domenica 28 novembre 2010
lunedì 22 novembre 2010
"POLITICA"
La prima definizione di "politica" (dal greco πολιτικος, politikós) risale ad Aristotele ed è legata al termine "polis", che in greco significa la città, la comunità dei cittadini; politica, secondo il filosofo ateniese, significava l'amministrazione della "polis" per il bene di tutti, la determinazione di uno spazio pubblico al quale tutti i cittadini partecipano.
sabato 20 novembre 2010
venerdì 19 novembre 2010
Stile Maroni: bastonate solo ai boss
articolo tratto dal sito www.ilgiornale.it
Serio e riservato interprete del più puro spirito lombardo, quella virtuosa combinazione di lavoro, concretezza e «cultura del fare» che è il fazzolettino verde all’occhiello del Nord, Roberto Maroni ha dato una silenziosa lezione di eleganza a chi voleva trascinarlo nella rissa.
Stasera quando s’incroceranno nei corridoi degli studi Rai di Milano dove, nelle stesse ore, il ministro sarà ospite di L’ultima parola e lo scrittore concentrato nelle prove di Vieni via con me, forse si stringeranno la mano. Perché no?
Con un aplomb difficilmente riscontrabile fra politici e intellettuali perennemente schierati in una zuffa all’ultimo sangue e all’ultima offesa, Maroni ha dato una risposta ferma ma pacata, certo delle proprie ragioni ma pronto a confrontarsi con l’altro, inflessibile nello smentire l’accusa che ha travolto il suo partito ma conciliante nella possibilità di chiarimento. Dichiarare, subito dopo il botta e risposta, a proposito dell’autore di Gomorra, «Lo conosco e lo stimo, deponiamo le armi», è un gesto di cui pochi sono capaci, in quest’Italia di lotta e di governo. Chapeau. Che dalle sue parti, a nord del profondo nord, si dice Brau fiö.
Se esiste, in questo momento, un politico che dovrebbe raccogliere un consenso bipartisan, è proprio Roberto Maroni. Non solo per la sua feroce opposizione alle mafie, ma anche per l’inflessibilità e la compostezza dei suoi atteggiamenti pubblici. Parla poco, dicendo ciò che serve. Si vede ancora meno, e solo dove c’è bisogno. Non accende gli animi, semmai li calma. Ciò che deve fare un ministro dell’Interno, appunto.
Niente slogan, niente piagnistei, niente propaganda. Freddo e pragmatico come sanno essere gli insubri, sa quando occorre scendere nell’arena e quando evitare le baruffe d’osteria. Dotato di un personalissimo understatement, il ministro mantiene un’invidiabile compostezza in mezzo alle troppo spesso barbariche orde padane. Si vede nelle piccole cose: fra i leghisti è l’unico che riesce a portare con una certa sobrietà persino il fazzolettino verde nel taschino, l’antitesi cromatica dell’eleganza.
E con eleganza e misura ha affrontato il «caso Saviano». Fortiter in re, suaviter in modo ha risposto allo scrittore, il quale - forse mal consigliato - ha detto cose giuste ma nel modo sbagliato, alludendo invece che spiegando, e soprattutto trasformando ruffianamente una trasmissione culturale in un’operazione politica, a senso unico. Ecco perché il ministro non poteva tacere.
Poi, da politico serio e da uomo corretto, chiarito quanto doveva chiarire, Maroni è tornato a lavorare. Ieri era già in terra di camorra, a Napoli, per incontrare i poliziotti che hanno arrestato il superlatitante Antonio Iovine: «Siamo qui per festeggiare... le polemiche non mi interessano, interessano a voi...», ha risposto ai giornalisti che chiedevano della querela a Saviano. Poi ha fatto due cose. Prima ha guardato indietro, al già fatto, ricordano le cifre impressionanti del bottino della sua guerra: 6.754 mafiosi arrestati, 410 latitanti catturati, 18 miliardi di euro confiscati alla criminalità organizzata... Poi ha guardato avanti, come suo solito, a quanto c’è ancora da fare: «Mancano ancora due superboss: Matteo Messina Denaro e Michele Zagaria, e il cerchio si sta stringendo». Concreto e ottimista, più che come padano, come lombardo.
