogol, cacciandosi in un
angolo dal quale è difficilissimo uscire.
E così è stato. Ridicoli sono allora
risultati i proclami di autonomia e di sensibilità territoriale di fronte all'annunciato –
e poi confermato – voto contrario al referendum. Così come sterili sono
state le polemiche sui costi dell’iniziativa. Sterili perché, quando si tratta
di ricorrere alle procedure della democrazia diretta, cioè di consultare il popolo, non v’è
costo che tenga. La democrazia non ha prezzo se si tratta di consolidarla con una procedura consensuale e partecipativa. E qui si tratta proprio di consolidarla, chiedendo al popolo lombardo se è
d’accordo a procedere risolutamente lungo la strada costituzionale dell’autonomia ingaggiando un braccio di ferro con lo Stato di Roma per ottenere un
congruo numero di nuove competenze legislative e amministrative. Il quesito referendario fa leva sull'istituto giuridico-costituzionale del regionalismo a geometria variabile, vale a
dire sull'articolo 116, comma 3, della Costituzione, che alle regioni a Statuto ordinario
virtuose riconosce l’opportunità di trattare nuove competenze con il governo di Roma sino ad
avvicinarsi a un grado di autonomia paragonabile a quello delle regioni a Statuto speciale.
La Lombardia ha già provato a percorrere questa strada, senza successo, nel
2007. Le trattative naufragarono perché cadde il governo di allora, ma anche perché
alle spalle delle trattative non c’era il più vasto consenso dell’opinione
pubblica lombarda. Per questa ragione, ricorrere alla consultazione referendaria è fondamentale: “con il consenso della gente si può fare
di “tutto”, ci ammoniva un grande Maestro, Gianfranco Miglio.
Il consenso è dunque il motore
di ogni cambiamento e aprire le trattative con il Governo per ottenere maggiori
competenze sulla base dell’esito di un referendum consultivo conferisce una
diversa fisionomia al negoziato e alle sue prospettive. Sarà poi la Corte a
valutare la qualità dell’autonomia raggiunta e imporrà al Parlamento le ratifiche costituzionali conseguenti.
La sfida, dal punto di vista giuridico-costituzionale, è quella di valorizzare il regionalismo differenziato, chiedendo allo Stato il riconoscimento della specialità su nuove basi. È del tutto evidente, infatti, che oggi, di fronte alla più grave crisi dell’ultimo secolo, le ragioni di natura economica e sociale sono addirittura più rilevanti e più forti, valgono di più rispetto alle ragioni etniche, storiche, linguistiche, che allora – all'indomani della fine della Seconda guerra mondiale – militarono a favore del riconoscimento della specialità per le cinque regioni autonome.
La sfida, dal punto di vista giuridico-costituzionale, è quella di valorizzare il regionalismo differenziato, chiedendo allo Stato il riconoscimento della specialità su nuove basi. È del tutto evidente, infatti, che oggi, di fronte alla più grave crisi dell’ultimo secolo, le ragioni di natura economica e sociale sono addirittura più rilevanti e più forti, valgono di più rispetto alle ragioni etniche, storiche, linguistiche, che allora – all'indomani della fine della Seconda guerra mondiale – militarono a favore del riconoscimento della specialità per le cinque regioni autonome.
Questo percorso dovrebbe
premiare la “specialità” della Lombardia, che è nella natura delle cose. Ce lo
ha detto la Cgia di Mestre qualche giorno fa che i
cittadini lombardi sono i più tartassati del Paese (con una cifra
devoluta annualmente all'erario nazionale di oltre 11mila euro) e che
la Regione ha un residuo fiscale di 54 miliardi di euro,
a tanto ammonta infatti il “lascito” allo Stato centrale. Non solo, ma la
Lombardia è regione leader a livello europeo, aderisce ai “Quattro
motori dell’Europa”, con la Baviera, il Baden Württenberg e la Catalogna, ed è
l’epicentro propulsivo della Macroregione alpina. Con le sue attività
economiche e produttive copre circa il 21% del Pil nazionale. E lo scorso anno
un’autorevole e accreditata agenzia internazionale di rating, Moody’s, ha riconosciuto un titolo di merito
creditizio alla Lombardia, superiore a quello dello Stato – ingordo e predatore
– di Roma. Appunto. Ecco perché la Lombardia si merita il riconoscimento della sua “specialità”.
Articolo tratto dal sito www.lintraprendente.it
lunedì 16 febbraio 2015
La LOMBARDIA e la “RAPINA” FISCALE
Nelle ultime
settimane, sulle pagine del Corriere prima e Repubblica dopo, hanno trovato
spazio due ricerche elaborate dal centro studi della Cgia di Mestre, guidata da
Giuseppe Bortolussi, incentrate sul gettito fiscale la prima e sul residuo fiscale delle regioni
italiane la seconda.
Due studi il cui
risultato congiunto porta a rendere ancor più palese una realtà di cui da
troppi anni si parla, vale a dire la costante “rapina fiscale” sui sono
sottoposti i cittadini lombardi.
Dal Corriere apprendiamo come siano i lombardi i contribuenti più tartassati d’Italia. Lo rileva l’Ufficio studi della Cgia che ha messo a confronto il gettito fiscale versato dai lavoratori dipendenti, dagli autonomi, dai pensionati e dalle imprese di tutte le regioni d’Italia. Ogni residente della Lombardia corrisponde all'Erario e ai vari livelli di governo locali mediamente 11.386 euro.
