mercoledì 16 maggio 2012
MARONI | #lega #futuro
mercoledì 9 maggio 2012
@kremasch | il tweet del 09/05/2012
venerdì 27 aprile 2012
RISPARMI | la giunta provinciale si taglia lo stipendio del 10%
La Provincia di Cremona si conferma ente virtuoso, e decide, anticipando le decisioni del governo, un taglio del dieci per cento dello stipendio di presidente e assessori. Non solo: la giunta provinciale, a inizio aprile, ha deciso anche di proseguire nella politica di contenimento dei costi applicando ulteriori tagli alle spese di staff e di comunicazione, già notevolmente ridotte rispetto al passato.
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Come si legge nella delibera che ha approvato il nuovo piano di tagli, “questa Amministrazione, sin dal suo insediamento, ha dimostrato particolare attenzione e sensibilità al contenimento dei costi della struttura amministrativa, procedendo ad una riduzione di quelli sostenuti dalla precedente Amministrazione, con specifico riferimento alla comunicazione (-91%), allo staff della presidenza (-30%) e alle consulenze affidate (-57%)”.
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Azione che è poi proseguita anche nel 2012: “l’azione di contrazione delle spese di funzionamento è proseguita senza soluzione di continuità, e si è accentuata ulteriormente nella predisposizione del bilancio 2012, con una nuova riduzione dei costi relativi allo staff del Presidente ed alla comunicazione, attraverso l’applicazione di tagli lineari che hanno portato a diminuire le disponibilità di un ulteriore 20%, ma che permettono di finalizzare i risparmi conseguiti in attività e servizi a favore della cittadinanza.”
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Un segnale forte
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Oltre a tutto questo, la Giunta Salini ha ritenuto opportuno “dare un segnale aggiuntivo che, pur avendo un contenuto non risolutivo, renda ancor più evidente la volontà degli amministratori dell’Ente di contribuire ad un riassetto della spesa pubblica, nell’ottica di una complessiva riduzione e contenimento dei costi legati alla gestione della macchina amministrativa”. Segnale che si è appunto concretizzando nella delibera di Giunta che ha stabilito “di proseguire nell’attività di riduzione e contenimento dei costi relativi di struttura, con particolare riguardo a quelli riferiti alla comunicazione e allo staff della presidenza, apportando un’ulteriore contrazione della somma a disposizione e finalizzando i relativi risparmi di spesa ad attività e servizi rivolti alla cittadinanza”, e “di disporre la riduzione del 10% dell’indennità di funzione, attualmente riconosciuta al Presidente ed agli Assessori provinciali”.
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domenica 15 aprile 2012
MARONI | intervista al Corriere.it
di seguito l'intervista rilasciata da Roberto Maroni ad Aldo Cazzullo tratta dal sito www.corriere.it.
da leggere e soprattutto comprendere...
«Dopo Bossi mai più un leader carismatico. Il nuovo segretario? Potrei non essere io».
L'ex ministro Maroni: «L'indipendenza della Padania resta il nostro progetto. E il momento è propizio».
Chi conduce l'inchiesta interna?
«Sono in tre: Stefano Stefani, il nuovo amministratore; Silvana Comaroli, l'amministratrice del gruppo parlamentare; e Roberto Simonetti, il presidente della provincia di Biella, con l'aiuto di una società esterna, la Price WaterHouse. Passeranno al setaccio tutto: i conti correnti, gli assegni, la contabilità, le proprietà immobiliari, con l'impegno di concludere entro il 30 giugno, data del congresso federale. Anche perché ogni giorno ne spunta una nuova, adesso i lingotti d'oro, i diamanti... roba da film dell'orrore più che da partito politico».
E lei, cofondatore, non sapeva proprio nulla?
«Degli investimenti in Tanzania ho letto sul Secolo XIX . Dell'amministrazione si è sempre occupato l'amministratore. Quando nel 2006 divenni capogruppo alla Camera, mi rifiutai di versare il contributo a quello di allora, Balocchi, perché non si capiva come sarebbe stato speso».
Ma come ministro dell'Interno non sapeva che dirigenti della Lega a lei ostili erano intercettati?
«Ho sentito anche questa, che sarei il regista dell'operazione. Be', se fossi riuscito a coordinare la Procura di Milano, quella di Napoli e quella di Reggio Calabria, sarei l'uomo più potente d'Italia...».
Regista, no. Informato, magari sì.
«Non è così, e per fortuna che non è così. Quando divenni ministro, andai dal capo della polizia e da altri a chiarire che non intendevo essere informato su indagini in corso».
Ha mai incontrato Bonet?
«Mai. Fu lui, attraverso una parlamentare della Lega, a chiedere di vedermi, dopo che era uscita la storia della Tanzania. Rifiutai».
Sulla posizione di Calderoli che idea si è fatto?
«Nessuna. Non inseguo le intercettazioni. Sarà l'inchiesta interna a stabilire come sono stati spesi i soldi del partito. Mi rimetto a questo accertamento. Nel frattempo, faccio notare che Bossi è stato l'unico segretario a dimettersi; Bersani e Rutelli non l'hanno fatto. Renzo Bossi ha lasciato il consiglio regionale; Penati no».
Per la successione si parla di lei, ma anche di un terzo uomo tra lei e Bossi. Come stanno le cose?