Serio e riservato interprete del più puro spirito lombardo, quella virtuosa combinazione di lavoro, concretezza e «cultura del fare» che è il fazzolettino verde all’occhiello del Nord, Roberto Maroni ha dato una silenziosa lezione di eleganza a chi voleva trascinarlo nella rissa.
Roberto Saviano dalla tv gli ha scagliato contro un sasso pesantissimo. Un’accusa che poi altre mani, con meno coraggio e maggior rabbia, gli hanno rilanciato contro, aggiungendo veleni e illazioni. Il ministro, con un composto gesto di stizza, da signore, si è pulito gli schizzi di fango: «Le cose che Saviano ha detto non corrispondono al vero. Ho chiesto di replicare, ma se mi sarà impedito ne prenderò atto. Per me è un’accusa insopportabile dire che la Lega interloquisce con la ’ndrangheta al Nord: nessuno di noi è indagato o coinvolto». Poi ha fatto notare, sommessamente, che lui e Saviano stanno dalla stessa parte, entrambi dicono le stesse cose, tutti e due combattono un unico nemico: perché avvantaggiare le mafie, sgambettandosi a vicenda? «Dividiamoci su tutto, picchiamoci metaforicamente parlando, ma non su questo», ha detto. Gli unici su cui Maroni è pronto a picchiare, e duro, sono i boss. Non i compagni di squadra.
Stasera quando s’incroceranno nei corridoi degli studi Rai di Milano dove, nelle stesse ore, il ministro sarà ospite di L’ultima parola e lo scrittore concentrato nelle prove di Vieni via con me, forse si stringeranno la mano. Perché no?
Con un aplomb difficilmente riscontrabile fra politici e intellettuali perennemente schierati in una zuffa all’ultimo sangue e all’ultima offesa, Maroni ha dato una risposta ferma ma pacata, certo delle proprie ragioni ma pronto a confrontarsi con l’altro, inflessibile nello smentire l’accusa che ha travolto il suo partito ma conciliante nella possibilità di chiarimento. Dichiarare, subito dopo il botta e risposta, a proposito dell’autore di Gomorra, «Lo conosco e lo stimo, deponiamo le armi», è un gesto di cui pochi sono capaci, in quest’Italia di lotta e di governo. Chapeau. Che dalle sue parti, a nord del profondo nord, si dice Brau fiö.
Se esiste, in questo momento, un politico che dovrebbe raccogliere un consenso bipartisan, è proprio Roberto Maroni. Non solo per la sua feroce opposizione alle mafie, ma anche per l’inflessibilità e la compostezza dei suoi atteggiamenti pubblici. Parla poco, dicendo ciò che serve. Si vede ancora meno, e solo dove c’è bisogno. Non accende gli animi, semmai li calma. Ciò che deve fare un ministro dell’Interno, appunto.
Niente slogan, niente piagnistei, niente propaganda. Freddo e pragmatico come sanno essere gli insubri, sa quando occorre scendere nell’arena e quando evitare le baruffe d’osteria. Dotato di un personalissimo understatement, il ministro mantiene un’invidiabile compostezza in mezzo alle troppo spesso barbariche orde padane. Si vede nelle piccole cose: fra i leghisti è l’unico che riesce a portare con una certa sobrietà persino il fazzolettino verde nel taschino, l’antitesi cromatica dell’eleganza.
E con eleganza e misura ha affrontato il «caso Saviano». Fortiter in re, suaviter in modo ha risposto allo scrittore, il quale - forse mal consigliato - ha detto cose giuste ma nel modo sbagliato, alludendo invece che spiegando, e soprattutto trasformando ruffianamente una trasmissione culturale in un’operazione politica, a senso unico. Ecco perché il ministro non poteva tacere.
