CARLO CATTANEO, storico, economista e uomo politico, (Milano, 15 giugno 1801 – Castagnola, Lugano, 6 febbraio 1869).
Partecipò alle Cinque giornate di Milano; repubblicano e federalista, dovette però cedere il campo ai moderati filo-piemontesi e nel 1848 si ritirò a Parigi e quindi in Svizzera. Eletto nel 1860 deputato, non entrò mai alla Camera per non prestare il giuramento monarchico. Fu consigliere di G. Garibaldi, sperando di affermare il principio federale. Prevalso il partito dell’annessione, ritornò in Svizzera. Nel 1867 accettò di nuovo la candidatura a deputato, sempre tenendosi lontano dai lavori parlamentari. C. diede al positivismo italiano un carattere prettamente sociale. L’attenzione, nei suoi scritti, al legame tra Europa e moto italiano e al significato politico delle vicende del ‘48, rende la sua opera un capitolo molto importante della storiografia sul Risorgimento.
VITA
Alunno di G. D. Romagnosi, laureatosi in diritto a Pavia nel 1824, si dette all'attività pubblicistica; assiduo collaboratore degli Annali universali di statistica (dal 1833 al 1838), si occupò di ferrovie, bonifiche, dazi, commerci, agricoltura, finanze, opere pubbliche, geografia, letteratura, linguistica, storia e filosofia. Nel 1839 iniziò quel “repertorio mensile di studî applicati alla cultura e prosperità sociale”, cui altri diede il nome di Politecnico e che durò fino al 1844. In quest’anno pubblicò le Notizie naturali e civili su la Lombardia. Estraneo alle sette e alle congiure, venne in sospetto all'Austria soprattutto per la sua attività di studioso; nel gennaio 1848, infatti, fu proposto per la deportazione, sospesa per ordine del viceré. Attraverso la ricerca scientifica il C. proponeva un vasto programma di riforme politiche, inteso ad assicurare gradualmente al Lombardo-Veneto l’indipendenza nell'ambito di una federazione di popoli soggetti all'Austria, primo passo verso una federazione indipendente del popolo italiano (programma allargatosi, nel sett. 1848, a quello degli “Stati Uniti d’Europa”). Durante le Cinque giornate di Milano fu a capo del Consiglio di guerra, iniziando così la fase della sua politica attiva; fu parentesi assai breve: repubblicano e federalista, dovette cedere il campo ai moderati filo-piemontesi e nell'agosto si ritirò a Parigi (ove, sempre nel 1848, pubblicò L’insurrection de Milan, tradotta in italiano e ampliata l’anno successivo), poi in Svizzera, a Castagnola, ove restò fino al 1859, insegnando filosofia al liceo cantonale di Lugano. Ritornato a Milano il 25 ag. 1859, fece risorgere il Politecnico; eletto nel 1860 deputato, non entrò mai alla Camera per non prestare il giuramento monarchico. Dal settembre fu a Napoli consigliere di Garibaldi, sperando di affermare il principio federale. Prevalso il partito dell’annessione, ritornò a Castagnola e nel 1861 e nel 1865 rifiutò la candidatura per l’elezione a deputato che nel 1867 invece accettò pur non prendendo parte ai lavori parlamentari per non prestare giuramento.
PENSIERO E OPERE
Scolaro e continuatore di G. D. Romagnosi, il C. iniziò il positivismo italiano, con un carattere prettamente sociale, rifacendosi soprattutto a C.-H. de Saint-Simon. Psicologo più che filosofo, nella Psicologia delle menti associate (1859-66), rimasta allo stato di frammenti, cercò di realizzare un’interpretazione sociale dello sviluppo psicologico dell’individuo. Nelle scienze penali precorse i moderni concetti di responsabilità. Nella linguistica, le sue osservazioni sul fenomeno del “sostrato” furono riprese e sviluppate da G. I. Ascoli; notevoli, inoltre, le critiche mosse alle teorie delle migrazioni dei “popoli” indoeuropei, formulate dalla prima linguistica romantica (critiche confermate dall'ulteriore sviluppo della linguistica indoeuropea). L’aver sottolineato il legame tra Europa e moto italiano, l’aver affrontato vigorosamente, sia pure in forma ovviamente polemica nei confronti dell’incerta e ambigua politica sabauda, il significato politico delle vicende del ’48, fanno dell’opera di C. un momento molto importante della storiografia sul Risorgimento. D’altra parte, il suo federalismo, imperniato sul tema dell’autogoverno, garanzia e fonte di dignità, di civiltà, di libertà concreta, “filo ideale” per comprendere la storia d’Italia (La città considerata come principio ideale delle istorie italiane, 1858), continuò a esercitare un notevole influsso nelle discussioni postunitarie (e oltre) sul decentramento e le autonomie locali.
