giovedì 18 agosto 2016

lunedì 15 agosto 2016

BUON COMPLEANNO CREMA!


"Secondo la tradizione, la fondazione della Città di Crema risalirebbe al 15 agosto 570 quando, di fronte alla minaccia rappresentata dall'invasione longobarda, gli abitanti della zona trovarono rifugio nella parte più elevata dell’“isola della Mosa”, approntandola a difesa sotto la guida prima di Cremete, conte di Palazzo, e poi di Fulcherio. Da questi due personaggi deriverebbero perciò i toponimi Crema e Insula Fulcheria."

sabato 13 agosto 2016

‪#‎ExtraordinaryCrema‬ ?!?!


c'è ben poco da aggiungere, se non che all'elenco mancano l'assegnazione SENZA BANDO degli spazi dell'AustroUngarico di alcune estati fa e i 40.000€ spesi per il fantastico arredo urbano di Piazza Giovanni XXIII... (a proposito, le fioriere sparite dalla ciclabile di Via Canossa non sono ancora tornate).

Invece di fantasticare su "aree vaste" e riempire Facebook di post inneggianti a Crema Città Europea dello Sport (manco le Olimpiadi si svolgano nella nostra città anziché a Rio...) l'amministrazione dovrebbe ristudiare le "basi" per una semplice e buona gestione della cosa pubblica.

In fondo non ci vuole molto per evitare figuracce che di ‪#‎Extraordinary‬ hanno ben poco...


mercoledì 10 agosto 2016

GIANFRANCO MIGLIO | il ricordo a 15 anni dalla scomparsa


Ogni giornata che viviamo è corredata da diversi anniversari, alcuni lieti come altri fonte di tristezza e ricordo. Quella di oggi ricade nella seconda delle due categorie.

Cade oggi infatti il 15° anniversario dalla scomparsa di Gianfranco Miglio e per ricordarlo vi proponiamo una breve biografia, certo non esaustiva di tutta la storia personale, di uno dei Grandi di Lombardia cui le nostre terre hanno dato i natali.


Buona lettura. 

Nacque a Como l’11 gennaio del 1918, terzo di quattro figli, da Leonida, di professione pediatra, e da Maria Rosa Pagani.

In famiglia – di nobili origini per la parte paterna e da secoli insediata nell’Alto Lario – respirò un clima intriso di positivismo e di passione per la scienza, che ne condizionò la formazione ideale e gli interessi culturali; per tutta la vita, accanto agli studi politici, egli avrebbe coltivato un forte interesse per le discipline naturalistiche, per la geografia e, in particolare, per l’architettura. 

LA FORMAZIONE GIOVANILE 


Dopo gli studi liceali, nel 1936 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università cattolica di Milano, dove ebbe come maestri il giurista G. Balladore Pallieri (con il quale si laureò nel 1940 con un lavoro avente come tema «Le origini e i primi sviluppi delle dottrine giuridiche internazionali pubbliche nell’Età moderna») e il filosofo della politica A. Passerin d’Entrèves (che lo avviò allo studio di Th. Hobbes e gli fece conoscere l’opera di C. Schmitt). 

Nel periodo tra la fine del regime mussoliniano e la nascita della Repubblica frequentò gli ambienti dell’antifascismo cattolico lombardo e aderì al gruppo di federalisti che si raccoglieva intorno al periodico Il Cisalpino diretto da T. Zerbi. Nel 1943 si iscrisse alla Democrazia cristiana (DC), nelle cui file militò sino al 1959, quando se ne distaccò polemicamente non condividendone quella che giudicava una deriva clientelare e affaristica. 

Nel frattempo aveva iniziato una brillante carriera accademica all’interno dell’Università cattolica. Libero docente di storia delle dottrine politiche nel 1948, divenne straordinario della stessa disciplina nel 1956, per poi assumere, a partire dal 1959, l’incarico di preside della facoltà di scienze politiche, che mantenne ininterrottamente sino al 1989.