Poi, da politico serio e da uomo corretto, chiarito quanto doveva chiarire, Maroni è tornato a lavorare. Ieri era già in terra di camorra, a Napoli, per incontrare i poliziotti che hanno arrestato il superlatitante Antonio Iovine: «Siamo qui per festeggiare... le polemiche non mi interessano, interessano a voi...», ha risposto ai giornalisti che chiedevano della querela a Saviano. Poi ha fatto due cose. Prima ha guardato indietro, al già fatto, ricordano le cifre impressionanti del bottino della sua guerra: 6.754 mafiosi arrestati, 410 latitanti catturati, 18 miliardi di euro confiscati alla criminalità organizzata... Poi ha guardato avanti, come suo solito, a quanto c’è ancora da fare: «Mancano ancora due superboss: Matteo Messina Denaro e Michele Zagaria, e il cerchio si sta stringendo». Concreto e ottimista, più che come padano, come lombardo.
mercoledì 17 novembre 2010
Quello che Saviano non dice sulla ’ndrangheta e la sinistra
articolo tratto dal sito www.ilgiornale.it
Come ogni bravo cronista, Roberto Saviano sa perfettamente che non fa notizia il cane che morde l’uomo ma il contrario sì.
Quindi non può colpire l’attenzione del lettore (o dello spettatore tv) la collusione di un partito con la mafia. Roba già vista. Se, però, il ministro dell’Interno fa parte di quel partito colluso, allora le cose cambiano. Figuriamoci poi se è portato sugli scudi da tutti perché sotto la sua gestione, al Viminale, sono stati sequestrati alla mafia beni per 18 miliardi di euro e assicurati alle patrie galere 29 dei 30 latitanti più pericolosi. E fa notizia, ovviamente, il racconto carico di pathos della riunione dei boss di ’ndrangheta in un circolo culturale intitolato alla memoria di Falcone e Borsellino. Altro che uomo che morde il cane: Lega nord, ’ndrangheta, lo sfregio ai giudici uccisi dal tritolo. L’audience è assicurata. Ma come la volta scorsa, il Savonarola di Terra di Lavoro omette verità pruriginose per il centrosinistra di cui, ormai, è icona e megafono.
Il riferimento al summit di mafia del 31 ottobre 2009 nel circolo Falcone e Borsellino è da brividi, ma è monco. Non dice, il Nostro, che quel circolo è dell’Arci, associazione da sempre vicina al Pci-Pds-Ds-Pd, e il cui presidente (quello che aveva disposto i tavoli a ferro di cavallo ai trenta convenuti per eleggere il capomafia del nord) è il consigliere del Pd di Paderno Dugnano, Arturo Baldassarre. Si dirà: ma Baldassarre non è indagato, non è stato arrestato. Giusto. Anche il consigliere regionale della Lega che avrebbe incontrato il boss Pino Neri di Taurianova non è stato indagato, non è stato arrestato, ma è stato comunque «mascariato» da Saviano.
Il quale, ovviamente, a proposito di ’ndrangheta, di infiltrazioni al Nord, di politici in contatto con personaggi calabresi, s’è ben guardato dal tirare fuori brutti scheletri.
Citando a caso.
Non ha fatto alcun riferimento all’operazione «Parco Sud» che a novembre portò in cella 14 affiliati alla famiglia Barbaro e che sfociò nell’arresto del sindaco Pd di Trezzano sul Naviglio, Tiziano Butturini, un ex Ds.
Non ha ricordato che nel maxi-blitz del 13 luglio contro le cosche in Lombardia ci finì impigliato, per la conoscenza con un imprenditore vicino agli Strangio, un ex rappresentante della giunta di centrosinistra guidata da Penati, ovverosia Antonio Oliverio. Non ha rispolverato il caso di un altro ex assessore provinciale nella stessa giunta, Bruna Brembilla, indagata (e poi prosciolta) perché avrebbe chiesto voti ai calabresi immigrati.
Ragionando come ragiona il Savonarola casalese, si dovrebbe poi appiccicare la patente di mafioso anche a un politico dell’Udc del «nord» che indagato per mafia non è: Rosario Monteleone, presidente del consiglio regionale della Liguria e coordinatore del partito di Casini, il cui nome compare in una telefonata fra calabresi arrestati. E che dire di Pasquale Tripodi, già assessore «in trasferta» di Loiero, coinvolto due anni fa nel blitz della Dda di Perugia (arrestato e poi scarcerato dal Riesame, archiviato) su infiltrazioni del clan Vadalà nell’Umbria rossa.