“Questi dati - sottolinea Giuseppe Bortolussi della Cgia di Mestre - dimostrano come ci sia una corrispondenza tendenzialmente lineare tra il gettito fiscale, il livello di reddito e, in linea di massima, anche la qualità/quantità dei servizi offerti in un determinato territorio. Dove il reddito è più alto, il gettito fiscale versato dai contribuenti è maggiore e, in linea di massima, gli standard dei servizi erogati sono più elevati. Essendo basato sul criterio della progressività, è ovvio che il nostro sistema tributario pesa di più nelle regioni dove la concentrazione della ricchezza è maggiore”.
Altro aspetto interessante che emerge dall'analisi condotta dagli Artigiani di Mestre è la distribuzione del gettito tra i vari livelli di governo. Su 100 euro di tasse pagate dagli italiani ne finiscono nelle casse dello Stato centrale 81 alle Regioni 10 e solo 9 confluiscono nelle casse degli Enti locali (Comuni, Province e Comunità montane), questo a riprova di come in questo paese di “federalismo fiscale” non vi sia traccia.
Se il Corriere c’informa di quante tasse paghiamo, Repubblica riportando un altro studio degli artigiani di Mestre che non fa altro che ribadire una situazione che in Lombardia conosciamo bene dal 1861.
Dal Corriere apprendiamo come siano i lombardi i contribuenti più tartassati d’Italia. Lo rileva l’Ufficio studi della Cgia che ha messo a confronto il gettito fiscale versato dai lavoratori dipendenti, dagli autonomi, dai pensionati e dalle imprese di tutte le regioni d’Italia. Ogni residente della Lombardia corrisponde all'Erario e ai vari livelli di governo locali mediamente 11.386 euro.
“Questi dati - sottolinea Giuseppe Bortolussi della Cgia di Mestre - dimostrano come ci sia una corrispondenza tendenzialmente lineare tra il gettito fiscale, il livello di reddito e, in linea di massima, anche la qualità/quantità dei servizi offerti in un determinato territorio. Dove il reddito è più alto, il gettito fiscale versato dai contribuenti è maggiore e, in linea di massima, gli standard dei servizi erogati sono più elevati. Essendo basato sul criterio della progressività, è ovvio che il nostro sistema tributario pesa di più nelle regioni dove la concentrazione della ricchezza è maggiore”.
Altro aspetto interessante che emerge dall'analisi condotta dagli Artigiani di Mestre è la distribuzione del gettito tra i vari livelli di governo. Su 100 euro di tasse pagate dagli italiani ne finiscono nelle casse dello Stato centrale 81 alle Regioni 10 e solo 9 confluiscono nelle casse degli Enti locali (Comuni, Province e Comunità montane), questo a riprova di come in questo paese di “federalismo fiscale” non vi sia traccia.
Se il Corriere c’informa di quante tasse paghiamo, Repubblica riportando un altro studio degli artigiani di Mestre che non fa altro che ribadire una situazione che in Lombardia conosciamo bene dal 1861.
Parliamo del
“residuo fiscale”, in altre parole la differenza tra le tasse pagate da un
territorio e quanto ritorna in termini di spesa pubblica, servizi e
trasferimenti agli enti locali.
In un quadro dove le Regioni a statuto ordinario del Nord danno oltre 100 miliardi di euro all'anno come contributo di solidarietà al resto del Paese, in base ai dettami del Patto di Stabilità, è la Lombardia a fare su malgrado la parte del leone, seppur in gabbia, nella classifica dei “contribuenti” registrando un residuo fiscale annuo positivo pari a 53,9 miliardi di euro, che in valore pro capite è pari a 5.511 euro, neonati compresi (dati riferiti all'anno fiscale 2012, nel frattempo il residuo è aumentato...).
Un quadro desolante che rischia di peggiorare come sostiene Bortolussi se: “come ha fatto nell'ultimo decennio, lo Stato centrale continuerà nella politica dei tagli lineari, facendo mancare risorse e costringendo le Autonomie locali ad aumentare le tasse, anche al Nord la qualità delle infrastrutture, della sanità, del trasporto pubblico locale e della scuola potrebbe venir meno, alimentando la rabbia e la disaffezione nei confronti della politica nazionale”.
Un pericolo reale, stante le politiche economiche sostenute dal Governo Renzi, che la proposta di revisione della Costituzione all'esame del Parlamento non potrà che rendere ancor più concreto essendo la stessa imperniata su di una visione neo centralista dell’architettura istituzionale italiana.
In un quadro dove le Regioni a statuto ordinario del Nord danno oltre 100 miliardi di euro all'anno come contributo di solidarietà al resto del Paese, in base ai dettami del Patto di Stabilità, è la Lombardia a fare su malgrado la parte del leone, seppur in gabbia, nella classifica dei “contribuenti” registrando un residuo fiscale annuo positivo pari a 53,9 miliardi di euro, che in valore pro capite è pari a 5.511 euro, neonati compresi (dati riferiti all'anno fiscale 2012, nel frattempo il residuo è aumentato...).
Un quadro desolante che rischia di peggiorare come sostiene Bortolussi se: “come ha fatto nell'ultimo decennio, lo Stato centrale continuerà nella politica dei tagli lineari, facendo mancare risorse e costringendo le Autonomie locali ad aumentare le tasse, anche al Nord la qualità delle infrastrutture, della sanità, del trasporto pubblico locale e della scuola potrebbe venir meno, alimentando la rabbia e la disaffezione nei confronti della politica nazionale”.
Un pericolo reale, stante le politiche economiche sostenute dal Governo Renzi, che la proposta di revisione della Costituzione all'esame del Parlamento non potrà che rendere ancor più concreto essendo la stessa imperniata su di una visione neo centralista dell’architettura istituzionale italiana.
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