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lunedì 23 luglio 2012

Il Vostro.it | Madrid affossa la Catalogna e il sistema delle autonomie

articolo tratto dal sito www.ilvostro.it

Come si salverà uno dei quattro motori d'Europa? Il regime di autonomia “comune” è alla base del crac catalano. Il Principat paga molto in imposte, ma riceve poco. Passare al regime “forale” o dire addio alla Spagna? Intanto la gente marcia su Bruxelles

| Marco Gargini

BARCELLONA (Catalogna) – 41,8 miliardi di euro. È l’ammontare del deficit della comunità autonoma della Catalogna che adesso rischia di dover chiedere aiuto all’“odiata” Madrid. La capitale spagnola potrebbe addirittura arrivare ad una sorta di commissariamento di Barcellona ed è proprio per questo che laGeneralitat sta cercando una via alternativa al Fondo autonomo di liquidità che potrebbe consentire a Madrid di andare troppo a fondo nella gestione dei conti catalani.

AUTONOMIA FALLIMENTARE? – Sappiamo benissimo che la Spagna sta attraversando un periodo folle di crisi e siamo consapevoli che Madrid non gode assolutamente della fiducia sui mercati. Ma la disfatta di Madrid sta affossando uno dei sistemi di autonomie che vige in Spagna. Nel Paese iberico ci sono due tipi di autonomie: quindici regioni abbracciano il regime “comune” (tra cui la Catalogna) e due quello “forale” (Paesi Baschi e Navarra). Il regime forale permette alla comunità autonoma di riscuotere (quasi) tutte le imposte, concedendo alle due comunità basche una determinata indipendenza fiscale. Non a caso, Euskadi (Paesi Baschi) è tra le comunità più virtuose e il suo debito è classificato A da Standard & Poor’s. Quello comune, invece, fa riscuotere alla comunità autonoma solo una parte delle imposte. La Catalogna, per esempio, dipende dai pagamenti mensili che giungono a fine mese da Madrid. Non a caso, le comunità che adesso soffrono maggiormente la crisi sono quelle che non sono pienamente autonome fiscalmente parlando.

LES VAQUES CATALANES – La Catalogna potrebbe essere paragonata a una vacca. Madrid ha attinto talmente tanto latte dal Principat che adesso, dalle sue mammelle, non fa altro che uscire sangue. Come può una regione con un pil di 200,3 miliardi di euro all’anno (pari a più di un sesto dell’intero pil spagnolo) accumulare un debito di 41,8 miliardi, pari al 20,7%? La risposta sta proprio nel sistema di autonomia catalana, assoggettata agli emolumenti provenienti da Madrid. Non è dato sapere quanto la Catalogna abbia dato a Madrid e quanto dalla capitale dello Stato spagnolo abbia ricevuto, ma le parole di Andreu Mas-Colell, ministro dell’Economia della Generalitat, che ha rilasciato un’intervista a La Repubblica, sono lo specchio dello squilibrio accumulato soprattutto nell’ultimo quarto di secolo. In termini di imposte, la Catalogna «dà più di quanto riceve: ha un bilancio fiscale negativo che si mantiene stabile da 24 anni. Squilibri accumulati nel tempo fra le entrate, insufficienti, e le uscite, strutturalmente rigide». La crisi della Catalogna sta tutta in questa frase. È la rigidità di Madrid che sta ingolfando il motore Catalogna che, insieme a Rodano-Alpi, Lombardia e Baden-Wüttemberg, è uno dei quattro motori dell’Unione Europea. Non si può spremere una vacca per sempre e la vacca catalana si trova a dover fronteggiare due debiti: il proprio, che non è dovuto espressamente a proprie negligenze come, invece, nel caso della Sicilia, e quello spagnolo, visto che i catalani pagano le tasse a Madrid e solo in piccola parte le rivedono a Barcellona. Il freno alla Catalogna lo danno i mercati sui quali si affaccia la Spagna tanto che la pressione sulla tesoreria del Principat è molto forte.