E che dire di quelle elezioni per il consiglio comunale di Cologno Monzese supervisionate dal clan Valle che tanto hanno imbarazzato i Riformisti ed il Pd. E che dire, inoltre, di Cinzia Damonte, candidata alle regionali liguri per l’Idv, non indagata, sorpresa a distribuire santini elettorali a una cena organizzata da calabresi come Onofrio Garcea, 70enne di Pizzo Calabro, oggi latitante, presente nelle maggiori inchieste sulle ’ndrine di Genova e dintorni. L’elenco a tema è lungo, da non leggere in tv perché finirebbe per smontare il gioco del novello professionista antimafia. Accreditare la sua tesi servendosi delle provocazioni culturali di Gianfranco Miglio (che non può protestare per questa strumentalizzazione) equivale a chiedere a una leggenda del Quattrocento di farsi documento giudiziario incontrovertibile.
L’audience è una cosa, la fazio-sità cos’è?
Come ogni bravo cronista, Roberto Saviano sa perfettamente che non fa notizia il cane che morde l’uomo ma il contrario sì.
Quindi non può colpire l’attenzione del lettore (o dello spettatore tv) la collusione di un partito con la mafia. Roba già vista. Se, però, il ministro dell’Interno fa parte di quel partito colluso, allora le cose cambiano. Figuriamoci poi se è portato sugli scudi da tutti perché sotto la sua gestione, al Viminale, sono stati sequestrati alla mafia beni per 18 miliardi di euro e assicurati alle patrie galere 29 dei 30 latitanti più pericolosi. E fa notizia, ovviamente, il racconto carico di pathos della riunione dei boss di ’ndrangheta in un circolo culturale intitolato alla memoria di Falcone e Borsellino. Altro che uomo che morde il cane: Lega nord, ’ndrangheta, lo sfregio ai giudici uccisi dal tritolo. L’audience è assicurata. Ma come la volta scorsa, il Savonarola di Terra di Lavoro omette verità pruriginose per il centrosinistra di cui, ormai, è icona e megafono.
Il riferimento al summit di mafia del 31 ottobre 2009 nel circolo Falcone e Borsellino è da brividi, ma è monco. Non dice, il Nostro, che quel circolo è dell’Arci, associazione da sempre vicina al Pci-Pds-Ds-Pd, e il cui presidente (quello che aveva disposto i tavoli a ferro di cavallo ai trenta convenuti per eleggere il capomafia del nord) è il consigliere del Pd di Paderno Dugnano, Arturo Baldassarre. Si dirà: ma Baldassarre non è indagato, non è stato arrestato. Giusto. Anche il consigliere regionale della Lega che avrebbe incontrato il boss Pino Neri di Taurianova non è stato indagato, non è stato arrestato, ma è stato comunque «mascariato» da Saviano.
Il quale, ovviamente, a proposito di ’ndrangheta, di infiltrazioni al Nord, di politici in contatto con personaggi calabresi, s’è ben guardato dal tirare fuori brutti scheletri.
Citando a caso.
Non ha fatto alcun riferimento all’operazione «Parco Sud» che a novembre portò in cella 14 affiliati alla famiglia Barbaro e che sfociò nell’arresto del sindaco Pd di Trezzano sul Naviglio, Tiziano Butturini, un ex Ds.
Non ha ricordato che nel maxi-blitz del 13 luglio contro le cosche in Lombardia ci finì impigliato, per la conoscenza con un imprenditore vicino agli Strangio, un ex rappresentante della giunta di centrosinistra guidata da Penati, ovverosia Antonio Oliverio. Non ha rispolverato il caso di un altro ex assessore provinciale nella stessa giunta, Bruna Brembilla, indagata (e poi prosciolta) perché avrebbe chiesto voti ai calabresi immigrati.