«A Bergamo ho lanciato il programma. Primo, fare pulizia, senza caccia alle streghe: io non sono Torquemada. Secondo, nuove regole: soldi alle sezioni, non in Africa. Terzo: meritocrazia. Quarto: largo ai giovani. Non mi considero anziano, ma certo faccio parte della prima stagione, nata con Bossi. La Lega del futuro, la Lega 2.0, ha bisogno di giovani. Per fortuna ne abbiamo: Zaia, Tosi, Cota, Giorgetti. Hanno la stoffa del leader? Non lo so. Valuteremo».
E se si ricandidasse Bossi?
«Ho già detto che lo voterei. In ogni caso, dopo di lui non verrà un nuovo Bossi. Un leader carismatico è per sua natura insostituibile. Verrà un nuovo assetto. E una nuova squadra. Gli equilibri tra i territori sono importanti, non a caso lo statuto prevede che il presidente e il segretario non siano della stessa regione. Se il congresso eleggesse un segretario veneto, sarei l'uomo più felice del mondo».
Sta dicendo che il segretario potrebbe anche non essere lei?
«Certo. Di sicuro sarà un segretario davvero federale. Collegiale. Un primus inter pares. Che tenga insieme il partito. Se no frana tutto».
Preoccupato dalle amministrative?
«Il timore c'è. Nei sondaggi paghiamo, ma non così tanto. Ci sarà un rimbalzo. E in prospettiva non siamo messi così male; anzi. La questione settentrionale è lì, intatta. Dobbiamo attrezzarci per essere ancora noi a rappresentarla. In questi dieci anni siamo rimasti un po' indietro. Dobbiamo ridefinire le nostre proposte su ambiente, energia, banche, piccole e medie imprese».
Tornerete ad allearvi con il Pdl?
«Al congresso ci sarà da prendere una decisione. O puntare sull'identità e andare da soli; o costruire un accordo per far ripartire il federalismo».
Lei è per la seconda linea?
«L'istinto prevalente è per la prima. Io mi limito a ricordare che andando da soli abbiamo colto grandi vittorie elettorali, come nel '96, quando arrivammo al massimo storico, senza però essere determinanti. Costruendo alleanze abbiamo colto grandi vittorie politiche. Se il Pdl proseguirà con il rinnovamento e riconoscerà l'errore di aver sostenuto Monti, il dialogo potrà riprendere».
I suoi rapporti con Tremonti come sono?
«Freddi. Lui è insofferente a ogni critica. Ricordo le riunioni notturne con Pezzotta, Angeletti e D'Amato quand'ero ministro del Welfare: Tremonti s'alzava sbattendo la porta per un commento critico del Sole 24 Ore . Io però lo stimo molto. Ha spunti geniali. Nella fase di progettazione che ci attende, il suo contributo sarebbe prezioso».
Il regno di Formigoni non è durato troppo a lungo? Gli scandali della Regione Lombardia non la imbarazzano? «Sì, ma noi siamo gente seria e manteniamo gli impegni. Non faremo cadere Formigoni. Se poi nel 2013 lui deciderà di andare a Roma, noi ci candideremo a governare la Lombardia».
Come sarà la Lega del futuro? Parlerà ancora di secessione e indipendenza della Padania? O punterà su autonomia e federalismo?
«L'indipendenza della Padania resterà sempre il nostro progetto. Ci si può arrivare con la rivoluzione o con l'accordo, come hanno fatto Repubblica Ceca e Slovacchia; ma la prospettiva non è affatto tramontata, anzi, il momento è propizio. Gli Stati-nazione non contano più nulla. Non governano né i confini, né la moneta, né la politica estera; ora, con il fiscal compact, non governeranno neppure più le finanze. E anche la burocrazia di Bruxelles è in crisi. Noi non siamo antieuropeisti, ma neoeuropeisti: dall'Europa a 27 Stati si deve passare all'Europa delle macroregioni. Una sarà la Padania».
E l'Italia? Scomparirà?
«L'Italia è già scomparsa. Ha perso la sua sovranità. Lasci stare Monti, che si fa dettare l'agenda da Merkel e Sarkozy. Noi stessi siamo stati costretti a fare una guerra in Libia che non volevamo».
Ma lei, che è stato ministro dell'Interno, non si sente italiano?
«Io mi sento europeo. E sono profondamente legato alle mie origini, alla cittadina dove sono nato. Quando nel '94 da sconosciuto divenni ministro, i giornali scrissero che ero di Lozza, "quartiere di Varese". Mi ritrovai mezzo paese sotto casa. Pensavo volessero festeggiarmi. Erano lì per protestare: "Devi dire che siamo un Comune!". I Comuni sono la base del federalismo italiano».
Perché allora l'ampolla, il dio Po, i riti celtici?
«Quella è l'identità. La pancia. Enfatizzata dai giornali. Potrei risponderle citando i nostri 300 sindaci; compreso il "famigerato" Gentilini, eletto dai trevigiani che tutto sono tranne che baluba. O il Bossi che nel '91 dice: "Noi non siamo per un federalismo etnico e linguistico, ma sociale ed economico". Un imprenditore cuneese e uno triestino non parlano la stessa lingua e non hanno le stesse origini. Ma hanno gli stessi problemi».
da leggere e soprattutto comprendere...
«Dopo Bossi mai più un leader carismatico. Il nuovo segretario? Potrei non essere io».
L'ex ministro Maroni: «L'indipendenza della Padania resta il nostro progetto. E il momento è propizio».
Onorevole Maroni, è davvero convinto che Bossi non sapesse nulla dell'uso privato di denaro pubblico al vertice della Lega?
