martedì 29 maggio 2012

le OPINIONI de L'INVIATO | alla ricerca di una politica in grado di affrontare la questione settentrionale

articolo tratto da www.inviatoquotidiano.it


Chi si occuperà della questione settentrionale? Questa domanda sembra destinata a rimanere senza risposta. La grave crisi della Lega e la fragilità del PDL a trazione berlusconiana sembrano riservare al Nord un futuro con scarsa rappresentanza politica. Eppure il fortissimo tessuto imprenditoriale lombardo veneto non desiste, a maggior ragione nel momento dell’inasprimento fiscale ad opera del governo Monti. L’aria che si respira nell’area più efficiente e produttiva del paese è pesante, ma gli imprenditori disperati sono molti meno di quelli arrabbiati e pronti a rivendicare più forte di prima il valore del loro lavoro, dei loro prodotti. Colpisce del resto la pregnanza addirittura educativa della protesta, sempre meno silenziosa: come aiutare i propri figli a restare attaccati al lavoro, all’azienda di famiglia, in un contesto che premia i pigri e punisce sistematicamente i virtuosi?

E allora capita di sentir dire che il Nord sarebbe in grado di accollarselo tutto il debito del paese, e ripagarlo in venti trent’anni. Ma a condizione che le tasse rimangano qui, vicine a chi le paga, con chiara e controllabile destinazione. Diciamo la verità: non fa una grinza. E la sola idea che la politica pensi di poter uscire dalla palude in cui si trova evacuando questa domanda, derubricandola a degenerazione egoistica, fa un po’ rabbia. L’esperienza lombarda dimostra che, laddove siano garantiti spazi reali di autonomia politica ed amministrativa, si può modificare radicalmente il modello di governo del territorio, recuperando alla società civile ed alla sua creatività spazi di libertà ed azione enormi. E ne guadagnano tutti in termini di benessere, pace sociale, speranza. Ma senza quegli spazi di autonomia politica ed amministrativa, nemmeno le più brillanti proposte di modernizzazione di governo della cosa pubblica (liberalizzazioni, privatizzazioni e storie di sussidiarietà varia) potranno realizzarsi.

Molta attesa desta il dialogo degli ultimi mesi tra Berlusconi e Montezomolo. Ma la domanda lacerante è: di che parlano? Si tenta di cambiare il volto politico dei moderati? Il volto di Berlusconi non funziona più, ma funzionano i suoi voti. Il volto di Casini risulta meno provocatorio, ma l'ultimo delfino di Arnaldo Forlani vanta una dote piuttosto scarsa di voti ed un'immagine decisamente poco innovativa. Montezemolo: e i contenuti quali sono? Gli stessi del '94, con la cravattina nuova a quanto pare. Ma questo basterà a realizzare quanto in quasi vent'anni non si è riusciti a fare?

Il Nord operoso, rimesso a dura prova dalle tasse del governo tecnico, sembra chiedere un nuovo metodo di governo, non più soltanto un ottimo programma. Il messaggio politico plausibile sembra essere solo questo: una società forte e volenterosa ha bisogno di uno Stato leggero ed efficace. La precondizione perché questo accada è che non si tenti di consolare il Nord, ma lo si ponga al centro dell’agenda politica.

sabato 26 maggio 2012

mercoledì 16 maggio 2012

MARONI | #lega #futuro


"Voglio una LEGA UNITA, voglio una LEGA FORTE, voglio una LEGA VIVA. Una Lega che si concentra sulle cose da fare e non sulle menate interne, che progetta e governa, che dà risposte. LARGO AI GIOVANI E A CHI E' CAPACE. Per faccendieri, ladri e ciarlatani non c'è posto nella Lega del futuro."

mercoledì 9 maggio 2012

@kremasch | il tweet del 09/05/2012

non si rilancia la a accampando facili scuse, ma riflettendo seriamente sugli ultimi 2 anni di gestione del partito.