Ragionando come ragiona il Savonarola casalese, si dovrebbe poi appiccicare la patente di mafioso anche a un politico dell’Udc del «nord» che indagato per mafia non è: Rosario Monteleone, presidente del consiglio regionale della Liguria e coordinatore del partito di Casini, il cui nome compare in una telefonata fra calabresi arrestati. E che dire di Pasquale Tripodi, già assessore «in trasferta» di Loiero, coinvolto due anni fa nel blitz della Dda di Perugia (arrestato e poi scarcerato dal Riesame, archiviato) su infiltrazioni del clan Vadalà nell’Umbria rossa.
E che dire di quelle elezioni per il consiglio comunale di Cologno Monzese supervisionate dal clan Valle che tanto hanno imbarazzato i Riformisti ed il Pd. E che dire, inoltre, di Cinzia Damonte, candidata alle regionali liguri per l’Idv, non indagata, sorpresa a distribuire santini elettorali a una cena organizzata da calabresi come Onofrio Garcea, 70enne di Pizzo Calabro, oggi latitante, presente nelle maggiori inchieste sulle ’ndrine di Genova e dintorni. L’elenco a tema è lungo, da non leggere in tv perché finirebbe per smontare il gioco del novello professionista antimafia. Accreditare la sua tesi servendosi delle provocazioni culturali di Gianfranco Miglio (che non può protestare per questa strumentalizzazione) equivale a chiedere a una leggenda del Quattrocento di farsi documento giudiziario incontrovertibile.
L’audience è una cosa, la fazio-sità cos’è?
venerdì 12 novembre 2010
CALCIOTTO - il mio intervento in Consiglio Comunale
di seguito il testo del mio intervento durante il dibattito di ieri sera in Consiglio Comunale a Crema.
La vicenda in discussione quest’oggi è sintomatica di come una poca accortezza da un lato, e forse, una certa malizia dall’altro, possano complicare dei passaggi amministrativi semplici.
A fronte della stipula di una convenzione con il comune di Crema, contenente determinate “misure” per un’opera in cantiere, la società avente in gestione l’area si è accorta successivamente della possibilità di realizzare un impianto di maggiori dimensioni, onde poter servire altre fasce di utenza.
Seguire la strada corretta per cogliere l’opportunità era semplice e veloce. Prima di iniziare un qualsiasi lavoro bastava alzare una mano e chiedere il permesso di fare.
Con un processo decisionale chiaro questo consiglio ritengo che non avrebbe avuto problemi a rilasciare il proprio benestare.
Purtroppo tale percorso non è stato seguito.
L’opera non conforme è stata realizzata e solo dopo si è arrivati a chiedere di poter mantenere il tutto.
Richiesta all’ordine del giorno di codesta seduta.
Sulla vicenda molto è stato detto, dichiarazioni ai giornali ne sono state fatte tante, ma quello che conta per chi amministra sono i fatti e gli scritti.
Come consigliere comunale, prima ancora che come esponente di partito, ho sentito l’esigenza di manifestare il mio pensiero al Sindaco tramite una lettera datata 5 ottobre che si chiudeva con queste parole “di questa vicenda se ne parlerà ancora molto e sono convinto che, mettendo in un cassetto pregiudizi e piccole polemiche, si possa addivenire ad una soluzione rispettosa dei principi di legalità e buona amministrazione”.
In seguito a questa mia presa di posizione anche la Lega Nord ha ritenuto doveroso esprimersi sulla vicenda.
Dalla sintesi della discussione avvenuta ho scritto, ispirandomi alla lettera citata, la mozione che racchiude l’unica e la sola posizione del mio partito sulla vicenda.
Il fulcro di tutto è uno solo “chiarezza delle responsabilità”.
Sulle colpe della questione calciotto, si contrappongono oggi due linee, da una lato quella che ritiene priva di responsabilità l’SCS Servizi Locali e come unica colpevole la società avente in gestione l’area, e dall’altra chi ha già emesso sentenza di colpevolezza nei confronti della partecipata del comune.
Come Lega Nord riteniamo che la partita delle responsabilità, seppur sufficientemente chiare dalla lettura delle carte, sia ancora aperta.
La commissione di garanzia svoltasi il 22 ottobre scorso, alla presenza del Presidente e del direttore generale di SCS Servizi Locali, si è chiusa con molte domande e poche risposte.