«Conosco Umberto Bossi da oltre trent'anni: non è mai stato legato ai soldi, ha sempre anteposto la Lega alla famiglia, come quando nel '90 ruppe con la sorella. Mi pare impossibile che fosse consapevole di quanto accadeva. È il tributo che gli devo».
Ci sono le firme di Bossi sui documenti.
«Se verrà accertato il contrario, me ne dispiacerò. Se è per questo, come segretario federale ha firmato anche i bilanci. Continuo a ritenere che il Bossi che conosco io sia diverso. Non voglio credere sia cambiato. In ogni caso, stiamo facendo le nostre verifiche interne per stabilire se, quanto e chi ha sbagliato».
«Se verrà accertato il contrario, me ne dispiacerò. Se è per questo, come segretario federale ha firmato anche i bilanci. Continuo a ritenere che il Bossi che conosco io sia diverso. Non voglio credere sia cambiato. In ogni caso, stiamo facendo le nostre verifiche interne per stabilire se, quanto e chi ha sbagliato».
Chi conduce l'inchiesta interna?
«Sono in tre: Stefano Stefani, il nuovo amministratore; Silvana Comaroli, l'amministratrice del gruppo parlamentare; e Roberto Simonetti, il presidente della provincia di Biella, con l'aiuto di una società esterna, la Price WaterHouse. Passeranno al setaccio tutto: i conti correnti, gli assegni, la contabilità, le proprietà immobiliari, con l'impegno di concludere entro il 30 giugno, data del congresso federale. Anche perché ogni giorno ne spunta una nuova, adesso i lingotti d'oro, i diamanti... roba da film dell'orrore più che da partito politico».
E lei, cofondatore, non sapeva proprio nulla?
«Degli investimenti in Tanzania ho letto sul Secolo XIX . Dell'amministrazione si è sempre occupato l'amministratore. Quando nel 2006 divenni capogruppo alla Camera, mi rifiutai di versare il contributo a quello di allora, Balocchi, perché non si capiva come sarebbe stato speso».
Ma come ministro dell'Interno non sapeva che dirigenti della Lega a lei ostili erano intercettati?
«Ho sentito anche questa, che sarei il regista dell'operazione. Be', se fossi riuscito a coordinare la Procura di Milano, quella di Napoli e quella di Reggio Calabria, sarei l'uomo più potente d'Italia...».
Regista, no. Informato, magari sì.
«Non è così, e per fortuna che non è così. Quando divenni ministro, andai dal capo della polizia e da altri a chiarire che non intendevo essere informato su indagini in corso».
Ha mai incontrato Bonet?
«Mai. Fu lui, attraverso una parlamentare della Lega, a chiedere di vedermi, dopo che era uscita la storia della Tanzania. Rifiutai».
Sulla posizione di Calderoli che idea si è fatto?
«Nessuna. Non inseguo le intercettazioni. Sarà l'inchiesta interna a stabilire come sono stati spesi i soldi del partito. Mi rimetto a questo accertamento. Nel frattempo, faccio notare che Bossi è stato l'unico segretario a dimettersi; Bersani e Rutelli non l'hanno fatto. Renzo Bossi ha lasciato il consiglio regionale; Penati no».
Per la successione si parla di lei, ma anche di un terzo uomo tra lei e Bossi. Come stanno le cose?
«A Bergamo ho lanciato il programma. Primo, fare pulizia, senza caccia alle streghe: io non sono Torquemada. Secondo, nuove regole: soldi alle sezioni, non in Africa. Terzo: meritocrazia. Quarto: largo ai giovani. Non mi considero anziano, ma certo faccio parte della prima stagione, nata con Bossi. La Lega del futuro, la Lega 2.0, ha bisogno di giovani. Per fortuna ne abbiamo: Zaia, Tosi, Cota, Giorgetti. Hanno la stoffa del leader? Non lo so. Valuteremo».
E se si ricandidasse Bossi?
«Ho già detto che lo voterei. In ogni caso, dopo di lui non verrà un nuovo Bossi. Un leader carismatico è per sua natura insostituibile. Verrà un nuovo assetto. E una nuova squadra. Gli equilibri tra i territori sono importanti, non a caso lo statuto prevede che il presidente e il segretario non siano della stessa regione. Se il congresso eleggesse un segretario veneto, sarei l'uomo più felice del mondo».
Sta dicendo che il segretario potrebbe anche non essere lei?
«Certo. Di sicuro sarà un segretario davvero federale. Collegiale. Un primus inter pares. Che tenga insieme il partito. Se no frana tutto».
Preoccupato dalle amministrative?
«Il timore c'è. Nei sondaggi paghiamo, ma non così tanto. Ci sarà un rimbalzo. E in prospettiva non siamo messi così male; anzi. La questione settentrionale è lì, intatta. Dobbiamo attrezzarci per essere ancora noi a rappresentarla. In questi dieci anni siamo rimasti un po' indietro. Dobbiamo ridefinire le nostre proposte su ambiente, energia, banche, piccole e medie imprese».
Tornerete ad allearvi con il Pdl?
«Al congresso ci sarà da prendere una decisione. O puntare sull'identità e andare da soli; o costruire un accordo per far ripartire il federalismo».
Lei è per la seconda linea?