venerdì 27 aprile 2012

RISPARMI | la giunta provinciale si taglia lo stipendio del 10%


La Provincia di Cremona si conferma ente virtuoso, e decide, anticipando le decisioni del governo, un taglio del dieci per cento dello stipendio di presidente e assessori. Non solo: la giunta provinciale, a inizio aprile, ha deciso anche di proseguire nella politica di contenimento dei costi applicando ulteriori tagli alle spese di staff e di comunicazione, già notevolmente ridotte rispetto al passato.
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Come si legge nella delibera che ha approvato il nuovo piano di tagli, “questa Amministrazione, sin dal suo insediamento, ha dimostrato particolare attenzione e sensibilità al contenimento dei costi della struttura amministrativa, procedendo ad una riduzione di quelli sostenuti dalla precedente Amministrazione, con specifico riferimento alla comunicazione (-91%), allo staff della presidenza (-30%) e alle consulenze affidate (-57%)”.
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Azione che è poi proseguita anche nel 2012: “l’azione di contrazione delle spese di funzionamento è proseguita senza soluzione di continuità, e si è accentuata ulteriormente nella predisposizione del bilancio 2012, con una nuova riduzione dei costi relativi allo staff del Presidente ed alla comunicazione, attraverso l’applicazione di tagli lineari che hanno portato a diminuire le disponibilità di un ulteriore 20%, ma che permettono di finalizzare i risparmi conseguiti in attività e servizi a favore della cittadinanza.”
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Un segnale forte
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Oltre a tutto questo, la Giunta Salini ha ritenuto opportuno “dare un segnale aggiuntivo che, pur avendo un contenuto non risolutivo, renda ancor più evidente la volontà degli amministratori dell’Ente di contribuire ad un riassetto della spesa pubblica, nell’ottica di una complessiva riduzione e contenimento dei costi legati alla gestione della macchina amministrativa”. Segnale che si è appunto concretizzando nella delibera di Giunta che ha stabilito “di proseguire nell’attività di riduzione e contenimento dei costi relativi di struttura, con particolare riguardo a quelli riferiti alla comunicazione e allo staff della presidenza, apportando un’ulteriore contrazione della somma a disposizione e finalizzando i relativi risparmi di spesa ad attività e servizi rivolti alla cittadinanza”, e “di disporre la riduzione del 10% dell’indennità di funzione, attualmente riconosciuta al Presidente ed agli Assessori provinciali”.
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domenica 15 aprile 2012

MARONI | intervista al Corriere.it

di seguito l'intervista rilasciata da Roberto Maroni ad Aldo Cazzullo tratta dal sito www.corriere.it.
da leggere e soprattutto comprendere...

«Dopo Bossi mai più un leader carismatico. Il nuovo segretario? Potrei non essere io».
L'ex ministro Maroni: «L'indipendenza della Padania resta il nostro progetto. E il momento è propizio».

Onorevole Maroni, è davvero convinto che Bossi non sapesse nulla dell'uso privato di denaro pubblico al vertice della Lega?
«Conosco Umberto Bossi da oltre trent'anni: non è mai stato legato ai soldi, ha sempre anteposto la Lega alla famiglia, come quando nel '90 ruppe con la sorella. Mi pare impossibile che fosse consapevole di quanto accadeva. È il tributo che gli devo».
 
Ci sono le firme di Bossi sui documenti.
«Se verrà accertato il contrario, me ne dispiacerò. Se è per questo, come segretario federale ha firmato anche i bilanci. Continuo a ritenere che il Bossi che conosco io sia diverso. Non voglio credere sia cambiato. In ogni caso, stiamo facendo le nostre verifiche interne per stabilire se, quanto e chi ha sbagliato».

Chi conduce l'inchiesta interna?
«Sono in tre: Stefano Stefani, il nuovo amministratore; Silvana Comaroli, l'amministratrice del gruppo parlamentare; e Roberto Simonetti, il presidente della provincia di Biella, con l'aiuto di una società esterna, la Price WaterHouse. Passeranno al setaccio tutto: i conti correnti, gli assegni, la contabilità, le proprietà immobiliari, con l'impegno di concludere entro il 30 giugno, data del congresso federale. Anche perché ogni giorno ne spunta una nuova, adesso i lingotti d'oro, i diamanti... roba da film dell'orrore più che da partito politico».


E lei, cofondatore, non sapeva proprio nulla?
«Degli investimenti in Tanzania ho letto sul Secolo XIX . Dell'amministrazione si è sempre occupato l'amministratore. Quando nel 2006 divenni capogruppo alla Camera, mi rifiutai di versare il contributo a quello di allora, Balocchi, perché non si capiva come sarebbe stato speso».


Ma come ministro dell'Interno non sapeva che dirigenti della Lega a lei ostili erano intercettati?
«Ho sentito anche questa, che sarei il regista dell'operazione. Be', se fossi riuscito a coordinare la Procura di Milano, quella di Napoli e quella di Reggio Calabria, sarei l'uomo più potente d'Italia...».


Regista, no. Informato, magari sì.
«Non è così, e per fortuna che non è così. Quando divenni ministro, andai dal capo della polizia e da altri a chiarire che non intendevo essere informato su indagini in corso».

Ha mai incontrato Bonet?
«Mai. Fu lui, attraverso una parlamentare della Lega, a chiedere di vedermi, dopo che era uscita la storia della Tanzania. Rifiutai».


Sulla posizione di Calderoli che idea si è fatto?
«Nessuna. Non inseguo le intercettazioni. Sarà l'inchiesta interna a stabilire come sono stati spesi i soldi del partito. Mi rimetto a questo accertamento. Nel frattempo, faccio notare che Bossi è stato l'unico segretario a dimettersi; Bersani e Rutelli non l'hanno fatto. Renzo Bossi ha lasciato il consiglio regionale; Penati no».