I PRIMI LAVORI 


I suoi primi lavori a stampa – il volume del 1942 dedicato a La controversia sui limiti del commercio neutrale fra G.M. Lampredi e F. Galiani (Milano), il saggio dello stesso anno su Marsilio da Padova (La crisi dell’universalismo politico medioevale e la formazione ideologica del particolarismo statuale moderno, Padova), lo scritto del 1955 su La struttura ideologica della monarchia greca arcaica ed il concetto «patrimoniale» dello Stato nell’Età antica, la prolusione del 1957 sui caratteri che rendono unitaria e peculiare la tradizione politica occidentale – già denotavano alcuni dei temi che sarebbero stati al centro delle sue successive ricerche: la relazione tra la politica e il diritto, entrambi caratterizzati da una reciproca autonomia, basati l’una sul rapporto di obbligazione e l’altro su una logica contrattuale; la dialettica tra l’ordine politico «interno» (fondato sulla concordia civile, sul principio di «esclusione» e sulla distinzione tra governanti e governati, tra comando e obbedienza) e la sfera dei rapporti «esterni» o internazionali (che restano il regno della forza, e dunque della guerra, a dispetto dei tentativi fatti per sottoporre i rapporti tra unità politiche sovrane a forme di regolamentazione giuridica); la tendenza, tipica degli ordinamenti politici, a concentrare il potere e l’autorità nelle mani di gruppi ristretti (l’oligarchia) o di un sovrano (la monocrazia).

Ma mostravano al tempo stesso un approccio allo studio dei fenomeni politici che sarebbe anch’esso rimasto costante nei successivi decenni, caratterizzato – oltre che da un esplicito riduzionismo metodologico, da una visione razionale della storia e da un realismo non privo di agnosticismo – dall’attenzione per i «tempi lunghi» della storia, per le «regolarità» empiriche che scandiscono, al di là delle contingenze spazio-temporali, la vita di ogni comunità politica organizzata e più in generale i comportamenti politici, per l’intreccio tra dottrine e istituzioni politiche, per i caratteri che fondano il «politico» inteso come sfera autonoma e originaria dell’azione sociale.  

L’EVOLUZIONE DEGLI STUDI 

A partire da questi assunti teorici si comprende meglio il passaggio, negli anni Sessanta, dagli studi in chiave storica a una conoscenza, per quanto possibile, freddamente scientifica e oggettiva della politica, che da allora in poi divenne l’obiettivo precipuo del suo impegno intellettuale. 

In questo nuovo quadro vanno inserite, per esempio, le sue ricerche sulla storia e la scienza dell’amministrazione, ispirate alla convinzione che lo sviluppo storico dello Stato moderno, dalla sua fase monarchico-assolutistica a quella costituzionale-sociale novecentesca, sia stato non solo il frutto di una complessa elaborazione «ideologica» le cui radici affondano nella teologia politica della Controriforma e nel mito, anch’esso di natura religiosa, dell’unità del potere sovrano, ma abbia anche obbedito a una intrinseca razionalità di natura tecnico-giuridica, che storicamente si è espressa nel decisivo ruolo di governo assunto, a partire dal XVII secolo, dal ceto dei burocrati di professione nei diversi rami dell’amministrazione statale. 

Su queste tematiche svolse anche un’intensa opera di organizzatore culturale, attraverso la costituzione, nel 1959, dell’Istituto per la scienza dell’amministrazione pubblica e, nel 1961, della Fondazione italiana per la storia amministrativa. Il suo obiettivo, attraverso queste iniziative, la seconda in particolare, fu quello di riformare l’amministrazione pubblica italiana e di creare una grande scuola di governo sul modello dell’École nationale d’administration (ENA) francese. Un tentativo frustrato dalla classe politica del periodo, che finì ben presto per lesinare finanziamenti e sostegno organizzativo a quest’ambizioso progetto. Il che spinse il M., qualche anno più tardi, a spostare la sua attività dal versante «pubblico» a quello «privato» e ad avviare una stretta collaborazione con E. Cefis, per conto del quale diresse la scuola di formazione dell’ENI.

Il suo intendimento, anche in questo caso, fu quello di contribuire alla selezione dei gruppi dirigenti e dei quadri tecnici necessari per il buon funzionamento dell’apparato politico pubblico e, in particolare, di un sistema economico, quello capitalistico-industriale, sempre più segnato dalla presenza delle grandi aziende multinazionali.  


LA SCIENZA POLITICA 

Sempre nel contesto di una scienza della politica che il M. voleva demistificante e avalutativa, sulla scia degli insegnamenti di M. Weber e della tradizione della Staatslehre germanica, va inserita anche la prolusione accademica che tenne nel 1964 sul tema Le trasformazioni dell’attuale regime politico. 