Ma il fatto che si siano ancora trovate tutte le risposte deve essere un motivo maggiore per cercarle.
Nella nostra mozione chiediamo l’impegno del Sindaco a perseguire l’accertamento dei fatti.
Ritengo opportuno però che anche noi consiglieri, con gli strumenti previsti dallo statuto comunale e dai regolamenti, dobbiamo essere “attori” di queste verifiche.
Come ho già ricordato la commissione di garanzia ha chiuso la sua ultima seduta senza molte risposte.
Forse è giunto il momento di darle.
In coerenza con la richiesta di arrivare ad una definizione chiara e definitiva delle responsabilità riteniamo di non poter accogliere l’atto unilaterale presentato da SCS Servizi Locali per diversi motivi primo fra tutti per la presenza nello scritto di una formula di autoassoluzione da parte della società stessa nel mentre sono in atto verifiche sulle responsabilità dei diversi attori in causa.
Il fatto di poter mantenere la struttura, destinando ad uso gratuito per le esigenze che l’amministrazione comunale manifesterà alcune fasce temporali è positivo, ma non sufficiente.
Onde garantire che le future spese di smantellamento non graveranno su SCS Servizi Locali sarebbe auspicabile, ad esempio, che il gestore privato rilasci un fideiussione a garanzia delle spese.
Trattandosi di una società partecipata dai comuni è fondamentale fornire agli azionisti (parliamo di tutte le amministrazioni locali cremasche) tutti gli elementi per una seria valutazione di quanto accaduto.
Difatti è a loro, e non ad altri, che spetta il diritto di chiedere al management di rendere conto del proprio operato e trarre le decisioni conseguenti.
In special modo considerando che il CDA in oggetto è alla scadenza del proprio mandato.
La vicenda in discussione quest’oggi è sintomatica di come una poca accortezza da un lato, e forse, una certa malizia dall’altro, possano complicare dei passaggi amministrativi semplici.
A fronte della stipula di una convenzione con il comune di Crema, contenente determinate “misure” per un’opera in cantiere, la società avente in gestione l’area si è accorta successivamente della possibilità di realizzare un impianto di maggiori dimensioni, onde poter servire altre fasce di utenza.
Seguire la strada corretta per cogliere l’opportunità era semplice e veloce. Prima di iniziare un qualsiasi lavoro bastava alzare una mano e chiedere il permesso di fare.
Con un processo decisionale chiaro questo consiglio ritengo che non avrebbe avuto problemi a rilasciare il proprio benestare.
Purtroppo tale percorso non è stato seguito.
L’opera non conforme è stata realizzata e solo dopo si è arrivati a chiedere di poter mantenere il tutto.
Richiesta all’ordine del giorno di codesta seduta.
Sulla vicenda molto è stato detto, dichiarazioni ai giornali ne sono state fatte tante, ma quello che conta per chi amministra sono i fatti e gli scritti.
Come consigliere comunale, prima ancora che come esponente di partito, ho sentito l’esigenza di manifestare il mio pensiero al Sindaco tramite una lettera datata 5 ottobre che si chiudeva con queste parole “di questa vicenda se ne parlerà ancora molto e sono convinto che, mettendo in un cassetto pregiudizi e piccole polemiche, si possa addivenire ad una soluzione rispettosa dei principi di legalità e buona amministrazione”.
In seguito a questa mia presa di posizione anche la Lega Nord ha ritenuto doveroso esprimersi sulla vicenda.
Dalla sintesi della discussione avvenuta ho scritto, ispirandomi alla lettera citata, la mozione che racchiude l’unica e la sola posizione del mio partito sulla vicenda.
Il fulcro di tutto è uno solo “chiarezza delle responsabilità”.
Sulle colpe della questione calciotto, si contrappongono oggi due linee, da una lato quella che ritiene priva di responsabilità l’SCS Servizi Locali e come unica colpevole la società avente in gestione l’area, e dall’altra chi ha già emesso sentenza di colpevolezza nei confronti della partecipata del comune.