«L'istinto prevalente è per la prima. Io mi limito a ricordare che andando da soli abbiamo colto grandi vittorie elettorali, come nel '96, quando arrivammo al massimo storico, senza però essere determinanti. Costruendo alleanze abbiamo colto grandi vittorie politiche. Se il Pdl proseguirà con il rinnovamento e riconoscerà l'errore di aver sostenuto Monti, il dialogo potrà riprendere».
I suoi rapporti con Tremonti come sono?
«Freddi. Lui è insofferente a ogni critica. Ricordo le riunioni notturne con Pezzotta, Angeletti e D'Amato quand'ero ministro del Welfare: Tremonti s'alzava sbattendo la porta per un commento critico del Sole 24 Ore . Io però lo stimo molto. Ha spunti geniali. Nella fase di progettazione che ci attende, il suo contributo sarebbe prezioso».
Il regno di Formigoni non è durato troppo a lungo? Gli scandali della Regione Lombardia non la imbarazzano? «Sì, ma noi siamo gente seria e manteniamo gli impegni. Non faremo cadere Formigoni. Se poi nel 2013 lui deciderà di andare a Roma, noi ci candideremo a governare la Lombardia».
Come sarà la Lega del futuro? Parlerà ancora di secessione e indipendenza della Padania? O punterà su autonomia e federalismo?
«L'indipendenza della Padania resterà sempre il nostro progetto. Ci si può arrivare con la rivoluzione o con l'accordo, come hanno fatto Repubblica Ceca e Slovacchia; ma la prospettiva non è affatto tramontata, anzi, il momento è propizio. Gli Stati-nazione non contano più nulla. Non governano né i confini, né la moneta, né la politica estera; ora, con il fiscal compact, non governeranno neppure più le finanze. E anche la burocrazia di Bruxelles è in crisi. Noi non siamo antieuropeisti, ma neoeuropeisti: dall'Europa a 27 Stati si deve passare all'Europa delle macroregioni. Una sarà la Padania».
E l'Italia? Scomparirà?
«L'Italia è già scomparsa. Ha perso la sua sovranità. Lasci stare Monti, che si fa dettare l'agenda da Merkel e Sarkozy. Noi stessi siamo stati costretti a fare una guerra in Libia che non volevamo».
Ma lei, che è stato ministro dell'Interno, non si sente italiano?
«Io mi sento europeo. E sono profondamente legato alle mie origini, alla cittadina dove sono nato. Quando nel '94 da sconosciuto divenni ministro, i giornali scrissero che ero di Lozza, "quartiere di Varese". Mi ritrovai mezzo paese sotto casa. Pensavo volessero festeggiarmi. Erano lì per protestare: "Devi dire che siamo un Comune!". I Comuni sono la base del federalismo italiano».
Perché allora l'ampolla, il dio Po, i riti celtici?
«Quella è l'identità. La pancia. Enfatizzata dai giornali. Potrei risponderle citando i nostri 300 sindaci; compreso il "famigerato" Gentilini, eletto dai trevigiani che tutto sono tranne che baluba. O il Bossi che nel '91 dice: "Noi non siamo per un federalismo etnico e linguistico, ma sociale ed economico". Un imprenditore cuneese e uno triestino non parlano la stessa lingua e non hanno le stesse origini. Ma hanno gli stessi problemi».
sabato 14 aprile 2012
Kremàsch | CATEGORICA SMENTITA
nell'articolo in prima pagina dell'edizione odierna de "Il Cremasco" ho letto un passaggio che riporto integralemente, a parlare è l'On. Torazzi:
"...ho chiesto ai due esponenti del direttivo che hanno sfiduciato l'ex-segretario (Barbati n.d.r.), Matteo Soccini e Marco Bonetti, quale fosse il loro motivo e mi hanno risposto che si trattava di una questione personale, quindi non di una critica nei confronti dell'operato di Barbati."
dei motivi che mi hanno spinto a presentare le dimissioni dal direttivo provinciale, causando in tal modo il commissariamemento, non ho mai fatto parola con la stampa (nonostante le numerose richieste pervenute da parte dei giornalisti non ho mai rilasciato dichiarazioni, così come non ho scritto nulla prima di oggi su questo blog o sui vari sociale network).
quando, come in questo caso, mi si attribuiscono parole che non ho mai pronunciato con il fine di avvalorare una tesi infondata, è mio malgrado dovere intervenire sull'argomento per SMENTIRE CATEGORICAMENTE quanto riportato nell'intervista pubblicata.
le INNUMEREVOLI ragioni delle dimissioni le ho esposte in un lungo colloquio con il commissario provinciale Sen. Mura, il tutto alla presenza degli altri membri dimissionari dal direttivo provinciale.
interpellato dall'On. Torazzi, alla presenza di altre persone della sezione cittadina oltre che del già citato Mura, ho semplicemente risposto che in questa fase è mia intenzione impegnarmi nella campagna elettorale a sostegno del movimento, lasciando l'eventuale discussione sui motivi delle dimissioni a dopo le elezioni di maggio.
giovedì 12 aprile 2012
mercoledì 11 aprile 2012
BERGHEM, 10/04 | Serata dell'Orgoglio Leghista
«Sono giorni di passione, di dolore, di rabbia per
l’umiliazione, l’onta di essere considerati un partito di corrotti. Bossi non
si merita quello che è successo».
«Ho provato orrore per le accuse di collusione con la ’ndrangheta e la mafia, cose inaudite, orrende. Ma sono anche giorni in cui si risveglia l’orgoglio di essere leghisti, della Lega di un tempo, onesta. Lo dimostra la reazione dei tanti che non ci stanno, che vogliono ripartire, e stasera ripartiamo con le nostre straordinarie battaglie. La Lega, la potentissima, non è morta e non morirà mai, riparte da questa meravigliosa platea, non ci sono cerchi che tengano».