In essa, tra molte contestazioni, egli ipotizzò, partendo da una analisi assai critica della situazione politica italiana, la crisi dell’ordinamento repubblicano vigente (basato sullo Stato di diritto e su una forma di parlamentarismo assoluto o «integrale») e la sua evoluzione verso un modello costituzionale di stampo autoritario e plebiscitario, l’unico a suo giudizio in grado di legittimare una classe politica ideologicamente coesa e sottratta al condizionamento dei partiti e della molteplicità di interessi, spesso divergenti, da questi ultimi rappresentati. Da questa interpretazione del «caso italiano» – considerato emblematico del declino del modello statuale classico e delle trasformazioni che stavano investendo i regimi elettivo-rappresentativi sotto la spinta di un tumultuoso progresso tecnologico – il M. sarebbe partito per le sue ricerche in materia di «ingegneria istituzionale», che lo tennero occupato per circa un decennio e che sarebbero culminate, negli anni Ottanta, in un articolato e ambizioso progetto di revisione costituzionale. Le proposte elaborate dal Gruppo di Milano, dal nome della commissione di studio da lui promossa e coordinata tra il 1980 e il 1983, puntavano a risolvere il deficit di autorità e di capacità decisionale dei governi italiani attraverso l’elezione diretta del primo ministro, il conseguente ampliamento dei poteri dell’esecutivo, il meccanismo della «sfiducia costruttiva» e il rafforzamento dei poteri di garanzia rappresentati dal capo dello Stato (eletto dal Parlamento nella veste di «custode» della Costituzione) e dalla Corte costituzionale. 

Un progetto nel segno del «decisionismo», concetto che il M. aveva mutuato dal pensiero di Schmitt, che egli aveva fatto conoscere in Italia nel 1972 curandone una raccolta di saggi, Le categorie del «politico» (Bologna), che ebbe una grande influenza sul dibattito politico-giuridico di quegli anni e che segnò in modo irreversibile la fortuna del giurista tedesco nella cultura italiana. L’idea era che, stante l’avversione delle forze politiche a un cambiamento radicale dell’assetto istituzionale vigente, che avrebbe finito per ridurre il loro controllo sulla macchina pubblica, si sarebbe dovuto procedere forzando i meccanismi di revisione previsti dall’art. 138 della Costituzione, attuando uno «sbrego», come egli lo definiva, che sarebbe poi stato sanato attraverso lo strumento del referendum popolare.

Le proposte del Gruppo, per quanto oggetto di un ampio dibattito, non ebbero tuttavia alcun seguito politico, rafforzando così il convincimento che nell’Italia dominata dalla «partitocrazia» un cambiamento delle regole del gioco si sarebbe potuto ottenere solo dall’esterno del sistema, attraverso una crisi politica o economica di vasta portata.  


L’IMPEGNO POLITICO 

Lasciato l’insegnamento universitario, nel 1988, l’ultima fase della vita, quella che lo portò a diventare un personaggio assai noto anche presso il largo pubblico, fu segnata dall’avvicinamento al movimento leghista, dall’impegno politico-parlamentare e da una strenua battaglia a favore del federalismo. 

Nel Movimento Lega Nord, dopo le delusioni degli anni precedenti, egli vide ciò che Pareto aveva visto nel fascismo nascente: una forza politica nuova e radicale, popolare e ideologicamente motivata, estranea ai tradizionali giochi di potere, in grado perciò di imprimere una spallata decisiva a un regime politico che egli giudicava in crisi irreversibile e al suo inter;no profondamente corrotto.

Pur senza aderire formalmente alla Lega, il M. accettò di candidarsi al Senato come indipendente nelle sue file, dove venne eletto nelle legislature XI (aprile 1992-aprile 1994) e XII (aprile 1994-maggio 1996). Ma i contrasti insorti ben presto con il leader leghista U. Bossi, che non ne appoggiò la nomina a ministro per le Riforme istituzionali nel primo governo Berlusconi (maggio 1994), lo spinsero a una traumatica rottura, che avrebbe raccontato in un caustico libretto apparso nel settembre di quello stesso anno (Io Bossi e la Lega: diario segreto dei miei quattro anni nel Carroccio, Milano). Dopo l’allontanamento dalla Lega, nel 1995 diede vita al Partito Federalista, del quale fu presidente. L’alleanza con il Polo delle libertà gli consentì di essere nuovamente eletto al Senato per la XIII legislatura (maggio 1996-maggio 2001). 