VIE DI USCITA – Poco meno di un anno fa, Barcellona, in previsione delle difficoltà crescenti per le comunità autonome, aveva chiesto a Madrid di prevedere la creazione di hispanobonos, dei titoli specifici per finanziarsi sul mercato. Le comunità autonome si sarebbero, però, accontentate di un qualsiasi meccanismo per condividere il debito. Ma Madrid ha risposto picche, amplificando il deficit di alcune comunità. Mentre València ha già chiesto di accedere al Fondo autonomo di liquidità, Barcellona sta temporeggiando per capire quali siano le condizioni dettate da Madrid. «Non rinunceremo all’autogoverno» è il motto che da più parti viene rilanciato a Barcellona e zone limitrofe. La Catalogna proverà a uscire dalla crisi con le proprie forze, come ha sempre fatto, e, infatti, Artur Mas, il presidente della Generalitat, sta meditando di chiedere l’intervento di Bruxelles per ottenere da Madrid il sistema forale.

INDIPENDENZA – Se il sistema forale, quello che più rappresenta l’essere artefice del proprio destino, rappresenta la manna per il sistema delle autonomie in Spagna, è chiaro e lampante che l’indipendenza lo sia ancora di più. La domanda da porsi è la seguente: può una regione indebitata come la Catalogna reggere l’impatto dell’indipendenza? Secondo lo scrivente sì perché smetterebbe di andare a tappare i buchi delle altre comunità autonome per concentrarsi sulla propria falla, che è la conseguenza della poca attenzione e dei pregiudizi fiscali che Madrid ha riservato nei confronti di Barcellona. E con un pil pro capite superiore anche a quello italiano non dovrebbe correre troppi pericoli. Non è un caso che da tutta la Catalogna molte persone si stiano organizzando per raggiungere a piedi Bruxelles per chiedere, il prossimo 11 settembre, l’indipendenza della Catalogna dalla Spagna.

giovedì 1 dicembre 2011

LETTURA CONSIGLIATA: La Dittatura Europea

di IDA MAGLI

Adesso che la dittatura si è instaurata ufficialmente e con il consenso di coloro che dovevano difendere la democrazia, possiamo trarre le conseguenze di quanto è accaduto con la sicurezza di essere nel giusto. Tutto questo era infatti già stato previsto più di un anno fa e reso pubblico con il libro intitolato appunto: “La dittatura europea”. L’unica differenza consiste nel nome di Monti invece di quello di Draghi, che avevo indicato come primo instauratore della dittatura dei banchieri soltanto perché non era ancora avvenuta la sua nomina a capo della Banca centrale europea, ma si trattava di nomi interscambiabili.

Il Capo dello Stato finalmente respira l’aria a lui più congeniale. L’internazionalismo mondialista, che è stato sempre indispensabile ai banchieri, sono stati però i comunisti a teorizzarlo e a perseguirlo per primi dal punto di vista politico. Per Lenin non esistevano né nazioni né città capitali: qualsiasi città poteva essere la capitale del mondo e nulla gli era più odioso del nazionalismo e delle patrie. Napolitano, dunque, procede senza remore, non essendo più l’Italia una repubblica parlamentare, a usare della sua autorità e del suo potere per additare la strada giusta dell’uguaglianza comunista. In primis, ovviamente, in odio all’Italia e all’italianità, la cittadinanza agli stranieri. La maggioranza degli Italiani non lo vuole? Suvvia, imparate ad essere giusti e buoni, perché è questo il compito della politica comunista: educare i cittadini. E poi, che importanza volete mai che abbia una cittadinanza? Per i dittatori d’Europa nulla o quasi, visto che hanno imposto con sfrontata disinvoltura agli oltre 500 milioni di sudditi la cittadinanza europea ben sapendo che non è valida dato che l’Ue non è uno Stato. Coraggio, dunque, il più in fretta possibile verso il multiculturalismo e il mondialismo.