«Dobbiamo fare pulizia. È intollerabile accettare la violazione del nostro codice morale e dei valori leghisti. Chi sbaglia paga».
«Non è una caccia alle streghe. Lo dico io che avrei tanti motivi di rancore, tentarono di espellermi 15 anni fa e sono ancora qui. Però dobbiamo finirla con i complotti, le scomuniche e i cerchi. Basta. Da oggi si cambia. Parte un nuovo corso con nuove regole».
Eccole.
- i soldi alle sezioni.
- meritocrazia.
- largo ai giovani.
- fuori chi non le rispetta.
«Abbiamo valutato la necessità di fare subito i congressi nazionali e il congresso veneto lo stesso giorno del lombardo. Dobbiamo dare un segnale forte di coesione straordinaria. E dopo i congressi nazionali bisogna anticipare anche il congresso federale, entro giugno, per dare una guida salda e forte al movimento. Non lo dico per me, ho già detto che se Bossi si ripresenterà io lo rivoterò».
«Abbiamo un sogno nel cuore. Diventare nel 2013 il primo partito della Padania. Possiamo farcela».
Roberto Maroni.
sabato 7 aprile 2012
venerdì 6 aprile 2012
CREMA 2012 | idee per un programma amministrativo
di seguito il mio contributo (raccolto solo in parte) al programma elettorale per le amministrative di maggio a Crema.
ARTIGIANATO E PICCOLA
IMPRESA
CENTRO
CONVEGNI
LE ATTIVITA' PRODUTTIVE E L'OCCUPAZIONE LOCALE
Negli anni '90 Crema ha
subito la chiusura di due grosse entità produttive quali l’Olivetti e la
Ferriera con le conseguenze sul piano occupazionale ed economico che tutti
conosciamo. Si sta cercando di recuperare quella occupazione e si sta cercando
di individuare le possibili vie d'uscita dalla crisi in cui ci troviamo. La
congiuntura nazionale non aiuta certo a migliorare a vista d'occhio la
situazione.
In sede locale l'impegno di
Crema è quello di trattenere le aziende presenti offrendo opportunità e
modalità di permanenza diversificate, consentendo più facili condizioni di
utilizzo dei suoli per usi produttivi riducendo così al minimo il rischio di
delocalizzazione.
Per i nuovi insediamenti si
amplierà l'area a disposizione del PIP di Via Bramante limitatamente al
completamento dell’area avendo come confine il tracciato della nuova viabilità
inserita nel PGT di recente adozione, un contesto industriale già dotato di
servizi e che è propedeutico all'utilizzo dell'area ex‑Olivetti, contigua.
Sarà nostro obiettivo quello
di aiutare la creazione di un polo industriale sovracomunale (al confine con
Bagnolo Cremasco) a ovest del Comune di Crema, in direzione Milano, perché
riteniamo che solo offrendo aree ad alto contenuto tecnologico si possano
attirare investitori importanti e duraturi soprattutto nel campo
dell'occupazione. Ed anche perché riteniamo che in campo produttivo il Cremasco
debba essere considerato un tutt'uno, con le sue aree da sfruttare
tecnologicamente e le sue aree da salvaguardare dal punto di vista ambientale e
residenziale.
L'impegno, pertanto, sarà
quello di garantire queste iniziative, di lavorare a fianco a fianco con gli
operatori economici, dando quel supporto amministrativo e politico che ci
compete, facendo leva per quanto si va a fare anche sul consenso da ricercare
negli amministratori locali.
L'impegno è tale che
dovrebbe essere programmato su più di una tornata amministrativa, anche perché
deve intersecare le convergenze finanziarie, industriali e d’infrastrutture
necessarie.
ARTIGIANATO E PICCOLA
IMPRESA
La
competizione e i mercati inducono le parti produttive del tessuto economico a
continui aggiornamenti sia strutturali sia di visione commerciale; la spina
dorsale della nostra economia sono proprio quei nuclei produttivi che si
identificano nell’artigiano diffuso e nella piccola impresa.
Il
riconoscimento evidente di questa economia di produzione così radicata sul
territorio, così come la certezza che le capacità imprenditoriali non
necessitino solo di una proiezione verso l’esterno, ma anche della ricostruire
un’identità locale indirizzata competitivamente allo sviluppo e all’innovazione
tecnologica, ci induce a proporre la rivalutazione dell’aspetto localistico
della progettazione e dell’internazionalità tra tutti gli attori interessati
alla pianificazione delle opportunità dell’economia locale.
Il
Comune è un osservatorio privilegiato che rileva una serie importante di dati
economici e sociali ed è così capace di individuare sia le sensibilità sia le
vocazioni del territorio che amministra potendo influire con i sui strumenti di
pianificazione sulla radice del binomio di rapporto tra impresa e territorio.
In
quest’ambiente di rivalutazione dei ruoli e delle motivazioni dell’ente locale
e dei suoi amministratori va rilevata la presenza di una normativa che
attraverso l’istituzione dello sportello
unico per le imprese da modo di rendere un adempimento di legge, a volte
economicamente pesante e in parte riduttivo nella sua impostazione, in uno
strumento che riporti invece il Comune in un ruolo esclusivo di promotore di
una serie d’iniziative che, superando il semplice elemento di applicazione di una
legge, siano di stimolo e di compartecipazione nel programmare lo sviluppo
dell’impresa e contemporaneamente delle politiche territoriali.