In questo periodo, segnato da un non facile equilibrio tra analisi scientifica e impegno politico militante, la sua antica polemica contro lo Stato unitario e accentratore lo portò a sostenere la legittimità della rivolta fiscale e della disobbedienza civile e a farsi paladino di un modello federale di matrice contrattualistica che prevedeva, sull’esempio dei cantoni svizzeri, la divisione dell’Italia in alcune grandi aree macroregionali e la nascita di una forma di governo di stampo «direttoriale». Una prospettiva istituzionale e una battaglia politica talmente radicali da accentuare la sua antica fama di studioso eccentrico e solitario.

Morì a Como il 10 agosto 2001.


Biografia tratta da: www.treccani.it – Dizionario Biografico degli Italiani

domenica 31 luglio 2016

‪Mestér Cremàsch‬ | il mistero delle fioriere scomparse e riapparse... a Porta Ombriano


Vi starete chiedendo adesso: "ma di cosa starà parlando?"

Quella che vedete nella parte alta della foto è un tratto della ciclabile di Via Canossa che porta all'ospedale, passando di fronte all'ITIS.
Nel mezzo, sola soletta, una piccola fioriera posizionata in maniera tale da impedire a conducenti indisciplinati di parcheggiare sulla ciclabile stessa ostruendo il passaggio.
Purtroppo la nostra amica fioriera non riesce da sola ad ovviare a un siffatto comportamento incivile.

Perché mai??? Semplice... Perché in quel tratto di fioriere ne mancano due che erano poste ai lati di quella rimasta orfana, e altre ne mancano proseguendo verso l'ospedale.

Furto? Rapimento? Vandalismo? Peggio....
Nella parte sotto della foto (che ho depredato dal profilo di Antonio Agazzi) diverse fioriere, del tutto identiche a quelle sparite da Via Canossa, sono apparse come parte del "nuovo", e pure riciclato a quanto pare, arredo urbano di Porta Ombriano.

Sono loro? Non lo sono? Sono le gemelle che erano chiuse nei magazzini? Chissà...
Il sospetto che siano loro è molto forte ma una cosa è certa, la ciclabile che porta all'ospedale presenta dei problemi di fruibilità e sicurezza.
Sarebbe cosa buona e giusta, da parte dell'amministrazione comunale, porre rimedio a quello che appare tanto l'ennesimo "mestér cremàsch" che i cittadini subiscono.

‪#‎Crema‬ ‪#‎Crema2017‬ ‪
#‎ExtraordinaryCrema‬ ‪#‎LiberiAmoCrema‬

venerdì 1 luglio 2016

CREMA | finte "urgenze" e veri "clandestini"...


E se invece la vera URGENZA fosse quella di rimpatriare al più presto quelli che profughi non lo sono ma si "spacciano" per tali, vale a dire il 95% di coloro che arrivano sulle italiche coste ogni giorno, in altre parole CLANDESTINI ?

In questo modo sarebbe certamente più semplice la gestione delle persone VERAMENTE meritevoli della tutela prevista dalle convenzioni internazionali.

Ovviamente calerebbero drasticamente gli incassi delle varie finte onlus create ad arte in questi anni (Chieve docet), di certi albergatori e faccendieri, oltre ovviamente a tutto quel mondo che stava dietro il nome di ‪#‎MafiaCapitale‬...
Pazienza, qualcuno se ne farà una ragione.

Dimenticavo...
Caro Gianni (Rossoni) invece di "aprire" sarebbe buona cosa che tutti i sindaci "chiudessero" a doppia mandata le proprie città e paesi fini a quando sopra scritto non sarà attuato.

NOTA: Nel 2015 su 71.345 domande di asilo esaminate in Italia quelle accettate sono state 3.575, pari al 5%. Fonte EUROSTAT

martedì 28 giugno 2016

CREMA | #QuellidelPD tra bandi inesistenti, falliti e prossimi ad esserlo...


prima assegnano gli spazi dell'AustroUngarico "dimenticandosi" di fare una gara pubblica,
poi vanno avanti 4 anni con la storia della moschea e i loro "amici" fanno saltare tutto perché non hanno i requisiti, adesso saltano fuori problemi pure x il bando del palazzetto sportivo...

Scrivere che questa città è amministrata un pochino male è il minimo, ma in fondo è solo una mia opinione.

Converrete però col sottoscritto quando affermo, con relativa certezza, che ‪#‎QuellidelPD‬ quando si tratta di bandi pubblici un po' sfigati lo sono...