IL PENSIERO FEDERALISTA
Cattaneo viene ricordato per le sue idee federaliste impostate su un forte pensiero liberale e laico: dopo il 1860 acquisterà prospettive ideali vicine al nascente movimento operaio-socialista. All'alba dell’Unificazione italiana, Cattaneo era fautore di un sistema politico basato su una confederazione di stati italiani sullo stile della Svizzera; avendo stretto amicizia di vecchia data con politici ticinesi come Stefano Franscini, aveva ammirato nei suoi viaggi l’organizzazione e lo sviluppo economico della Svizzera interna che imputava proprio a questa forma di governo.
Cattaneo è più pragmatico del romantico Giuseppe Mazzini, è un figlio dell’illuminismo, più legato a Pietro Verri che a Rousseau, e in lui è forte la fede nella ragione che si mette al servizio di una vasta opera di rinnovamento della società. Pur essendogli state dedicate numerose logge massoniche e un monumento realizzato a Milano dal massone Ettore Ferrari, una sua lettera a Gian Luigi Bozzoni del 7 agosto 1867, consente di escludere la sua appartenenza alla massoneria, per sua esplicita dichiarazione, sovente in quel periodo tenuta segreta e negata.
Per Cattaneo scienza e giustizia devono guidare il progresso della società, tramite esse l’uomo ha compreso l’assoluto valore della libertà di pensiero; il progresso umano non deve essere individuale ma collettivo, attraverso un continuo confronto con gli altri.
La partecipazione alla vita della società è un fattore fondamentale nella formazione dell’individuo: il progresso può avvenire solo attraverso il confronto collettivo. Il progresso non deve avvenire per forza, e, se avviene, avverrà compatibilmente con i tempi: sono gli uomini che scandiscono le tappe del progresso.
Cattaneo nega l’idea di contratto sociale, gli uomini si sono associati per istinto: “la società è un fatto naturale, primitivo, necessario, permanente, universale…”; è sempre esistito un “federalismo delle intelligenze umane”: è sorto perché è un elemento necessario delle menti individuali.
Pur riconoscendo il valore della singola intelligenza, afferma però, che più scambio e confronto ci sono, più la singola intelligenza diventa tollerante; in questo modo anche la società sarà più tollerante: i sistemi cognitivi dell’individuo devono essere sempre aperti, bisogna essere sempre pronti ad analizzare nuove verità.
Così come le menti si devono federare, lo stesso devono fare gli stati europei che hanno interessi di fondo comuni; attraverso il federalismo i popoli possono gestire meglio la loro partecipazione alla cosa pubblica: “il popolo deve tenere le mani sulla propria libertà”, il popolo non deve delegare la propria libertà ad un popolo lontano dalle proprie esigenze.
La libertà economica è fondamentale per Cattaneo, è la prosecuzione della libertà di fare: “la libertà è una pianta dalle molte radici” e nessuna di queste radici va tagliata sennò la pianta muore. La libertà economica necessita di uguaglianza di condizioni, le disparità ci saranno ma solo dopo che tutti avranno avuto la possibilità di confrontarsi.
Cattaneo fu un deciso repubblicano e una volta eletto addirittura rinunciò ad entrare in parlamento rifiutandosi di giurare dinanzi all'autorità del Re.
Oggi Cattaneo viene richiamato quale iniziatore della corrente di pensiero federalista in Italia.
Nel 1839 fondò il periodico Il Politecnico, rivista che divenne un punto di riferimento degli intellettuali lombardi, avente come intento principale l’aggiornamento tecnico e scientifico della cultura nazionale.
Guardando all'esempio degli Stati Uniti d’America (presidenzialista) e della Svizzera cantonale (improntata alla democrazia diretta), definì il federalismo come “teorica della libertà” in grado di coniugare indipendenza e pace, libertà e unità. Cattaneo scrisse a riguardo: “Avremo pace vera, quando avremo gli Stati Uniti d’Europa”. Cattaneo e Mazzini videro negli Stati Uniti d’America e nella Svizzera i due unici esempi di vera attuazione dell’ideale repubblicano.
Federalista repubblicano laico di orientamento radicale-anticlericale, fra i padri del Risorgimento, era alieno dall'impegno politico diretto, e puntava piuttosto alla trasformazione culturale della società. La rivista Il Politecnico fu per lui il vero Parlamento alternativo a quello dei Savoia.
In accordo con il Tuveri redattore del Corriere di Sardegna, Cattaneo intervenne in merito alla questione sarda in chiave autonomistica locale.
In tal senso, denunciò l’incapacità ed incuranza del governo centrale nel trovare una nuova destinazione d’uso al mezzo milione di ettari (più di un quinto della superficie dell’isola) che avevano costituito i soppressi demani feudali, sui quali le popolazioni locali esercitavano il diritto di ademprivio, per usi civici.