Le
competenze dello sportello unico hanno subito una progressiva estensione e un
accentramento sempre più esclusivo nell’ente locale dei ruoli procedurali sino
a far dedurre che in tempi brevi si possa giungere a una nullità di atti
emanati da altri organi o enti, riteniamo di utilizzare l’obbligo del
procedimento unificato per riportare nell’ente comunale, singolo o consorziato,
il merito delle scelte politico–amministrative sul tema dello sviluppo
economico.
E’
giusto ricordare che nel processo semplificato racchiuso nel ruolo dello
sportello unico, si concentrano tutti quegli iter concessori che fino ad ora
andavano inseguiti in vari enti.
Consapevoli
che lo sportello unico, quando organizzato e funzionante, avrà un costo non
indifferente di funzionamento strutturale, sia come organizzazione interna sia
come consulenze esterne, senza che vi sia una certezza della quantità di lavoro
da coordinare e produrre, intendiamo proporlo come uno degli elementi che
l’amministrazione comunale può inserire in un programma più ampio di
valorizzazione economica e sociale del territorio.
Pensiamo
di riportare a livello locale una capacità di scelte e di supporti che
integrino la capacità imprenditoriale valorizzando le possibilità di:
- Rapporto tra amministrazione e categorie
- Progettare lo sviluppo inserendolo con
cognizione negli strumenti di programmazione quale la pianificazione urbanistica
- Incoraggiare i rapporti internazionali tra i
componenti delle filiere produttive
- Favorire lo scambio di conoscenze aziendali
- Incentivare l’ingresso al lavoro delle nuovi
generazioni e favorire lo scambio di conoscenze intergenerazionali
- Mettere a disposizione delle categorie e
delle imprese già presenti e di quelle nuove tutte le conoscenze rispetto
alle misure di sostegno finanziario disponibili
- Coordinare iniziative infrastrutturali tra
pubblico e privato per la valorizzazione del territorio e delle sue
vocazioni economiche.
- Una progettualità globale che veda protagonisti tutti gli attori sociali ed economici del territorio.
Proponiamo
quindi, per il comprato produttivo, di individuare il Comune come elemento
primario di tutte le azioni di trasformazione delle richieste e delle vocazioni
dei cittadini e del territorio ponendosi non solo come ente burocratico ma anzi
rivalutando tutte le sue possibilità di conoscenza e stimolo per coinvolgere
tutto il tessuto cittadino in un balzo coordinato ed attrezzato
intellettualmente e strutturalmente verso l’adeguamento dell’economia locale
nella sfida del terzo millennio.
E' un complesso di attività
produttive molto diversificate e con bisogni infrastrutturali non omogenei che
per la loro collocazione hanno bisogno di scelte urbanistiche differenti
necessitando, secondo le dimensioni aziendali ed il tipo di prodotto offerto,
di contesti ben definiti. Occorre, quindi, evitare di isolare l'attività
artigianale dal resto delle residenze (artigianato di servizio) e delle altre
attività produttive cittadine (artigianato di beni cosiddetti industriali).
L'obiettivo è di mantenere una composizione mista nell'utilizzo delle strutture
fisiche e dei suoli urbani, il che appare una condizione essenziale di vitalità
economica e sociale della città.
Pertanto, da una parte ci
sarà l'ampliamento del PIP, come già ricordato, dall'altra parte ci sarà il
reperimento di spazi anche minimi all'interno del tessuto urbano residenziale
indispensabili allo sviluppo dell'artigianato che sempre più si sta facendo
largo.
LE ATTIVITA' COMMERCIALI
L'attività commerciale deve
essere dimensionata sulla capacità d'acquisto del mercato locale, fondendo la
tradizione cittadina con i nuovi sistemi di distribuzione. Inoltre il tessuto
commerciale tradizionale deve far fronte anche alle esigenze che s’impongono
con la scelta di allargare la visibilità turistica della Città, concentrata soprattutto
nel Centro storico.
D'altra parte è indubbio che
non bisogna ulteriormente penalizzare le zone periferiche che si stanno
privando di esercizi commerciali essenziali, a cui bisogna far fronte con
scelte di servizio nuove. E' necessario, quindi, definire al più presto un
nuovo piano commerciale che se ispiri ai criteri sopra riportati e che escluda
l'inserimento di nuove strutture di grande distribuzione ritenendo che quelle
presenti siano già sin troppo esaustive. Anzi, anche i comuni limitrofi
dovrebbero farsi carico di questa problematica, interessando la grande
distribuzione, anche il cambio delle modalità di vita dei propri abitanti.
Bisogna valorizzare i negozi
dei Centro Storico, vero centro commerciale della Città. Offrendo maggiori
opportunità al consumatore, applicando sinergie tra gli operatori privati e la
parte pubblica. Necessitano certamente più parcheggi, soprattutto negli orari
di punta, ma bisogna anche diversificare gli orari di apertura per venire
incontro all'utenza. Certamente dopo una concertazione fra le parti
interessate.
LE ATTIVITA' TERZIARIE
Di fatto, a Crema non esiste
un sovradimensionamento del terziario. E' possibile e auspicabile che nei
prossimi anni ci sia un aumento di questo settore, soprattutto nel campo dei
servizi all'industria e all'artigianato. Ciò non comporta particolari
investimenti infrastrutturali, ma solo la predisposizione di un quadro di norme
urbanistiche non rigidamente vincolistiche che consentano l'insediamento di
attività produttive terziarie che, per loro natura, possono coesistere con
altre iniziative economiche e usi abitativi.