Pagano i cittadini, mica i dittatori. L’importante è raggiungere lo scopo: cancellare gli Stati nazionali, privandoli di ogni potere. L’Europa à già a buon punto. Nessuno pensi che ci sia qualcuno fra i banchieri e i politici che si preoccupi delle questioni finanziarie, dei debiti pubblici, di quanto perde la Borsa o di quanto sale il famoso “spread”. Era questo che volevano: affondarci tramite il debito e ci stanno riuscendo a meraviglia. L’operazione si è dimostrata forse un po’ troppo lenta per i loro gusti: per questo hanno deciso di mettere l’acceleratore dissestando i governi. La prima a caderci è stata l’Italia. L’operazione Monti serviva a questo. Nessuno Stato, infatti, è tanto debole quanto quello che, privo del governo legittimo, improvvisa cariche politiche, riduce a marionette i rappresentanti votati dal popolo e inventa soluzioni alla giornata. E’ debole in sé, ma è ancor più debole agli occhi del mondo, inclusi ovviamente quelli dei mercati di cui si cercava la fiducia. E’ sufficiente il buon senso per capirlo: è troppo evidente. I banchieri e i politici europeisti ci hanno ingannato, atrocemente ingannato, cari Italiani, dicendo che ci saremmo salvati con “un uomo forte”, e gettandoci così allo sbaraglio di un’azione politica d’emergenza e priva di regole. Indebolire gli Stati svuotando la democrazia di ogni significato e di ogni potere è infatti il loro scopo: assediarli giorno per giorno, ora per ora, con il crescendo del panico per il debito è soltanto il loro strumento.

mercoledì 23 novembre 2011

UMBERTO BOSSI | discorso sull'europa

"L’idea nata nel dopo-guerra per scongiurare altre guerre tra Stati Europei sta ora partorendo un mostro che non genererà né democrazia, né stabilità, né vantaggi economici per tutti. Non può generare democrazia perché il suo parlamento non legifera: è l’Europa dei grandi capitalisti. Il popolo, gli artigiani, gli imprenditori, i cittadini non ci sono oggi né tantomeno ci saranno domani, perché non potrà mai nascere un’Europa politica".

"Comunque la si veda, resta il fatto inconfutabile che l’Europa è solo una difesa del mercato europeo, un protezionismo quindi, che come tutti i protezionismi favorisce le grandissime imprese, i grandi affaristi, che hanno come interlocutore lo Stato nazionale. Sono gli stessi poteri che adesso vivono grazie ai soldi dello Stato di cui sono i padroni e che fanno l’Europa monetaria per essere ancora più padroni dello Stato nazionale".

"Le leggi finanziarie degli Stati si ridurranno ad un semplice fax inviato da Bruxelles, dal Consiglio d’Europa, terminale europeo delle cento grandi famiglie europee. Con l’ingresso in Europa, l’Italia non avrà più a sua disposizione la leva monetaria, cioè se gli mancano i quattrini non potrà più stampare altri titoli di stato, per favorire l’economia non potrà più svalutare la moneta, perché gli resterà solo la leva fiscale e i quattrini dovrà toglierli maledettamente e subito dalle tasche dei cittadini, evidentemente aumentando la pressione fiscale".

Umberto Bossi,
sabato 28 marzo 1998
Congresso Federale della Lega Nord

giovedì 6 maggio 2010

The Economist


The European map is outdated and illogical. Here's how it should lookApr 29th 2010 From The Economist online

...Germany can stay where it is, as can France. But Austria could shift westwards into Switzerland’s place, making room for Slovenia and Croatia to move north-west too.* They could join northern Italy in a new regional alliance (ideally it would run by a Doge, from Venice). The rest of Italy, from Rome downwards, would separate and join with Sicily to form a new country, officially called the Kingdom of Two Sicilies (but nicknamed Bordello). It could form a currency union with Greece, but nobody else.