Per la successione si parla di lei, ma anche di un terzo uomo tra lei e Bossi. Come stanno le cose?
«A Bergamo ho lanciato il programma. Primo, fare pulizia, senza caccia alle streghe: io non sono Torquemada. Secondo, nuove regole: soldi alle sezioni, non in Africa. Terzo: meritocrazia. Quarto: largo ai giovani. Non mi considero anziano, ma certo faccio parte della prima stagione, nata con Bossi. La Lega del futuro, la Lega 2.0, ha bisogno di giovani. Per fortuna ne abbiamo: Zaia, Tosi, Cota, Giorgetti. Hanno la stoffa del leader? Non lo so. Valuteremo».


E se si ricandidasse Bossi?
«Ho già detto che lo voterei. In ogni caso, dopo di lui non verrà un nuovo Bossi. Un leader carismatico è per sua natura insostituibile. Verrà un nuovo assetto. E una nuova squadra. Gli equilibri tra i territori sono importanti, non a caso lo statuto prevede che il presidente e il segretario non siano della stessa regione. Se il congresso eleggesse un segretario veneto, sarei l'uomo più felice del mondo».


Sta dicendo che il segretario potrebbe anche non essere lei?
«Certo. Di sicuro sarà un segretario davvero federale. Collegiale. Un primus inter pares. Che tenga insieme il partito. Se no frana tutto».


Preoccupato dalle amministrative?
«Il timore c'è. Nei sondaggi paghiamo, ma non così tanto. Ci sarà un rimbalzo. E in prospettiva non siamo messi così male; anzi. La questione settentrionale è lì, intatta. Dobbiamo attrezzarci per essere ancora noi a rappresentarla. In questi dieci anni siamo rimasti un po' indietro. Dobbiamo ridefinire le nostre proposte su ambiente, energia, banche, piccole e medie imprese».


Tornerete ad allearvi con il Pdl?
«Al congresso ci sarà da prendere una decisione. O puntare sull'identità e andare da soli; o costruire un accordo per far ripartire il federalismo».


Lei è per la seconda linea?
«L'istinto prevalente è per la prima. Io mi limito a ricordare che andando da soli abbiamo colto grandi vittorie elettorali, come nel '96, quando arrivammo al massimo storico, senza però essere determinanti. Costruendo alleanze abbiamo colto grandi vittorie politiche. Se il Pdl proseguirà con il rinnovamento e riconoscerà l'errore di aver sostenuto Monti, il dialogo potrà riprendere».


I suoi rapporti con Tremonti come sono?
«Freddi. Lui è insofferente a ogni critica. Ricordo le riunioni notturne con Pezzotta, Angeletti e D'Amato quand'ero ministro del Welfare: Tremonti s'alzava sbattendo la porta per un commento critico del Sole 24 Ore . Io però lo stimo molto. Ha spunti geniali. Nella fase di progettazione che ci attende, il suo contributo sarebbe prezioso».


Il regno di Formigoni non è durato troppo a lungo? Gli scandali della Regione Lombardia non la imbarazzano? «Sì, ma noi siamo gente seria e manteniamo gli impegni. Non faremo cadere Formigoni. Se poi nel 2013 lui deciderà di andare a Roma, noi ci candideremo a governare la Lombardia».

Come sarà la Lega del futuro? Parlerà ancora di secessione e indipendenza della Padania? O punterà su autonomia e federalismo?
«L'indipendenza della Padania resterà sempre il nostro progetto. Ci si può arrivare con la rivoluzione o con l'accordo, come hanno fatto Repubblica Ceca e Slovacchia; ma la prospettiva non è affatto tramontata, anzi, il momento è propizio. Gli Stati-nazione non contano più nulla. Non governano né i confini, né la moneta, né la politica estera; ora, con il fiscal compact, non governeranno neppure più le finanze. E anche la burocrazia di Bruxelles è in crisi. Noi non siamo antieuropeisti, ma neoeuropeisti: dall'Europa a 27 Stati si deve passare all'Europa delle macroregioni. Una sarà la Padania».


E l'Italia? Scomparirà?
«L'Italia è già scomparsa. Ha perso la sua sovranità. Lasci stare Monti, che si fa dettare l'agenda da Merkel e Sarkozy. Noi stessi siamo stati costretti a fare una guerra in Libia che non volevamo».


Ma lei, che è stato ministro dell'Interno, non si sente italiano?
«Io mi sento europeo. E sono profondamente legato alle mie origini, alla cittadina dove sono nato. Quando nel '94 da sconosciuto divenni ministro, i giornali scrissero che ero di Lozza, "quartiere di Varese". Mi ritrovai mezzo paese sotto casa. Pensavo volessero festeggiarmi. Erano lì per protestare: "Devi dire che siamo un Comune!". I Comuni sono la base del federalismo italiano».