#‎Crema2017‬ ‪#‎LiberiAmoCrema‬

lunedì 20 giugno 2016

GRIMOLDI (Lega Lombarda): torniamo ad affrontare le questioni irrisolte del Nord

Stamane nel leggere le solite decine di post a commento delle amministrative di ieri ho trovato un po' di tutto, dal serio al ridicolo, passando per il patetico...
Poi è saltato fuori questo commento sulla pagina FB di Paolo Grimoldi, Segretario Nazionale della Lega Lombarda.
Un post di cui CONDIVIDO ogni singola riga.
Mi auguro che sia una base di forte e seria riflessione per tutto il Movimento.
Non è andata come pensavamo. Potrei elencare numeri positivi, specialmente in Lombardia, come le vittorie dei nostri sindaci in 32 comuni al primo turno, tra cui 18 comuni "conquistati" dove eravamo in opposizione, e la vittoria al ballottaggio in 3 comuni su 5 (Gallarate, Nerviano e Treviglio) dove c'era un candidato leghista, ma, percentuali alla mano, non posso esimermi dall'ammettere una sconfitta, dopo aver perso Milano e la nostra storica 'roccaforte' di Varese.
Ora ripartiamo, ragionando su un dato: in tutto il Nord, salvo alcune eccezioni (come Milano) la lista Lega Nord ha perso voti, anche laddove abbiamo vinto il sindaco, e questo denota un allontanamento di una parte del nostro elettorato storico, soprattutto a mio avviso quello composto da chi fa impresa ( e da noi le imprese sono soprattutto piccole o micro imprese) o dal popolo delle partite Iva.
Andiamo avanti su temi come l'emergenza immigrazione e l'allarme sicurezza, temi che non possiamo trascurare, complice il lassismo del Governo, ma chi ogni giorno suda e fatica per portare avanti un'impresa chiede al nostro movimento di farsi interprete delle sue battaglie quotidiane contro la pressione fiscale più elevata d'Europa, contro una burocrazia asfissiante o per avere una rete stradale e ferroviaria all'altezza degli altri Paesi europei.
Credo si debba tornare a essere un Movimento-Sindacato dei nostri territori: un movimento la cui priorità sono i nostri lavoratori e le nostre imprese, da aiutare con proposte concrete, percorribili e realizzabili!
E torniamo ad affrontare le questioni irrisolte del Nord, che ancora attende risposte su maggiori forme di autonomia e di federalismo, come quelle che consentono alle Regioni locomotiva d'Europa come la Baviera e la Catalogna di restare competitive nonostante la crisi.
Anche questa battaglia autonomista dovrà tornare tra le priorità della nostra azione politica.

venerdì 17 giugno 2016

SALMOND (SNP): No alla Brexit, la Scozia pronta a referendum per restare nell'Unione Europea