Come Lega Nord riteniamo che la partita delle responsabilità, seppur sufficientemente chiare dalla lettura delle carte, sia ancora aperta.
La commissione di garanzia svoltasi il 22 ottobre scorso, alla presenza del Presidente e del direttore generale di SCS Servizi Locali, si è chiusa con molte domande e poche risposte.
Ma il fatto che si siano ancora trovate tutte le risposte deve essere un motivo maggiore per cercarle.
Nella nostra mozione chiediamo l’impegno del Sindaco a perseguire l’accertamento dei fatti.
Ritengo opportuno però che anche noi consiglieri, con gli strumenti previsti dallo statuto comunale e dai regolamenti, dobbiamo essere “attori” di queste verifiche.
Come ho già ricordato la commissione di garanzia ha chiuso la sua ultima seduta senza molte risposte.
Forse è giunto il momento di darle.
In coerenza con la richiesta di arrivare ad una definizione chiara e definitiva delle responsabilità riteniamo di non poter accogliere l’atto unilaterale presentato da SCS Servizi Locali per diversi motivi primo fra tutti per la presenza nello scritto di una formula di autoassoluzione da parte della società stessa nel mentre sono in atto verifiche sulle responsabilità dei diversi attori in causa.
Il fatto di poter mantenere la struttura, destinando ad uso gratuito per le esigenze che l’amministrazione comunale manifesterà alcune fasce temporali è positivo, ma non sufficiente.
Onde garantire che le future spese di smantellamento non graveranno su SCS Servizi Locali sarebbe auspicabile, ad esempio, che il gestore privato rilasci un fideiussione a garanzia delle spese.
Trattandosi di una società partecipata dai comuni è fondamentale fornire agli azionisti (parliamo di tutte le amministrazioni locali cremasche) tutti gli elementi per una seria valutazione di quanto accaduto.
Difatti è a loro, e non ad altri, che spetta il diritto di chiedere al management di rendere conto del proprio operato e trarre le decisioni conseguenti.
In special modo considerando che il CDA in oggetto è alla scadenza del proprio mandato.
sabato 6 novembre 2010
mercoledì 27 ottobre 2010
Comunicato Stampa - “LEGA: Depositata una mozione sul caso “calciotto” firmata dai consiglieri comunali Felice Tosoni e Matteo Soccini”.
CREMA, 27 ottobre 2010 – In merito alla questione dell’abuso compiuto nell’area limitrofa a Via del Fante per la realizzazione di un campo da “calciotto”, questa mattina è stata depositata da parte della Lega Nord, una mozione da iscrivere all’ordine del giorno del prossimo consiglio comunale.
Il documento, redatto dal consigliere Matteo Soccini e sottoscritto anche dal capogruppo in Sala degli Ostaggi Felice Tosoni, racchiude la posizione della sezione cittadina di Crema della Lega Nord, guidata dal segretario Walter Longhino, su un tema di particolare interesse per la città.
Di seguito il testo della mozione:
Alla cortese attenzione di
Antonio Agazzi – Presidente del Consiglio Comunale di Crema
Bruno Bruttomesso – Sindaco di Crema
Oggetto: MOZIONE SULLA QUESTIONE “CALCIOTTO”
Premesso che
Per un’amministrazione pubblica è doveroso porsi il rispetto delle regole da parte dei cittadini come un principio base della propria missione di governo.
Diviene altresì un obbligo pretenderlo dall’Amministrazione stessa e da tutti coloro che sono stati chiamati a gestire le tante società che operano nel nostro territorio.
Assodato che
Nell’area confinante con Via del Fante sia stata costruita un’opera non conforme a quanto stabilito da una convenzione intercorsa tra il Comune di Crema e la SCS servizi locali, approvata dal consiglio comunale della città.
Ritenuto che
La proposta unilaterale presentata all’attenzione dell’Amministrazione Comunale, da parte della SCS Servizi Locali, appare insufficiente a garantire i principi richiamati in precedenza.
Nell’auspicio che
Si possa addivenire ad una soluzione rispettosa dei principi di legalità e buona amministrazione.