LE ATTIVITA' TURISTICHE E LE INFRASTRUTTURE CULTURALI
L’attività ideale di un Ente locale interessato alla cultura dovrebbe
essere quella mirata alla tutela dell’identità del proprio territorio, con la
conservazione e la valorizzazione del patrimonio artistico-culturale nel rispetto
della sua storia.
Oggigiorno, di fronte a spinte mondialiste sempre più forti tendenti a
considerare tutti i cittadini allo stesso modo, cioè semplici sudditi, è
necessario rivendicare il nostro diritto di difendere e valorizzare le
differenze; la propria storia, la propria cultura e le proprie tradizioni fanno
di ogni Comunità locale un bene che vogliamo salvaguardare in tutte le sedi,
anche e soprattutto mediante interventi di natura amministrativa.
Sarà dunque nostro compito utilizzare la cultura al fine di riscoprire
le peculiarità della Padania, così numerose ma sempre colpevolmente taciute
dalla volontà centralista di Roma, impegnata sempre e comunque a garantire
spazi e visibilità a forme di espressioni culturali e artistiche provenienti da
zone che non ci appartengono.
Il concetto importante è che la cultura non deve essere considerata un
costo bensì un vero e proprio investimento per l’Amministrazione comunale,
pensando alla ricaduta sul turismo e sull’immagine complessiva del Comune. Un
campo verso il quale l’Ente locale avrà un occhio di riguardo sarà quello della
cultura tradizionale tipica del Comune: usi, costumi, saggezza popolare,
gastronomia locale, manifestazioni religiose e teatrali collettive, feste
stagionali, espressioni etnomusicali, letteratura ed arte popolari (proverbi,
canzoni, creazioni artistiche). Si dovrà partire dalla constatazione che
l’identità culturale e storica del nostro popolo è un bene primario, onde la
necessità di una sostanziosa valorizzazione attraverso una serie d’interventi,
anche in accordo con altri Enti locali, che andranno dal rilancio di
manifestazioni dimenticate o decadute, all’organizzazione di convegni sulle
materie in questione, all’edizione di pubblicazioni illustrative.
Saranno importanti determinate azioni tendenti a riscoprire particolari
edifici, luoghi o monumenti.
Contemporaneamente si concederanno ampi spazi di espressione alla
cultura popolare locale, utilizzando e favorendo arti quali teatro, musica,
pittura, da sempre veicoli principali delle tradizioni dei popoli.
L’opportunità di trovare uno spazio espositivo adeguato per illustrare
la storia del Comune, mediante un museo etnografico, può certamente garantire
ai cittadini (e ai turisti) la conoscenza e l’approfondimento dell’immagine
storica del loro territorio, in tutte le fasi della sua evoluzione
socio-culturale.
La rivitalizzazione dei nuclei storici cittadini costituisce un punto
importante del nostro programma, e a tal fine si cercherà di favorire il
decentramento d’iniziative legate alla cultura, a vantaggio dei centri minori.
L’associazionismo e il volontariato saranno premiati quanto più siano
in grado di ricostruire, con le loro azioni, la personalità storica, culturale
e sociale della Comunità.
Incentivi dunque saranno stanziati e concessi a favore di queste realtà
che, è bene ricordarlo, a fronte di enormi sacrifici per il bene della
collettività non sempre riescono a sopravvivere economicamente.
Ultimo, ma non meno importante degli altri, l’obiettivo di catalogare e
censire, per poi preservare, tutte le esperienze, le tradizioni e le
manifestazioni che costituiscono uno storico indicatore delle eredità e delle
norme locali che nel loro insieme valgono come identità culturale e storica
della Comunità.
In sintesi, la nostra Amministrazione comunale deve promuovere una
politica culturale di equilibrio tra tradizione ed innovazione, tesa al
recupero ed alla valorizzazione dell'identità della nostra zona e nello stesso
tempo pronta a cogliere le modificazioni che sono in atto.
In questa logica si perseguirà l'obiettivo di valorizzare il patrimonio
delle tradizioni civili e religiose, che vedano la partecipazione della scuola,
dei giovani, delle associazioni culturali.
Solamente con un’azione politica di questo tipo sarà possibile reagire
alle spinte centraliste e omologanti provenienti dalla cultura di regime e
tendenti alla progressiva scomparsa del retroterra culturale padano, di cui la
nostra amministrazione si farà invece valido difensore.
Il nostro intento è far
diventare sempre di più Crema Città Universitaria e d’importanza culturale e
turistica, pertanto le attività e gli intenti dovranno essere indirizzati in
questa direzione. In quest’ottica che bisogna inserire l’attività del Museo di
Crema e della struttura del teatro S. Domenico, l’organizzazione di
manifestazioni culturali dovranno imperniarsi su queste strutture, facendo leva
sulle disponibilità artistiche ed associazionistiche del nostro territorio, per
organizzare manifestazioni culturali di ampio richiamo.
E’ inoltre importante
recuperare quanto prima, alla disponibilità cittadina, l’ex Mercato
Austro-Ungarico per utilizzarlo per mostre e manifestazioni. Si dovrà incrementare
l’opera di recupero delle Mura Venete e dei suoi percorsi. La diffusione delle bellezze
della città nel territorio nazionale e internazionale non può prescindere dalla
partecipazione ai maggiori appuntamenti fieristici del settore.