Salmond (con la bandiera gallese) ad una manifestazione
insieme al Playd Cymru, il partito indipendentista del Galles
Nel dibattito sulla cosiddetta Brexit, il cui referendum è in programma per il prossimo 23 giugno in tutta la Gran Bretagna, pochissimi sono stati gli spazi, le citazioni, i post sui social che riportano la posizione dei grandi partiti indipendentisti di Scozia e Galles (per citare solo i principali).
Entrambi schierati per RemaIN, vale a dire il no all'uscita del regno (nel quale ci stanno un po' stretti...) dall'Unione Europea.
Per questo riporto con piacere un ampio stralcio dell'intervista rilasciata dall'ex leader dello Scottich National Party Alex Salmond al quotidiano Il Sole 24 Ore.
Buona, e soprattutto attenta, lettura...
«La Scozia vuole restare nell'Unione ed è pronta a un altro referendum per staccarsi da Londra», dice al Sole 24 Ore Alex Salmond. «Se Edimburgo voterà per l’adesione all’Ue e il resto del Regno Unito sceglierà l’addio all'Unione europea entro due anni sarà organizzato un nuovo referendum per l’indipendenza scozzese». Nel suo studio di Westminster, Alex Salmond, 61 anni, leader storico dello Scottish national party non s’affida, davvero, alla vaghezza di un “se”. Il voto di Edimburgo il 23 giugno, dice, è scontato: esiste una solidissima maggioranza a favore di Remain. Lo stesso accadrà in Irlanda del Nord, le nove contee dell’Ulster che vivono anni di pace sulla scorta di muri abbattuti, cominciando proprio dalla frontiera fra il settentrione britannico e il resto dell’isola, repubblicana e indipendente.
La Scozia, con Ulster e Galles, è il ventre molle di questa campagna referendaria. Un voto capace di tracciare la silhouette di nazioni divise ridarebbe vigore alla voglia secessionista di Edimburgo e garantirebbe una spinta alle antiche, tragiche istanze delle nove contee unioniste nordirlandesi, oggi stemperate da un’economia in ripresa nel nome della special relationship con Dublino. Il Galles finirebbe trascinato da un’accelerazione centrifuga e il Regno Unito esploderebbe oltre le frontiere che oggi conosciamo. È uno scenario per nulla irreale, una probabilità più che una possibilità. Gli ex premier Tony Blair e John Major sono stati espliciti abbastanza in queste ultime ore.
Alex Salmond scorge nella solidarietà celtica un filo rosso di opposizione al dominio inglese, ma sgombera il campo dall’equivoco. «Sono qui a fare con lealtà campagna per evitare Brexit – dice – ma la difficoltà per il Regno Unito è evidente. Se tre nazioni decidono di rimanere legate all’Ue e una sola, la più grande, l’Inghilterra, conferma di volersi staccare si creerà un quadro obiettivamente complesso. Snp aveva proposto che per Brexit fosse necessaria la maggioranza referendaria anche in ogni singolo Paese. È stato deciso diversamente perché ci sarebbe stato il rischio di trattenere l’Inghilterra dall’esprimere il proprio destino. La verità è che non si può fare un referendum in uno stato multinazionale, senza considerare che lo è stato è multinazionale».
E il destino di Edimburgo? 
Il futuro della Scozia è chiaro: se la maggioranza dei nostri cittadini vorrà restare nell'Ue, entro due anni faremo una nuova consultazione sull'indipendenza. Il margine temporale coincide con quello dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona che segna il limite entro cui Londra dovrà negoziare l’uscita dall'Ue. Il nostro referendum dovrà avvenire prima per evitare di uscire formalmente dall'Ue per poi rientrare. Non avrebbe senso. C’è un precedente: quando la Groenlandia lasciò l’allora Comunità europea la Danimarca non dovette andarsene per poi essere riammessa. In questo caso lascerebbe il resto del Regno Unito, non la Scozia.
È certo che la Scozia sostenga Remain?
Senza il minimo dubbio. 
Ma i sondaggi dicono che oltre il Vallo, oggi, non c’è troppa voglia di indipendenza. Lei crede che in caso di Brexit la sua gente, questa volta, voterebbe per la separazione da Londra?
Ci sono stati quattro opinion polls, tre favorevoli alla secessione in caso di Brexit e uno no. Quando io ho cominciato la campagna referendaria per l’indipendenza scozzese non avevo nemmeno il 30% e siamo arrivati al 45 per cento. Partire dai livelli di oggi è tutt'altra cosa.
È stata una mossa politicamente intelligente indire il referendum sull'adesione all'Ue?
No, piuttosto stupida perché un referendum non si organizza per dire: lasciamo le cose come sono. Si indice sulla scorta di un nuovo progetto. È stato sorprendente perché David Cameron è fortunato e abile nel leggere gli eventi. In questo caso è stato completamente cieco. E a chi sostiene che è stato indetto per unire i Tory domando: si unisce un partito spaccandolo a metà?
Lei si è detto ottimista sull'esito finale, svelando di credere in una vittoria di Remain. Qual è la minaccia più preoccupante che grava su questi ultimi giorni di campagna elettorale?
Oggi sono a Londra, domani a Oxford fra tre giorni in Galles poi in Irlanda del Nord e poi in Scozia un grandtour di campagna referendaria per un sì all'Ue. Con me porto un messaggio positivo. Per evitare Brexit bisogna dire,forte e chiaro, che rimanere in Europa è giusto, è utile, è vantaggioso.

giovedì 16 giugno 2016

CREMA | povero PD, sulla moschea che figura di...


Passano quattro anni tra polemiche, arroganza, buonismo, varianti al PGT, una città incazzata, scrivono un bando limpido (ad hoc...) e alla fine gli "amichetti" presentano una domanda bocciata per mancanza di trasparenza e garanzie bancarie mandando tutto all'aria!?!?

Che peccato!!! 
😩😩😩


Adesso si mettono pure a scrivere caterve di supercazzole nel tentativo, alquanto vano, di rigirare la frittata...
Peccato che la "figura di 💩💩" ormai l'hanno rimediata...
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