Articolo per "La Voce del Nord"
“Dal 2008 ad oggi il divario tra le economie dell’Europa settentrionale e meridionale è costantemente aumentato, con le prime che sono cresciute a una velocità di gran lunga superiore alle seconde. Questo gap via via sempre maggiore ha comportato uno spostamento del centro economico dell’Unione Europea sempre più verso Nord, con buona pace degli obiettivi Ue sulla convergenza economica e sulla eliminazione progressiva delle asimmetrie tra i Ventisette.”
Così scrive una ricerca dell’Institut der Deutschen Wirtschaft, istituto per la ricerca economica con sede a Colonia, ripresa da un articolo a firma di Claudio Paudice sull’Huffington Post. Il quale riporta come tra il 2008 ed il 2019 a fronte di una incremento del PIL nordeuropeo del 37,2% al sud (per intenderci Portogallo, Spagna, Italia tutta, ecc.) solo del 9,9%.
Prosegue l’articolo ricordando come “La ricerca individua gli spostamenti del fulcro economico (cioè il punto dal quale la produzione economica aggregata è più o meno uguale in tutte le direzioni) in Europa negli ultimi vent’anni. Partendo dal centro geografico (collocato nel Sud della Germania) quello economico viene ricalcolato in base all’andamento della produzione delle regioni europee. L’esercizio serve naturalmente a fotografare una tendenza: nel 2000 il centro economico europeo si colloca a metà strada tra Offenburg e Friburgo, a cavallo del confine franco-tedesco.”
Per finire mostrando come: ”Secondo la ricerca di questo passo il centro economico europeo si sposterà sempre di più verso il Nord, allontanandosi dal centro geografico. Stando ai calcoli fatti da Kauder, infatti, tra venticinque anni il cuore della ricchezza dell’Unione Europea si inoltrerà ancora più in territorio tedesco di 200 chilometri, posizionandosi a Mannheim, città del Baden-Württemberg, verso Francoforte. Nulla di incoraggiante per le economie del Sud.”
Questi i numeri e le previsioni su cui basare considerazioni, analisi e progettare azioni per “evitare” che lo scenario prospettato possa realizzarsi in concreto. I cosiddetti “sovranisti”, che preferisco peraltro definire “sovratonti”, prenderebbero la palla al balzo farfugliando come sarebbe ovvio e doveroso uscire dall’Euro e dall’Unione Europea, tornare alla liretta e vivere di svalutazione. Una prospettiva deleteria e cialtronesca che vede nell’Argentina un valido esempio di messa in atti di tali “politiche”.
Passando a prospettive serie giova preliminarmente ricordare altri dati, vale a dire quelli sull’ammontare dello scambio commerciale, ad esempio della Lombardia, nei confronti dell’UE in generale ammonti a 161 miliardi, dei quali ben 44 con la sola Germania. Numeri che ne fanno più un Lander teutonico che una Regione italica…
Un legame forte e stretto nato in decenni di collaborazione e affari del tessuto economico e imprenditoriale che hanno permesso alla Lombardia di divenire uno dei “Motori d’Europa”, seppur gravato da una zavorra dal nome “stato italiano”. Un motore che rischia di divenire sempre più marginale se mai le previsioni dello studio tedesco dovessero avverarsi.
Un “motore” che non può permettersi di sganciarsi dagli altri a nord delle Alpi, pena il progressivo scivolamento verso altre latitudini levantine con conseguente impoverimento e declino economico nonché sociale.
Un “motore” i cui “pistoni” fatti da artigiani, pmi, grandi aziende, professionisti e corpo sociale da sempre vede nella collaborazione, nello scambio e nell’integrazione con le aree più avanzate e produttive del continente non certo un luogo oscuro da cui scappare ma bensì la sua naturare collocazione.
Un “motore” troppo spesso “gigante economico” ed al contempo “nano politico” che deve soprattutto oggi alzare la sua voce nei confronti di decisori politici che non sembrano affatto rendersi conto dei problemi di queste aree facenti parte protempore dell’entità statali italiana, le cui uniche risposte in questi mesi sono stati banchi a rotelle, bonus per monopattini ed ennesimi sgravi per il sud.
Un “motore” orfano di rappresentanza politica vera, per la rinuncia di alcuni non certo per una sopravvenuta scomparsa delle necessità e prospettive che da sempre vi risiedono, ormai di fronte ad un bivio le cui uniche direzioni proposte sono: Europa o Africa. Una delle quali è la strada che “naturalmente” il motore vuole imboccare e l’altra quella cui sarà destinato suo malgrado se non saprà sganciarsi dal solito e onnipresente baraccone.