CENTRO
CONVEGNI
Considerando le richieste pervenute
in questi anni e il numero dei partecipanti alle varie iniziative, si propone
la creazione a Crema di un Centro convegni, o Congressi, considerata la sua
posizione ideale all'interno delle strutture operative lombarde. Qualche
privato potrebbe intervenire nel creare le strutture e, secondo noi, è da
incentivare, considerando la considerevole ricaduta sulla città in termini
economici, d'immagine, di occupazione, di cultura. I soggetti privati, se
interessati, potrebbero intervenire su aree apposite, una delle quali potrebbe
essere individuata nella zona Olivetti, che tra l’altro è sede dell’Università
e dei progetti che intorno a questa si dovranno muovere.
PARTECIPAZIONE
AD ORGANISMI CHE OPERANO IN CAMPO ECONOMICO
Reindustria
Si tratta di una società consortile a responsabilità
limitata, a maggioranza pubblica, per il 55% del capitale. Il restante 45% del
capitale è suddiviso tra numerosi privati: associazioni di categorie,
organizzazioni sindacali e banche.
Il Comune di Crema è socio per il 17% del capitale
della società. Reindustria è nata nel 1994 per gestire i contributi
statali e regionali ottenuti in conseguenza della crisi “Olivetti”.
Oggi il suo funzionamento è sostenuto dai fondi che
i soci trasferiscono annualmente sulla base di un programma triennale approvato
dall’Assemblea dei soci e sulla base di stralci annuali di programma.
E’ poi previsto che i
soci possano finanziare solo i progetti che ritengano di loro interesse, e,
inoltre, affidare a Reindustria la realizzazione di un progetto di proprio
esclusivo interesse del quale sosterrebbero la relativa spesa.
I risultati conseguiti nel cremasco hanno spinto
Reindustria a interessarsi dello sviluppo economico dell’intera provincia di
Cremona, attraverso la valorizzazione, il consolidamento, il potenziamento e lo
sviluppo delle risorse del territorio, con i mezzi propri del marketing e
dell’economia territoriale.
In
particolare, il servizio offerto da Reindustria si concretizza nelle seguenti
attività:
·
Sviluppo economico: promozione di interventi coerenti con un’economia territoriale
sostenibile, attraverso due aree operative: a) area progetti, dedicata
all’assistenza tecnica su bandi di finanza pubblica agevolata; b) area
territorio, dedicata all’opportunità di investimento nel territorio;
·
Studi e pubblicazioni: promozione e coordinamento di studi socioeconomici
di inquadramento generale sui comprensori;
·
Aggregazione d’impresa: creazione e applicazione di un modello innovativo
di aggregazione d’impresa, in grado di supportare le imprese appartenenti alla
filiera di riferimento in diversi settori, con lo scopo di creare vantaggi
competitivi, supportare l’internazionalizzazione, migliorare l’efficacia della
formazione, attraverso una funzione di coordinamento.
L’attività della società si baserà, nella prima
parte del mandato amministratvo del Comune sul nuovo programma triennale che potrà
accogliere nuove linee programmatiche per rendere la stessa società un vero
strumento operativo a servizio del territorio, un’auspicio gà manifestato
dall’amministrazione provinciale.
L’obiettivo per il mandato amministrativo 2012-2017
è quello di indirizzare le risorse comunali al sostegno di specifiche azioni e
di mantenere uno stretto rapporto con le categorie economiche.
Crema Ricerche
Il Consorzio Crema Ricerche è stato costituito nel
1999 da Provincia di Cremona, Camera di Commercio di Cremona, Comune di Crema,
Associazione Cremasca Studi Universitari e dall'Agenzia d'Area Reindustria S.
cons.r.l., quali soci fondatori.
Esso ha sede nell'area “ex Olivetti” – oggi
recuperata - e svolge la propria attività senza fini di lucro, ponendosi
l'obiettivo di favorire la nascita e lo sviluppo delle imprese innovative,
nonché il trasferimento tecnologico.
Si tratta di una realtà consortile che ha sviluppato
molteplici attività a favore del sistema locale, a partire dal comprensorio
cremasco, ma aprendosi ad un territorio più vasto e andando a promuovere
iniziative a favore anche dei territori delle province di Bergamo e di Brescia.
In particolare, il Consorzio si propone l'obiettivo
di prestare servizi reali soprattutto nei confronti delle piccole e medie
imprese, nell'intento di promuovere la diffusione delle innovazioni e il
trasferimento tecnologico.
Attualmente il Consorzio Crema Ricerche è composto
da n. 58 soci, fra enti ed imprese interessati allo sviluppo delle
problematiche legate all'innovazione e al trasferimento tecnologico.
Il Consorzio è dotato di un Consiglio di
Amministrazione, di un Collegio dei revisori e di un Comitato Tecnico
Scientifico.
Nel corso del mandato l’Amministrazione valuterà e
definirà le proprie modalità di partecipazione al consorzio, il tutto
considerando che il consorzio sarà impegnato nel rinnovo delle cariche (Cda) e
nella redazione del nuovo piano triennale 2012-2014.
In ogni caso l’intervento avrà come obiettivi la razionalizzazione della
struttura con l’obiettivo di proseguire l’integrazione con Reindustria, il
miglioramento complessivo dell’attività alla luce anche della mutata situazione di contesto.
sabato 31 marzo 2012
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