Perché allora l'ampolla, il dio Po, i riti celtici?
«Quella è l'identità. La pancia. Enfatizzata dai giornali. Potrei risponderle citando i nostri 300 sindaci; compreso il "famigerato" Gentilini, eletto dai trevigiani che tutto sono tranne che baluba. O il Bossi che nel '91 dice: "Noi non siamo per un federalismo etnico e linguistico, ma sociale ed economico". Un imprenditore cuneese e uno triestino non parlano la stessa lingua e non hanno le stesse origini. Ma hanno gli stessi problemi».

sabato 14 aprile 2012

Kremàsch | CATEGORICA SMENTITA

nell'articolo in prima pagina dell'edizione odierna de "Il Cremasco" ho letto un passaggio che riporto integralemente, a parlare è l'On. Torazzi:

"...ho chiesto ai due esponenti del direttivo che hanno sfiduciato l'ex-segretario (Barbati n.d.r.), Matteo Soccini e Marco Bonetti, quale fosse il loro motivo e mi hanno risposto che si trattava di una questione personale, quindi non di una critica nei confronti dell'operato di Barbati."

dei motivi che mi hanno spinto a presentare le dimissioni dal direttivo provinciale, causando in tal modo il commissariamemento, non ho mai fatto parola con la stampa (nonostante le numerose richieste pervenute da parte dei giornalisti non ho mai rilasciato dichiarazioni, così come non ho scritto nulla prima di oggi su questo blog o sui vari sociale network).

quando, come in questo caso, mi si attribuiscono parole che non ho mai pronunciato con il fine di avvalorare una tesi infondata, è mio malgrado dovere intervenire sull'argomento per SMENTIRE CATEGORICAMENTE quanto riportato nell'intervista pubblicata.

le INNUMEREVOLI ragioni delle dimissioni le ho esposte in un lungo colloquio con il commissario provinciale Sen. Mura, il tutto alla presenza degli altri membri dimissionari dal direttivo provinciale.
interpellato dall'On. Torazzi, alla presenza di altre persone della sezione cittadina oltre che del già citato Mura, ho semplicemente risposto che in questa fase è mia intenzione impegnarmi nella campagna elettorale a sostegno del movimento, lasciando l'eventuale discussione sui motivi delle dimissioni a dopo le elezioni di maggio.

mercoledì 11 aprile 2012

BERGHEM, 10/04 | Serata dell'Orgoglio Leghista

«Sono giorni di passione, di dolore, di rabbia per l’umiliazione, l’onta di essere considerati un partito di corrotti. Bossi non si merita quello che è successo».

«Ho provato orrore per le accuse di collusione con la ’ndrangheta e la mafia, cose inaudite, orrende. Ma sono anche giorni in cui si risveglia l’orgoglio di essere leghisti, della Lega di un tempo, onesta. Lo dimostra la reazione dei tanti che non ci stanno, che vogliono ripartire, e stasera ripartiamo con le nostre straordinarie battaglie. La Lega, la potentissima, non è morta e non morirà mai, riparte da questa meravigliosa platea, non ci sono cerchi che tengano».

«Dobbiamo fare pulizia. È intollerabile accettare la violazione del nostro codice morale e dei valori leghisti. Chi sbaglia paga».

«Non è una caccia alle streghe. Lo dico io che avrei tanti motivi di rancore, tentarono di espellermi 15 anni fa e sono ancora qui. Però dobbiamo finirla con i complotti, le scomuniche e i cerchi. Basta. Da oggi si cambia. Parte un nuovo corso con nuove regole».

Eccole.
  1.  i soldi alle sezioni.
  2. meritocrazia.
  3. largo ai giovani.
  4. fuori chi non le rispetta.
«Oltre alle regole, oltre a fare pulizia, dobbiamo pensare alla cosa più importante: l’unità del movimento per vincere la nostra battaglia, l’indipendenza della Padania. La Padania non è mai stata minacciata come in questo momento, dalla crisi, dal governo, dall’Europa e dalla finanza internazionale. La partitocrazia e Roma vogliono annientare la Lega. Tenteranno ancora di dividerci».

«Abbiamo valutato la necessità di fare subito i congressi nazionali e il congresso veneto lo stesso giorno del lombardo. Dobbiamo dare un segnale forte di coesione straordinaria. E dopo i congressi nazionali bisogna anticipare anche il congresso federale, entro giugno, per dare una guida salda e forte al movimento. Non lo dico per me, ho già detto che se Bossi si ripresenterà io lo rivoterò».

«Abbiamo un sogno nel cuore. Diventare nel 2013 il primo partito della Padania. Possiamo farcela».

Roberto Maroni.