Questo consiglio comunale
Apprezza l’azione del Sindaco di perseguire il principio di legalità.
Invita altresì il Sindaco
A percorrere tutte le strade per accertare quali siano le responsabilità che hanno portato alla realizzazione di un’opera non conforme a quanto previsto dalle convenzioni.
Nell’ipotesi per cui, dall’accertamento dei fatti, sia comprovata una responsabilità da parte di amministratori di società partecipate a richiederne la rinuncia all’incarico.
Ad impegnarsi affinché i costi derivanti da un eventuale ripristino della situazione originale non siano a carico dell’amministrazione pubblica, intendendo con questa accezione il Comune di Crema e sue società partecipate.
Ad assicurare, nell’ipotesi che si convenga per il mantenimento della struttura, ad oggi non conforme, all’assicurazione di una sua immediata rimozione non appena fosse necessario iniziare i lavori per il prolungamento della “gronda nord” e la stipula di un’integrazione delle convenzioni esistenti, tali per cui il gestore dell’impianto non debba trarre profitto dall’abuso accertato; il tutto prevedendo, a titolo esemplificativo, la corresponsione di un’ammenda.
Consiglieri Comunali
Felice Tosoni
Matteo Soccini
Il documento, redatto dal consigliere Matteo Soccini e sottoscritto anche dal capogruppo in Sala degli Ostaggi Felice Tosoni, racchiude la posizione della sezione cittadina di Crema della Lega Nord, guidata dal segretario Walter Longhino, su un tema di particolare interesse per la città.
Di seguito il testo della mozione:
Alla cortese attenzione di
Antonio Agazzi – Presidente del Consiglio Comunale di Crema
Bruno Bruttomesso – Sindaco di Crema
Oggetto: MOZIONE SULLA QUESTIONE “CALCIOTTO”
Premesso che
Per un’amministrazione pubblica è doveroso porsi il rispetto delle regole da parte dei cittadini come un principio base della propria missione di governo.
Diviene altresì un obbligo pretenderlo dall’Amministrazione stessa e da tutti coloro che sono stati chiamati a gestire le tante società che operano nel nostro territorio.
Assodato che
Nell’area confinante con Via del Fante sia stata costruita un’opera non conforme a quanto stabilito da una convenzione intercorsa tra il Comune di Crema e la SCS servizi locali, approvata dal consiglio comunale della città.
Ritenuto che
La proposta unilaterale presentata all’attenzione dell’Amministrazione Comunale, da parte della SCS Servizi Locali, appare insufficiente a garantire i principi richiamati in precedenza.
Nell’auspicio che
Si possa addivenire ad una soluzione rispettosa dei principi di legalità e buona amministrazione.
Questo consiglio comunale
Apprezza l’azione del Sindaco di perseguire il principio di legalità.
Invita altresì il Sindaco
A percorrere tutte le strade per accertare quali siano le responsabilità che hanno portato alla realizzazione di un’opera non conforme a quanto previsto dalle convenzioni.
Nell’ipotesi per cui, dall’accertamento dei fatti, sia comprovata una responsabilità da parte di amministratori di società partecipate a richiederne la rinuncia all’incarico.
Ad impegnarsi affinché i costi derivanti da un eventuale ripristino della situazione originale non siano a carico dell’amministrazione pubblica, intendendo con questa accezione il Comune di Crema e sue società partecipate.
Ad assicurare, nell’ipotesi che si convenga per il mantenimento della struttura, ad oggi non conforme, all’assicurazione di una sua immediata rimozione non appena fosse necessario iniziare i lavori per il prolungamento della “gronda nord” e la stipula di un’integrazione delle convenzioni esistenti, tali per cui il gestore dell’impianto non debba trarre profitto dall’abuso accertato; il tutto prevedendo, a titolo esemplificativo, la corresponsione di un’ammenda.
Consiglieri Comunali
Felice Tosoni
Matteo Soccini
giovedì 21 ottobre 2010
mercoledì 20 ottobre 2010
replicare o non replicare ? ? ?
sarebbe come sparare sulla croce rossa,
e non è il mio forte...
(per i distratti leggere "Cronaca" di oggi...)
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